ROMANZI, Rolandino
de. – Nacque nella nobile famiglia Romanzi nella prima metà del XIII secolo, probabilmente intorno al 1220, a Bologna.
La famiglia era alquanto agiata. Tra il 1256 e il 1257 il Comune di Bologna stabilì di abolire la servitù sul proprio territorio, e dal Liber Paradisus, il memoriale dell’evento, risulta che Rolandino, Scannabecco e Arimondo, filii condam domini Petri de Romanciis, residenti nel quartiere di Porta Piera, affrancarono diciassette tra servi e ancelle (Il Liber Paradisus..., a cura di A. Antonelli, 2007, p. 65).
L’avo paterno e il padre erano stati entrambi esperti di diritto. Guido causidicus compare in un documento del 1173 (Fantuzzi, 1789, p. 207, n. 1; Sarti - Fattorini, 1888, I, p. 216, n. 5) e lo stesso, qualificato console e giudice, appare in un documento del 1179 (Chartularium Studii Bononiensis [= CSB], III, doc. CXIX, p. 135). Anche Pietro, padre di Rolandino, fu causidicus come attesta un documento del 31 ottobre 1198 dove presenziò al giuramento di Giovannino di non leggere in altre città eccetto Bologna (Sarti - Fattorini, 1888, II, doc. VII, pp. 26 s.; CSB I, doc. VI, p. 8). Nel 1220 Pietro, membro del Consiglio di credenza, era presente, insieme ai legum doctores Bagarotto e Iacopo Balduini, alla nomina di Domenico da Ferrara a sindaco di Bologna (CSB I, doc. XXXVI, p. 32).
Seguendo le orme dell’avo e del padre, Romanzi si dedicò agli studi giuridici e, con ogni probabilità, fu il primo della propria famiglia a conseguire il titolo di legum doctor. Nella sentenza pronunciata il 31 dicembre 1248 sulla stima del premio di emancipazione di Marchesino, figlio di Lambertino del fu Michele da Marano, non aveva ancora conseguito il titolo (Zaccagnini, 1938, pp. 182 s.) mentre si sottoscrisse legum doctor nel consilium reso l’8 giugno 1262 insieme a Guglielmo Caziti a favore delle monache di S. Agnese (CSB II, doc. XXVIII, pp. 27 s.). Il consilium fu pronunciato nell’abitazione di Francesco d’Accursio, del quale è probabile che egli sia stato allievo.
In tre diverse occasioni Rolandino è indicato con il titolo di iuris civilis professor: nel 1269 nell’atto di pacificazione fra il convento di S. Pietro di Modena da un lato e Scannabecco, figlio di Rolandino, dall’altro, circa i benefici di una cappella (CSB X, doc. CCCLI, pp. 162-164); nel 1278 nella solenne ambasciata a papa Niccolò III per l’atto di sottomissione del Comune di Bologna compiuta insieme a Tommasino Ubaldini, Pace de’ Paci, Galeotto Lambertini, Tommaso Gisilieri e altri (CSB I, doc. XLVII, p. 42); e nel 1280 nel lodo pronunciato a proposito di liti sorte tra il monastero di Nonantola e alcuni paesi del piano bolognese (Mesini, 1938, pp. 214-220). Nonostante le attestazioni, il suo impegno didattico non dovette essere prioritario e la sua produzione scientifica promanò dall’esperienza acquisita nei tribunali piuttosto che dalle aule universitarie, come conferma anche l’assenza del suo nome nelle raccolte di questioni disputate.
Fu invece maximus advocatus e svolse un’intensa attività di consulente. Nel 1268 pronunciò un lodo arbitrale per la soluzione di un debito contratto dal monastero di S. Stefano con membri della famiglia Gozzadini (CSB III, doc. CCXXXVI, p. 241, e doc. CCLXXVII, p. 279); il 23 settembre 1268 pronunciò un lodo nella questione tra Corbellano del fu Guidotto de’ Romanzi da una parte e Pietro del fu Guido di Prospero, curatore del fu Bartolomeo del fu Guidotto de’ Romanzi (CSB VII, doc. CCXC, pp. 151 s.). Allo stesso anno risale il compromesso del prete Gerardo, sindaco del monastero di Nonantola, e Francesco d’Accursio con Raimondo Alfredi di S. Egidio, cappellano del papa, e Romanzi quali arbitri e amichevoli compositori circa onorari dovuti a Francesco dal monastero di Nonantola (CSB VIII, doc. CCXXXVI, pp. 119 s.). Il 27 aprile 1269 pronunciò un lodo arbitrale insieme a Guglielmo Rombodevino (CSB I, doc. CLI, pp. 154 s.). Nel 1277 sentenziò con Pace de’ Paci, dottore di leggi, a favore di frate Michele, priore dell’Ordine della milizia della beata Vergine (l’Ordine detto dei Frati gaudenti), per l’esenzione del foro secolare (Fantuzzi, 1789, p. 209; Sarti - Fattorini, 1888, I, pp. 217 s.). Nel 1284 sentenziò nella lite sorta tra il Comune di Imola e gli stessi Frati gaudenti (Mesini, 1938, pp. 207-214).
Il consilium pronunciato nel 1284 è di particolare interesse perché contiene l’esatta e completa descrizione del sigillo di Romanzi: «[...] ipsius vero sigillo rotundo et cognito in quo sculpta erat quedam aquila cum alis apertis in quodam clipeo triangulari sculpto in medio dicti sigilli habente circumcirca litteras infrascriptas ‘S. Rolandini de Romançis’» (p. 212).
Rolandino ricoprì anche incarichi pubblici. Nel 1254 fu iudex et assessor potestatis Mediolani (Monneret de Villard, 1920, pp. 137-143); nel 1269 con altri dottori approvò i patti stipulati dal popolo di Bologna con Betto Tornaquinci, conduttore della Zecca (Sarti - Fattorini, 1888, I, p. 217); in un documento del 1283 è ricordata la soluzione di un debito risalente al tempo in cui era stato con Lambertino di Guidone Lambertini pretore di Brescia per esercitare l’uffizio di assessore (ibid., n. 1).
Nel 1268, dopo essersi ammalato, dettò il proprio testamento (CSB VIII, doc. CCCCI, p. 196), ma dopo essersi ripreso, iniziò la costruzione di una nuova abitazione a Porta Stiera (CSB VIII, doc. CCCXVI, p. 203; doc. CCCLXIII, pp. 229 s.). Le frequenti menzioni nella documentazione di case, terreni e persino di una quota di una gualchiera testimoniano le ingenti risorse economiche dovute in gran parte all’esercizio della professione legale.
Romanzi ebbe tre figli: Pietro, Scannabecco (detto Checco) e Guidesto. I primi due furono emancipati il 4 ottobre 1268 (CSB VII, doc. CCCIX, p. 160), il terzo nel 1278 (Fantuzzi, 1789, p. 210). Pietro (Petrizzolo) sposò Tomasina Malavolta (CSB VII, doc. XIX, p. 12, quietanza per la dote del 15 gennaio 1267) e morì prima del padre mentre Scannabecco, prete e canonico, venne ucciso nel 1290 (Fantuzzi, 1789, p. 210).
Morì il 3 settembre 1284.
Pochi mesi più tardi, il 1° maggio 1285, il figlio minore Guidesto incaricò i maestri Alberto di Guidobono e Albertino di Enrico della costruzione, in marmo veronese, di un sepolcro per il padre davanti alla chiesa di S. Francesco per una somma di 255 lire bolognesi (Rubbiani, 1887, pp. 26-28). Il monumento, a pianta quadrata, più ricco di quelli già edificati per Accursio e Odofredo, gravemente compromesso anche a seguito della costruzione di un muro, fu fatto demolire nel 1804 dal governo francese accampando la scusa che serviva «da nascondiglio alle birbe e agli assassini» (p. 9). Nel 1887 lo stesso Rubbiani ne promosse il restauro dopo aver ritrovato intatta la lapide con l’iscrizione sepolcrale e grazie soprattutto ai particolari registrati nell’atto di locazione (Rubbiani, 1900).
Rolandino de’ Romanzi è l’autore del Libellus de ordine maleficiorum, un trattato di procedura criminale elencato da Giovanni d’Andrea (morto nel 1348) nella glossa Plurimis nel proemio delle Additiones allo Speculum di Guglielmo Durante e citato in non meno di dodici diverse glosse nel resto dell’opera (Murano, 2004, pp. 186 s.). Grazie alla notizia di Giovanni d’Andrea l’opera fu menzionata da Tommaso Diplovatazio (Liber de claris, 1968, p. 161) e Friedrich Carl von Savigny (18342, V, pp. 557 s.) i quali, al pari di molti altri storici del diritto, ne lamentarono la definitiva perdita. Hermann Kantorowicz, editore del Tractatus de maleficiis di Alberto Gandino, sostenne invece che l’opera di Rolandino non era mai esistita e in conseguenza di ciò ne scomparve la menzione dalla trattatistica. Dubbi sulle categoriche affermazioni di Kantorowicz furono sollevati da Candido Mesini (1938, p. 205) che tornò ad attribuire a Rolandino un Libellus, pur ribadendo che l’opera era andata perduta, Domenico Maffei (Giuristi medievali e falsificazioni editoriali del primo Cinquecento, Frankfurt am Main 1979, p. 1), Ennio Cortese (Scienza di giudici e scienza di professori tra XII e XIII secolo, in Legge, giudici, giuristi, Atti del Convegno..., Cagliari... 1981, Milano 1982, pp. 127 s.) e Diego Quaglioni (Alberto Gandino e le origini della trattatistica penale, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXIX (1999), pp. 54, 60 s.).
Grazie all’incipit segnalato da Giovanni d’Andrea il Libellus de ordine maleficiorum di Rolandino de’ Romanzi è stato identificato nel 2004 in tre diversi testimoni: Barcelona, Biblioteca Nacional de Catalunya, 1615, cc. 29ra-32vb (mutilo, attribuito a Thomat‹i›o); Melk, Stiftsbibliothek, 780, pp. 556-625, e Tarazona, Archivo Capitular, 18, cc. 71ra-82vb (exemplar dell’opera). Un quarto testimone, probabilmente mutilo, era il ms. Tours, Bibliothèque municipale, 653, cc. 1-(5?/6?), distrutto durante la seconda guerra mondiale (Murano, 2004; Murano, 2005, pp. 732 s.).
Il prologo (probabilmente l’ultima parte aggiunta al trattato) non pare essere stato sottoposto a una revisione definitiva da parte dell’autore. Il trattato vero e proprio inizia, così come segnalato da Giovanni d’Andrea, con la rubrica «Qui possunt accusare», a cui seguono: «Qui accusari possunt»; «Qualiter fiat acusatio»; «Qualiter formatur (!) libellus in maleficiis»; «De inquisitionibus danda quibus omnibus ad ipsum materia»; «Qualiter de maleficio per exceptionem»; «De inquisitionibus et exceptionibus»; «De citationibus in omnibus maleficiis»; «Quid sit faciendum reo comparente»; «De procuratoribus in causis malorum». Il trattato, per la discrepanza tra quanto annunciato nel prologo e il suo reale contenuto, appare non finito e per la stesura Rolandino si è avvalso di materiali scritti in precedenza. Di seguito al prologo ha aggiunto la breve quaestio «Pone quod Titius interfecit aliquem» e l’edizione ha confermato la presenza di un elevato numero di varianti tra i testimoni, in particolare nella solutio (Murano, 2004, pp. 193 s.).
La scoperta dei tre testimoni del Libellus prova che negli anni precedenti al 1286-87 – anni a cui Kantorowicz fa risalire la prima stesura del De maleficiis di Gandino – già circolava a Bologna un manuale processuale-penalistico di cui Gandino non ignorava l’esistenza. In realtà, l’opera di Gandino è preceduta da almeno due diversi libelli de ordine maleficiorum, quello di Guido da Suzzara e appunto quello di Rolandino de’ Romanzi (Murano, 2004, pp. 190 s.). Il primo è esplicitamente menzionato nel prologo, ma non il secondo. Gandino tuttavia (ed è questa probabilmente la ragione per la quale non lo cita espressamente) si è avvalso ampiamente del Libellus di Rolandino e ciò ha avuto come conseguenza la scarsa diffusione dell’opera, ma non la sua perdita definitiva.
Nel ms. di Tarazona il Libellus termina a circa metà di c. 82v e nel margine inferiore della stessa carta è stato copiato il De statutis civitatis et terrarum et qui possunt facere statuta et qualiter. Questo breve trattato, anch’esso di Rolandino, è confluito tra le additiones alla Summula quaestionum di Alberto Galeotti e il titolo è registrato nella lista di tassazione bolognese, nell’item 108 (Statuta civitatis; Murano, 2005, n. 44). In realtà, considerati la tassazione per due quaterni e il prezzo della locazione (12 den.) l’opera a cui fa riferimento la lista bolognese è il Libellus de ordine maleficiorum e il breve trattato copiato di seguito nell’ultima pecia dell’exemplar ha causato l’‘errore’ della lista di tassazione.
La notizia dell’aggiunta da parte di Rolandino di alcuni titoli alla Summula di Galeotti è stata registrata da Diplovatazio (Liber de claris, 1968, p. 161). La trascrizione non ordinata in appendice all’opera di Galeotti è dovuta a una diffusione in tempi diversi delle singole additiones mentre la produzione universitaria ha provocato la standardizzazione del testo, codificata successivamente nelle edizioni a stampa (Venezia 1567, cc. 107-195). Nel ms. Bologna, Biblioteca dell’Archiginnasio, B 2794, d’origine universitaria, alle cc. 1r-16r sono state copiate, di seguito alla Summula, che termina con il paragafo De alimentis le additiones: De pignoribus, De statutis civitatis, De consuetudine e De praesumptionibus (Murano, 2005, n. 44). Nel ms. Torino, Biblioteca nazionale, D.II.13, cc. 62ra-64rb, sono state copiate due additiones di Rolandino alla Summula di Galeotti, ovvero De pignoribus e De praescriptionibus. A queste segue il Tractatus de statutorum civitatum di Gandino edito da A. Solmi (Bologna 1901, pp. 157-214). La prima parte del trattato di Gandino coincide, come già sottolineato da Solmi, pressoché alla lettera con l’additio di Rolandino alla Summula di Galeotti.
Fonti e Bibl.: Chartularium Studii Bononiensis [= CSB], Bologna 1909-1987: I, 1909, docc. VI, XXXVI, XLVII, CLI; II, 1913, doc. XXVIII; III, 1916, docc. CXIX, CCXXXVI, CCLXXVII; V, 1921, docc. CIX, CCLXXXVII, CCXCVII, CCCLXXXVI, CCCLXXXV, CCCCXC; VII, 1923, docc. XIX, XLIX, LXXI, LXXVIII, CIII, CLXVI, CCXXXIII, CCLXXI, CCCIX, CCCX, CCCXIII, CCCCLXXIII, DXVII; VIII, 1927, docc. XXIX, XXXVI, XLI, LX, LXII, C, CXXXII, CLXXXII, CCXXXVI, CCCCI, CCCXVI, CCCCLVI, CCCLXIII, CCCCLXXVII; IX, 1931, docc. CCLXIV, CCLXXIV, CCCXVIII; X, 1936, doc. LXIII, XC, XCI, CCLXXXVI, CCCLI; XI, 1937, CCLXII; XIV, 1981, docc. 74, 120, 139, 538; XV, 1987, docc. 49, 59, 60, 197, 235, 236 e 259; Il Liber Paradisus con una antologia di fonti bolognesi in materia di servitù medievale (942-1304), a cura di A. Antonelli, Venezia 2007, pp. 65, 142.
G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VII, Bologna 1789, pp. 207-211; F.C. von Savigny, Geschichte des römischen Rechts in Mittelalter, III, Heidelberg 18342, pp. 634-639; G. Gozzadini, Delle torri gentilizie di Bologna e delle famiglie alle quali prima appartennero, Bologna 1875, pp. 458-461; A. Rubbiani, Le tombe di Accursio, di Odofredo e di R. de Romanzi glossatori del sec. XIII, Bologna 1887; M. Sarti - M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus a saeculo XI usque ad saeculum XIV, I-II, nuova edizione a cura di C. Albicini - C. Malagola, Bologna 1888, I, pp. 55 s., 216-218, II, pp. 26 s., 65; A. Rubbiani, La Chiesa di S. Francesco e le tombe dei glossatori in Bologna: ristauri dall’anno MDCCCLXXVI al MDCCCIC: note storiche ed illustrative, Bologna 1900; U. Monneret de Villard, Documenti milanesi riguardanti R. dei Romanzi, in Studi e memorie per la storia dell’Università di Bologna, V (1920), pp. 139-143; H. Kantorowicz, Leben und Schriften des Albertus Gandinus, in Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte, Romanistische Abteilung, XLIV (1924), pp. 224-358; G. Zaccagnini, Notizie inedite intorno ad alcuni illustri dottori dello studio bolognese dei secoli XIII e XIV, in Studi e memorie per la Storia dell’Università di Bologna, XIV (1938), pp. 182 s.; C. Mesini, Nuovo contributo alla storia di R. dei Romanzi († 1284). Due sentenze arbitrali inedite, ibid., pp. 197-220; T. Diplovatatius, Liber de claris iuris consultis, a cura di F. Schulz - H. Kantorowicz - G. Rabotti, Bologna 1968, pp. 161 s.; R. Grandi, I monumenti dei dottori e la scultura a Bologna (1267-1348), Venezia 1982; G. Murano, Il Libellus de ordine maleficiorum di R. de’ Romanzi († 1284), in Panta rei. Studi dedicati a Manlio Bellomo, a cura di O. Condorelli, IV, Roma 2004, pp. 177-194; G. Murano, Opere diffuse per exemplar e pecia, Turnhout 2005, pp. 219 s., 732 s.; G. Murano, R. dei Romanzi, in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), II, Bologna 2013, p. 1717.