OMEGNA, Roberto
OMEGNA, Roberto. – Nacque a Torino il 28 maggio 1876, da Vincenzo e da Giuseppina Silva.
Il padre, ingegnere ferroviario, dopo aver lavorato per alcuni anni in Calabria e in Sicilia, rientrò nel 1890 a Torino, dove Omegna compì studi tecnici e si laureò in fisica e matematica, trovando poi impiego presso la Cassa pensioni. Insofferente della monotonia del suo lavoro, frequentava anche le scuole di recitazione Bassi e Ristori. Il 4 Giugno 1904 sposò Laura Maffeis.
Particolarmente colpito dai primi esperimenti cinematografici, rilevò una delle due sale presenti a Torino – che attraversavano un periodo di crisi – e la chiamò Cinematografo Edison, ottenendovi grande successo con la proiezione di film di 120-200 m, considerati all’epoca lungometraggi, che allestiva componendo materiale acquistato a Parigi dalle società cinematografiche Pathé e Gaumont e da Georges Méliès. Decise poi di produrre di persona i film invece di proiettarne di altrui e per far questo si mise in società con il fotografo torinese Arturo Ambrosio. Nel 1904, dopo aver acquistato a Parigi un apparecchio Urban con rulli di 50 m, realizzò il suo primo documentario, riprendendo la prima corsa automobilistica Susa-Moncenisio e dando così inizio alla florida attività della casa di produzione cinematografica Ambrosio Film, che cessò soltanto nel 1948. Omegna vi lavorò come operatore-realizzatore (non essendovi all’epoca ancora una distinzione tra i ruoli di regista e operatore), sviluppatore e stampatore, soggettista e sceneggiatore in collaborazione con Ermanno Geymonat, e infine direttore artistico.
Uno dei più grandi successi della Ambrosio Film fu Gli ultimi giorni di Pompei (1908), prima riduzione italiana del romanzo The last days of Pompeii (1835) di Edward George Bulwer-Lytton, già portato sugli schermi nel 1898, in versione breve, dall’inglese Robert William Paul. Diretto da Luigi Maggi e ridotto per il cinema da Omegna stesso, il film suscitò grande clamore per la spettacolare eruzione del Vesuvio e fu considerato «il primo kolossal della storia del cinema italiano» (Bernardini, 1996, p. 209). Esso favorì la distribuzione internazionale delle produzioni dell’Ambrosio Film soprattutto negli Stati Uniti e in Francia: «dopo un simile successo, che aprì alla ditta torinese i mercati stranieri, si disse che la Pathé aveva deciso di acquistare copie di tutte le produzioni importanti della Ambrosio per farle studiare ai suoi tecnici» (Tosi, 1979, p. 14).
Omegna continuò a girare documentari sia in Italia sia in luoghi esotici e lontani. Nel 1907 colse l’occasione di un viaggio in America del Sud per questioni familiari per produrre Traversata del Gran Chaco (Argentina) e l’anno successivo un viaggio nel Corno d’Africa lo portò a realizzare, tra gli altri, Caccia al leopardo che, girato a Cheren in Etiopia a distanza molto ravvicinata dal leopardo, quindi con grande rischio per l’operatore, divenne il prototipo del film esotico in tutte le antologie di storia del cinema. Tra il 1911 e il 1912, proseguì la sua attività viaggiando avventurosamente in India, Birmania e Cina e riportandone una serie di documentari.
Omegna, tuttavia, non fu soltanto uno dei più famosi operatori del cinema muto, insieme con Luca Comerio e Giovanni Vitrotti: appassionato sin da piccolo di fotografia e di entomologia, fu soprattutto l’antesignano del cinema scientifico italiano. Grazie alla sua grande conoscenza tecnica, dovuta a una continua sperimentazione chimica e fotografica, portò l’Ambrosio Film all’avanguardia della cinematografia internazionale. Inizialmente utilizzò la sua competenza solo come operatore per il documentario La nevropatologia che, realizzato per fini didattici dal professor Camillo Negro, pioniere di neuroscienza, e presentato il 17 febbraio 1908 al cinema Ambrosio Biograph di Torino alla presenza dei soci della Reale Accademia di medicina, tra cui anche Cesare Lombroso, mostrava una serie di pazienti affetti da disturbi neurologici e in particolare una donna malata di isteria. Proseguì poi con la carriera di regista scientifico, ottenendo il primo importante successo con il documentario Vita delle farfalle del 1911, che lo stesso anno ottenne il primo premio all’Esposizione universale di Torino da una giuria di cui faceva parte anche Louis Lumière.
La fama del film si dovette anche alla collaborazione del poeta Guido Gozzano, cugino del regista, in realtà nettamente sopravvalutata dagli storici del cinema. Come infatti raccontò lo stesso Omegna: «Gozzano venne da me fin dal 1908 con l’intenzione di collaborare nel cinema. Ma era ammalato e non poteva fare molto […] Si interessò ai miei film scientifici e fu lui stesso a portarmi nello studio dei bruchi per il film sulle farfalle. Fu spesso nei nostri ambienti ma escludo che, come è stato detto, abbia avuto da Ambrosio incarichi di consulenza artistica» (Verdone, 1948, p. 111).
Negli anni successivi, la produzione proseguì con successo, interrotta solo dalla chiamata alle armi per la prima guerra mondiale, durante la quale ebbe modo di girare Film sul fronte italiano della prima guerra mondiale (1915-16) che tuttavia fu sottoposto a diversi tagli e censure da parte del Comando supremo militare.
Dopo il 1920 interruppe il suo sodalizio con la Ambrosio Film, travolta dalla crisi che investì in quegli anni tutto il cinema italiano, e fondò una piccola impresa privata dal nome La film della natura con cui tra il 1923 e il 1925 realizzò alcuni film destinati soprattutto all’uso didattico, come La mantide religiosa, La vita del grillo campestre, La vita delle api. Nel 1926 si trasferì a Roma, chiamato dall’Istituto LUCE (L’Unione della Cinematografia Educativa), fondato da Benito Mussolini nel 1924 come organismo di propaganda e diffusione di pellicole didattiche ed educative. Ceduta all’Istituto parte dei documentari da lui realizzati, si stabilì in un laboratorio presso le Terme di Diocleziano, accanto al Planetario astronomico, dove ebbe a disposizione i più disparati macchinari per filmare in particolare insetti e piante.
Tra il 1927 e il 1930 i suoi studi si focalizzarono sulla biologia marina e trascorse molto tempo all’Acquario di Napoli e all’Istituto superiore di agraria a Portici, per filmare la vita subacquea animale e vegetale, come nel caso di Navigatori argentei del mare, Giardini del mare, Abitanti del mare.
Nel frattempo affinò ulteriormente le tecniche di ripresa intervallata e microcinematografica, come dimostra il documentario Dall’uovo alla gallina (1930-31), presentato inizialmente con il titolo I ventuno giorni del pulcino, film «[…] di una qualità tecnica di ripresa che è da considerare ancora oggi di alto livello particolarmente per quanto riguarda le microcinematografie effettuate per trasparenza attraverso le membrane che proteggono l’embrione» (Tosi, 1979, p. 58).
Ugualmente esemplare per la qualità della ripresa intervallata fu il successivo L’axolotto.
Nel 1934, su commissione dell’Istituto LUCE, realizzò Gloria, uno dei primi documentari di montaggio basati interamente su materiale d’archivio: selezionò e montò le immagini provenienti dalla ricchissima documentazione sulla Grande Guerra (realizzata da diversi cineoperatori) secondo i dettami dell’ideologia fascista, che imposero vistose riscritture storiche, per esempio l’assenza della disfatta di Caporetto.
Numerosi sue opere furono presentate e premiate come migliori film scientifici alla Mostra del Cinema di Venezia tra il 1936 e il 1941. L’ultimo suo film fu Morfologia del fiore (1942), realizzato con Eugenio Bava.
Quando nel 1943 l’Istituto LUCE fu trasferito a Venezia, tornò a Torino, dove rimase fino alla fine della guerra.
Malgrado la collaborazione con uno dei più importanti organismi propagandistici del regime fascista, fu un personaggio sostanzialmente apolitico.
«La sua umile clausura in laboratorio, mentre nei teatri di posa si metteva mano a polpettoni grondanti retorica, non rappresentò certo una forma di resistenza o una manifestazione di palese dissenso, ma non è da scartare l’ipotesi che la fervida attività in cui il regista si gettò fu anche il pretesto per difendersi dal frastuono che proveniva dalle piazze e per non vendere la coscienza così come era capitato a parecchi intellettuali reattivi agli onori e alle feluche dell’Accademia, alle laute prebende e ai privilegi accordati alla cortigianeria» (Argentieri, 1979, p. 35).
Dopo la fine della guerra, cercò di realizzare un documentario sulla fisiologia dell’occhio umano ma non poté riuscire per via dell’età e di problemi di salute.
Morì a Torino il 19 novembre 1948.
Scritti: Cinematografia scientifica, in Bianco e Nero, 1939, n. 11, pp. 58-61. Filmografia (sele-zione): La prima corsa automobilistica Susa-Moncenisio (1904); Le manovre degli Alpini al Colle della Renzola (1904); Vedute ed episodi del terremoto di Calabria (1905); I centauri, ossia: La Scuola di Cavalleria in Pinerolo (1908); Terremoti in Calabria e in Sicilia (1908); Le manovre navali italiane (1908); Come si viaggia in Africa (1909); Usi e costumi abissini (1909); Usi e costumi dei cinesi (1912); Ambra e schiuma (1928); Embriogenesi nell’uovo del riccio di mare (1931-1932); I fiori (1933-1934); Topi in trappola (1942).
Fonti e Bibl.: G. Bosio, Nel laboratorio scientifico della L.U.C.E., in La Stampa, Torino 30 maggio 1933; F. Cerchio, Il pioniere O., in Cinema, 1940, n. 92, pp. 270 s.; M. Verdone, L’ultima intervista con O., ibid., 1948, n. 4, p. 111; M.A. Prolo, Storia del cinema muto italiano, I, Milano 1951, pp. 21, 33, 45, 50; F. Zannino, Ricordi di un pioniere, in Cinema, 1955, n. 157, pp. 1057 s.; V. Tosi, Il pioniere R. O. (1876-1948), in Bianco e Nero, 1979, n. 3, pp. 1-67; M. Argentieri, Un pioniere tra Cattaneo e il “Luce”, in Rinascita, 1979, n. 26, p. 35; A. Farassino, Frammenti neuropatologici, in Immagine: note di storia del cinema, II (1983), 3, pp. 1-4; G. Brunetta, Storia del cinema italiano. Il cinema muto 1895-1929, Roma 1993, pp. 23, 28, 47, 95, 134, 179, 338; A. Bernardini, Il cinema muto italiano 1905-1909, Roma 1996, pp. 29, 55, 205-209; M. Bertozzi, Storia del documentario italiano, Venezia 2008, pp. 19, 45, 48-50, 64 s.,76.