GALLUZZI, Rolandino
Figlio di Nicolò di Enrichetto nacque a Bologna verso il 1275; il nome della madre è ignoto, mentre si sa che ebbe almeno una sorella, Andala.
Della sua prima formazione culturale non restano testimonianze. Gli impegni che il G. assunse in età matura indicano che negli anni giovanili doveva aver acquisito una buona preparazione giuridica e mostrato disposizione per le attività diplomatiche e militari: il tutto in linea con le tendenze della consorteria dei Galluzzi più che con quelle del padre Nicolò che sembra si fosse dedicato prevalentemente agli affari e, in particolare, al prestito di danaro. Non si conosce la data del suo matrimonio con Bettina Mezzovillani dal quale nacquero almeno cinque figlie: Giacoma, che sposò Guglielmo Prendiparte; Caterina, moglie prima di Beloso Galoni da Reggio, poi di Dalfino di Michele; Francesca, sposa prima di Masolino Tebaldi, poi di Bonifacio Magnani; Sanda, che sposò Tizolo Buvalelli, e infine Bartolomea, che divenne suora.
La pressoché assoluta mancanza di notizie sui primi impegni pubblici del G. negli anni giovanili è cosa abbastanza strana, specialmente in considerazione di quello che fu il suo primo incarico ufficiale, di altissimo prestigio e responsabilità: nell'agosto del 1310 venne infatti chiamato da Firenze ad assumere l'ufficio di capitano del Popolo.
Si direbbe che tale nomina avesse colto di sorpresa non solo lo stesso G., ma anche il ceto dirigente bolognese, che mostrò peraltro di riconoscere con prontezza il suo alto significato. Il 27 agosto il Consiglio del Popolo decideva di concedere al G. un'assegnazione di 500 lire da ricavarsi dalla vendita all'incanto del dazio dei filugelli e ordinava al podestà di armarlo cavaliere.
In tale occasione fu deliberato, inoltre, che al G. venisse attribuito il titolo di doctor legum. Evidentemente egli non aveva ancora completato il regolare corso di studi e il Consiglio del Popolo non esitò a forzare la tradizione e le intuibili resistenze di tutto l'apparato dello Studio cittadino. L'arcidiacono, il Collegio dei dottori e i rettori delle università degli scolari vennero sollecitati a non frapporre alcun ostacolo alla concessione del titolo di dottore al G. e fu dato contemporaneamente mandato al podestà di ricorrere, se necessario, a ogni mezzo coercitivo.
L'intromissione nella consolidata prassi dello Studio e l'insieme dei conferimenti in danaro e in titoli al G. non dovevano derivare soltanto dai suoi meriti, ma erano, con tutta probabilità, il riflesso di una delicata situazione politica. A partire dal 1306 in Bologna aveva preso il sopravvento la fazione guelfa intransigente e ciò aveva portato a rinsaldare fortemente i legami con Firenze, dominata dai neri, nonché con le altre città guelfe e con Roberto d'Angiò. L'annuncio, nel giugno del 1309, dell'intenzione di Enrico VII di scendere in Italia aveva suscitato le speranze dei ghibellini e dei bianchi fuorusciti e aveva posto in preoccupata agitazione le forze guelfe. Nel febbraio del 1310 era stata rinnovata in Firenze la Lega guelfa ed erano iniziati gli apprestamenti difensivi delle città e dei castelli del contado. La scelta quale capitano del Popolo di Firenze del G., esponente di una famiglia da sempre schierata sulle posizioni del guelfismo più intransigente, va inquadrata pertanto nelle misure adottate per fronteggiare la minaccia sempre più reale e vicina di uno scontro con i ghibellini appoggiati dagli Imperiali.
Dal novembre del 1310 all'aprile del 1311 il G. resse la capitaneria di Firenze e si trovò quindi a operare nel periodo in cui Enrico VII, entrato in Italia nel settembre del 1310 e colti i primi significativi successi in Lombardia, sembrava sul punto di dirigersi, sollecitato da tutte le forze ghibelline, contro Firenze. Le prime proposte che il G. presentò nei Consigli pubblici concernevano gli apprestamenti difensivi della città e cioè le misure per riattare il fossato, riparare e innalzare la cerchia murata, "la qual cosa - nota Giovanni Villani - fu poi lo scampo della città di Firenze".
Nei mesi successivi gli scontri cui Enrico venne costretto con le città guelfe di Lombardia, sobillate e sostenute da Firenze, se valsero a stornare l'imminente pericolo da questa città non diminuirono certo il timore di una riscossa della fazione ghibellina. Il G., rientrato in Bologna all'inizio del maggio 1311, forte dell'esperienza e del prestigio accumulati, venne chiamato a proseguire la sua attività a sostegno della parte guelfa. Fu così inviato a Napoli, nell'autunno dello stesso 1311, insieme con Andrea Personaldi, quale ambasciatore di Bologna presso re Roberto d'Angiò e al ritorno venne immediatamente incaricato di recarsi presso gli alleati toscani per una missione tanto importante e riservata, da non poterne neppure indicare l'oggetto nella motivazione dell'impegno di spesa.
Negli sviluppi della vicenda che portò Enrico VII a scontrarsi ripetutamente con le forze guelfe e in particolare con Firenze non sembra che il G. abbia avuto parti di rilievo; ma quando, alla fine d'agosto del 1315, Uguccione Della Faggiuola sconfisse i guelfi a Montecatini, l'opera del G. venne nuovamente richiesta. Gli organi direttivi bolognesi lo nominarono, unitamente a esponenti delle altre famiglie guelfe più in vista - Odofredi, Foscherari, Bonacatti e gli stessi Pepoli -, tra i capitani di Parte guelfa per il quartiere di Porta Procula.
Ancora più significativo fu peraltro l'impegno cui, a partire dall'ottobre del 1315, il G. venne chiamato in Toscana da Roberto d'Angiò, che doveva evidentemente averne apprezzato le capacità all'epoca della lunga ambasceria presso la corte napoletana. Nel disegno di riorganizzazione delle forze guelfe il G. fu nominato prima podestà di Pistoia, quindi, nel 1316, podestà di Firenze. In tale veste si trovò a collaborare non solo con i vicari del re angioino, ma anche con lo stesso bargello, Lando Bicci, e finì per trovarsi coinvolto nell'emanazione di provvedimenti estremamente rigidi e faziosi adottati, specie a opera del Bicci, per assicurare la fedeltà di Firenze alla causa guelfa e angioina.
A più riprese, nel corso degli anni, il governo bolognese fece ricorso al G. per rinsaldare l'alleanza con il re di Napoli. Nel settembre del 1316 fu tra gli ambasciatori inviati da Bologna a Treviso per onorare Caterina d'Austria sposa di Carlo d'Angiò duca di Calabria. Nell'agosto del 1320 fu con Napoleone Beccadelli e Giuliano Malvezzi a capo delle milizie assoldate da Bologna e inviate in Lombardia a sostegno di Filippo di Valois.
Nel febbraio del 1327 in Bologna si instaurava il governo del cardinale legato Bertrando del Poggetto; la sicura fedeltà del G. alla causa guelfa lo rese elemento prezioso per la politica del legato che ricorse alla sua opera per alcune missioni. Alla fine del 1328 fu inviato ambasciatore in Toscana e a Napoli per rinsaldare l'alleanza con le città guelfe di Firenze, Siena e Perugia e con Roberto d'Angiò. L'operato del G. in questa circostanza dovette soddisfare pienamente il cardinale legato, che ne richiese nuovamente la collaborazione. Insieme con Tommaso Formaglini il G. venne infatti incaricato di recarsi ad Avignone presso il papa Giovanni XXII. La missione si protrasse per quasi un anno e nel corso di essa i due rappresentanti bolognesi vissero in prima persona le manifestazioni forse più esaltanti del governo di Bertrando del Poggetto: il rinnovo della dedizione di Bologna alla Chiesa, comunicata dagli ambasciatori al papa nel febbraio del 1329, l'intenzione palesata da Giovanni XXII di venire in Bologna, la voce, di conseguenza sparsa, che il papa avesse manifestato addirittura il progetto di trasferire la Sede apostolica da Avignone a Bologna.
Com'è noto, non solo non si ebbe alcun trasferimento della Sede apostolica, ma anche la semplice visita del papa venne prima rinviata, poi definitivamente annullata. La missione che aveva suscitato tante speranze si chiudeva quindi nell'ottobre del 1332 con il ritorno degli ambasciatori in un clima di sostanziale delusione per la città e, probabilmente, per lo stesso G. il quale, a differenza di Tommaso Formaglini, che aveva ottenuto dal papa alcuni privilegi di notevole entità, non risulta abbia ricavato dal proprio impegno particolari riconoscimenti.
A questa delusione è probabile possa essere ascritto il silenzio sull'attività del G. negli anni che fecero seguito alla missione ad Avignone. Non restano infatti testimonianze di suoi impegni pubblici dopo il 18 ott. 1332, se si eccettuano le menzioni negli elenchi degli atti alle armi della "cappella" di S. Ambrogio a tutto il 1336. Non restano neppure testimonianze di atti di gestione del suo patrimonio che, secondo i dati dell'estimo del 1329, non era comunque molto rilevante: due case in città e 20 ettari di terra per un valore di circa 250 lire.
Si spense a Bologna il 23 sett. 1338 e fu sepolto presso la chiesa di S. Girolamo dei certosini, sorta in quegli stessi anni per iniziativa del canonista Giovanni d'Andrea.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Comune, Governo, Riformagioni del Consiglio del Popolo, voll. 9, c. 225; 11, cc. 46v, 48v, 313; 12, c. 440; Provvigioni cartacee, s. I, reg. 46, c. 7; Curia del Podestà, Giudici ai dischi in materia civile, vol. 9, c. 132; Riformatori degli estimi, s. II, bb. 61, 212, S. Ambrogio; Venticinquine, b. 7, aa. 1328, 1330, 1331, 1333, 1334, 1336, S. Ambrogio; b. 16, regg. 1, c. 8v; 4, c. 9; 7, c. 20,; Uffico dei Memoriali, voll. 206, c. 405v; 207, c. 89; 208, c. 83v; Studio Alidosi, Memorie ed epitaffi, s.v. Galluzzi; Corpus Chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XVIII, 1, vol. II, p. 422; M. de Griffonibus, Memoriale historicum de rebus Bononiensium, a cura di L. Frati - A. Sorbelli, ibid., 2, ad ind.; Consigli della Repubblica Fiorentina, I-II, a cura di B. Barbadoro, Bologna 1930, ad ind.; Italienische Analekten zur Reichsgeschichte des 14. Jahrhunderts, a cura di Th.E. Mommsen - W. Hagemann, in Schriften der Mon. Germ. Hist., XI, Stuttgart 1952, pp. 37, 81, 94; G. Villani, Nuova Cronica, a cura di G. Porta, II, Parma 1991, p. 219; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, I, Bologna 1605, ad ind.; Id., Historia dei vari successi d'Italia e particolarmente della città di Bologna, II, Bologna 1669, ad ind.; M. Sarti - M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus…, a cura di C. Albicini - C. Malagola, I, Bologna 1888, p. 306; L. Ciaccio, Il cardinal legato Bertrando del Poggetto in Bologna (1327-1334), in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le prov. di Romagna, s. 3, XXIII (1905), pp. 117, 467; H. Finke, Acta Aragonensia, II, Berlin-Leipzig 1908, p. 565; R. Davidsohn, Storia di Firenze, IV, Firenze 1960, pp. 809, 839; Diz. biogr. degli Italiani, s.v. Formaglini, Tommaso.