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ARGILLOSE, ROCCE

di Emilio Repossi - Enciclopedia Italiana (1929)
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ARGILLOSE, ROCCE (fr. roches argileuses; sp. rocas arcillosas; ted. Tongesteine; ingl. argillaceous rocks)

Emilio Repossi

Sono chiamate anche peliti (dal gr. πηλός "fango") o rocce pelitiche. Derivano dalla sedimentazione e successiva cementazione di materiali detritici finissimi, trasportati dai corsi d'acqua e depositati in seno a bacini lacustri o marini o lungo il corso stesso dei fiumi, là dove la corrente sia lentissima. A questi detriti che possono essere di natura molto varia, come quella di una sabbia finissima, sono mescolate quantità più o meno grandi di sostanza argillosa ordinariamente colloide. Il detrito, che forma lo scheletro sabbioso della roccia, è di solito prevalentemente costituito da quarzo; i carbonati (calcite, dolomite) mancano nelle argille propriamente dette, mentre entrano in parte notevole a formare le argille calcarifere o marne.

Le rocce argillose di origine recente, e che non hanno subito pressioni o deformazioni troppo energiche, conservano molte delle proprietà caratteristiche dei colloidi argillosi che esse contengono. Così, ad es., possono assorbire notevoli quantità di acqua rigonfiandosi e trasformandosi in una sostanza plastica modellabile. Questa proprietà è naturalmente tanto più spiccata quanto maggiore è la percentuale di sostanza argillosa che la roccia contiene, ossia quanto più grassa è l'argilla; le argille magre, ossia quelle in cui lo scheletro sabbioso relativamente grossolano è più abbondante, sono poco o niente affatto plastiche.

Con l'aumentare della parte sabbiosa le rocce argillose passano gradualmente ad argille o marne arenacee e ad arenarie argillose.

Le argille, disseccandosi all'aria, si contraggono e induriscono. Le paste argillose, pure o mescolate con una certa quantità di sabbia, cotte, ad alta temperatura, si contraggono fortemente e induriscono trasformandosi in una massa porosa di resistenza lapidea. Per questa proprietà si usano nella fabbricazione dei laterizî.

Il colore delle argille è di solito grigio o grigiastro, ma di frequente anche azzurrognolo, dovuto alla diffusione nella roccia di un finissimo pigmento di solfuro di ferro. Alla presenza quasi costante di questo componente è dovuta la modificazione del colore che le argille subiscono con l'esposizione prolungata all'aria, che dà loro una tinta più o meno ocracea o rossiccia. Alla stessa causa è dovuto pure l'arrossamento che i laterizî assumono con la cottura all'aria, accompagnata da una forte ossidazione e da una completa disidratazione. Il colore nerastro che le rocce argillose hanno qualche volta si deve ordinariamente a un pigmento carbonioso di origine organica. Non di rado si formano nelle argille noduli e concrezioni di pirite, di gesso, o di altri minerali. Frequente in certi orizzonti geologici e in argille d'origine marina un contenuto più o meno abbondante di cloruro sodico (argille salifere).

La composizione chimica delle argille è molto varia e non rappresentabile con uno schema determinato. Caratteristica l'ordinaria abbondanza di silice, di allumina e la discreta percentuale di potassa, probabilmente trattenuta dalle argille colloidi come composto di assorbimento; mentre sono di solito scarsissime la calce e la magnesia. Col variare della composizione, variano le proprietà tecniche delle argille. Le argille, non molto comuni, ricchissime di sostanza argillosa e poverissime di ferro, di metalli alcalini e di metalli alcalino-terrosi, resistono senza fondere a temperature molto alte e formano le così dette argille refrattarie.

Le rocce argillose geologicamente antiche hanno tutte, in grado più o meno spiccato, una tessitura scistosa, ossia una tendenza a dividersi in sottili lastre, accompagnata da una cristallizzazione o da una ricristallizzazione di tutti i loro componenti. Di guisa che con la scomparsa delle parti colloidali esse perdono la loro originaria plasticità e la proprietà di spappolarsi nell'acqua. Tali rocce prendono il nome di argilloscisti o scisti argillosi, e sono legate, per passaggi graduali, da un lato alle argille plastiche e dall'altro a rocce con metamorfosi più accentuata, e quindi appartenenti alla serie degli scisti cristallini, dette filladi.

Fra le rocce argillose con scistosità appena sensibile sono le argille scagliose eoceniche dell'Appennino; più scistosi, con una doppia divisibilità secondo due piani obliqui l'uno all'altro, i galestri o scisti galestrini, diffusi nell'Appennino Toscano e altrove, e simili ai Griffelschie fer dei Tedeschi.

Le lavagne, alquanto calcarifere, della Riviera di Levante e le ardesie, anche della Liguria, ma più specialmente della Francia (Angers), della Turingia, del Paese di Galles, ecc., usate per copertura di tetti, sono scisti argillosi passanti a scisti o argilloscisti filladici.

Scisti argillosi o, meglio, scisti marnosi, ossia calcariferi, sono in genere anche gli scisti bituminosi, neri, utilizzati per le sostanze bituminose di origine organica, volatili, che essi contengono spesso in notevole quantità (Varesotto, Trentino, Carnia, Tirolo, ecc.).

A questa categoria di rocce appartengono ancora gli scisti alluminiferi contenenti allume formato per alterazione delle piriti e per reazione dei prodotti di ossidazione di queste con i composti di alluminio e di potassio della roccia stessa, e le ampeliti, analoghe a essi e usate per emendamento dei terreni coltivati a vigneto.

Ricchi di quarzo sono gli scisti coticolari, o novacoliti, usati come pietre da cote (Spezia, Turingia, Fichtelgebirge, ecc.).

Le rocce argillose sono spesso ricche di avanzi fossili che vengono perfettamente conservati per la fine grana della roccia stessa. Anche gli scisti argillosi antichi, se non hanno subito un processo troppo profondo di metamorfismo, possono recare impronte fossili (scisti carbonici, scisti silurici con graptoliti, ecc.).

Vedi anche
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