VLAD, Roman Alfred
– Nacque a Černivci (in Romania, oggi Ucraina; Cernăuți in romeno, capitale del Ducato di Bucovina) il 29 dicembre 1919, primogenito di Miron, magistrato, e di Alma Dombrowski.
Assieme ai genitori e alla sorella Irina Sofia, Vlad trascorse l’infanzia nella casa di campagna dei nonni materni a Vaškivci (Vășcăuți, a nord di Černivci); qui fu avviato allo studio della musica dalla madre, che suonava il pianoforte, dal padre, melomane, e dal nonno materno Ippolit, che si dilettava a suonare il violoncello e lo zither. Nel 1929 fu affidato alla nonna materna Aglaja Gribovski che viveva a Černivci, per compiere studi regolari nel ginnasio locale; nella città natale frequentò anche il conservatorio, dove per pochi anni studiò pianoforte e armonia. A causa di alcune incomprensioni con il maestro di armonia, Vlad proseguì privatamente la formazione musicale, sotto la guida della pianista viennese Aglaja Klug, con la quale, oltre al repertorio classico, studiò anche la Sonatina di Ferruccio Busoni, la Sonata di Alban Berg e i Sechs kleine Klavierstücke op. 19 di Arnold Schönberg. Riammesso in conservatorio, Vlad si diplomò in pianoforte nella sessione estiva del 1938 e parallelamente conseguì la maturità classica; decise di proseguire gli studi in Italia, per perfezionarsi alla Regia Accademia di S. Cecilia. Nel novembre dello stesso anno giunse a Roma e nel gennaio 1939 iniziò a frequentare le lezioni di Alfredo Casella presso l’istituzione romana, prima come uditore, dal 1940 in qualità di allievo effettivo. Conseguì il diploma di perfezionamento nel 1941. Negli stessi anni (1938-40) frequentò alla Sapienza di Roma il biennio di ingegneria navale, sostenendo esami con Ugo ed Edoardo Amaldi ed Enrico Bompiani, senza però completare gli studi, a causa degli eventi bellici e per il prevalente interesse per la musica. Grazie alla mediazione di Casella, grande animatore della vita culturale romana, tra la fine degli anni Trenta e i primi anni Quaranta ebbe modo di conoscere di persona nella capitale compositori e interpreti di spicco (Béla Bartók, Victor de Sabata, Arturo Benedetti Michelangeli), tenere concerti e lezioni sulla musica contemporanea (a villa Malta e palazzo del Drago) ed essere assunto come maestro sostituto al teatro delle Arti. Casella invitò inoltre Vlad a impartire lezioni di pianoforte a Elisabetta Naldi (13 settembre 1916-24 agosto 1983), figlia di Filippo, fondatore e direttore de Il Tempo, e della scrittrice russa Raisa Grigor′evna Ol′kenickaja. Nel 1942 Vlad sposò Elisabetta, divenuta attrice e scrittrice.
Nei primi anni trascorsi a Roma Vlad affiancò la carriera del concertista a quella del compositore; risalgono a questo periodo i tre Poemele luminii (I poemi della luce), per canto e pianoforte (1939), e la cantata per coro e orchestra Dove sei, Elohim? (1942), entrambi su testi di Lucian Blaga; le Tre invenzioni a due voci per pianoforte (1940); la Sinfonietta per orchestra da camera, del 1942, insignita quell’anno a Bucarest del premio Enescu (su segnalazione di Dinu Lipatti).
A partire dal 1942 scrisse anche i primi articoli musicologici, apparsi su Il musicista, Musica e L’immagine. Quest’ultima rivista era diretta da Cesare Brandi, che Vlad frequentò assiduamente negli anni Quaranta; fu per merito dello storico dell’arte senese se il compositore conobbe Licia Borrelli (nata il 1° settembre 1921), archeologa, che sposò nel 1953, dopo l’annullamento del matrimonio con Naldi (1949) e l’ottenimento della cittadinanza italiana (1951). Dall’unione nacquero nel 1955 Alessio (compositore, direttore d’orchestra e, tra l’altro, dal 2010 direttore artistico del teatro dell’Opera di Roma) e tre anni dopo Gregorio (fisico del plasma).
Nell’abitazione romana di Brandi conobbe anche Toti Scialoja (sulle cui poesie nel 1976 compose La vespa di Toti, per coro di voci bianche e strumenti), Eugenio Montale (da cui trasse ispirazione nelle Tre poesie di Montale, per voce e pianoforte, del 1976) e Aurél M. Milloss. Dal sodalizio con il ballerino e coreografo ungherese nacquero le musiche per i balletti La strada sul caffè (1943, soggetto di Brandi e scene di Scialoja), La dama delle camelie (1945), Die Wiederkehr (1960-61) e Ricercare (il ritorno) (1968).
Agli anni Quaranta risalgono anche le prime musiche di scena di Vlad (L’opera dello straccione e La fiera delle maschere, allestite da Vito Pandolfi nel 1943 e nel 1947; Les mouches, regia di Luchino Visconti, 1946) e l’esordio come autore di colonne sonore per film, cortometraggi e documentari firmati da registi di fama (Racconto di un affresco, Luciano Emmer, 1946; Les derniers jours de Pompei, Marcel L’Herbier, 1950; La beauté du diable, René Clair, 1950; Tre tempi di cinema astratto, Elio Piccon, 1951).
Lo stile innovativo di queste colonne sonore, in particolare quelle per i documentari di argomento artistico girati da Emmer, gli valse nel 1950 il Nastro d’argento per l’insieme dei suoi commenti cinematografici. La creazione di musiche per il cinema e la televisione proseguì in modo continuativo nei decenni successivi, sino agli ultimi anni Ottanta (si ricordano in particolare Monsieur Ripois, René Clément, 1954; La vita di Leonardo da Vinci, Renato Castellani, 1971; Il giovane Toscanini, Franco Zeffirelli, 1988). Vlad affiancò l’attività compositiva in ambito cinematografico con riflessioni sulla stesura di colonne sonore, espresse principalmente negli articoli La musica nel documentario d’arte (in Bianco e nero, XI (1950), pp. 111-116) e Condizione del musicista che compone per il cinema (testo presentato nel 1950 a Firenze, per il VII Congresso internazionale di musica, pubblicato in Il Diapason, IV (1953), pp. 14-16).
Contestualmente a questi scritti, negli anni Cinquanta apparvero anche le prime monografie di Vlad, alcune tradotte in inglese, che ne decretarono la fama di critico dedito in particolare all’analisi e alla storiografia della musica del Novecento: Modernità e tradizione nella musica contemporanea (Torino 1955); Dallapiccola (Milano 1957); Storia della dodecafonia (Milano 1958); Stravinsky (Torino 1958). Del compositore russo, Vlad è stato un esegeta accreditato a livello internazionale; alla produzione stravinskiana dedicò anche dopo gli anni Cinquanta studi analitici di ampio respiro, per esempio sulla Sagra della primavera (Architettura di un capolavoro, Torino 2005), nonché la composizione Meditazioni sopra un antico canto russo ricordando Igor Strawinsky per otto strumenti, nel decennale della morte (1982).
L’ininterrotta stesura di saggi e articoli per riviste italiane e straniere non impedì a Vlad di essere attivo in modo costante sul versante della composizione, rimanendo fedele a quegli «orientamenti filo dodecafonici» (Vlad, 2011, p. 90) che nella sua musica si osservano sin dagli anni Quaranta (Studi dodecafonici, per pianoforte, 1943, revisione 1957; Musica per archi, per quartetto, 1955, rivista nel 1984 e pubblicata con il titolo Tetraktys; la cantata Le ciel est vide sui sonetti di Gérard de Nerval ispirati al Discorso del Cristo morto di Jean Paul Richter, 1955) e di cui peraltro resta traccia nell’intera sua produzione.
Il linguaggio dodecafonico, spesso impiegato non senza licenze, coesiste nei decenni sia con tecniche aleatorie (ravvisabili per esempio in Ode super ‘Chrysea phorminx’, per chitarra e orchestra, 1962-65, e ne Il magico flauto di Severino, per flauto e pianoforte, composto nel 1971 per Severino Gazzelloni) sia con la frequente rielaborazione di temi noti, desunti da Johann Sebastian Bach (nelle tre serie dell’Arte della variazione, per orchestra, 1992-2000), Robert Schumann (in Sognando il sogno: variazioni su di una variazione, per pianoforte, 1971) e Frédéric Chopin (nelle Variazioni intorno all’ultima Mazurka di Chopin, per pianoforte, 1964). A questi aspetti tecnici, che concorrono a delineare la poliedricità creativa di Vlad e vietano di definirlo «un compositore seriale puro» (Vlad, 2011, p. 90), va aggiunto l’interesse per l’elettronica, che si concretò sia nella creazione, presso lo Studio di fonologia di Milano, del Ricercare elettronico (1962), sia in alcuni effetti per i commenti sonori del film La ragazza in vetrina (Emmer, 1961), dell’opera televisiva La Fantarca (Vittorio Cottafavi, 1966, dall’omonimo romanzo di Giuseppe Berto) e del documentario Per Firenze (Zeffirelli, 1966).
Dall’esperienza maturata durante l’incessante attività compositiva e teorica scaturirono le lezioni e relazioni che Vlad tenne alla Summer School di Dartington Hall, Devon (1954-55), all’Università del Maryland (1982), nei corsi annuali di composizione presso i conservatori Francesco Morlacchi di Perugia (1966-76) e Licinio Refice di Frosinone (1976-86), nonché in occasione degli innumerevoli convegni e seminari in Italia e all’estero, ai quali, dagli esordi e fino ai primi anni Duemila, venne invitato a tenere conferenze. Dalle relazioni presentate in questi incontri trasse contributi di ampio respiro (Alcune osservazioni sulla struttura delle opere di Verdi, in Atti del III Congresso internazionale di studi verdiani, Parma 1974, pp. 495-522; Situazione storica della «generazione dell’80», in Musica italiana del primo Novecento: la generazione dell’80, Firenze 1981, pp. 3-8). La costante attenzione per la divulgazione del sapere musicale anche in sedi non deputate all’insegnamento e il marcato atteggiamento didattico sono altrettanto tangibili nei numerosi cicli radiofonici e televisivi da lui ideati e condotti, sulla storia della musica del passato e del presente: dalle danze storiche (Invito al valzer, 1966) ai linguaggi del Novecento (La storia della dodecafonia, 1954); dai capolavori dell’opera (Viaggio nel paese del melodramma: Gioacchino Rossini, 1969) ai profili di compositori, pianisti e direttori d’orchestra (Omaggio a Stravinskij nel centenario della nascita, 1983; Grandi interpreti: Arturo Benedetti Michelangeli, 1988; Il Maestro Toscanini dirige, 1991).
Queste trasmissioni si distribuiscono sull’arco di un quarantennio – dagli anni Cinquanta ai Novanta – durante il quale Vlad, senza tralasciare la composizione e la direzione di riviste (Musica e Dossier, 1986-92), assunse anche numerosi incarichi di natura gestionale: fu direttore artistico dell’Accademia filarmonica romana (1955-58; 1966-69; poi presidente, 1994-2006), del teatro Comunale di Firenze (1968-72), dell’Orchestra sinfonica nazionale della RAI di Torino (1973-89), del teatro alla Scala (1995-97); fu inoltre sovrintendente del teatro dell’Opera di Roma (1980-82); presidente della Società italiana di musica contemporanea (1960), della Società aquilana dei concerti (1973-92), della Società italiana degli autori ed editori (SIAE; 1987-93) e della Confédération internationale des auteurs et compositeurs (1980-82; 1990-94).
Tra gli anni Novanta e il Duemila Vlad non cessò di comporre: la continuità stilistica con la produzione dei decenni precedenti (Quintetto, per archi e pianoforte, 2003; Cantata K 619 di W.A. Mozart, libera trascrizione per baritono e orchestra, 2006) si intrecciò con l’interesse per le culture non europee (Le stagioni giapponesi: 4 serie di Haiku, per voce e pianoforte, 1993-94) e con una persistente ricerca spirituale (Invettive e invocazioni sul ‘Dies Irae’, per baritono, coro di voci bianche e orchestra, 2006). In parallelo continuò la stesura di saggi (Il “Coro di morti” di Goffredo Petrassi, in Nuova rivista musicale italiana, XL (2006), pp. 217-233) e monografie (Skrjabin tra cielo e inferno, Firenze 2009).
Vlad è stato insignito di numerose onorificenze, tra le quali il titolo di Doctor of music (National University of Ireland, Dublino 1974); l’elezione a membro della Koninklijke Academie voor Wetenschappen, Letteren en Schone Kunsten van België (1991); la Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte (1995); la nomina a cavaliere di gran croce al merito della Repubblica Italiana (1996).
Morì a Roma il 21 settembre 2013.
Il catalogo della produzione strumentale, vocale, per il cinema e la televisione di Vlad è consultabile nella sezione Archivi digitali della Fondazione Giorgio Cini: https://archivi. cini.it/istitutomusica/archive/IT-MUS-GUI001-000006/roman-vlad.html (giugno 2020).
Fonti e Bibl.: G. Graziosi, Musicisti del nostro tempo: R. V., in La Rassegna musicale, XXIII (1953), pp. 6-18; R. Stevenson, An introduction to the music of R. V., in The Music Review, XXII (1961), pp. 124-135; V. Munteanu, R. V. – modernitate și tradiție (R. V. - modernità e tradizione), Bukuresti 2001; F.C. Ricci, La musica di R. V. per il cinema, la televisione e il teatro, in Nuova rivista musicale italiana, IV (2008), pp. 499-522; R. Vlad, Vivere la musica. Un racconto autobiografico, a cura di V. Bonolis - S. Cappellini, Torino 2011; A. Carone, Aspetti genetici e strutturali delle “Variazioni intorno all’ultima Mazurka di Chopin” di R. V., in Rivista italiana di musicologia, L (2015), pp. 199-226; Ead., Dalla parola scritta alla parola detta. Impegno e formazione del cittadino secondo R. V., in Schweizer Jahrbuch für Musikforschung, XXXVI (2016), pp. 91-117; A. Marchiori, Riflessioni su “Ode super Chrysea phorminx” di R. V., in Il Fronimo, 2016, n. 176, pp. 14-21; S. Pasticci, Hermeneutics and creative process: R. V.’s reception of Stravinsky, in Archival Notes, II (2017), pp. 41-63, http://onlinepublishing.cini.it/index.php/arno/article/view/72 (giugno 2020).