ROCCAVIVARA
Centro situato nella media valle del fiume Trigno, a c.a 20 km da Trivento (Campobasso), l'antica Terventum, municipio romano.
Esplorazioni parziali effettuate nel 1931-32, seguite da scavi sistematici nel 1977 e nel 1992 presso la località S. Maria di Canneto, e le campagne di scavo del 1983-84 in località S. Fabiano, hanno rivelato la presenza di due ville rustiche, cui si aggiungono numerosi altri indizî di strutture simili in tutto il territorio municipale di Terventum.
Le testimonianze epigrafiche note da tempo presso la villa rustica di S. Maria di Canneto (CIL, IX, 2597, 2608) con quelle di recente acquisizione documentano l'esistenza dei Socellii e dei Lucretii, che con i Fiorii, i Decitii, gli Staii, i Pomponii e altri, documentati a Terventum (CIL, IX, 2591, 2593, 2596, 2600, 2601, 2603, 2608, 2611, 2617), ebbero in mano le principali magistrature municipali e che evidentemente furono anche i proprietari di questi grossi impianti agricoli.
Le due ville rustiche di R. hanno conosciuto un lungo periodo di frequentazione che, in relazione alle attività prevalenti in esse svolte e agli indirizzi produttivi, ha comportato rifacimenti progressivi, adattamenti continui e mutamenti nella destinazione degli ambienti.
La villa di San Fabiano si sviluppa su un pianoro terrazzato con un muro in opus quadratum lungo c.a 40 m che funge da sostegno per un portico colonnato chiuso da inferriate. Della pars urbana si segue il settore meridionale con varí ambienti, tra i quali si riconosce un atrio.
Il primo impianto della villa risale a epoca repubblicana; in un momento non precisabile del primo impero viene eseguito un vistoso ampliamento con l'aggiunta di ambienti termali. Della pars rustica che occupa il settore settentrionale si conservano resti di impianti pertinenti probabilmente al torcularium.
Interventi posteriori vennero determinati dalla riconversione delle attività. La frequentazione del sito si protrae fino al VI sec. d.C.; a epoche relativamente recenti sono da attribuire altri interventi, quali la costruzione di casolari lungo i muri perimetrali, le opere di reiterata sistemazione idraulica della sorgente e la chiusura dell'ingresso nel muro di terrazzamento.
Non conosce interruzioni di frequentazione il sito di S. Maria di Canneto: la prima fase della villa risale anch'essa a epoca repubblicana; il suo abbandono, coincidente con la fine delle attività specifiche svolte nell'impianto agricolo, seguito dalla rioccupazione, per fini diversi, delle aree a esso immediatamente adiacenti, è segnato da un incendio che, se coincidente con quello documentato in un diploma del duca di Benevento Gisulfo I (686-706), dovrebbe risalire al VII sec. d.C. I reperti ceramici confermano il lungo periodo di frequentazione dell'impianto agricolo e danno come fase di massimo splendore i primi tre secoli dell'impero.
La villa di S. Maria di Canneto è ubicata a immediato contatto con la riva destra del Trigno il quale, unitamente all'azione fortemente torrentizia del Ponte di Musa, suo affluente di destra proprio presso Canneto, deve aver causato momenti molto difficili per l'insediamento, provocando la distruzione del primo impianto della villa: uno strato melmoso è documentato in ampie zone sui pavimenti di prima fase. Di essa è meglio nota la pars rustica, mentre quella urbana risulta in parte obliterata dalle costruzioni successive (principalmente dalla chiesa romanica di S. Maria). La seconda fase della pars rustica è ben leggibile: si conservano i resti del torcularium con varî annessi, talora contenenti dolia, e delle celle con numerosi dolia (c.a 40 in origine) alcuni con il bollo recante il nome p. florius ianuarius, verosimilmente l’officinator. Ancora nella pars rustica sono stati rinvenuti una fornace per ceramica, un forno per pane e una meta riferibile a una mola asinaria.
Alla pars urbana appartengono ambienti con pavimenti a mosaico policromo databili agli inizî del III sec. d.C. con motivi geometrici e figurati (elementi vegetali e animali) che trovano confronti nell'area più prossima alla costa adriatica (Larino). La pars urbana si sviluppava in tutto il settore SE dell'insediamento, estendendosi oltre la pars rustica con un porticato colonnato che verosimilmente immetteva, tramite un ampio ingresso, in spazi in parte destinati a giardino.
Nel lungo periodo di frequentazione rimane prevalente la produzione di vino e olio, probabilmente in abbinamento tra loro o secondo ricorsi ciclici; la crisi di questa attività produttiva specializzata comporta la sostituzione con colture di sussistenza che determinano la chiusura del torchio, non più utilizzato, ma non l'abbandono dei dolia, destinati a contenitori di granaglie.
In epoca altomedievale, come conseguenza dei danni considerevoli che la struttura deve aver subito con l'incendio, la villa è definitivamente abbandonata, per essere sostituita da nuove costruzioni che occupano l'area adiacente a NE, prima rimasta libera; numerose sepolture si rinvengono nella pars urbana. Dall'Alto Medioevo le vicende dell'insediamento di S. Maria di Canneto sono strettamente legate alla presenza dei monaci benedettini.
Bibl.: P. M. Galluppi, 5. Maria di Canneto sul Trigno nell'archeologia, nella storia e nell'arte, Roma 1941; M. Mattóni Chiari, Terventum. Ricomposizione archeologica e documentazione cartografica, in QuadTopAnt, VI, 1974, pp. 143- 177; A. Di Niro, La villa romana di S. Fabiano e il sistema di produzione schiavistico, Matrice 1982; id., Ville imperiali nel Sannio romano, in Almanacco del Molise, II, 1987, pp. 15-27; V. Ferrara, Canneto sul Trigno, Vasto 1988; A. Di Niro, Terventum, in AA.VV., Samnium. Archeologia del Molise, Roma 1991, pp. 255-257; A. Di Niro, N. Pontarelli, D. Vaccaro, Canneto, villa romana, Termoli 1991.