MONTI, Rolando
MONTI, Rolando. – Nacque il 24 novembre 1906 a Cortona da Luigi, farmacista originario di Perugia, autore di diversi componimenti in prosa e versi in vernacolo perugino, e Agnese Mignatti.
La famiglia si stabilì nel 1912 nel piccolo borgo ligure di Monterosso al Mare, dove Luigi aveva rilevato la farmacia locale, per trasferirsi poi nel 1923, dopo l’avvio di una nuova attività commerciale, nella vicina Rapallo.
Rapallo rimase sempre un importante riferimento per l’artista, che vi ritornò regolarmente. Il paesaggio ligure, i suoi colori e la sua luce restarono profondamente incisi nel suo immaginario, costituendo una fonte di ispirazione costante nelle varie fasi della sua attività. Inoltre l’ambiente culturale vivacemente cosmopolita della cittadina, luogo di soggiorno amato da artisti e intellettuali di fama mondiale (molti dei quali frequentavano il negozio di ceramiche pregiate aperto dal padre), consentì al giovane Monti di stringere rapporti importanti per la sua formazione, quali quello con Ezra Pound, destinato a trasformarsi in un’affettuosa amicizia, stimolandolo, probabilmente, a coltivare la propria inclinazione artistica.
In opposizione al volere del padre che lo aveva indirizzato agli studi di ragioneria a Genova, nel 1924, ormai maturata la consapevolezza della propria vocazione artistica, Monti si trasferì a Firenze per frequentare l’Accademia di belle arti, allievo di Felice Carena. Anche durante gli anni fiorentini, tuttavia, mantenne i suoi legami con l’ambiente ligure, tornando periodicamente a Rapallo, dove aveva allestito un piccolo atelier. Terminata l’Accademia, nell’ottobre del 1928, anche a causa dei continui contrasti con il padre decise di trasferirsi a Roma dove, grazie a Ferruccio Ferrazzi, ottenne un modesto studio in via delle Sette Sale. In questi primissimi anni romani, segnati da notevoli difficoltà economiche, poté contare anche sull’affettuoso aiuto dell’oste Luigi Falcioni, il quale gli commissionò alcune decorazione murali a encausto, tempera e olio per il suo locale «Grotte d’Enotria» in via Veneto, cui il pittore lavorò a più riprese fra il 1928 e il 1932 (e ancora nel 1946). Fra gli incontri di quegli anni d’esordio determinante fu soprattutto quello con Cipriano Efisio Oppo che, colpito dalle sue qualità artistiche, lo invitò a partecipare alla I Mostra sindacale (1929) con cinque opere. Nel 1930 iniziò anche a pubblicare alcuni disegni ne La Tribuna e L’Italia letteraria. L’anno successivo, frequentando la scuola libera del nudo del Circolo artistico, conobbe Nancy Monti, che sarebbe diventata sua compagna e modella per tutta la vita. Inoltre, ancora grazie a Oppo, venne invitato a partecipare alla I Quadriennale, dove espose due oli, Paesaggio e Mazzo di rose (quest’ultimo acquistato dallo stesso Oppo), un acquerello e due disegni, uno dei quali fu selezionato per le collezioni del Governatorato (Ritratto di mia madre, 1928: Roma, Galleria comunale d’arte moderna). Proprio in occasione della rassegna romana, grazie al suo maestro Carena conobbe Emanuele Cavalli e Giuseppe Capogrossi, stringendo con loro un profondo legame d’amicizia, destinato a durare tutta la vita, nutrito da una notevole affinità di inclinazioni e dalla comune insofferenza verso il clima artistico del tempo. Accanto a loro nel marzo 1932 partecipò alla III Sindacale laziale, esponendovi sette opere, fra cui Sposalizio, dipinto poi distrutto dallo stesso artista in seguito alle stroncature ricevute dalla critica. In quegli anni, grazie all’intensa frequentazione con Cavalli e Capogrossi, con cui spesso si ritrovava la sera in un’osteria in via Cola di Rienzo, Monti entrò in contatto anche con pittori quali Corrado Cagli, Fausto Pirandello e Roberto Melli, partecipando in modo assiduo alle discussioni del gruppo che, in un clima di fertile scambio intellettuale, videro la genesi del tonalismo romano. Nonostante il suo progressivo radicarsi nell’ambiente artistico capitolino, Monti non interruppe i rapporti con la Liguria. A Rapallo nel 1932 tenne, difatti, la sua prima personale, esponendovi anche un ritratto di Pound (pubbl. il 2 aprile 1933 in The New York Times Book Review), prima di una serie di opere, fra cui alcuni disegni a china eseguiti negli anni Settanta (Roma, Arch. privato Rolando Monti; ripr. in R. M., 2009, pp. 131-133) che testimoniano il duraturo rapporto con il poeta. Nella cittadina ligure, in questi stessi anni, conobbe anche Moses Levy, Enrico Paulucci e Oskar Kokoschka, insieme ai quali partecipò nel 1933 alla I Mostra d’arte di Rapallo. A Roma, invece, continuò a frequentare il gruppo dei tonalisti e i loro luoghi di ritrovo, quali il galleggiante Tofini ormeggiato sulle sponde del Tevere, entrando in contatto con molti protagonisti della cultura romana dell’epoca, come Elsa Morante, Alberto Moravia, Romeo Lucchese, Cesare Zavattini, Vinicio Paladini e Mario Soldati. In questi anni prese parte a diverse esposizioni: presente, nel 1934 con due opere alla VI Sindacale (occasione che lo vide coinvolto, accanto ai sodali Capogrossi e Cavalli, in una dura polemica con il critico Giuseppe Pensabene), nel 1935 partecipò alla II Quadriennale (dove presentò tre oli, Natura morta, Ritratto di donna, Rapallo in settembre, e altrettanti acquerelli, Ultime cabine di autunno, I bagni, Rapallo) e alla II Sindacale d’arte di Puglia a Bari, dove espose accanto a Capogrossi, Cavalli, Melli, Cagli e Pirandello (S. Maria al Campo, Bagni al tramonto, Ritratto di fanciulla).
Nel corso della prima metà degli anni Trenta Monti maturò, in linea con gli assunti del tonalismo, una sua personale ricerca, orientandosi verso una pittura più attenta alla funzione espressiva e costruttiva del colore. Nelle opere realizzate in questi anni, difatti, l’attenzione ai valori chiaroscurali che caratterizza ancora dipinti quali Ritratto di bimba, esposto nel 1929 alla I Sindacale, o Donna con cesto di frutta (entrambi 1929: Roma, Arch. privato Rolando Monti; ripr. in R. M., 2009, pp. 36 s.) cede progressivamente il posto a composizioni più semplificate, dalle atmosfere sospese, caratterizzate da una luminosità tersa e da larghe campiture di colori accesi ma limpidi (Oggetti casalinghi, 1932; L’albero della cuccagna, 1933; Porto di Rapallo, 1934; Lavoro a maglia, 1934; Paesaggio, 1935; ripr. ibid., pp. 40-44). Fra i soggetti privilegiati dall’artista, soprattutto nature morte e paesaggi, resi con metafisico lirismo, un ruolo particolare rivestono i temi «liguri», già presenti nella sua primissima produzione (Il sogno del pescatore, 1925: Roma, Arch. privato Rolando Monti; ripr. ibid., 2009, p. 35). Le suggestioni dei luoghi della propria adolescenza furono difatti determinanti nella sua poetica, suggerendogli, oltre che un repertorio di soggetti, anche un particolare senso della luce e una spiccata sensibilità cromatica, elementi che caratterizzeranno tutto il suo percorso artistico, sia nell’ambito figurativo sia in quello astratto.
Nel dicembre del 1936 allestì la sua prima personale romana presso l’importante galleria della Cometa, presentato da Libero de Libero, esponendovi una serie di opere che evidenziavano la sua personale interpretazione della poetica del tonalismo.
Lodandone la pittura «chiara e devota a un suo mondo di marine, fiori e di maschere», nell’introduzione in catalogo de Libero poteva sottolineare come, già al tempo, il lavoro del pittore fosse penalizzato, forse anche a causa del suo carattere schivo e riservato, da una scarsa fortuna critica e da una minore visibilità rispetto a quella ottenuta dai suoi sodali. In effetti già in questi anni, e poi nei decenni a seguire, la critica sembrò non rimarcare il ruolo giocato da Monti nella compagine tonalista. Un mancato riconoscimento, perpetuatosi anche nei più recenti contributi critici dedicati all’argomento, che lo amareggiò profondamente, come testimoniato, per esempio, da alcune lettere e memoriali (Arch. privato Rolando Monti) indirizzati, agli inizi degli anni Sessanta, sia all’amico Cavalli sia a critici e studiosi come Marcello Venturoli e Virgilio Guzzi, in cui il pittore ripercorre gli accadimenti di quegli anni, nell’affannoso tentativo di precisare dati storici e di evidenziare il proprio ruolo nell’ambito della vicenda artistica del tonalismo.
Nel 1937 sposò Nancy Monti con la quale ebbe, nel 1939, l’unico figlio, Paolo. Sempre nel 1937 realizzò, in collaborazione con Paladini, due grandi decorazioni murali per la Mostra del tessile nazionale, e, l’anno successivo, una tempera murale per la Mostra autarchica del minerale italiano. Nel 1938 espose alla VIII Sindacale laziale quattro opere, fra cui Donna con ventaglio acquistata in quella occasione per la Galleria nazionale d’arte moderna. Presente nuovamente nel 1939 alla III Quadriennale (Straccaggi, Il tappeto, La casa), nel maggio dello stesso anno tornò a esporre per l’ultima volta accanto all’amico Cavalli in una personale allestita, su invito di Felice Casorati e Paulucci, presso la galleria La Zecca di Torino.
Nel corso di questi anni Monti approfondì la propria esperienza tonale realizzando composizioni costruite su studiati rapporti cromatici, dalla tavolozza raffinata e brillante, spesso incentrate sul tema della rappresentazione della figura femminile. La graduale maturazione di tale ricerca è scandita, nel corso della seconda metà degli anni Trenta, da opere quali Maschere, Popolane in riposo (1936 e 1938: Roma, Arch. privato Rolando Monti; ripr. in R. M., 2009, pp. 45, 47), Donna con ventaglio, Il tappeto (entrambi 1938: Roma, Galleria nazionale d’arte moderna) che, pur condividendo con molta pittura coeva il gusto per forme sintetiche e bloccate, gesti sospesi e spazialità atemporali, evidenziano la peculiarità del suo approccio, sempre distante da eccessivi intellettualismi o rigori formali e permeato, invece, da una vena di sottile lirismo e da una forte adesione emotiva ai soggetti rappresentati.
Gli anni bellici non segnarono particolari rallentamenti nella sua attività anche se allo scoppio della guerra, temendo ritorsioni verso la moglie italoamericana e il figlio, si assentò da Roma per un breve periodo, trasferendosi in un paese dell’Umbria. Nel 1940 partecipò con l’opera Meriggio al premio Bergamo e, nello stesso anno, Orazio Amato, segretario nazionale del sindacato belle arti fece acquistare, per le collezioni della Galleria nazionale d’arte moderna, il suo dipinto Natura morta (Mele e aranci), esposto nella mostra «Squadristi antemarcia legionari fiumani» (Roma, palazzo delle Esposizioni). Nello stesso anno vinse la cattedra di figura disegnata presso il liceo artistico di Roma, prima tappa di una lunga carriera didattica che lo avrebbe impegnato sino alla vecchiaia. A conferma dell’interesse suscitato dal suo lavoro, negli anni immediatamente successivi altri suoi dipinti, connotati da un ductus pittorico più libero e sensuale e da una forte accensione cromatica, entrarono a far parte di collezioni pubbliche: nel 1942, in occasione della LIV Mostra della Galleria di Roma (cui partecipò con 23 opere), La cava (1942) venne acquistata dalla Galleria nazionale d’arte moderna nelle cui raccolte, l’anno successivo, entrò anche Semprevivi (1943), presentata alla IV Quadriennale; nella stessa occasione il Comune di Roma acquistò Un cartoccio d’uva (1942: Roma, Galleria comunale d’arte moderna).
Nel dopoguerra Monti si fece coinvolgere intensamente nel clima di fermento che animava la capitale in quegli anni. Dopo aver esposto nel 1947 alla Kunsthalle di Berna, nel 1948 divenne membro dell’Art Club e partecipò a diverse rassegne, fra cui, per la prima volta, alla Biennale di Venezia (In giardino), dove espose in modo continuativo fino al 1954. Nel 1950, grazie a un contributo del ministero della Pubblica Istruzione, intraprese un viaggio di studio a Parigi, in Belgio e in Olanda; nello stesso anno l’editore De Luca pubblicò una prima monografia sul suo lavoro.
Nella seconda metà degli anni Quaranta la sua ricerca si indirizzò verso una riflessione sull’arte fauve e cubista, e in particolare sull’opera di Matisse, evidenziata, ad esempio, da opere quali Donna sul balcone o Omaggio a Matisse (entrambe 1947: ripr. in R. M., 2009, pp. 65 s.). In questi anni, animati dal vivace dibattito che vedeva strenuamente contrapposti figurativi e astratti, Monti si schierò decisamente a favore di un’arte d’impostazione iconica, aderendo programmaticamente alla collettiva tenutasi nel dicembre 1948 presso la galleria Giosi di Roma, nella quale si riuniva una compagine di artisti che si opponevano all’arte astratta. In occasione della mostra, che suscitò un’aspra polemica, conclusasi con una sfida a duello fra Guzzi e gli espositori, e una fortissimo eco sulla stampa, la Galleria nazionale d’arte moderna acquistò a Monti Donna che beve in una tazza (1947). Nella prima metà degli anni Cinquanta tenne anche diverse personali, fra cui quelle allestite a Roma presso lo studio d’arte Palma (1951) e alla galleria Il Pincio (1952), accompagnate da cataloghi con contributi del poeta Giorgio Caproni, dove espose opere perlopiù ispirate al mare e al paesaggio ligure, connotate da una spiccata sensibilità e vivacità cromatica. Suggestioni simili caratterizzano anche alcuni dei dipinti presentati nel 1954 alla Biennale di Venezia, quali per esempio Caffè di Rapallo e Nascita di Venere (entrambi 1953: Roma, Arch. privato Rolando Monti; ripr. in R. M., 2009, pp. 77 s.) che evidenziano l’evoluzione del suo linguaggio verso soluzioni di matrice più marcatamente neocubista.
A partire dagli anni Cinquanta declinò la propria ricerca anche grazie a un’intensa attività svolta nel campo delle arti decorative, specializzandosi in particolare, dal 1954 in poi, nell’ideazione di complessi di vetrate artistiche (spesso realizzate in collaborazione con la vetreria Giuliani di Roma), quali, per esempio, quelli per le chiese di S. Prassede (1955), S. Maria della Mercede (1958) e S. Giovanni Bosco (1964) a Roma, per S. Caterina dei Genovesi a Cagliari (1961-62), per la Basilica di Rapallo (1961) e per quella del Centro traumatologico di Torino (1965). Parallelamente si impegnò anche nella realizzazione di diversi grandi murali e pannelli a tempera, fra cui quelli per la Mostra dell’agricoltura a Roma (1953), per il padiglione della Città del Vaticano all’Esposizione universale di Bruxelles (1958) e per la sede dell’Inadel a Roma (1971). Al 1978 risalgono, invece, i grandi pannelli in rame sbalzato eseguiti per il ministero delle Poste e Telecomunicazioni a Roma.
Neanche in questi anni Monti trascurò la pittura, cimentandosi anzi in una nuova e impegnativa fase di ricerca che lo portò a una profonda trasformazione del proprio linguaggio espressivo. Come testimoniato dai dipinti presentati nel 1959 alla VIII Quadriennale (Superficie, Litorale, Composizione,Geologica, Composizione), nella seconda metà degli anni Cinquanta, con un graduale passaggio da lui stesso definito un «trauma doloroso», approdò alla pittura astratta, realizzando dipinti dalla forte matrice materica e gestuale, in linea con le coeve esperienze informali. Già tuttavia le opere presentate nella successiva edizione della rassegna (1965), eseguite perlopiù a tempera, denunciano l’emergere di una nuova fase espressiva, caratterizzata da un astrattismo geometrico incentrato su una personale rielaborazione di moduli costruttivisti e neoplastici (Struttura policroma, Esterno, Ore di Rapallo, Organico, Ricordo). L’evoluzione di tale ricerca, impostata sulla costruzione ritmica dello spazio, è ravvisabile in dipinti quali Composizione 2 (1966-67 circa: Roma, Galleria comunale d’arte moderna) o nelle ventidue tempere astratto-geometriche (fra cui Cunei al quadrato, 1966; Omaggio a De Stijl, 1967; Scansioni ritmiche, 1967), esposte in occasione della personale Ipotesi di spazio che tenne a Roma, nel 1969, presso la galleria Il Cerchio, presentato da Giulio Carlo Argan.
Seppur coinvolto in diversi incarichi istituzionali (fra cui quello di membro del Comitato consultivo della IX e X Quadriennale) e in un’intensa attività espositiva e didattica (nel 1967 era stato nominato docente del corso libero all’Accademia di belle arti di Roma), anche nel corso degli anni Settanta Monti continuò a lavorare intensamente, impegnandosi dapprima in opere in cui la matericità del colore a olio o a tempera viene esaltata dalla texture del supporto in canapa quali, per esempio, Omaggio ad Ezra Pound (1972: Roma, Arch. privato Rolando Monti; ripr. in R. M., 2009, p. 98) esposto nel 1972 alla X Quadriennale, o quelle presentate nel 1974 nella vasta antologica allestita nell’ambito del XIX edizione del premio Termoli. Successivamente avviò un’ulteriore fase della propria ricerca, sperimentando a partire dal 1976 una nuova tecnica, poi approfondita nel corso di tutti gli anni Ottanta, incentrata sulla resa della terza dimensione e basata sulla sovrapposizione di un leggero tessuto di canapa, spesso solcato da smagliature, sospeso su una tavola o un’altra tela (Colloquio, 1977; Trasparenze 2, 1980; La lettera, 1985: Roma, Arch. privato Rolando Monti; ripr. ibid., pp. 102, 104, 107). Alcune di queste composizioni di intenso lirismo, «rarefatte nell’immagine, ma complesse nella costruzione» (Margozzi, ibid., p. 17), vennero esposte nel 1982 a Roma, accanto a opere della sua produzione passata, nell’ambito dell’ultima ampia antologica dedicatagli dall’Ente premi. Sempre a Roma, nel 1989, presso la galleria Incontro d’arte, tenne la sua ultima personale, raccogliendovi diverse opere esemplificative dell’attività antecedente la svolta astratta.
Morì a Roma il 21 marzo 1991.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. privato Rolando Monti. D. Caputi, La Seconda Mostra sindacale d’arte di Puglia, in Quadrivio, 2 giugno 1935, p. 6; L. de Libero, Pitture di R. M. (brochure, galleria della Cometa), Roma 1936; G. Petroni, R. M., Roma 1950; G. Gatt, Le vetrate di M., in La Fiera letteraria, 21 giugno 1964, pp. 1 s.; Ipotesi di spazio di R. M. (catal., galleria Il Cerchio), Roma 1969; XIX Mostra nazionale d’arte contemporanea Termoli. Omaggio al pittore R. M. (catal.), Roma s.d. [ma 1974]; R. M. Olii, tempere, disegni, 1930-1957 (catal., galleria Incontro d’arte), a cura di M. Fagiolo dell’Arco, Roma 1989; V. Rivosecchi, Visite ad artisti: R. M., in Next, V (1989), 15, pp. 17 s.; G. Petroni, R. M. (catal.), Roma 1982; F.R. Morelli, R. M., in La pittura in Italia. Il Novecento/I, Milano 1992, II, pp. 983 s.; C. Crescentini, R. M., in Roma 1918-1943 (catal., Roma), a cura di di F. Benzi - G. Mercurio - L. Prisco, Roma 1998, p. 357; R. M. Dal tonalismo all’astrazione lirica (catal., Roma), a cura di M. Margozzi - A. Marullo, s.l. 2009.