RENARD (Renart), Roman de
Sotto il titolo complessivo di Roman de Renart (Renard, nella forma recente), si designa un aggregato di poemetti in ottonarî, composti nella Francia del Nord (in Piccardia, in Normandia, nell'lle-de-France, come risulta da molte peculiarità idiomatiche e soprattutto dal tipo culturale) durante l'ultimo quarto del sec. XII e tutto il secolo XIII, dovuti a poeti diversi e varî per talento e per condizione sociale, per lo più anonimi, ma accomunati da uno stesso contenuto e da intenti letterarî pressoché analoghi, e soprattutto confusi fra loro dalla tradizione manoscritta, che ha raccolto insieme le varie parti e le ha considerate come episodî di un'unica opera: la più grande epopea animalesca del Medioevo.
È invalso l'uso d'indicare i varî episodî o rami, le cosiddette branche secondo la numerazione progressiva dell'edizione di F. Martin (Strasburgo 1882-87, voll. 4: condotta press'a poco secondo l'ordine del ms. franc. 20.043 della Bibl. Nat. di Parigi, del sec. XIII, che rappresenta la migliore silloge), che peraltro è determinata da motivi contenutistici e non coincide affatto con le ragioni cronologiche. Pare invece che la composizione dell'intero corpus abbia un ordine diverso: gli episodî II e Va (R. et Chantecler; R. et la Mésange) sono i più arcaici e sembrano risalire agli anni 1174-1177, dovuti verosimilmente a Pierre de SaintCloud, il più originale; le branche . III, IV, XIV sono del 1178, la I del 1179; an secondo gruppo è formato dall'episodio X (1180-1190) e dal VI, VIII, XII (intorno al 1190); un terzo gruppo comprende i rami VII e XI (1195-1200), IX (1200), XVI (1202), XVII (1205). Si è soliti distinguere queste branche più antiche, da quelle del sec. XIII (XIII, XVIII-XXVI), la cui composizione scende fin dopo il 1250; esse moltiplicano le vicende di questa epopea, ma raramente arricchiscono il patrimonio poetico già noto; anzi spesso deviano dal tema fondamentale e sciupano il tono primitivo (per es., i rami dal XVIII al XXI non si riferiscono neanche a Renard, l'eroe d'obbligo), e per lo più allargano o inzeppano tratti già svolti (come accade, per es., per gli episodî XIII, XXII e XXIII). Il gusto della favola animalesca si riconnette alla tradizione latina medievale (v. favola); ma è certo che sono stati i poeti della Francia del Nord e delle Fiandre (francesi e fiamminghi) a determinare e diffondere il gusto di questo particolare contenuto, che dalla poesia si propagava, come elemento ornamentale, alle arti figurative, e scendeva alla condizione di letteratura popolare e anonima. Oltre agli elementi che potevano derivare dal gusto miedievale della favola esopiana, i precedenti più sieuri sono costituiti dall'Ecbasis captivi, poema del sec. X, dovuto a un ecclesiastico di Saint-Evre a Toul, e dall'Ysengrimus di Nivardo, che scriveva a Gand nel 1148. Viceversa il Reinhart Fuchs, dell'alsaziano Heinrich der Glichesaere, composto verso la fine del secolo XII, è posteriore alle più antiche ramificazioni francesi. Fra le molte traduzioni e imitazioni nelle altre letterature, raggiunge una particolare fisionomia la rielaborazione Olandese Reinaerts Historie, del 1350, che conferì valore indigeno a un contenuto d'importazione.
Si crea con una sensibilità originale una singolare mitologia favolistica e antropomorfica, al centro della quale vive Renard - la volpe astuta, agilissima, inesauribile di trovate e di espedienti, sempre in lotta aperta o dissimulata con Isengrin - il lupo ostinato, semplicione, ottuso e collerico. Attorno a loro si agitano con i loro piccoli e imperiosi istinti tutte le altre bestie che vivono sulla terra, elementari organismi della vita naturale che riflettono nella loro modesta e difficile esistenza i motivi fondamentali e primigenî dell'esperienza umana: da madama Hersent (la lupa che non si fa scrupolo di tradire lo sposo), a Hermeline (la piccola volpe), a Tibert (il gatto), Tiercelin (il corvo), Brichemer (il cervo), Brun (l'orso), Beaucent (il cinghiale), Bernard (l'asino), Roonel (il mastino) - e i nomi proprî hanno una particolare importanza per determinare le origini e le vie di diffusione -, fino a Nobile, il leone. Tutti corrono attraverso le campagne solitarie, per le verdi radure, per i boschi, nelle macchie, nei covili, lungo i ruscelli, attorno alle fattorie fornite e ai ricchi monasteri, lungi sempre dalle città, a contatto dei contadini, dei frati, dei chierici vaganti, usando tutte le arti di cui la natura li ha dotati, e contraffacendo le immagini morali dell'uomo. Ne deriva, accanto ai valori caricaturali, spassosi, fatti di levità umoristica e maliziosa e d'ilare bonomia, un tono lirico leggiero, cangiante, pieno di risorse stilistiche: forse una delle note più poetiche è quella della campagna, del paesaggio, del perenne verde, per il quale fugge silenziosa, guardinga, precipitosa l'esile e insidiosa volpe. È una poesia che porta l'eco immediata di tutta una società borghese, laica, spregiudicata, già consapevole di sé, abbastanza evoluta e colta per valutare con spirituale distacco il diverso gioco della propria realtà, ma ancora immune da un pensiero criticamente organico che le avrebbe impedito questa diretta; vivace e freschissima rappresentazione naturalistica: il Roman de Renard rimane uno dei prodotti più tipici della grande poesia francese del Medioevo. A partire però dal sec. XIII, alla fecondità non corrisponde la qualità. La stessa popolarità nuoce al genere, perché vi si contaminano episodî e motivi eterogenei. Lo stesso R. finisce con l'essere confinato in una parte marginale, di fronte alle tendenze invadenti dell'allegoria. La figura di Renard sopravvive con un valore di simbolo, forzata da una mentalità intellettualistica e ipercritica: per es., nel Renard le Bestourné di Rutebeuf, la figura del simpatico animale sta a significare gli ordini mendicanti, contro cui il poeta usa la più amara e aggressiva satira. Nel Couronnement de Renard (composto nelle Fiandre poco dopo il 1250), diviene troppo palese la caricatura di istituzioni politiche e morali della società contemporanea; finché dopo il Renard le Nouvel (poema di 10.000 versi, della fine del sec. XIII, opera di un poeta di Lilla, Jacquemart Gelée), in cui sono più espliciti i caratteri allegorici, moralistici e parodistici, il Renard le Contrefait (parto della prolissa immaginazione di un chierico della Champagne che ne serisse una prima redazione di 31.000 versi fra il 1319 e il 1322 e una seconda di 41.000 fra il 1328 e il 1342), fa subire al contenuto tradizionale la più completa deformazione, faeendo di Renard l'ideale del filosofo, del saggio, dell'enciclopedico: siamo all'ultimo grado della mentalità libresca e antipoetica del basso Medioevo francese.
Ediz.: Roman de R., a cura di Méon, Parigi 1826, voll. 4 (con suppl. di Chabaille, ivi 1835); E. Martin, Strasburgo 1882-1887, voll. 3 (dello stesso, Observations sur le R. de R., ivi 1887); P. Meyer, Fragment de la branche XI in Romania, XXXIX (1905); M. Roques, Fragment d'un ms. du R. de R., ibid., XXXIX (1910); Le Couronnement de. R., a cura di A. Foulet, Princeton-Parigi 1929; R. le Nouvel, nell'ed. di Méon, IV; R. le Contrefait, a cura di G. Raynaud e H. Lemaître, Parigi 1914.
Bibl.: Tutti i problemi delle fonti e della composizione sono trattati da L. Foulet, Le R. de R., Parigi 1914, nella Bibl. École des Hautes Études, 211. Cfr. anche G. Tilander, Remarques sur le R. de R., Göteborg 1923; M. Wilmotte, L'auteur des branches II et V, du R., in Romania, XLIV (1918); Ch.-V. Langlois, Anonyme de Troyes, auteur du R. le Contrefait, in Histoire litt. de la France, XXXVI (Parigi 1924), pp. 115-159; per i frammenti italiani, v. H. Breuer, Einschliesslich der franko-italienischen Brache, Halle 1929. V. anche favola.