FREDI, Rodolfo
Nacque a Todi il 18 giugno 1861 da Fabio (Todi 1845 - Roma 1894), professore di matematica, buon cultore di musica e stimato liutaio, e da Diomira Giorgi, donna colta e sensibile che lo avviò agli studi letterari. Iniziato lo studio della musica sotto la guida del padre e di un non meglio identificato maestro di Parma, a soli quindici anni fu in grado di esibirsi come secondo violino dei primi in un complesso orchestrale, ma la necessità di completare gli studi con serietà e impegno indusse la famiglia a inviarlo a Roma, ove nel 1879 si iscrisse come interno al conservatorio di S. Cecilia nella classe di violino tenuta da E. Pinelli.
Negli anni che seguirono, al termine degli studi, il F. suonò come solista al teatro Argentina e fece parte di diverse orchestre sinfoniche della capitale, divenendo socio della Reale Accademia filarmonica romana e della Società orchestrale romana diretta dal Pinelli, che lo chiamò più volte a esibirsi anche come solista. Tuttavia ben presto sentì l'impulso di seguire la tradizione familiare e di dedicarsi all'arte della liuteria, coadiuvando il padre, che nel frattempo aveva aperto una bottega a Roma nella centrale via Vicenza; dal 1885 al 1895 si occupò esclusivamente di restauro di antichi violini, attività che gli permise di acquisire una considerevole esperienza e di conoscere le tecniche di costruzione degli antichi maestri italiani. Appassionatosi a questa nuova attività, cui si applicò con totale dedizione, volle ampliare le proprie conoscenze tecniche e apprese le indispensabili nozioni di chimica, fisica e acustica. Finalmente nel 1895, su ordinazione di C. Giacchetti, costruì il suo primo strumento, una viola di bella sonorità che fu molto apprezzata, cui fece seguito, su commissione di R. Fattorini, primo violino dell'orchestra Massima Romana e del quintetto Gullì, un violino di ottima fattura che fu usato dal Fattorini nella sua attività concertistica.
Iniziò da questo momento un'intensa attività che valse al F. la stima di artisti di fama, che gli commissionarono numerosi strumenti; ormai affermato non soltanto in ambito nazionale, nel 1897 costruì gli strumenti per l'intero complesso del quartetto Gallo-Romain, costituito da E. Fabre, S. Dagand, P. Rien e A. Donadille; successivamente, dopo essersi dedicato anche alla costruzione di violoncelli, viole e viole d'amore, gli fu commissionato da R. Principe un violino che il celebre violinista utilizzò lungamente. Nel 1898 F. Marchetti, allora direttore del liceo di S. Cecilia, lo incaricò di costruire un violino da "regalarsi ogni anno al miglior allievo del Liceo Musicale nella classe di perfezionamento che avesse vinto la gara di esecuzione di una delle maggiori composizioni per violino" (Pasqualini).
A questo incarico, mantenuto per tre anni, ne seguirono altri anche da parte di altre istituzioni; nel 1911, nel cinquantenario della proclamazione del Regno d'Italia, fu presente all'Esposizione di Torino con un "quartetto" che vinse una medaglia d'argento con un diploma per l'ammirevole fattura e la bellezza del suono. Nella stessa occasione il Comitato di Londra che faceva parte della commissione giudicatrice lo premiò con una medaglia d'oro a titolo di incoraggiamento. Nel 1917 partecipò al concorso di liuteria, indetto a Roma dal giornale Musica, e vinse il primo premio con un violino che fu poi assegnato al liceo "B. Marcello" di Venezia. Nello stesso anno fu nominato cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia; nel 1927 fu a capo della comunità dei liutai di Roma, carica che tenne sino al 1935, quando all'unanimità fu eletto capo mestiere della comunità liutai e strumenti musicali da parte dei liutai residenti in Roma.
Frattanto andò approfondendo le sue ricerche nel campo della liuteria nell'intento di perfezionare ulteriormente la sua tecnica e lavorò scrupolosamente allo scopo di realizzare strumenti in cui all'ideale estetico corrispondesse una altrettanto soddisfacente resa sul piano sonoro. Accresciuta la sua fama anche fuori d'Italia, nel 1928 inviò a Lipsia un suo violino che fu giudicato un esemplare rappresentativo della migliore produzione liutistica italiana.
Nel 1937 fu nuovamente eletto capo della comunità dei liutai e nello stesso anno, in occasione della mostra organizzata a Roma per il bimillenario di Augusto, su incarico di E.Q. Giglioli e su disegni di M. Pallottino riprodusse la lira greco-romana e la cetra usata ai tempi dell'Impero, riscuotendo ulteriori consensi per la sua maestria. Quale doveroso riconoscimento dei suoi meriti il 22 apr. 1938 la R. Accademia d'Italia gli conferì un premio in denaro.
Nel marzo 1949 su invito di M. Stradivari, presidente del Comitato stradivariano di Cremona, in occasione delle celebrazioni del tricentenario della nascita di A. Stradivari, fu nominato presidente onorario della commissione giudicatrice degli strumenti da ammettere al concorso di liuteria contemporanea; in tale occasione un suo violino costruito nel 1939, di proprietà di M. Lenti ed esposto fuori concorso, fu premiato con una medaglia d'argento e, a coronamento della lunga e laboriosa attività, il Comitato stradivariano gli offrì una medaglia di bronzo.
Il F. morì a Roma il 22 febbr. 1950.
Alla sua morte il laboratorio di liuteria, divenuto anche negozio di strumenti musicali, passò alla figlia Vittoria e successivamente, alla nipote Emilia, figlia del fratello Giuseppe.
Custode geloso della sua arte, il F. lavorò sempre da solo, realizzando strumenti di grandissimo pregio in cui, pur ispirandosi ai grandi maestri della liuteria italiana, ebbe una sua concezione personale che lo portò a raggiungere risultati di grande interesse sia sul piano estetico sia su quello rigorosamente acustico. Particolarmente interessante sotto il profilo stilistico la fattura del riccio con voluta nel violino, ed elegante sempre la linea dei suoi strumenti cui si dedicò con eccezionale impegno; peraltro il F. guardò sempre scrupolosamente alla scelta del legno, utilizzando di solito abete ben stagionato proveniente dal Tirolo o da vecchie travi di case in demolizione per il piano armonico e di acero dei boschi dell'Abruzzo per il fondo e le altre parti degli strumenti. Oggetto di ricerche accurate fu anche la scelta della vernice che si presentava di un bel giallo dorato o rosato, oppure di un giallo bruno e talora anche rossiccio. Le vernici erano di preferenza a olio, ma ne usò anche ad alcool e altri solventi. Particolare cura dedicò alla sonorità di tutti i suoi strumenti e, soprattutto nei violini e nelle viole, ottenne risultati di grande potenza e bellezza di timbro.
In realtà autodidatta, animato da una passione che lo tenne instancabilmente impegnato sino a tarda età, il F. costruì da sé tutti gli strumenti del mestiere e stabilì sin dall'inizio della sua attività i rapporti esatti che intercorrono tra la lunghezza del manico e il diapason di ogni categoria di strumenti. La sua produzione comprende 450 violini, 70 viole, 5 violoncelli, 1 contrabbasso e alcune viole d'amore, disseminati, oltre che in Italia, in Francia, Inghilterra, Germania, Stati Uniti e Australia. Si ha testimonianza di un violino di particolare fattura - lunghezza da bordo a bordo cm 35,4, lunghezza del fondo in alto cm 16,6, larghezza del fondo in basso cm 20,4, diapason cm 19,5 - costruito dal F. nel 1906, il quale presentava, oltre agli evidenti pregi di costruzione, la caratteristica di un rapido invecchiamento che lo faceva sembrare uno strumento della scuola classica, anche per la vernice di tonalità rosso-rosa che gli conferiva un aspetto eccezionalmente bello. L'ultimo violino costruito dal F. rimase privo della vernice e fu ultimato da P. Leonori, altro noto liutaio romano.
Assai apprezzato negli ambienti musicali romani - conobbe tra l'altro G. Sgambati, F. Liszt, G. Verdi e i maggiori esponenti del concertismo italiano - il F. legò il suo nome anche a una intensa attività di restauratore di strumenti antichi cui attese con cura e impegno.
Fonti e Bibl.: Necr. in Il Messaggero, 5 marzo 1950; R. Principe - G. Pasquali, Il violino, Napoli 1926, p. 81; I. Billé, Gli strumenti ad arco e i loro cultori, Roma 1928, p. 82; F. Franchi, Il primo liutaio d'Italia, R. F., in La Marzia Todi (Perugia), 25 ott. 1941, pp. 22 s.; G. Mariani, R. F., ibid., pp. 23 s.; C.A. Antonelli, Un liutaio di oggi: R. F., in Rassegna dorica, XIV (1943), pp. 80 s.; Artefici nell'ombra. Il liutaio R. F., in La Gazzetta delle arti, 23 apr. 1946, p. 3; G. Pasqualini, R. F. liutaio romano, in L'Artigianato d'Italia, 10 marzo 1950; V. Azzolina, Liuteria italiana dell'Ottocento e del Novecento, Milano 1964, tav. 99; H. Podras, Dict. des luthiers, Rouen 1924, p. 18; R. Vannes, Dict. des luthiers, Bruxelles 1951, p. 114.