Polański, Roman
Regista cinematografico polacco, di famiglia ebrea, nato a Parigi il 18 agosto 1933. La sua produzione cinematografica appare dominata da ossessioni: la circolarità e il ritorno, l'acqua, la claustrofobia, il delirio e l'allucinazione sono temi ricorrenti, che conferiscono alle sue opere una fisionomia d'autore mai venuta meno, coniugata con storie e ambientazioni disparate e segnata da una consolidata celebrità internazionale. I suoi film hanno ottenuto premi e riconoscimenti sia in Europa sia negli Stati Uniti: Cul-de-sac (1966) ha ricevuto l'Orso d'oro al Festival di Berlino e il premio della critica alla Mostra del cinema di Venezia; The pianist (2002; Il pianista) ha vinto la Palma d'oro al Festival di Cannes e nel 2003 l'Oscar per la regia. Poco prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale la famiglia era rientrata da Parigi in Polonia, andando incontro alla persecuzione dei nazisti e alla deportazione, cui Roman, bambino, sfuggì solo perché affidato sotto falso nome a una famiglia cattolica. Ammesso nel 1955 alla famosa Scuola di cinema di Łódź, ne uscì diplomato nel 1959, imponendosi in breve, per il suo spirito ribelle e anticonformista, come uno dei più interessanti registi polacchi. La filmografia di P. non può infatti non partire dai corsi scolastici di Łódź , durante i quali realizzò alcuni cortometraggi che restano esempi insuperati (Rower, 1955, La bicicletta; Morderstwo, 1956, Il crimine; Uśmiech zębiczny, 1956, Risata dentale; Rozbijemy zabawę, 1957, Interrompiamo la festa; Dwaj ludzie z szafą 1958, Due uomini con un armadio; Lampa, 1959, Lampada; il saggio di fine studi Gdy spadają Anjoły, 1959, Quando cadono gli angeli; poi Le gros et le maigre, 1961, girato a Parigi, e infine Ssaki, 1962, I mammiferi) in cui già appaiono temi tipici del regista: in particolare quello delle 'strane coppie' e quello della circolarità (in Dwaj ludzie z szafą, per es., due uomini con un armadio emergono dal mare, all'inizio, e nel mare tornano, alla fine), nonché situazioni da teatro dell'assurdo (Le gros et le maigre, e Ssaki). È esemplare la concezione di tali opere: per P. infatti il cortometraggio di finzione non può essere un film di lunghezza ridotta, ma deve avere una sua particolare struttura, fatta di dialoghi ridotti al minimo (se non assenti), rumori e musica usati come interpunzioni sonore, realismo poetico (o allegorico) che spesso sconfina nel surreale. Il primo lungometraggio, Nóż w wodzie (1962; Il coltello nell'acqua), girato in Polonia senza alcuna concessione all'ottimismo ufficiale di regime allora imperante (verso il quale P. aveva mostrato sempre la massima insofferenza), inaugura altri temi ricorrenti: l'acqua (che torna spesso anche in un altro regista polacco suo coe-taneo, ossia Jerzy Skolimowski), la claustrofobia (uno spazio ristretto ‒ in questo caso la barca ‒ al cui interno, in una convivenza forzata, le tensioni si intensificano fino a esplodere), il finale aperto, analogo e parallelo alla circolarità, capace di invalidare retrospettivamente, mediante la sua coloritura ambigua, lo statuto di realtà dell'intero film. Trasferitosi a Parigi, P. apprezzò le prime opere della Nouvelle vague, pur riscontrandovi un eccesso di intellettualismo. Conobbe lo scrittore Gérard Brach, futuro co-sceneggiatore di quasi tutti i suoi film, e girò ad Amsterdam La rivière de diamants, un episodio del collettivo Les plus belles escrocqueries du monde (1964; Le più belle truffe del mondo), la cui protagonista è una ladra, rappresentante di quel sottobosco di 'cattivi soggetti' che P. ha sempre visto con speciale simpatia. In attesa di girare Cul-de-sac, di cui aveva già pronta la sceneggiatura, P. realizzò Repulsion (1965), thriller a basso costo, in cui una giovanissima Catherine Deneuve interpreta il ruolo di una ragazza schizofrenica, assediata da visioni e allucinazioni. Nel 1966 riuscì finalmente a girare Cul-de-sac, che il regista ha sempre considerato uno dei suoi film migliori. I tre personaggi principali (ossia un gangster e una coppia di coniugi mal assortita) sono costretti a una coabitazione forzata in un castello accessibile solo durante la bassa marea attraverso una stretta lingua di terra (ancora il tema dell'isolamento claustrofobico). Dopo The fearless vampire killers, noto anche con il titolo Dance of the vampires (1967; Per favore… non mordermi sul collo!), divertente parodia dei film di vampiri ‒ durante la cui lavorazione si innamorò e sposò l'attrice Sharon Tate (fino alla tragica morte di lei, per opera della 'famiglia' criminale di Ch. Manson) ‒, P. realizzò a Hollywood Rosemary's baby (1968; Rosemary's baby ‒ Nastro rosso a New York), forse il suo film più famoso, condotto consciamente sul filo dell'ambiguità: l'intrigo satanico e la possessione in cui Rosemary è irre-tita potrebbero non essere altro che un incubo e la nascita del bambino demoniaco un prodotto dell'immaginazione di una donna spaventata dalla maternità. Lucidamente, la regia lascia sempre aperte tutte le ipotesi.Per sfuggire al clima morboso alimentato attorno a lui negli Stati Uniti, specie dopo la morte della moglie, P. tornò temporaneamente in Europa: in Inghilterra si misurò con W. Shakespeare, girando Macbeth (1971) e in Italia realizzò Che?, noto anche con il titolo What? (1972). Ma la sua carriera continuò a svilupparsi tra i due continenti: di nuovo negli Stati Uniti realizzò Chinatown (1974), ancora un film 'd'acqua', la cui sceneggiatura, scritta da Robert Towne che per essa ottenne un Oscar, ricalca i grandi classici del cinema noir americano tratti da D. Hammet e R. Chandler. Poi in Europa, dopo una regia teatrale al Festival di Spoleto nel 1975 (Lulu di A. Berg), P. girò in Francia Le locataire (1976; L'inquilino del terzo piano), dove è anche interprete del personaggio di un modesto emigrato polacco a Parigi, immerso in un clima allucinatorio e forse vittima di una scissione della personalità o di una possessione diabolica.
Tornato ancora una volta negli Stati Uniti, fu poi costretto a lasciare il Paese dopo un'accusa di stupro e una breve carcerazione; girò in Europa Tess (1979) dal romanzo di Th. Hardy, cui seguì un periodo di forzata inattività, durante il quale dovette limitarsi a qualche regia teatrale e scrisse un'autobiografia (Roman by Polansky, 1984). Al cinema, P. si è riaccostato solo nel 1986, con Pirates (Pirati), un vecchio progetto realizzato peraltro in modo non del tutto convincente. È tornato poi al grande successo, anche di pubblico, con Frantic (1988), storia di spionaggio dalle atmosfere hitchcockiane ambientata in una Parigi labirintica. Nel 1992 ha realizzato Lunes de fiel, noto anche come Bitter Moon (Luna di fiele), in cui il progressivo deteriorarsi dei rapporti all'interno di una coppia è raccontato dal marito stesso durante una crociera a un estraneo, con impreviste ricadute anche sul ménage di quest'ultimo. Ambiguo è anche il rapporto che in Death and the maiden (1995; La morte e la fanciulla) lega una coppia di coniugi, già perseguitati politici, a un terzo personaggio incontrato per caso, nel quale la moglie crede di riconoscere colui che, anni prima, l'aveva violentata e torturata. La carriera di P., in seguito, è risultata ricca di progetti per varie ragioni non realizzati, fino a The ninth gate (1999; La nona porta), in cui l'autore è tornato ai prediletti temi del diabolico e dell'occulto seguendo le indagini di un detective (Johnny Depp) incaricato di ritrovare le tracce di antichi libri satanici. Girato con grande professionalità e con la solita maestria, il film non aggiunge tuttavia molto di nuovo al profilo complessivo, ormai consolidato, del regista. Con The pianist ha invece realizzato uno dei suoi film più compiuti, coniugando le ossessioni kafkiane, legate alla costruzione onirica dello spazio, con toni commossi e autobiografici nella ricostruzione della persecuzione antisemita sullo sfondo del ghetto di Varsavia devastato dai nazisti, attraverso la testimonianza di un giovane pianista ebreo in fuga.
I. Butler, The cinema of Roman Polanski, London-New York 1970.
P. Kané, Polanski, Paris 1970.
J. Belmans, Roman Polanski, Paris 1971.
S. Rulli, Roman Polanski, Firenze 1975 (1995² ed. aggiornata da F. De Bernardinis).
G. Bisplinghoff, V. Wright Wexman, Roman Polanski: a guide to references and resources, Boston 1979.
T. Kiernan, The Roman Polanski story, New York 1980.
B. Leaming, Polanski: the filmmaker as voyeur, New York 1982.
B. Leaming, Polanski, his life and films, London 1982.
V. Wright Wexman, Roman Polanski, Boston 1985.
D. Avron, Roman Polanski, Paris 1987.
Roman Polanski, a cura di E. Bruno, Roma 1993.
A. Cappabianca, Roman Polanski, Recco 1997.
A. Scandola, Il fantasma e la fanciulla. Tre film di Roman Polanski, Verona 2001.
A. Scandola, Roman Polanski, Milano 2002.