GALLI, Roberto
Nacque a Chioggia il 28 dic. 1840, da Pier Luigi, insegnante di letteratura nei ginnasi-licei di Chioggia, Belluno, Udine, e da Giovanna Witton Balbi.
Stimolato dall'ambiente familiare, in gioventù si dedicò, insieme con la sorella Emira, alla pittura, alla storia dell'arte, alla storia dell'architettura e, soprattutto, alla storia antica, disciplina nella quale si cimentò con maggiore continuità negli anni a seguire, con risultati, peraltro, mediocri e assai criticati.
Si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Padova, dove ottenne la laurea e anche l'abilitazione al notariato.
Nei primi anni Sessanta partecipò attivamente alla cospirazione antiaustriaca e continuò nel suo impegno in favore delle popolazioni veneziane anche dopo l'unificazione, battendosi, ad esempio, per il prosciugamento dei territori della laguna che per motivi militari erano stati allagati e per la ricostruzione delle infrastrutture viarie danneggiate.
Con ogni probabilità le esperienze maturate nel corso delle lotte risorgimentali ne condizionarono in maniera decisiva le scelte successive. Prova ne sia che, abbandonata l'idea di intraprendere la professione di notaio, orientò i suoi interessi verso il giornalismo. Dopo alcune iniziali collaborazioni a vari fogli, nel 1869 fondò a Venezia Il Tempo, un quotidiano vicino alle posizioni della Sinistra storica, che diresse fino al 1890.
Il programma politico del giornale si rifaceva direttamente agli ideali del "partito d'azione": il G. fu strenuo difensore della monarchia ma ritenne, come F. Crispi - di cui fu, per tutta la vita, fervente ammiratore, collaboratore e amico -, che essa dovesse essere "circondata da istituzioni democratiche" e fu grande sostenitore dell'introduzione del suffragio universale, per il quale si fece promotore di molte manifestazioni di piazza che culminarono, sul finire degli anni Settanta, in un grande comizio a Venezia cui parteciparono G. Carducci, M. Rosa, A. Bertani e A. Mario. Abile manovratore, pronto a chiedere aiuti finanziari per il giornale tanto a G. Zanardelli, punto di riferimento nel Veneto per la debole rete organizzativa della Sinistra democratica, quanto all'industriale vicentino A. Rossi, che - come emerge dalla fitta corrispondenza che i due si scambiarono per parecchi anni - effettivamente finanziò la testata veneziana fino alla metà degli anni Ottanta, il G. riuscì a trasformare la sua creatura in un giornale-partito, cassa di risonanza per le battaglie contro la consorteria moderata che controllava la vita politica locale, ma anche trampolino di lancio per la sua futura carriera.
Con la forte vis polemica che ne caratterizzò gli interventi giornalistici riuscì a tenere alto il tono dello scontro con gli avversari politici; nello stesso tempo fu abile interprete dei principali problemi economici e strutturali della città lagunare precipitata, dopo la fine della dominazione austriaca, in una grave crisi: nel corso degli anni Settanta promosse campagne giornalistiche per la "rinascita" di Venezia, sollecitando, in particolare, il risanamento della laguna dalla piaga della malaria, lo sviluppo della navigazione marittima, il rilancio dei porti locali, il potenziamento dei collegamenti ferroviari e l'avvio di imponenti opere di bonifica. Di pari intensità fu l'impegno profuso nella costruzione di una religione civile ispirata ai valori del Risorgimento.
Si fece promotore delle onoranze che la città di Venezia tributò a D. Manin in occasione del trasporto delle ceneri, nonché dei festeggiamenti per la proclamazione di Roma capitale, e ideò e realizzò, nel 1874, le grandi manifestazioni per la morte di N. Tommaseo.
Ben più importante fu il ruolo che ebbe nel promuovere e sostenere, sempre attraverso il suo giornale, le lotte degli esuli delle terre rimaste sotto il dominio austriaco e le iniziative per la liberazione di Trento, Trieste e della Dalmazia.
Il suo impegno nelle associazioni e nei movimenti democratici toccò il punto più alto nell'agosto 1875 quando, insieme con G. Garibaldi, fu tra quanti si adoperarono fattivamente in favore della sollevazione della Bosnia-Erzegovina contro i Turchi, protrattasi per due anni e sfociata, nel 1877, nella guerra russo-turca, conclusa con il trattato di Santo Stefano del marzo 1878. In quello stesso anno fu tra i promotori dell'Associazione delle Alpi Giulie che oltre a occuparsi dell'assistenza agli emigrati di Trieste, di Gorizia e dell'Istria, svolse un'intensa campagna antiaustriaca.
Ormai giornalista affermato, con una posizione di rilievo nella vita politica cittadina e noto anche a livello nazionale, nel 1886 si candidò alle elezioni per il collegio di Chioggia. La sua carriera politica costituisce un esempio tra i più interessanti di longevità parlamentare; infatti, tranne un'unica interruzione coincidente con le elezioni del 1897, quando - duramente attaccato dagli avversari per il presunto coinvolgimento, rivelatosi poi infondato, nello scandalo della gestione dei fondi della Consulta araldica e in quello dei fondi del terremoto di Calabria - venne sconfitto, fu ininterrottamente rieletto e rimase in carica fino al 1919.
Sin dagli esordi nell'arena parlamentare si mise in luce per le sue doti oratorie e per l'assiduità degli interventi che toccarono principalmente le questioni legate allo sviluppo di Venezia e alla politica estera. Coerente con le posizioni espresse sulle pagine de Il Tempo, rimase fedele all'idea che l'Italia dovesse svolgere un ruolo di protagonista nel Mediterraneo e, in particolare, nell'area balcanica, appoggiando le iniziative che tendevano a limitare l'influenza turca e le aspirazioni di indipendenza delle popolazioni sottomesse al dominio ottomano.
Personaggio molto discusso per la sua disinvoltura, uscì quasi sempre indenne dai numerosi scandali nei quali fu coinvolto, il più grave dei quali fu sicuramente quello che vide il suo giornale accusato, insieme con molte altre testate, di aver ricevuto finanziamenti dalle tre maggiori banche nazionali: la Banca romana, la Banca nazionale e il Banco di Napoli. Superò anche questa bufera e quando, nel dicembre 1893, Crispi tornò al potere, pur tra le polemiche degli avversari politici, lo nominò subito sottosegretario agli Interni, incarico che resse fino alle dimissioni dello statista siciliano nel marzo del 1896.
In questi anni il G. divenne uno dei più influenti e fidati collaboratori del Crispi, che gli affidò alcuni degli incarichi più difficili e il compito di rappresentare il governo davanti al Parlamento in momenti particolarmente delicati. Che in sostanza si trattasse, come del resto sostennero ripetutamente le cronache politiche del tempo, del vero ministro degli Interni, fu chiaro sin dal 1894, quando il Crispi decise di nominarlo alto commissario per le province di Reggio Calabria e Catanzaro, devastate dal terremoto, attribuendogli, con speciale decreto, poteri più ampi di quelli di un normale sottosegretario. Oppure quando gli affidò, nel 1895, il compito di controllare l'operato delle prefetture e di seguire la preparazione e lo svolgimento delle elezioni generali i cui risultati, che confermavano una maggioranza favorevole al governo, vennero duramente contestati dal radicale F. Cavallotti e da A. di Rudinì. Accanto a questi incarichi operativi, il presidente del Consiglio affidò al G. la preparazione di alcuni dei testi legislativi più importanti sul tema dell'ordine pubblico, come quelli sul domicilio coatto e sulla Pubblica Sicurezza.
Nel giugno del 1894 difese per la prima volta davanti al Senato l'operato del governo - protagonista pochi mesi prima della dura repressione dei Fasci siciliani - pronunciando un intervento in cui ribadì la sua totale fedeltà a Crispi (R. Galli, Sul bilancio del ministero dell'Interno 1894-95. Discorsi…, Roma 1894). Rispetto al quale su un unico punto differenziò le sue posizioni: non ne condivise gli accenti fortemente anticlericali e la linea di condotta adottata nei rapporti Stato-Chiesa. Votò sempre a favore dell'insegnamento religioso e mantenne stretti rapporti con la S. Sede.
Furono probabilmente questi i motivi che ne fecero un personaggio chiave nel tentativo conciliatorista del 1894 (si vedano al riguardo le lettere indirizzate dal G. al capo del governo riportate in F. Crispi, Politica interna. Diario e documenti, a cura di T. Palamenghi Crispi, Milano 1945, pp. 128-132). A un'intuizione del G. si deve, poi, la proposta di affrontare contestualmente due gravi problemi che impedivano lo sblocco dei rapporti con il Vaticano: la questione della missione cattolica dei lazzaristi francesi in Eritrea, accusati di svolgere una propaganda ostile alla penetrazione italiana in quel paese, e lo spinoso problema della concessione di alcuni exequatur. Il via libera all'istituzione di una prefettura apostolica in Eritrea rese nel contempo possibile le nomine dei vescovi, tra cui la più importante fu quella del cardinale G. Sarto al patriarcato di Venezia, che il G. sollecitava da tempo.
La caduta del ministero Crispi, nel marzo 1896, coincise con la nomina del G. a consigliere di Stato; con l'uscita di scena dell'uomo al quale aveva legato tutte le sue fortune politiche, si chiudeva la sua esperienza di governo. Da quel momento l'attività parlamentare del G. si rivolse preminentemente alla politica estera conoscendo di lì a poco, nel 1897, un momento di grande notorietà quando fu tra i propugnatori della formazione di un fronte filoellenico che chiedeva l'intervento delle potenze europee a fianco della Grecia nel conflitto con la Turchia. Si impegnò, poi, costantemente nel denunciare l'aggressività dell'Austria.
Nel maggio 1904, in occasione della discussione del bilancio degli Esteri, ne segnalò le provocazioni, messe in atto ai confini, e le mire espansionistiche. In altri momenti sollecitò, con interventi e interpellanze, una politica estera più forte e decisa, orientata a limitare l'influenza di altre due potenze da lui sempre considerate nemiche dell'Italia: la Francia e la Turchia. Nel 1910 guidò la fronda parlamentare di un gruppo di deputati giolittiani contro la politica del ministro A. di San Giuliano, accusato di eccessiva remissività nella difesa degli interessi economici e politici italiani e di aver accumulato una serie di risultati negativi, non controbilanciati da alcun successo nel Mediterraneo. Nuovamente, nel luglio 1911, il G. sottolineò le debolezze della politica estera italiana, denunciando il pericolo che il Mediterraneo diventasse un "lago" francese, e chiese un'iniziativa per ristabilire lo status quo nell'area, messo in crisi dall'episodio di Agadir, aggiungendo la sua voce al coro di quanti premevano per la dichiarazione di guerra alla Turchia e l'invasione della Libia.
Ritiratosi dalla vita politica attiva nel 1919, seguì con favore l'ascesa del fascismo e fece in tempo, alla firma dei Patti lateranensi nel febbraio del 1929, a salutare con entusiastici commenti la conciliazione tra lo Stato italiano e la S. Sede, che vedeva come punto di arrivo dei tentativi avviati a suo tempo dal Crispi.
Il G. morì a Bergamo il 19 febbr. 1931.
La sua produzione pubblicistica rimane essenzialmente legata alla ventennale esperienza di proprietario-direttore del quotidiano Il Tempo, la cui raccolta, conservata integralmente, tranne qualche lacuna, presso il Civico Museo Correr di Venezia, costituisce quindi la parte più cospicua e più interessante di quanto il G. ha lasciato. Accanto a questa possono essere citati alcuni lavori di taglio storico e i discorsi parlamentari. Tra i primi ricordiamo: La storia di Venezia dal VI alla fine del IX secolo. Rinnovata, in Atti del R. Istituto veneto di scienze lettere ed arti, s. 6, VI (1885-86), pp. 769-808; Una novità nella storia dell'arte. La scoperta del primo palazzo ducale in Venezia (anno 814), in Nuova Antologia, 16 sett. 1889, pp. 308 ss.; Chioggia nelle sue glorie patriottiche, Venezia 1892; Venezia e Roma. Nuove pagine di storia dal VI al XII secolo, in Nuova Antologia, 16 luglio 1894, pp. 291 ss.; Per gli archivi di Stato, ibid., 16 luglio 1895, pp. 242 ss.; Venezia e Roma in una cronaca del secolo VI. Pagine nuove di storia, in Nuovo Archivio veneto, II (1902), 3, pp. 259-372; Nel Natale di Roma. Documento nuovo e decisivo. Lettere all'on. Luigi Roux, Roma 1904. Tra i discorsi parlamentari vanno segnalati: L'Italia per Creta. Discorsi alla Camera dei deputati, Roma 1890; L'Italia e il trattato di Berlino, 1878-1908, Venezia 1908.
Fonti e Bibl.: Il nucleo più consistente di lettere manoscritte del G. è conservato a Roma, nei seguenti fondi dell'Arch. centrale dello Stato: 2 lettere nelle Carte Crispi, Reggio Emilia; circa 12 in Fondo Crispi, Gabinetto; 2 in Carte Crispi; 8 in Archivio Crispi, Carteggio; 11 in Archivio Crispi, Palermo; 2 nelle Carte Orlando; 1 in Fondo Ferrando; 1 in Archivio Boselli; 5 in Archivio Giolitti, Cavour. Nei fondi del Museo centr. del Risorgimento di Roma sono rintracciabili 3 lettere del G. a G. Lazzaro, 1 a F. Pais, 1 a F. Crispi, 2 nelle Carte P.S. Mancini, 3 nelle Carte D. Farini, 2 nelle Carte Giovagnoli. Di qualche utilità può risultare anche la consultazione del fondo intitolato Monarchia, incarti diversi di segreteria presso l'Arch. storico della Camera dei deputati a Roma. Nelle Carte Lampertico, conservate presso la Biblioteca civica Bertoliana di Vicenza, si trovano 27 lettere, 96 sono invece reperibili in Archivio senatore A. Rossi della Biblioteca civica di Schio. Altre lettere sono conservate nelle Carte Luzzatti dell'Istituto veneto di scienze lettere ed arti di Venezia e nelle Carte Zanardelli presso l'Archivio di Stato di Brescia.
Vedi anche: D. Farini. Diario di fine secolo, I-II, a cura di E. Morelli, Roma 1961, ad indicem; A. Sandonà, L'irredentismo nelle lotte politiche e nelle contese diplomatiche italo-austriache, II-III, Bologna 1932-38, ad indicem; D.P. Forno, In memoria di R. G., Bergamo 1931; E. Decleva, Da Adua a Sarajevo. La politica estera italiana e la Francia 1896-1914, Bari 1971, p. 238; H. Ullrich, La classe politica nella crisi di partecipazione dell'Italia giolittiana 1909-1913, I-III, Roma 1979, ad indicem; V. Castronovo, La stampa italiana dall'Unità al fascismo, Bari 1984, p. 81; E. Franzina, Venezia, Bari 1986, ad indicem; Id., La transizione dolce. Storie del Veneto tra '800 e '900, Verona 1990, p. 159; V. Porto, Gli onorevoli del Veneto durante la XVII legislatura, Roma 1892; M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato e prefetti del Regno d'Italia, Roma 1978, ad indicem.