RODOLFO I re di Germania
Nato il i° maggio 1218, morto a Spira il 14 luglio 1291. Primogenito del conte Alberto IV di Asburgo, signore dell'Alsazia superiore, del territorio di Zurigo e di Aargau. Nella lotta tra l'imperatore Federico II e il papato, fu fedele partigiano dell'imperatore e quindi scomunicato. Gli Staufer lo indennizzarono concedendogli in feudo San Blasio e la Foresta Nera. Nel 1264 ereditò i beni del conte di Kyburg; sposò Gertrude (detta anche Anna), erede dei conti di Hohenberg, nel 1268 seguì re Corradino in Italia. Padrone del territorio che dai passi alpini si estende sino a Colmar, resistette vittoriosamente ai vescovi di Basilea e Strasburgo e all'abate di San Gallo, divenendo, sebbene non fosse principe dell'impero, forse il più riverito e importante sovrano della Germania sud-occidentale. Nella Germania settentrionale e orientale era quasi ignoto. Ciò nonostante, per opera specialmente dell'arcivescovo Werner di Magonza e del burgravio Federico di Norimberga, il 1° ottobre 1273 fu eletto re dei Romani dagli elettori riuniti a Francoforte sul M. e incoronato il 24 dello stesso mese ad Aquisgrana.
L'avvento di R. pose fine alla "terribile epoca dell'interregno". Il re prese molto sul serio i suoi doveri: ripristinare un'autorità regia universalmente rispettata; assicurare all'impero la pace e la giustizia, punendo con particolare severità i cavalieri predoni, restituire all'impero i beni e i diritti alienati. Si adoperò infaticabilmente per assicurare la pace generale al paese, creando a tale scopo organizzazioni, imitate poi, specie in Baviera e in Turingia. Ispirandosi ai Hohenstaufen, ma con vedute proprie, organizzò i beni riconquistati in podesterie imperiali assai bene amministrate, rinnovò la costituzione delle rocche imperiali ormai sorpassata e riordinò vantaggiosamente il sistema tributario. Ma tutte queste riforme non poterono avere valore decisivo per l'impero, non essendo ormai più possibile sottoporre all'autorità imperiale i principi ecclesiastici e laici divenuti troppo potenti. Questi potevano venire sottoposti solo assicurando una grande potenza territoriale alla regalità stessa e la continuità di governo instaurando la successione ereditaria nella stessa casa principesca. R. trovò la possibilità di costituirsi una forte potenza di famiglia ("Hausmacht") nei territorî austriaci, nell'eredità dei Babenberg. R. li pretese come beni dell'impero alienati da re Ottocaro II di Boemia, che se ne era impossessato, e lo costrinse con la campagna del 1276 a restituire l'Austria, la Stiria, la Carinzia e la Carniola e ad accettare i territorî boemi come feudi dell'impero. Quando Ottocaro II si ribellò nuovamente al re, fu sconfitto decisamente nella battaglia di Dürnkrut nel Marchfeld (26 agosto 1278), ove perdette la vita. R. diede la Boemia al figlio minorenne di Ottocaro, Venceslao, a cui voleva dare in sposa la propria figlia Guta. Il 27 dicembre 1282 investì dell'Austria, Stiria e Carniola i suoi figli Alberto I e Rodolfo II; la Carinzia fu data nel 1286 al conte Mainardo del Tirolo per premiarlo dei suoi fedeli servigi. Così re R. con un'abile mossa militare e politica fondò il regno austriaco degli Asburgo iniziandone la politica di espansione dall'Adriatico all'Ungheria e alla Boemia. Fu specialmente negli ultimi anni di regno che R. estese ampiamente i proprî territorî nella Germania sud-occidentale confinante con i dominî originarî, pensò a ricostituire il ducato di Svevia, e tentò di fondere in un'unica compagine per mezzo di un'amministrazione accuratamente organizzata i territorî acquisiti in Svizzera, in Svevia e in Alsazia. Si adoperò per assicurare ai suoi un altro dominio cospicuo dell'impero sito fuori della Germania, cioè il regno Arles-Borgogna o per mezzo del figlio Hartmann, che avrebbe dovuto sposare una figlia di Edoardo III d'Inghilterra, o per mezzo della propria figlia Clementia, che sarebbe dovuta andare a nozze con il nipote di Carlo d'Angiò di Napoli. R. stesso, dopo la morte della regina Gertrude, tolse in moglie (1284) una figlia del duca Ugo IV di Borgogna. I Vespri Siciliani del 1282, per i quali re Carlo perdette la Sicilia, mandarono a monte il progetto del matrimonio angioino. Re R. obbligò inoltre il conte di Savoia alla restituzione delle conquiste fatte in Svizzera e sottomise il conte palatino Ottone di Borgogna. Invece agli attacchi francesi sulla frontiera occidentale dell'impero rispose solo con proteste e verdetti.
Alla fine del proprio regno R. appare come potente arbitro della pace generale.
L'estensione dei possedimenti familiari che R. era riuscito a formare nella Germania sud-occidentale e sud-orientale avrebbe costituito una sicura base al consolidamento dell'autorità centrale dell'impero, se R. avesse potuto assicurare la successione alla nuova dinastia. Qui dovette però registrare un insuccesso: non riuscì né ad assicurare ai suoi figli la corona imperiale e con questa la corona reale tedesca, né a far eleggere uno di essi dagli elettori. Poté invece regolare per tempo le relazioni con il papato e l'Italia, questione per lui urgente, poiché senza il riconoscimento della sua regalità da parte del papa gli sarebbe riuscito difficile imporsi in Germania. Si condusse in questa circostanza da accorto politico, rinunziò completamente al regno di Napoli già appartenente ai Hohenstaufen, assicurandosi così l'appoggio dell'attuale signore, re Carlo d'Angiò, rinunziò inoltre alle Romagne a favore della Chiesa romana. R. si rese conto che un effettivo dominio della Germania sull'Italia imperiale era ormai inattuabile e rinunziò coscientemente e volontariamente alla politica italiana dei Hohenstaufen. La nuova regalità e la nuova dignità imperiale doveva da allora in poi fondarsi solo sulla Germania, e i principi tedeschi approvarono la politica del re. Ciò non significava affatto una rinunzia alla dignità imperiale. Sebbene fosse ormai minata l'effettiva potenza dell'impero tedesco, la corona imperiale conferiva tuttavia a colui a cui veniva imposta la massima autorità nell'occidente cristiano. La corona imperiale rappresentava inoltre in Germania un reale vantaggio: l'imperatore poteva far eleggere come suo erede un re dei Romani e naturalmente, quando ciò era possibile, cercava di prendere a successore uno dei suoi figli. Così R. cercò durante tutto il suo regno di recarsi a Roma per farvisi incoronare imperatore. Per assicurarsi l'appoggio del papa nel 1279, riconoscendo che la Chiesa aveva trasferito dai Greci ai Tedeschi la dignità imperiale, riconobbe anche la facoltà del pontefice di disporre della coronazione imperiale. Ma, indipendentemente dalla volontà di R., non si realizzò né il viaggio a Roma né l'incoronazione. Dante sbagliava credendo che R. di proposito non avesse voluto venir in Italia. Allo stesso modo fallì l'elezione di suo figlio il duca Alberto a re dei Romani. Ne fu causa l'opposizione diffusa contro la casa di Asburgo, divenuta troppo potente, e contro la politica centralizzatrice di re R. che aveva sempre lottato con i principi e i sovrani per la pace del paese, per i diritti doganali, per la restituzione dei beni dell'impero. Anche le città, divenute ormai delle potenze, subivano controvoglia gli inusitati balzelli; un falso imperatore Federico II trovò tra loro un'entusiastica accoglienza. Le insistenze di R. per assicurare la successione al figlio fortificarono l'opposizione; fu accusato di voler trasformare, con l'aiuto del papa, la Germania in un regno ereditario e di voler annientare i diritti degli elettori. Nel concilio e nella dieta di Würzburg (1287) si verificarono scene violente. Appena morto re R., si scatenò dalla Savoia alla Boemia, da Aquileia a Salisburgo una violenta reazione della nobiltà, delle città e dei contadini contro Alberto di Asburgo, e gli elettori, anziché lui, elessero a re di Germania il conte Adolfo di Nassau.
R. si rivelò una personalità notevole, dura e priva di riguardi come politico, come capitano e come organizzatore; non mancò però di qualità simpatiche. Era semplice e schietto, non fu certo un particolare amico di cantori e giocolieri, i quali si lamentavano che qualsiasi cosa si dicesse e si cantasse di lui non gli faceva cavar quattrini. Era affabile e non era privo di umorismo. Da molti aneddoti che gli sono attribuiti, traspare la sua astuzia commerciale, ma vi si rileva pure quale straordinaria impressione fece sui contemporanei e sui posteri. Fu sepolto nel duomo di Spira. Fino allo Schiller e al Grillparzer, i poeti attinsero dalla sua storia materia poetica.
Bibl.: O. Redlich, Die Regesten des Kaiserreichs (Regesta imperii) unter R. I., Innsbruck 1898; id., R. v. Hasburg, ivi 1903; K. Hampe, R. v. Habsburg, in Herrschergestalten des deutschen Mittelalters, Stoccarda 1927.