PUCCI, Roberto
PUCCI, Roberto. – Nacque a Firenze il 29 maggio 1464 (molti autori riportano invece il 29 agosto 1463, data non coerente con l’epigrafe funebre) da Antonio di Puccio e dalla sua seconda moglie Piera di Giannozzo Manetti.
La famiglia Pucci, di stretta osservanza medicea, aveva conosciuto un periodo di eclisse politica dal 1494 al 1512, per poi riconquistare potere e influenza dopo il ritorno dei Medici al potere. Non sembra che Pucci abbia conseguito alcun tipo di laurea, ma è certo invece che ricevette una buona formazione umanistica, probabilmente da precettori privati: si sa, per esempio, che nel 1493 studiava il greco sotto la direzione di Augusto Valdo (Verde, 1973-1985, I, p. 222) e che frequentava i circoli umanistici fiorentini, in quanto risulta in relazione con Girolamo Massaini, che proprio Pucci spinse a raccogliere e poi pubblicare le opere letterarie di Leon Battista Alberti e con il filosofo e astrologo Lucio Bellanti, morto nel 1499.
Il suo primo incarico pubblico seguì di pochi mesi il ritorno dei Medici a Firenze: ai primi di dicembre del 1512 fu inviato come commissario dei Dieci di balìa a Poggibonsi, ad accogliervi Matthäus Lang von Wellenburg, vescovo di Gurk, detto il cardinale gurgense, che, dopo avere perfezionato a Roma, a nome dell’imperatore Massimiliano, il trattato di alleanza con il papa, tornava in Lombardia con il suo seguito. Analogo incarico esercitò nel febbraio-marzo del 1513 accompagnando attraverso il dominio fiorentino il cardinale Adriano Castellesi in viaggio verso Roma per partecipare al conclave. Al 1° settembre 1518 risale la sua prima elezione al priorato; all’8 maggio 1521 quella a membro dei Sedici gonfalonieri di compagnia, al 1° luglio 1524 la sua seconda elezione al priorato; il 1° maggio 1522 raggiunse infine la massima carica della Repubblica fiorentina, quella di gonfaloniere di giustizia.
Durante il bimestre di carica fu scoperta una congiura contro il cardinale Giulio de’ Medici, che, rivelata in anticipo, portò alla severa punizione dei responsabili. Fu accertato che Niccolò Machiavelli, benché amico di molti di loro, ne era rimasto estraneo, ma fu ugualmente guardato con sospetto da alcuni membri della classe dirigente filomedicea; non così Pucci che il 22 giugno 1522, mentre era ancora in carica come gonfaloniere, gli inviò una lettera affettuosissima in occasione della morte del fratello Totto.
Il 13 luglio 1526 Pucci fu nominato commissario in campo nella spedizione contro Siena, allo scopo di rimettere al potere Fabio Petrucci e la fazione dei noveschi: il 25 luglio una sortita dei Senesi riportò un’inattesa vittoria a porta Camollia, contro le truppe fiorentine e papali, preponderanti di numero e di artiglieria. Pucci rimase molto umiliato per questa sconfitta, tanto da pensare al suicidio (Busini, 1861, p. 92). Il 17 maggio 1527, dopo che si era diffusa la notizia del sacco di Roma e della prigionia di Clemente VII, a Firenze si colse l’occasione per sovvertire il regime mediceo. Iniziava così l’ultima Repubblica di Firenze, destinata a durare poco più di tre anni. In questo periodo contro Pucci, notoriamente filomediceo, furono prese misure restrittive e il 15 dicembre 1528 fu condannato a tre anni di esilio, in contumacia, poiché aveva già preso stanza a Roma, ove si trovavano diversi suoi parenti, alcuni dei quali in posizioni prestigiose presso la Curia pontificia.
A Roma Pucci divenne, come i suoi familiari, intimo di papa Clemente VII, che cercò di distogliere dalla decisione di riportare i Medici al potere a Firenze con l’ausilio delle armi imperiali. Nel periodo successivo alla resa della città, divenne uno dei rappresentanti del papa a Firenze, come membro della Balìa che assunse provvisoriamente i pieni poteri. Il pontefice aveva deciso infatti di trasformare il regime fiorentino in vero e proprio principato sotto Alessandro de’ Medici, ma, per rendere tale decisione più accettabile ai fiorentini, pensò di farla avallare dalle magistrature cittadine. A questo scopo Pucci fu eletto il 4 aprile 1532 membro dei Dodici riformatori, il collegio che ebbe il compito di ridisegnare in senso monarchico l’assetto dello Stato fiorentino e che emanò le Ordinationi che di questo nuovo regime fissavano i capisaldi costituzionali.
Con l’instaurazione del ducato di Alessandro de’ Medici, Pucci fu nominato membro a vita del Senato dei quarantotto, uno degli organi decisionali del nuovo regime e in pratica divenne uno dei membri più in vista della classe dirigente, venendo continuamente eletto a far parte delle magistrature più importanti, come gli Otto di pratica, gli Accoppiatori e il Magistrato supremo. Alla morte di Clemente VII (25 settembre 1534) fu eletto membro dell’ambasciato di obbedienza inviata da Firenze al nuovo pontefice Paolo III. Nel gennaio del 1536 accompagnò il duca Alessandro (insieme con Francesco Guicciardini, con il quale era imparentato per il matrimonio nel 1534 del figlio Pandolfo con Laudomia Guicciardini, e ad altri notabili) nel suo viaggio a Napoli per incontrarvi l’imperatore e trovare un compromesso con i fuoriusciti, coloro che, in polemica con i Medici, avevano abbandonato Firenze. Fra di loro si annoverava Francesco Valori che nel 1515 aveva sposato la figlia di Pucci, Maria; con lui, nonostante l’adesione a gruppi politici avversi, egli non interruppe i rapporti nemmeno dopo la partecipazione di Valori alla battaglia di Montemurlo (1537) e il bando di ribelle che di conseguenza lo colpì (lettera di Cosimo I a Pucci del 20 aprile 1543, in Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, s. 1, 339, c. 31).
Dal 1536 Pucci aveva già cominciato a mettere in campo le sue relazioni familiari per diventare cardinale. L’obiettivo sembrò a portata di mano in occasione del concistoro del 22 dicembre 1536, quando da Roma fu mandato a chiamare in tutta fretta il cardinale Innocenzo Cibo, per poter contare sul suo voto favorevole, ma in questa occasione non fu raggiunto. L’elezione al cardinalato avvenne solo il 12 giugno 1542, quando assunse il titolo di cardinale prete dei Ss. Nereo e Achilleo, poi, dopo la morte del nipote Antonio, cambiato in quello dei Quattro santi coronati. La sua elevazione fu molto osteggiata, insieme con quelle di Giovan Vincenzo Acquaviva e Marcello Crescenzi; nel caso di Pucci l’opposizione si basava, più che su presunte colpe, sulla scarsa stima delle sue capacità, ma il pontefice fece trionfare la sua volontà, sebbene questa opposizione contro i candidati alla porpora fosse un fatto senza precedenti (von Pastor, 1942, p. 133).
In data imprecisata, ma anteriore all’8 agosto 1541, quando assunse la carica di vescovo di Pistoia, Pucci aveva acquisito gli ordini sacri, essendo ormai vedovo da molti anni. Subentrò poi al nipote Antonio nella carica di penitenziere maggiore, che tenne fino alla morte e in quelle di cardinale governatore di Bagnorea (oggi Bagnoregio) e di cardinale protettore del Monte della Fede, l’istituto di credito creato da Clemente VII nel 1526 per finanziare la guerra contro i turchi. Dal 7 dicembre 1546 alla morte fu vescovo di Melfi. Nell’ottobre del 1542 tenne a battesimo a Montepulciano il futuro santo Roberto Bellarmino che, proprio in onore di Pucci, ricevette questo nome. Il 10 dicembre 1546 rinunciò al vescovato di Pistoia a favore di Pier Francesco da Galliano.
Morì a Roma il 17 gennaio 1547 e fu sepolto nella basilica di S. Maria sopra Minerva; sul suo sepolcro fu messa un’epigrafe che conferma come data della sua nascita quella riportata dai Registri dell’Opera di S. Maria del Fiore e contraddice quella riportata in Archivio di Stato di Firenze, Tratte, 81, c. 252.
Aveva sposato nel dicembre del 1491 Dianora di Lorenzo Lenzi, morta il 22 giugno 1526, da cui ebbe almeno quattro figli: Giannozzo, vescovo di Melfi; Pandolfo, autore della famosa congiura; Maria, sposata a Francesco Valori; e Antonio.
Fonti e Bibl.: Firenze, Opera di S. Maria del Fiore, Battesimi, reg. 2, c. 105r; Archivio di Stato di Firenze, Riccardi, 614-618; Carte Sebregondi, ins. 4334; Carte Strozziane, s. 1, 132, cc. 189, 194, 202; 339, cc. 13, 22, 31, 38, 41, 46, 48, 245, 266-269, 280-282, 314; Dieci di balìa, Deliberazioni, 58, c. 176; 60, cc. 16, 42; Tratte, 81, c. 252; A.M. Rosati, Memorie per servire alla storia de’ vescovi di Pistoia, Pistoia 1766, pp. 159-163; G. Busini, Lettere sopra l’Assedio di Firenze, a cura di G. Milanesi, Firenze 1861, pp. 91 s.; L. Passerini, Famiglia Pucci di Firenze, in P. Litta, Le famiglie celebri italiane, Milano 1868, III, tav. 58; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d’altri edificii di Roma dal secolo XI fino ai giorni nostri, I, Roma 1869, p. 447; Le Carte strozziane del R. Archivio di Stato in Firenze. Inventario, serie prima, Firenze 1884-1891, I, pp. 103, 323, 470, 568, 627; II, pp. 73, 678, 683 s., 692, 694, 703 s.,758, 827; I. Nardi, Istorie della città di Firenze, a cura di A. Gelli, Firenze 1888, pp. 72, 433; M. Callegari, Il fatto d’armi di Porta Camollia nel 1526, in Bullettino senese di storia patria, XV (1908), pp. 348-350, 365 s.; C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1923, pp. 66 s., 85, 241, 275; L. von Pastor, Storia dei papi, V, Roma 1942, pp. 133 s., 183; R. von Albertini, Firenze dalla Repubblica al Principato, Torino 1970, ad ind.; F. Guicciardini, Carteggi, a cura di P.G. Ricci, XVII, Roma 1972, pp. 310-312, 321-326, 342 s.; A. Verde, Lo Studio fiorentino (1473-1503). Ricerche e documenti, I-IV, Firenze 1973-1985, I, pp. 222; II, pp. 440 s.; III, p. 572, 862 s.; IV, pp. 1062, 1363; R. Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Firenze 1978, pp. 558 s.; R. Pesman Cooper, Machiavelli, Francesco Soderini and Don Michelotto, in Nuova Rivista storica, LXVI (1982), p. 356; F. Tamburini, La riforma della Penitenzieria nella metà del sec. XVI e i cardinali Pucci in recenti saggi, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XLIV (1990), pp. 112, 117, 124; Carteggi delle magistrature dell’età repubblicana. Otto di Pratica, Missive, a cura di P. Viti, Firenze 1995, ad ind.; L. Böninger, Leon Battista Alberti in tipografia: le stampe del Quattrocento, in Leon Battista Alberti umanista e scrittore, a cura di R. Cardini - M. Regoliosi, Firenze 2007, pp. 626-629; F. Guidi Bruscoli, Papal banking in Renaissance Rome. Benvenuto Olivieri and Paul III, 1534-1549, Aldershot 2007, pp. 105, 240, 245.