CARABBA, Rocco
Nacque a Lanciano (Chieti) il 7 ott. 1854 da Florindo e da Colomba Casalanguida, umili artigiani. Avviato al mestiere di tipografo, non ancora ventenne già eseguiva in proprio, con mezzi rudimentali, stampati di carattere commerciale. Il vero inizio della sua attività di editore risale al 1880, quando stampò in seconda edizione "riveduta a penna e fuoco" il Primo Vere di G. D'Annunzio e il Vocabolario dell'uso abruzzese di G. Finamore. Per circa un decennio predominarono i saggi di storia e di tradizioni regionali che, se non avevano larga risonanza, si distinguevano tuttavia per lo scrupolo erudito degli autori. Oltre ai volumi di G. Finamore sulle Tradizioni popolari abruzzesi (1882-86), già in parte pubblicati nell'Archivio delle tradizioni popolari di G. Pitré, che segnarono una data importante negli studi del folclore regionale, vanno ricordati di G. Pansa il Saggio di uno studio sul dialetto abruzzese (1885), La tipografia in Abruzzo dal sec. XV al sec. XVIII (1891), Silvestro daSulmona detto l'Ariscola (1894), e, in un ambito di interessi già più vasto, di N. F. Faraglia la Storia della regina Giovanna II d'Angiò (1904), la Storia delle lotte tra Alfonso V d'Aragona e Renato d'Angiò (1908).
Negli ultimi anni del secolo il C. strinse rapporti con S. Di Giacomo, dalla cui collaborazione nacque la collana "I Santi nell'arte e nella vita", che ebbe notevole fortuna, e l'altra, analoga e presto interrotta, "Vite dei Santi"; tra i volumi pubblicati, S. Gennaro nella leggenda e nella vita di M. Serao (1909). Del Di Giacomo più tardi, nel 1920, pubblicò anche l'Ignoto: novelle e il Teatro in due volumi.
Pubblicava anche libri per ragazzi, giornalini illustrati e testi scolastici; tra questi, la Grammatica italiana di C. De Titta (1900) più volte ristampata, ebbe larga diffusione. Il successo spinse il C. a dare un'efficiente organizzazione commerciale a questo settore, che rimase sempre il più solido sostegno economico della casa e gli permise di attuare anche altri programmi culturalmente più ambiziosi.
Entrato in rapporto con l'ambiente della giovane cultura fiorentina, e in particolare con G. Papini, questi gli fondò e diresse la collana filosofica "Cultura dell'anima", che si proponeva di offrire "agli studiosi ed ai lettori intelligenti cose importanti ma rare ad aversi, sia per la difficoltà della lingua, sia per la dimentiticanza" (così nella presentazione della collana).
In volumetti in sedicesimo, con un'incisione di A. Soffici in copertina, la collana fu aperta dal Primo libro della metafisica di Aristotele (1909), nella traduzione di G. Vailati, il maggior rappresentante del pragmatismo italiano; e continuò con la pubblicazione di scritti di pensatori contemporanei (Kierkegaard, Bergson, James, Unamuno, Brentano, Sorel, ecc.). Ma la collana comprendeva anche opere di Seneca, s. Anselmo d'Aosta, Machiavelli, Guicciardinii Galileo, Vico; e poi pagine di Foscolo, Leopardi, Novalis, ecc. Un gruppo a sé costituivano inoltre i testi di morale buddista, come Dhammapada,Suttanipâta,Mahaparinirvanasutra,Upaniṣhad, e altri. Si può ricordare, a proposito di questo interesse per il pensiero orientale, che il C. era stato il primo, e per molti anni il solo, editore italiano a pubblicare opere di R. Tagore.
Non era dunque una collana unitaria e sistematica, per quanto vi prevalessero due indirizzi di pensiero, il pragmatismo angloamericano e lo spiritualismo contemporaneo francese; anzi, nella sua apertura ad ogni suggestione del momento, rifletteva l'indole curiosa ma alquanto dilettantesca del Papini. Ebbe tuttavia il merito di divulgare anche tra lettori non specialisti alcuni testi significativi della cultura europea di quegli anni. Le edizioni furono curate, oltre che dal Papini e dal Vailati, da uomini di cultura come P. Jahier, G. Prezzolini, P. Gobetti.
Nel 1910 fu affidata al Papini anche la direzione della collana "Scrittori nostri", che in volumetti economici si proponeva di divulgare le opere meno note della letteratura italiana; vi collaborarono, tra gli altri, G. Amendola, A. Soffici, S. Slataper, G. De Robertis, E. Allodoli. Quando poi il Papini aderì al futurismo, con una lettera al C. del dicembre 1913 (pubblicata il 13 genn. 1914 su La Voce, p. 32) annunciò le dimissioni dalla direzione delle due collane, "da cui si sprigiona puzzo di passatista"; in realtà la collaborazione riprese ben presto, e durò fino al 1920. Sempre nel 1910 il C. iniziò la collana "L'Italia negli scrittori stranieri", diretta da G. Rabizzani, con la pubblicazione del Viaggio inItalia di R. de Chateaubriand, cui seguirono scritti di Byron, Goethe, Taine, ecc.; intanto alle collezioni dirette dal Papini si affiancava quella dei "Classici antichi e moderni" diretta da G. A. Borgese. Erano tutte iniziative di un certo rilievo, non solo per l'efficacia divulgativa, ma anche per la riproposta culturale di testi trascurati da altri editori. E come era stato tra i primi a dedicare una parte notevole della propria attività al settore scolastico, così il C. curò in questi anni anche la letteratura infantile con la collana "Classici del fanciullo", diretta da Eva Kühn Amendola, che vi pubblicò raccolte di fiabe inglesi, francesi, ecc., oltre ai racconti, tra gli altri, di C. Kingsley, N. Hawthorne. S. Lagerlöf.
Grazie alla notevole varietà di interessi la casa editrice si era consolidata arrivando ad occupare nei suoi stabilimenti circa 350 operai. Se lo scoppio della prima guerra mondiale ridusse di molto l'attività, il C. sostenne l'impresa con varie iniziative, impiantando perfino una fabbrica di proiettili. Nel dopoguerra il lavoro riprese rapidamente; fu avviata anche una collaborazione con G. Gentile, del quale fu iniziata la stampa dei cinque volumi di Scritti vari (1920-1933).
Cavaliere del lavoro fin dal 1902, nel 1917 era stato nominato commendatore. Morì a Lanciano il 26 genn. 1924.
Alla morte del C. ereditò la direzione della casa editrice il figlio Giuseppe (Lanciano 17 dic. 1880 - ivi 11 sett. 1955), che continuò a svilupparla con una notevole varietà di collane, da quelle di narrativa a quelle scolastiche. Tra le prime, si ricordano "Narratori d'oggi" (apertasi nel 1928 con L'amata alla finestra di C. Alvaro) e "Novellieri italiani moderni": vi furono pubblicati, tra l'altro scritti di A. Moravia e di E. Vittorini. Notevole diffusione ebbe anche la collana "Manuali di chirurgia", diretta da R. Paolucci. Nel 1930 cominciò a stampare anche la rivista L'Archivio di filosofia. Nel 1931 pubblicò l'edizione definitiva di Ossi di seppia di E. Montale. Furono questi gli anni di maggiore espansione della casa editrice, che nel 1929, quando si assegnò ai vari editori la stampa del libro di Stato per le scuole, era classificata terza, dopo Mondadori e Marzocco. Nel decennio successivo però la casa editrice (passata intanto sotto la direzione dei figli di Giuseppe) decadde lentamente; parzialmente distrutta durante la seconda guerra mondiale, cessò ogni attività nel 1950.
Fonti e Bibl.: E. Pappacena, Frammenti, II, Lanciano 1932, pp. 217 s.; Archivi del Futurismo, a cura di M. Drudi Gambillo-T. Fiori, I, Roma 1958, pp. 307 s.; E. Giancristofaro, L'editore R. C. e la cultura italiana del primo Novecento, in Riv. abruzzese, XVII (1964), 3, pp. 95-104 (poi in V. De Cecco-E. Giancristofaro, Frentania sconosciuta, Lanciano 1969, pp. 49-60); C. Carabba, La casa editrice Carabba, in Abruzzo, Supplemento, I (1967), 3, pp. 79 ss.