FAYELLE (Fagel, Fagello, Faiello, Fayel), Rodolfo de
Discendeva da una famiglia della piccola nobiltà della contea di Angiò in Francia. Sulla sua giovinezza e sul periodo successivo fino alla conquista del Regno di Sicilia da parte del suo signore feudale Carlo I d'Angiò non abbiamo notizie. Dato però che egli viene menzionato nei registri angioini già all'inizio del 1267, è probabile che abbia preso parte alla campagna italiana di Carlo e alla battaglia di Benevento (febbraio 1266). Evidentemente si distinse nelle operazioni militari, perché ricevette dal nuovo re un incarico di grande importanza: il 14 marzo 1267 fu nominato castellano di Nocera dei Pagani e al contempo fu dato ordine al suo predecessore di consegnargli tutte le armi e gli equipaggiamenti custoditi nel castello.
Questo ufficio non comportava la semplice amministrazione di un castello qualsiasi, ma rappresentava un incarico di particolare fiducia. A Nocera era stata rinchiusa dopo il suo tentativo di fuga Elena di Epiro, la vedova dell'antagonista di Carlo I, Manfredi di Svevia, morto nella battaglia di Benevento. Il F. aveva la responsabilità della importante prigioniera e doveva sventare ogni possibile tentativo di fuga o di liberazione. Sembra che portasse a termine il suo compito con piena soddisfazione del suo signore, dato che questi, dopo l'entrata di Corradino di Svevia in Pisa, nell'estate 1268 lo investì del titolo di sostituto vicario generale per la Toscana.
Dopo la morte del vicario generale di Carlo in quella regione Jean de Brasseuse (Brayselve), giustiziato dai ghibellini presso Tagliacozzo prima dell'inizio della battaglia ivi combattuta e persa il 23 ag. 1268 da Corradino contro le truppe di Carlo d'Angiò, il F. divenne il più alto ufficiale angioino in Toscana. Dopo la sconfitta e la morte del giovane Svevo egli si impegnò soprattutto a sgominare i gruppi ghibellini e i partigiani di Corradino ancora attivi in Toscana. Dall'ottobre 1268 assediò pertanto il castello di Lamporecchio, sulle falde del Monte Albano tra Val di Nieve ed Empoli. In questo borgo si erano rifugiati i fuorusciti ghibellini di Firenze per prendere contatti con gli esponenti dello stesso partito a Prato e a Pistoia. Evidentemente vi erano nell'esercito del F. dei traditori: due suoi soldati spedivano giornalmente messaggi sulle operazioni delle truppe alla ghibellina Poggibonsi e ai fuorusciti di San Gimignano, grazie ai quali i ribelli assalirono la villa di Cinciano nei pressi di Lamporecchio, fecero dei prigionieri e razziarono il bestiame. Il F. fu costretto ad affidare la protezione del monastero cistercense di San Galgano dagli attacchi dei ghibellini ai podestà di San Gimignano, Volterra, Colle Val d'Elsa e San Miniato. Alla fine di ottobre 1268 le truppe del F., che erano state rinforzate da soldati della Lega guelfa e da contingenti giunti da Lucca e da Pistoia, riuscirono a conquistare il castello. Durante l'occupazione avvenne una spaventosa carneficina e tutti gli occupanti furono passati per le armi.
Con la nomina di Jean Britaud de Nangis a vicario generale di Carlo I in Toscana il F. ritornò in una posizione di secondo piano e dovette rinunciare al comando militare (7 dic. 1268). Rimase tuttavia in carica fino all'estate 1269 e fu probabilmente responsabile del pagamento delle truppe. Il 17 luglio 1269 Carlo I ordinò infatti ai capitani, ai vicari, ai podestà e ai Parlamentfdelle città di Firenze, Lucca, Pistoia, Arezzo, Prato, Volterra, Massa, San Gimignano, Colle Val d'Elsa, Cortona e Borgo San Sepolcro di versare immediatamente al F. i denari per il soldo delle truppe angioine; se non avessero pagato, egli avrebbe dovuto procedere a requisizioni.
Poco dopo fu comunque rimosso dall'incarico e nominato giustiziere della Terra di Lavoro. Sembra però che abbia ricoperto questo ufficio solo per poche settimane, dato che nei registri angioini già nell'ottobre 1269 figura con questo titolo Ugone di Susa. Il successore di questo, Raynald de Poncel, il 22 febbr. 1270 fu incaricato di aprire un'inchiesta sull'amministrazione del F.: egli doveva rendere conto con esattezza della riscossione della subventio generalis, dei nomi dei suoi funzionari subalterni e dell'insieme dei negozi condotti in nome della corte. Il 2 luglio 1270 il F. ricevette il titolo di castellano di Canosa e insieme col "secreto" della Puglia dovette far eseguire delle migliorie nel castello. Questa retrocessione nella gerarchia degli uffici e la sostituzione nella carica di giustiziere si possono spiegare solo con irregolarità nell'amministrazione. Dall'agosto al novembre 1270 ebbe infine la castellania di Civitella negli Abruzzi, nella quale sostituì Geoffroy de Chaudim.
Fu comunque rimosso anche da questo incarico il 17 dic. 1270 a causa dell'accusa rivoltagli da un certo Anfuso de Vinay di essersi disonestamente fatto versare, lui e i suoi sessanta servientes, uno stipendio doppio. Il re incaricò il successore del F. di condurre un'indagine. Resta incerto se fosse portata a termine, dato che all'inizio del 1271 il F. doveva essere già morto: nei registri angioini alla fine di febbraio viene presentato come quondam. Lasciò un figlio di nome Giacomo, che successe al padre nel possesso dei feudi di Casaletta Bitritto e di Ceglie di Campo nella Terra di Bari.
Si trasferirono dalla Francia nel Regno di Sicilia anche due fratelli del Fayelle. Raimondo nell'estate 1270 possedeva diversi feudi nella Capitanata e in seguito anche nella Terra di Bari, nella Terra d'Otranto e negli Abruzzi, dato che il re incaricò ripetutamente i giustizieri di queste province di ricompensarlo con denaro per i servigi prestati. Nel 1271 si recò in Grecia, nel Principato di Acaia, ma è del tutto ignoto quale ufficio vi abbia ricoperto. Quando Carlo I, in base al trattato di Viterbo del 1267, il 4 apr. 1274 nominò il principe Guglielmo II di Villehardouin capitano generale di Acaia, lo stesso giorno gli affiancò Raimondo come maresciallo al posto di Guillaume de Barre. Raimondo ottenne così il comando di tutte le truppe angioine in Acaia. Il suo compito era innanzi tutto quello di porre le basi del futuro dominio angioino di Morea, che avrebbe dovuto nascere dopo la morte del Villehardouin. A questo fine egli doveva rendere inoffensivi i rivali degli Angioini nel Pelopormeso e organizzare il trasporto navale delle truppe e dei rifornimenti che venivano portati dall'Italia meridionale alla Grecia. Non sappiamo come svolse questo compito, dato che gli archivi dei principi di Acaia andarono distrutti già nel Medioevo. Visto però che durante il periodo del suo incarico numerosi nemici del potere angioino furono catturati e spediti in Italia, si può ritenere che Carlo I fosse soddisfatto del suo operato, come del resto conferma il fatto che Raimondo tenne l'incarico per quattro anni. Nel maggio 1278 fu nominato il suo successore nella persona di Eustang d'Angicourt. Poiché nel mandato di nomina manca qualsiasi accenno a una destituzione del suo predecessore, bisogna concludere che Raimondo fosse morto poco prima.
Eustachio, il secondo e probabilmente più giovane fratello del F., il 14 ag. 1272 è segnalato per la prima volta nei documenti, in occasione della sua nomina da parte di Carlo I a maresciallo di Toscana al posto di Luigi d'Auvergne. A questa data Eustachio si trovava nel Regno di Sicilia certamente da un periodo piuttosto lungo, dato che nel documento di nomina viene presentato come miles e familiaris del re. Insieme con l'incarico ricevette l'ordine di recarsi immediatamente in Toscana e di porsi agli ordini-del vicario generale angioino in quella regione Jacques de Boursonne. I suoi compiti consistevano nella definitiva espulsione dalla Toscana dei ghibellini, che continuavano a trovare riparo a Pisa, e nella preparazione della guerra che si prospettava sin dal 1270 contro la ghibellina Genova. Non è però documentato da nessuna fonte che Eustachio abbia partecipato insieme con jacques de Boursonne alla spedizione contro Genova nella primavera del 1273. Il fatto che già tra il 17 luglio e il 29 agosto successivi sia stato sostituito nella carica di maresciallo da Geoffroy de Bois Guillaume e non abbia più ricevuto nel Regno uffici pubblici fa ritenere tuttavia che proprio lui venisse considerato responsabile del fallimento dell'impresa militare contro Genova.
Subito dopo il suo licenziamento Eustachio ritornò nel Regno e il 25 novembre fu investito del castello di San Giovanni Incarico nella Terra di Lavoro che dopo la morte della figlia di Garamond d'Aunay era tornato alla Corona. Il feudo dava un reddito annuo di 40 onze e gli fu concesso direttamente dal re in capite e con diritto ereditario. Ma già meno di sei mesi dopo, il 1º maggio 1274, Eustachio lo restituì alla Corona. In cambio fu risarcito con le entrate dei castelli di Albeti, Campoli, San Donato e Settefrati, sempre nella Terra di Lavoro, che erano stati restituiti poco prima a Carlo I da Hugo de Courcillon. Come vassallo Eustachio sembra aver considerato i suoi feudi, alla pari di molti feudatari francesi nel Regno, come un'opportunità di arricchirsi ricavandone le più alte rendite possibili. Così, nel settembre 1278, impose arbitiariamente ai suoi vassalli un'imposta straordinaria. Poco prima il borgo di Alvito, nei feudi di Eustachio in Terra di Lavoro, si era lamentato delle grassazioni e dei rapimenti da lui compiuti.
Negli anni successivi le fonti non danno che notizie sporadiche su di lui. Certo è solamente che dal novembre 1278 fino al luglio 1279 appartenne allo Hospitium Regis e ricevette regolarmente il salario. Poiché nel 1279 non ottemperò all'invito di prestare il servizio feudale dovuto né pagò l'adohamentum, il 29 nov. 1279 Carlo d'Angiò diede ordine di confiscargli i feudi. Questa è l'ultima notizia che possediamo su di lui. Resta perciò oscuro se l'ordine del re fosse effettivamente eseguito o se Eustachio nel frattempo fosse già morto oppure ritornato in Francia.
Fonti e Bibl.: G. Del Giudice, Codice diplomatico del regno di Carlo I e II d'Angiò, I, Napoli 1863, p. 296, n. 103; III, ibid. 1902, p. 268, n. 4 (per Eustachio); C. Minieri Riccio, Alcuni fatti riguardanti Carlo I di Angiò dal 6 agosto al 30 di dicembre 1270, Napoli 1874, p. 24; Id., Saggio di codice diplomatico formato sulle antiche scritture dell'Archivio di Stato di Napoli, I, Napoli 1878, p. 60, n. 59; R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, II, Berlin 1900, pp. 154 s., nn. 1089 s.; Gli atti perduti della Cancelleria angioina transuntati da Carlo de Lellis. Il regno di Carlo I, a cura di B. Mazzoleni, I, Roma 1939, pp. 63 n. 210, 220 n. 698, 226 n. 749; per Raimondo: pp. 307 n. 228, 319 n. 31; per Eustachio: p. 365 n. 441; II, ibid. 1943, p. 102 n. 787; Documenti delle relazioni fra Carlo I d'Angiò e la Toscana, a cura di S. Terlizzi, Firenze 1950, pp. 55 n. 110, 247 s. n. 451 (per Eustachio); I registri della Cancelleria angioina ricostruiti da R. Filangieri, Napoli 1950 ss., I, p. 76 nn. 197, 198; III, pp. 143 n. 221, 262 n. 836; V, p. 38 n. 169; VII, pp. 40 n. 170, 83 n. 106, 196 n. 73 (per Raimondo): IV, p. 55 n. 350; VI, p. 90 n. 345; VII, pp. 146 n. 260, 223 n. 68; IX, p. 233 n. 38; X, p. 258 n. 237; XI, pp. 123 n. 593, 208 n. 102. Per Eustachio: II, pp. 247 n. 39, 249 n. 49; VIII, pp. 158 s. n. 346, 261 n. 790; X, p. 161 n. 629; XI, p. 102 n. 14; XV, pp. 94 s. n. 113; XVIII, p. 176 n. 382; XX, p. 98 n. 86; XXI, pp. 242 n. 174, 244 n. 189; XXII, pp. 8 s. n. 31; K. Hopf, Geschichte Griechenlands vom Beginn des Mittelalters bis auf unsere Zeit, I, Leipzig 1867, p. 227 (per Raimondo); G. Del Giudice, La famiglia di re Manfredi, in Arch. stor. per le prov. napol., IV (1879), pp. 299 s.; P. Durricu, Les archives angevines de Naples. Etude sur les registres du roi Charles Ier (1265-1285), II, Paris 1887, pp. 200, 224, 227, 242, 318 (per Raimondo: II, pp. 225, 318; per Eustachio: II, pp. 231, 242, 318); A. Casella, La vedova ed i figli di re Manfredi, in Riv. abruzzese di scienze, lettere ed arti, XVI (1901), p. 18; R. Davidsohn, Geschichie von Florenz, II, 2, Berlin 1908, p. 44 (per Eustachio: p. 82); F. Cerone, La sovranità napol. sulla Morea e sulle isole vicine, in Arch. stor. per le prov. napol., XLI (1916), p. 126 (per Raimendo); F. Scandone, Rinaldo IV d'Avella. Grande ammiraglio di Carlo II di Angiò e un celebre processo politico del primo decennio della guerra del Vespro siciliano, in Riv. stor. del Sannio, III (1916), p. 66, n. 7 (per Eustachio); V. Roppo, Memorie storiche di Ceglie del Campo, Bari 1919, pp. 46, 156 n. 1, 2; P. Cafaro, I figli di Manfredi, in Arch. stor. pugliese, VI (1953), p. 89; H. Schadek, Die Familiaren der sizilischen und aragonesischen Könige im 12. und 13. Jahrhundert, in Gesammelte Aufsätze zur Kulturgeschichte Spaniens, XXVI (1971), p. 328 (per Eustachio).