TONINO, Rodolfo (Rodolfo De Angelis, familiarmente Rodò). – Nacque a Napoli, quartiere di San Ferdinando, il 27 febbraio 1893, da Pietro, ex ufficiale di fanteria, e da Adele (Adelina)
Prisco; terzogenito dopo Raimondo e Renato.
Studiò da ragioniere prendendo intanto lezioni di canto come tenore; in cerca di lavoro, si trasferì ben presto a Milano dove si gettò in un tumultuoso decennio di esperienze personali e artistiche narrato poi nell’autobiografia: «di media statura, magro per verde età con gli occhi che guardavano dall’alto in viso femmineo e pallido: eccomi qua!» (Caffè concerto, 1940, p. 304). Sposatosi non ancora ventenne con la scrittrice milanese Lina Serri, di un anno più giovane, ebbe subito un figlio (Giuseppe, 25 ottobre 1912) e trovò occupazione presso una ditta di macchine per il caffè. Nello stesso anno, per una sostituzione, con una imitazione di Gabriele D’Annunzio esordì nella rivista Il Minestrone di Vincenzo Bucci e Gabriele Gabrielli al café chantant San Martino; visto il successo, fu scritturato di nuovo per Goga Magoga (1914, che lo fece assurgere ai tipi del Corriere della sera), Roba dell’altro mondo!, Risotto all’onda; la critica gli riconobbe l’innovazione delle cosiddette scene dal vero, cioè di costume e politica.
Affascinato dal primo diffondersi delle registrazioni, incominciò a incidere su dischi cilindrici Pathé Frères (risale probabilmente al 1913 il suo primo, Tarantella luciana, di Libero Bovio, Enrico Cannio, Pathè 84634); attività che non interruppe neppure in tempo di guerra, quando prestò servizio nell’82° fanteria di stanza a Roma (12 giugno 1916-24 luglio 1918). Sempre nel suo racconto, forse anche per quell’esercizio di ironia che lo contraddistinse, tumulti interventisti e guerra sembrarono apparirgli lontani; neppure la scomparsa della madre e del fratello Raimondo (1917) lo allontanarono dalla vita rutilante del varietà, semmai lo aiutarono a vedere il tramonto di quella belle époque della vita italiana, e della propria. Così, al rientro prese decisamente la direzione di una compagnia che portò in tutte le principali sale italiane: a Milano (Trianon), Torino (Maffei), Roma (Sala Umberto), Napoli (Eden, Umberto I). Nel 1919 debuttò con la rivista Dove abbiamo giunto di Silvino Mezza e Guido Di Napoli (Giulio Trevisani, poi censurato come antifascista; ma in realtà in gran parte scritta da lui); quindi sempre con Di Napoli firmò 4 e 4: 8 che ebbe successo a Napoli, Roma, in Puglia, Sicilia e fu ripresa dalla compagnia Vincenzo Di Napoli con Eduardo e Peppino De Filippo – tanto che De Angelis gli diede poi il matematico seguito, 8 e 8: 16. Nello stesso anno fece breve ditta con Bovio al Teatro Umberto I di Napoli; fece debuttare il proprio atto unico musicale Affittomania e riscosse successo nazionale con un numero di canzoni comiche, fra cui la popolare Michele-le Michele-le aveva un cagnolino-no. Nel 1920 venne scritturato dalla ditta Marino per i saloni Margherita di Napoli e di Roma; quindi tornò a formare compagnia propria al teatro Eden di Milano.
L’incontro con Francesco Cangiullo, e forse già il bisogno di portare a «sintesi» (letteralmente) una forma di spettacolo che avvertiva da tempo come effimera, lo condussero a incontrare Marinetti e le provocazioni futuriste: con questi creò la compagnia del Teatro della sorpresa Rodolfo De Angelis (Napoli, 30 settembre 1921), scrivendo a sei mani l’omonimo manifesto e alcune ‘sintesi’ con cui scosse Roma, Firenze, Milano, Torino, Venezia, Genova, Brescia, Trieste, Bologna, Udine, Livorno, Messina, Palermo; replicò l’anno successivo con il Nuovo teatro futurista. A queste turbolente tournés presero parte artisti di diversa provenienza e prestigio: Diana Mac-Gill, vedetta del varietà, i pittori Enrico Prampolini e Fortunato Depero per gli scenari, i musicisti Silvio Mix e Franco Casavola (che mise in orchestra una motocicletta a tassametro) e gli stessi Marinetti e Cangiullo per i testi.
Per i futuristi De Angelis fu una ‘manna inattesa’ («ha per i futuristi tutte le carte in regola: proviene dal varietà, è direttore di compagnia e conosce gli attori da reclutare»; De Matteis, 1984, p. 24); mentre loro per lui furono piuttosto uno spartiacque: «con le tasche ancora piene di contratti da espletare, prendo la mia decisione [...] mi si faceva chiaro nella mente che il teatro non era mai stato la mia passione, anche perché di passioni non ne avevo alcuna» (Café-chantant, 1984, pp. 303 s.).
In verità gli permaneva quella delle incisioni: nel 1922 aveva pubblicato un discusso foxtrot per Mussolini e nel 1924 due declamazioni futuriste di Marinetti; così, mentre a Napoli debuttava la sua nuova rivista Due autori in cerca di personaggi, scritta con il giornalista Coty, De Angelis concepì il suo più ambizioso progetto: fra il 1924 e il 1925 incise su disco le voci di protagonisti della prima guerra mondiale, della politica e della cultura in una raccolta intitolata La parola dei grandi: i ‘condottieri’ Pietro Badoglio, Luigi Cadorna, Enrico Caviglia, Carlo Delcroix, Armando Diaz, Emanuele Filiberto duca d’Aosta, Gaetano Giardino, Guglielmo Pecori Giraldi, Paolo Thaon di Revel; gli ‘oratori’ Vittorio Emanuele Orlando e Tommaso Tittoni; i ‘poeti’ Filippo Tommaso Marinetti, Luigi Pirandello, Trilussa. La parziale realizzazione (il progetto avrebbe previsto anche le voci di Mussolini, presentatogli da Marinetti il 26 novembre 1925, Giolitti, Salandra, D’Annunzio, Marconi, Tomasi di Lampedusa), ma soprattutto l’insuccesso economico lo portarono a rilevare l’impresa dalla Società italiana di fonotipia e a vendere materiali e diritti all’Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra con l’impegno di farsi tramite per la costituzione di una discoteca di Stato (1927). La quale vide la luce effettivamente l’anno seguente, ma venne affidata ad altri, lasciando in De Angelis uno strascico di frustrazione (cui certo contribuì la morte del figlio quindicenne, l’11 febbraio 1928); sentimento che, nonostante la dichiarata rimozione («gli anni impiegati nella raccolta delle voci [...] che fissate su disco fonografico, fanno parte oggi della Discoteca di Stato, mi sembrano anni non miei»; Café-chantant, cit., p. 313), fra processi, carteggi e pubblicazioni lo accompagnò per il resto della vita.
Dopo una sporadica apparizione cinematografica (Napoli che canta, 1926, di Roberto Roberti), si consolò con le canzoni, di cui era indiscusso maestro: nel 1929 aprì la casa editrice DeA per pubblicare esclusivamente canzoni scritte e musicate da lui; fra edite e inedite, ne compose oltre 400, fra cui la più celebre resta Ma cos’è questa crisi? (1933), tradotta in francese, più volte arrangiata e più tardi ispirazione dell’omonimo spettacolo musicale del Piccolo Teatro di Milano con Milva (che, per pochi giorni, arrivò postumo, il 22 settembre 1965, quando i necrologi ricordavano ancora De Angelis come «canzoniere degli anni 30» per antonomasia per le 50-60.000 copie di 78 giri vendute).
Gli anni della seconda guerra mondiale furono quelli di un nuovo bilancio: della sua autobiografia artistica, poco dopo oggettivata in forma di saggio storico (Storia del café-chantant, 1946, ancora oggi la testimonianza più completa di quel teatro e di quegli anni) e della sostanziale chiusura dell’attività di cantante con una gloriosa tournée a Buenos Aires (1948) dove, grazie a Radio El Mundo, raccolse commoventi attestazioni di stima degli italiani emigrati.
Il nuovo interesse di De Angelis però si andava concentrando sulla scrittura.
Come autore di teatro, ebbe un breve momento di successo quando Peppino De Filippo gli rappresentò la commedia Attenti al 7! (1945, depositata con lo pseudonimo Max Thonin) e si impegnò a metterne in scena una seconda, Caino e Abele (fra reciproche recriminazioni sulla paternità; rappresentata invece da Nino Besozzi, 1954). Per il resto la sua produzione fu meno fortunata: senza successo, propose testi a Ruggero Ruggeri (Ipnotismo, 1942), Eduardo De Filippo (1950), Umberto Melnati (1951); d’altro canto ricevette due segnalazioni al Premio Riccione (Spaghetti per l’onorevole, 1952; Caino e Abele, 1953) e la compagnia Tommei gli rappresentò l’atto unico La bomba zeta (26 novembre 1957); mentre restarono inediti Babalusc e Matrimonio difficile.
Ma De Angelis seppe mettere a frutto anche la sua competenza storica e giornalistica: nel 1953 Fedele d’Amico lo chiamò a coordinare il settore ‘caffè concerto italiano’ dell’Enciclopedia dello spettacolo (che, nella voce a lui dedicata, lo citò come «una delle più versatili e animose figure dell’arte varia nell’ultimo quarantennio»); anche se non riuscì a realizzare il progetto di libro I nostri grandi uomini e il fonografo. Collaborò con numerose testate: dapprima con interviste ad attori celebri (Milano sera, 1951-54), quindi con recensioni e testi creativi (Corriere lombardo, 1953-54; Corriere d’informazione, 1957-62; Il Gazzettino, La Domenica del Corriere, 1962; e ancora Il Mattino illustrato, Il Messaggero).
L’ultima ‘vita’ (forse lo sfondo di tutte le altre) fu quella di pittore, in cui si prodigò con discreto successo e stima di amici. Approdatovi già in clima futurista (nel 1928 aveva creato «autoritratti mutevoli» e nature morte personalizzabili con frutta vera), nel dopoguerra si concentrò (si rifugiò?) principalmente nel tema del teatro, come testimonia il suo ultimo struggente soggetto: un Pulcinella di spalle che guarda mare e Vesuvio silenti. Tra il 1951 e il 1963 espose in personali e collettive, a Milano e Roma, partecipò con successo al Giro d’Italia della pittura contemporanea e al premio Suzzara 1950; di lui scrissero Orio Vergani (1951), Dino Buzzati (1961), Mario Lepore (1966).
Morì a Milano il 2 aprile 1965 a 72 anni e le condoglianze, fra gli altri, di Achille Campanile, Giuseppe Longo, Paolo Grassi, Giuseppe Trevisani, Bixio Cherubini, Umberto Morucchio, Remigio Paone circondarono di affetto la vedova che volle tumularlo nel cimitero Maggiore di Milano e poi farsi cremare e collocare vicina al suo «caro assente» (1984).
Nelle sue due vite, fu rispettivamente insignito cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia (1932) e commendatore di merito dell’Ordine militare dei Cavalieri del SS. Salvatore (1949).
A un anno dalla morte, una mostra retrospettiva fu occasione per l’ultimo ritratto: «quell’uomo piuttosto piccolo e rotondetto, sempre inappuntabile, flemmatico, che parlava pianamente arguto e acuto, sottolineando qualche battuta con una breve risatina sardonica» (M. Lepore, L’amoroso ritorno al suo Pulcinella, in Corriere d’informazione, 3-4 maggio 1966); «traversò la vita con lieve e cauto passo, ritmico [...] fu gentile, fu cauto, verso la destra di ieri, con una sfumatura d’innocente malizia e di scetticismo ellenistico [e] verso la sinistra di oggi allo stesso modo» (L. Borgese, Mostre d’arte. Rodolfo De Angelis, in Corriere della sera, 14 maggio 1966).
La corrispondenza inedita con Marinetti, Aldo Fabrizi, Giorgio De Chirico, Salvator Gotta, Giorgio Forattini, Silvio Giovaninetti, Eligio Possenti, Giuseppe Trevisani, Pitigrilli, così come la stima in seguito espressa da uomini di studio (Roberto Leydi) e di spettacolo (Renzo Arbore) restano a documentare il suo percorso artistico inquieto, a tratti geniale, sempre ironico.
Opere. Oltre ai testi teatrali citati nel testo si segnalano per il cinema Cimarosa e il suo tempo (adattamento del romanzo La prigioniera del re); Re Nasone (scenario); Potrebbe accadere (soggetto, sceneggiatura e dialoghi, con lo pseudonimo Arce); Caino e Abele (soggetto, dalla commedia). Il romanzo: R.T. Deange [pseud.], La prigioniera del re, collana Il romanzo mensile del Corriere della sera, 1943. I saggi: Il teatro futurista a sorpresa (1920), in F.T. Marinetti et al., Il teatro futurista, sintetico, a sorpresa, aeroradiotelevisivo, caffè concerto, radiofonico, Napoli 1941; Caffè concerto: memorie d’un canzonettista, Milano 1940 e Storia del café-chantant, Milano 1946 (un’interpolazione dei due testi si trova in Café-chantant. Personaggi e interpreti, a cura di S. De Matteis, Firenze 1984); Noi futuristi, Venezia 1958.
Cataloghi di mostre. Mostra personale di Rodolfo De Angelis, Milano 1951; De Angelis: dipinti dal ’46 al ’62, Milano 1963.
Discografia. Discorsi della serie “I condottieri”, a cura di Rodolfo De Angelis, Ediz. Discoteca La parola dei grandi, Milano [1919]; Caffè concerto, Dischi Ricordi, MRL 6041, Milano 1964; Ma... cos’e questo De Angelis, Nuova Fonit Cetra, FC 3621, [Milano] 1978.
Fonti e Bibl.: L’archivio De Angelis, acquisito nel 2010 dall’Istituto centrale per i Beni sonori e audiovisivi (ICBSA) con sede a Roma (succedaneo della discoteca di Stato), comprende 84 fascicoli in 13 buste contenenti foto, documenti personali, corrispondenza; spartiti musicali, testi di opere teatrali e cinematografiche, articoli editi e inediti; la raccolta di dischi e la biblioteca di De Angelis; 46 dipinti: cfr. Rodolfo De Angelis, ante 1900-1965; con documenti di rassegna stampa posteriori. Inventario del fondo, a cura di A. Cirinei - F. Gasperini, 2010, http://musica.san.
F. D’Amico, De Angelis, Rodolfo, in Enciclopedia dello spettacolo, IV, Roma 1957, coll. 272-273; Il teatro futurista a sorpresa (documenti), a cura di L. Caruso - G. Longone, Firenze 1979; S. De Matteis, La parola e il silenzio, in Café-chantant: personaggi e interpreti, cit., pp. 9-31; Id., Rodolfo De Angelis e il teatro della sorpresa fra futurismo e varietà, in Id., Il teatro delle varietà. Lo spettacolo popolare in Italia dal cafè chantant a Totò, Firenze 2008, pp. 64-71; P. Cavallari - A. Fischetti, Voci della vittoria: la memoria sonora della Grande guerra, Roma 2014.