ROBERTO II, principe di Capua
ROBERTO II, principe di Capua. – Figlio del principe normanno di Capua Giordano II, Roberto figura per la prima volta a fianco di suo padre in un documento del giugno 1118 (Stasser, 2008, p. 510).
Alla morte di Giordano, avvenuta il 9 dicembre 1127, Roberto gli succedette alla guida del principato di Capua. La cerimonia di consacrazione e incoronazione ebbe luogo nel gennaio del 1128 e, secondo quanto riportato nella cronaca di Falcone Beneventano, vi avrebbero partecipato cinquemila uomini. In un racconto dettagliato, apparentemente basato su una testimonianza oculare, Falcone Beneventano narra che il principe giurò fedeltà a papa Onorio II (anche se la versione del giuramento fornita dal cronista rappresenta probabilmente una parafrasi), ma non menziona alcuna cerimonia di investitura. Falcone narra inoltre che, in questa occasione, Onorio II incoraggiò i presenti a resistere all’espansione nel Mezzogiorno continentale del conte di Sicilia, Ruggero.
Sin dalla sua ascesa al principato e per tutti gli anni Trenta del XII secolo, Roberto II si oppose con tenacia e determinazione all’unificazione del Mezzogiorno sotto Ruggero II. Anche dopo il suo esilio nel 1139, il principe di Capua rimase il punto di riferimento per ogni tentativo di ribellione contro il nuovo re. Già nell’estate del 1127, poco prima che la flotta di Ruggero II assalisse il porto di Salerno, Roberto di Capua, insieme con Rainolfo di Alife, iniziò a contrattare il sostegno di Pisa nelle lotte per estromettere il conte di Sicilia dalle regioni continentali, riuscendo a ottenere un primo impegno da parte dei pisani nel 1133. Dopo lunghe trattative, Roberto riuscì ad assicurarsi anche il supporto di Genova e Venezia (Abulafia, 1991, p. 108). Nel frattempo, poiché Ruggero era riuscito a ottenere la sottomissione di Salerno e di Amalfi, fra l’autunno e l’inverno del 1127 Roberto fu una delle figure di maggior rilievo all’interno del gruppo di aristocratici normanni che, in alleanza con papa Onorio II, si opponevano all’avanzata del conte di Sicilia sul continente. Nel marzo del 1128, Roberto guidò la spedizione contro il castello di Torre Palazzo, appartenente a Ugo Infante, alleato di Ruggero. Il castello fu raso al suolo con gli sforzi congiunti del principe di Capua, del conte Rainolfo e dei beneventani, e passò sotto l’autorità del principe e del conte. In seguito alle vittorie del 1129 di Ruggero nella Puglia meridionale, inoltre, la città di Troia – che era riuscita a opporre resistenza al conte di Sicilia l’anno precedente – si rivolse a Roberto II per chiedere protezione.
Nella versione dei fatti fornita dal cronista Alessandro di Telese, vicino alla corte siciliana, il principe di Capua avrebbe rifiutato il suo aiuto ai Troiani a causa della sua indole debole, che gli avrebbe fatto scegliere di rimanere al sicuro nel proprio principato (Alexander Telesinus, De rebus gestis, in G. Del Re, 1845, I, cap. 18). Anche Falcone Beneventano spiega con la «costituzione fisica assai debole» che «non poteva sostenere fatiche eccessive» i tentennamenti di Roberto II nel mantenimento della sua fedeltà al pontefice in occasione dell’attacco delle forze filopapali contro il conte di Sicilia in Puglia nel 1128 (Falcone di Benevento, Chronicon..., cit., 1128.2.4).
Nell’autunno del 1129 il principe di Capua riconobbe la supremazia di Ruggero II e, nel Natale del 1130, partecipò alla cerimonia di incoronazione. Secondo quanto narra Falcone Beneventano, il principe Roberto di Capua avrebbe addirittura posto lui stesso la corona sul capo di Ruggero II nel dicembre del 1130, «cosa per la quale», tuttavia, «egli non ricevette un’appropriata ricompensa» (ibid., 1130.4.2).
Successivamente, tuttavia, Roberto II continuò comunque a essere coinvolto nei gruppi e nelle azioni dell’opposizione scatenata in Apulia, a Benevento e nel Principato di Capua dalle campagne di conquista di Ruggero II. Qualche anno più tardi, per esempio, in uno scontro nei pressi del fiume Sarno del giugno del 1132, Roberto II e Rainolfo di Alife sconfissero il re di Sicilia nel suo tentativo di invasione del principato di Capua.
Falcone Beneventano racconta che in questa occasione Roberto e Rainolfo si impossessarono delle ricchezze che il re aveva con sé: «un’incredibile quantità di oro e d’argento, un gran numero di vasi d’oro, un’infinta varietà di vesti, torme di cavalli, un gran numero di armature e una gran quantità di altri beni mobili» (ibid., 1132.10.31, 32, p. 140). Anche Alessandro di Telese riferisce l’episodio della vittoria riportata nel territorio di Scafati presso Nocera da parte dei ribelli guidati dal principe di Capua e dal conte di Alife (Alexander Telesinus, De rebus gestis, in G. Del Re, 1845, II, 30-31).
Qualche mese prima, nel marzo 1132, Roberto aveva fatto una donazione al monastero di Montecassino su richiesta di sua moglie Sabia, da cui ebbe un figlio, Giordano, menzionato nel settembre del 1137 (Stasser, 2008, p. 510). In precedenza i rapporti del principe di Capua con Montecassino si erano incrinati quando, a causa della sua alleanza con Rainolfo di Alife, Roberto si era rifiutato di aiutare i monaci a recuperare il castellum di Sujo nel 1126 (Chronica Monasteri Casinensis, a cura di H. Hoffmann, 1980, IV, cap. 90, pp. 551 s.).
Nel 1134, con il ritorno del re normanno nel Mezzogiorno continentale, si formò un fronte antiruggeriano che vide alleati Roberto di Capua e Rainolfo d’Alife insieme alle città di Napoli e Pisa. Questo fronte si sciolse tuttavia dopo la conquista da parte di Ruggero II dei territori intorno ad Avellino e il tradimento di alcuni uomini di Roberto e Rainolfo, passati per denaro dalla parte del sovrano. Dopo il 1134 il territorio capuano divenne il centro del conflitto e della resa dei conti tra il re di Sicilia e i ribelli settentrionali guidati da Roberto.
A causa della sua partecipazione alle ribellioni contro il re, Roberto II perse la guida del principato nell’estate del 1135, sostituito dal secondogenito del re, Alfonso. In quanto principale leader dell’opposizione, Roberto fu dispossessato di tutti i suoi beni e costretto all’esilio. La stessa sorte toccò a suo cugino, il conte Rainolfo di Caiazzo. Secondo Alessandro di Telese il re sarebbe stato pronto a perdonare il principe di Capua ancora fino alla primavera del 1135.
Incorporato nel regno di Ruggero II di Sicilia, il principato di Capua cessò così di esistere come entità indipendente, dopo settantasette anni dalla sua fondazione, nel 1058, da parte del bisnonno di Roberto II, Riccardo I. I tentativi successivi di Roberto di recuperare il suo patrimonio e la sua autorità fallirono. Grazie a una spedizione dell’imperatore Lotario III nel 1137 il governo di Roberto su Capua fu restaurato per un breve periodo, ma l’ex principe e gli altri ribelli si dimostrarono incapaci di mantenere il controllo sull’antico principato senza il supporto dell’esercito imperiale.
L’affermazione definitiva di Ruggero II sul Mezzogiorno continentale, dopo la battaglia di San Germano (1139), colpì i sostenitori di Innocenzo II e Roberto II. L’ex principe trascorse il resto della sua vita in esilio alla corte imperiale, dove fu uno degli ospiti più illustri. Roberto figura come testimone in un documento del 1144 di re Corrado III per l’abbazia di Rein. Lo stesso Corrado inviò l’ex principe normanno in due ambasciate a Bisanzio, nel febbraio del 1142 e nell’aprile del 1145. Nel gennaio del 1146 Roberto fece parte, con Ruggero di Ariano, della grande scorta che accompagnò a Costantinopoli Berta di Sulzbach, cognata di Corrado III, per il matrimonio con Manuele I Comneno. All’inizio del 1149 Roberto II fu inviato con Riccardo di Rupecanina a Venezia dal re tedesco, a sua volta ancora in Oriente.
Roberto II continuò, tuttavia, a compiere una serie di tentativi di recupero dell’antico principato. Nell’estate del 1156 egli partecipò a un attacco contro il Regno, che negava la legittimità del titolo regale di Guglielmo I e che fu appoggiato dall’appena eletto papa Adriano IV. Questo attacco fu condotto congiuntamente, dall’esterno, dagli esuli capeggiati da Roberto di Capua e, dall’interno, dai ribelli guidati dal conte Roberto di Loritello. In questa occasione Roberto II fu tradito e consegnato nelle mani del re di Sicilia Guglielmo I, che lo fece accecare in una prigione di Palermo. Roberto morì poco dopo.
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