UBALDINI, Roberto
UBALDINI, Roberto. – Nacque a Firenze verso il 1578, figlio di Marcantonio conte di Cagliano e di Lucrezia della Gherardesca.
Discendente da due famiglie stanziate negli Appennini toscani fin dal Medioevo, studiò a Perugia e poi a Pisa, dove conseguì la laurea in utroque iure. Fu provvisto di un canonicato a Firenze nel 1596, prima che il prozio materno, il cardinale Alessandro de’ Medici (1535-1605), al ritorno dalla sua legazione in Francia nel 1598, lo chiamasse tra i suoi familiari. Quando Medici fu eletto papa con il nome di Leone XI, il 1° aprile 1605, la carriera di Ubaldini ebbe una svolta decisiva. Fu nominato segretario di Stato il 22 aprile 1605, ma appena cinque giorni più tardi il papa morì prematuramente.
Il suo successore Paolo V Borghese confermò comunque Ubaldini al suo servizio e anzi lo promosse all’incarico di fiducia di maestro di camera, il 21 maggio 1605. Cominciò allora ad accumulare benefici e pensioni. Rilevanti in particolare la concessione della commenda dell’abbazia di S. Lorenzo di Monte Castello (diocesi di Todi; 1605) e del canonicato di S. Pietro a Roma (1606) che resignò l’anno dopo a suo fratello Ugo (morto nel 1658). Nel 1607 Paolo V avrebbe voluto nominarlo arcivescovo di Firenze e poi di Pisa, ma dopo il rifiuto del granduca di Toscana si limitò a conferirgli l’incarico di vescovo di Montepulciano. Qualche anno più tardi, Ubaldini ricevette ancora la commenda della prepositura di S. Maria Maddalena a Pistoia (1616), quella delle abbazie dei Ss. Filareti ed Elia (diocesi di Mileto) e quella di S. Maria dei Melosi (diocesi di Reggio Calabria) o ancora, sempre nel 1616, la prepositura di S. Maria di Canetra a Varese.
Nel 1607 ottenne per suo fratello Ottavio (morto nel 1632) la carica di capitano della cavalleria leggera pontificia, che questi avrebbe conservato fino all’avvento di Urbano VIII nel 1623; egli fu il solo tra i fratelli Ubaldini a non diventare un ecclesiastico, dal momento che il quarto fratello Lelio (morto nel 1630), si fece carmelitano scalzo con il nome di Alessandro.
Nominato protonotario apostolico nel 1607, Ubaldini fu designato lo stesso anno a succedere a Maffeo Barberini come nunzio presso il re di Francia (31 agosto). La sua nomina fu imposta a Enrico IV, per il quale Ubaldini non era la prima scelta. Al momento di partire, d’accordo con il papa, conferì l’amministrazione della sua diocesi al cardinale Roberto Bellarmino (peraltro originario di Montepulciano) che poté contare sull’appoggio di Ugo Ubaldini, fratello del nuovo nunzio.
La lunga nunziatura in Francia – più di nove anni di residenza a Parigi, un primato per l’epoca – può essere suddivisa in due fasi molto diverse. Fino all’assassinio di Enrico IV (16 maggio 1610), il margine di manovra di Ubaldini fu relativamente ridotto in ragione della personalità imperiosa del sovrano francese. Appena cominciò la reggenza di Maria de’ Medici – parente molto lontana del nunzio –, Ubaldini si mostrò invece estremamente attivo e fu molto ascoltato dai circoli governativi, al punto che partecipò a più riprese al Consiglio. Sotto molti aspetti, la nunziatura di Ubaldini si caratterizzò, come quelle di Spagna e Impero, per una impronta controriformistica e per la lotta alle deviazioni ereticali ed egli si dimostrò un avversario risoluto dei protestanti e dei gallicani (politici). Primo tra tutti i nunzi in Francia, si dotò di un uditore regolare (nella persona di Alessandro Scappi) e redasse numerosi processi informativi per le nomine dei nuovi vescovi e abati.
Ubaldini fu coinvolto in tutti gli scontri giurisdizionali tra Stato e Chiesa. Garantì la conclusione della guerra dell’Interdetto (1607), appoggiò la nomina del gesuita Jacques Coton come confessore reale (1608), si oppose fortemente alle prese di posizione teoriche del re d’Inghilterra Giacomo I (1608-09), si schierò fermamente contro le tesi del sindaco della facoltà di teologia della Sorbona Edmond Richer (1611-12) e si preoccupò di contrastare energicamente le pubblicazioni a tema politico-religioso, perlopiù avverse a Roma, stampate a Parigi durante tutta la sua nunziatura. Contribuì poi fattivamente alla conclusione dei matrimoni franco-spagnoli nel 1615. Maria de’ Medici chiese e ottenne da Roma che fosse creato cardinale in occasione del Concistoro del 2 dicembre 1615.
Ubaldini lasciò la Francia nel settembre 1616, troppo presto per poter giudicare la prima esperienza da ministro del futuro cardinale Richelieu (novembre 1616) o assistere all’esecuzione del suo compatriota Concino Concini (aprile 1617), alla cui ascesa aveva assistito. Una nuova elezione pontificale, quella di papa Gregorio XV (1621-23), rilanciò la sua carriera in Curia, poiché il nuovo pontefice fece di Ubaldini uno dei suoi più fidati consiglieri e suo nipote, il cardinale Ludovico Ludovisi, gli concesse di usufruire della villa Ludovisi di Frascati. Ubaldini si vide affidare numerosi incarichi di responsabilità: fu prefetto della congregazione del Concilio dal 1621 al 1623, quindi nuovamente dal 1623 al 1632, e fu coinvolto da vicino nella preparazione della congregazione di Propaganda Fide, della quale fu uno dei primi membri a partire dalla sua creazione nel 1622. Inoltre, fu membro di diverse congregazioni straordinarie istituite per precise questioni politiche, come quella sull’arresto del cardinale Luigi di Guisa (1621) o quella sulla consegna dei forti della Valtellina (1623). Inoltre, fu nominato visitatore apostolico degli istituti francesi a Roma nel 1622. Sul finire del suo pontificato, nel maggio 1623, il papa, originario di Bologna, lo inviò come legato nella sua città natale, dove sarebbe rimasto fino al 1627.
Il successore di Gregorio XV, Maffeo Barberini (Urbano VIII) eletto il 6 agosto 1623, non gli fu subito favorevole, benché fiorentino. Ubaldini aveva infatti intrattenuto cattive relazioni con il neoletto fin dagli inizi del 1600. Se apparentemente egli conservò incarichi di rilievo in Curia (prefetto della congregazione del Concilio dal 1627 al 1632, membro delle congregazioni concistoriali, dei Vescovi e dei regolari, della Propaganda), in realtà il suo posizionamento in Curia fu tra gli avversari dei Barberini. Nel Sacro Collegio, in cui ricevette in successione i titoli cardinalizi di S. Matteo in Merulana (1617), S. Pudenziana (1617), S. Alessio (1621) e S. Prassede (1629), occupò la carica di camerlengo per l’anno 1628.
Erede della fazione ludovisiana che non aveva potuto strutturarsi per la breve durata del pontificato di Gregorio XV, pensionato dalla Francia quasi senza interruzione dal 1605 fino a metà del 1630, Ubaldini poté contare tuttavia su alcuni parenti influenti in Curia, come il cugino di suo padre, il cardinale Ottavio Ridolfi (1582-1642), il fratello di quest’ultimo, Niccolò (1578-1650), maestro del Sacro Palazzo sotto Gregorio XV e maestro generale dei domenicani dal 1629 al 1642, e il futuro cardinale Lelio Falconieri (1585-1648), nipote di suo cognato. La presa di distanza da Urbano VIII e dalla sua politica divenne pubblica in occasione della crisi suscitata dalla protesta del cardinale Gaspare Borgia nel Concistoro dell’8 marzo 1632. Il testo della protesta sarebbe stato scritto dallo stesso Ubaldini. Dopo essere sfuggito per poco all’arresto in Castel Sant’Angelo, Ubaldini fu sollevato dai suoi incarichi curiali e simbolicamente privato, nel luglio del 1633, del ‘piatto cardinalizio’ riservato ai porporati poveri.
Dall’inizio del XVII secolo, Ubaldini era stato un mecenate attivo, sostenendo letterati come Agostino Mascardi e Francesco Balducci, ai quali fu vicino nell’Accademia degli Umoristi, scienziati come Galileo Galilei – che gli regalò un telescopio nel 1618 – e artisti. Alla sua morte, possedeva una ricca collezione di centosessantasette quadri. Si fece ritrarre da Guido Reni, durante la sua legazione a Bologna verso il 1625, in un celebre dipinto (oggi conservato presso il County Museum of art di Los Angeles) e nel 1634 commissionò al famoso Alessandro Algardi un monumento funebre per Leone XI, che fu inaugurato a S. Pietro a Roma nel 1652.
Dopo aver redatto il suo testamento nel 1632, con il quale designava la congregazione di Propaganda come erede universale, morì in seguito a calcoli renali a Roma, il 22 aprile 1635, e fu sepolto nella chiesa di S. Maria sopra Minerva.
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