ROBERTO di Grantmesnil
ROBERTO di Grantmesnil. – Originario del Calvados, in Normandia, figlio di Roberto di Grantmesnil e di Hadwise di Giroi, nacque all’incirca nel 1030.
Anche questa data indicativa, come la massima parte delle informazioni sulla sua vita, è deducibile dalle opere di Orderico Vitale, che fu monaco nel monastero normanno di Saint-Evroul e scrisse oltre trent’anni dopo la morte di Roberto.
Il padre, morto a seguito di ferite riportate in battaglia, lasciò la gran parte dei beni al figlio maggiore, Ugo, e una parte inferiore al secondogenito Roberto; probabilmente per questa ragione il terzogenito Arnaldo partì precocemente alla volta della Puglia, dove era ormai in corso l’insediamento normanno.
Dopo essere stato per cinque anni come scudiero al servizio del duca Guglielmo di Normandia, Roberto (quasi subito dopo la morte del padre) decise di prendere l’abito monastico. Abbandonata l’iniziale intenzione di fondare un nuovo monastero, decise di entrare nel monastero normanno di St.-Evroul dietro insistenza dello zio materno Guglielmo, il quale, insieme ai nipoti Ugo e Roberto, aveva rifondato nel 1050 questa istituzione (risalente al VII secolo ma da tempo in rovina), lasciandola nella disponibilità dei duchi di Normandia.
A St.-Evroul Roberto ottenne, negli anni di noviziato, il permesso di fermarsi per un certo periodo presso la comunità di Cluny allora guidata da Ugo, per apprenderne le consuetudini. Al suo rientro ottenne ben presto la carica di priore, ma secondo Orderico Vitale il suo temperamento ancora irruento e soprattutto ambizioso lo spinse a dissensi e scontri con Teodorico di Mathonville, suo abate, che egli riteneva poco attento alla gestione del patrimonio monastico. Per risolvere il contrasto, nel giugno del 1056 un gruppo di autorevoli chierici e monaci della regione sentirono le ragioni dei due contendenti e invitarono Teodorico a mantenere la sua carica. I dissensi però continuarono, e Teodorico decise l’anno successivo di dedicarsi a un pellegrinaggio in Terrasanta durante il quale trovò la morte.
Nel 1059, a seguito della cessazione dalla carica del primo abate, venne eletto Roberto; durante il suo breve abbaziato egli diede inizio a un’opera di recupero di diritti patrimoniali e anche a un progetto di riedificazione della chiesa monastica, che si era rivelata ben presto inadeguata alle esigenze e al rango dell’abbazia. Inizialmente il duca Guglielmo approvò e confermò l’elezione di Roberto da parte dei monaci, ma poco dopo, per ragioni politiche determinate dallo schieramento a lui avverso del clan dei Giroi con il quale Roberto si identificava, il duca mutò radicalmente opinione e lo convocò presso di sé perché rispondesse delle accuse mossegli dal priore di St.-Evroul. Nel gennaio del 1061 Roberto, per evitare di sottoporsi a un giudizio che sentiva già pronunciato, preferì partire per l’esilio alla volta dell’Italia. Contemporaneamente il duca Guglielmo si attivò per l’elezione di un nuovo abate nella persona di Osbern, che venne a malincuore accettato dalla comunità di St.-Evroul. Peraltro alla morte di Osbern, nel 1066, ancora una volta il duca avrebbe rifiutato i candidati proposti dai monaci e impose come abate il loro priore.
Roberto raggiunse papa Niccolò II a Roma e, ottenuto l’appoggio del pontefice e anche di parenti già insediati in Puglia, pensò di recarsi dal duca Guglielmo in Normandia accompagnato da legati pontifici; ma avvertito della reazione violenta del duca a questa notizia, ritenne prudente rinunciare al confronto e si ritirò nell’abbazia di St.-Denis a Parigi, dove godeva di appoggi.
Roberto tentò ancora di convocare l’abate invasore Osbern a Chartres per sottoporre la posizione di entrambi al giudizio papale, ma il suo antagonista non si presentò e ignorò anche la conseguente condanna pontificia. Falliti i tentativi di rientrare nel monastero normanno, si profilò una resa dei conti nella stessa comunità, che ebbe come esito l’abbandono della stessa da parte dei sostenitori di Roberto, che lo seguirono poi in Italia (tra questi spiccano Erberto e Uberto di Montreuil, e Berengario, futuro abate a Venosa) e la rottura temporanea con il clan dei Giroi della comunità così riconfigurata.
Roberto intanto si rivolse al nuovo pontefice, Alessandro II, che lo insediò provvisoriamente nella chiesa di S. Paolo fuori le Mura a Roma. Poco dopo Roberto tentò nuovamente la carta dell’appoggio dei parenti già insediati nel Mezzogiorno: secondo Orderico Vitale (ma non vi è altra traccia documentaria), Guglielmo di Montreuil gli avrebbe assegnato la metà di Aquino; Riccardo Quarrel da Capua invece si limitò a vuote promesse. Finalmente una svolta venne dall’incontro con Roberto il Guiscardo, duca di Puglia e Calabria. Il duca apprezzò subito le doti dell’esule e lo insediò a S. Eufemia (vicino a Lamezia, presso Catanzaro) con i suoi monaci; secondo Goffredo Malaterra ciò accadde già prima del Natale 1061.
Del documento di fondazione dell’abbazia intitolata a S. Maria a opera del Guiscardo esistono soltanto copie molto tarde e imprecise, tanto da renderne discussa anche la datazione al 1062 (o 1061); si tratta comunque dell’unica, misera sopravvivenza dell’archivio monastico.
Peraltro la nomina di Roberto ad abate in Calabria offrì a Osbern in Normandia il destro per scrivere un’accorata epistola ad Alessandro II per chiedere di essere finalmente riconosciuto come abate legittimo di St.-Evroul e far cadere le accuse mosse contro di lui da Roberto; e alla luce della nuova situazione il papa riconobbe finalmente l’elezione di Osbern. La chiusura della vertenza con Osbern, la buona posizione raggiunta da Roberto in Italia e l’ascesa al trono di Inghilterra da parte del duca Guglielmo costituirono le premesse che resero possibile un soggiorno tra la primavera e la fine dell’autunno del 1077 da parte di Roberto nella sua patria normanna.
In quei mesi Roberto ebbe anche modo di incontrare finalmente re Guglielmo, che riconobbe di averlo ingiustamente costretto all’esilio sedici anni prima, mentre il re di Francia Filippo I gli avrebbe inutilmente offerto di diventare vescovo di Chartres pur di trattenerlo in terra di Francia.
La visita prolungata presso i suoi antichi compagni spiega la ricchezza di informazioni disponibili a St.-Evroul (e più tardi riprese da Orderico Vitale) circa la sorte dell’antico abate.
Durante il ventennio in cui ne fu abate Roberto, il monastero di S. Maria di S. Eufemia divenne un centro del monachesimo normanno in Italia meridionale. L’archivio è andato completamente perduto, ma è noto che, su incarico del Guiscardo, Roberto inviò il monaco Berengario, giunto in Calabria con lui da St.-Evroul, a Venosa, per riorganizzare la vita monastica nell’abbazia della Ss. Trinità. Alcuni anni dopo mandò il monaco Guglielmo, pure lui originario da St.-Evroul, da S. Eufemia a Mileto per occuparsi della direzione del monastero di S. Michele (più tardi chiamato Ss. Trinità), fondato prima del 1080 dal conte Ruggero I di Sicilia. Ma per i chiostri di S. Eufemia transitarono anche Ansgerio, primo abate di S. Agata a Catania (fondato da Ruggero I di Sicilia), e il monaco-cronista Goffredo Malaterra.
Oltre a Roberto, giunsero in Italia anche due sue sorelle uterine, Giuditta ed Emma che, sempre a seguito dei torbidi politici, abbandonarono la vita religiosa che avevano inizialmente abbracciato in una dipendenza di St.-Evroul; la prima andò in sposa a Ruggero d’Altavilla, conte di Sicilia, divenendo quindi anche cognata di Roberto il Guiscardo.
L’afflusso di monaci dalla Normandia fu significativo, e anche qualitativamente elevato; ma se corrispondeva a un desiderio di ricongiungimento con la propria identità di origine da parte degli immigrati normanni, non ebbe, però, un’incidenza profonda nel vissuto religioso locale, e forse anche in quello politico di più lunga durata, anche in conseguenza di un carattere troppo dinastico di tale flusso.
A S. Maria di S. Eufemia, Roberto il Guiscardo fece seppellire due fidi (familiares) caduti nell’assedio della città di Aiello, Ruggero figlio di Scolcandus e il suo nipote Gilberto. Poco credibile appare invece la notizia di Orderico Vitale (Historia ecclesiastica, a cura di M. Chibnall, 1969-1980, II, p. 100), secondo la quale sarebbe lì sepolta (con conseguente donazione di beni immobili) la madre di Roberto il Guiscardo Fredesenda (che probabilmente non lasciò mai la Normandia). Sappiamo soltanto che dopo la morte di Roberto, suo nipote Guglielmo, fino a quel momento priore, diventò abate. Dopo la sua morte (attorno al 1103), cominciarono le difficoltà del monastero, che perse importanza: il suo periodo di fioritura durò dunque solo pochi decenni, durante i quali fu però una specie di ‘vivaio’ dell’episcopato latino in Calabria e Sicilia.
La morte di Roberto viene fissata da Orderico Vitale al 13 dicembre 1082; egli sarebbe morto dopo un’agonia di 13 giorni, essendo stato avvelenato (particolare, invero, ricorrente nella narrazione di Orderico) da un cuoco saraceno impiegato nell’abbazia.
Fonti e Bibl.: Gaufredus Malaterra, De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti ducis fratris eius, in RIS, V, 1, a cura di E. Pontieri, Bologna 1928, II, 19, p. 35; II, 37, p. 47; Recueil des Actes des ducs de Normandie (911-1066), a cura di M. Faroux, Caen 1961, n. 122; Ordericus Vitalis, Historia ecclesiastica, a cura di M. Chibnall, I-VI, Oxford 1969-1980, I, pp. 14, 65-75, 159; II, pp. XXII, 12-16, 30-34, 40, 64, 74-96; IV, p. 22; P.F. Kehr, Italia Pontificia, X, Berolini 1975, pp. 31-33; The Gesta Normannorum Ducum of William of Jumièges, Orderic Vitalis and Robert of Torigni, II, 5-8, a cura di E.M.C. van Houts, Oxford 1995, pp. 136-158.
E. Pontieri, L’Abbazia benedettina di S. Eufemia in Calabria e l’abate R. di Grandmesnil, in Archivio storico per la Sicilia Orientale, XXII (1926), poi in Id., Tra i Normanni nell’Italia meridionale, Napoli 1948, pp. 295-336; L.-R. Ménager, La byzantinisation religieuse de l’Italie méridionale et la politique monastique des Normands d’Italie, in Revue d’histoire ecclesiastique, LIV (1959) pp. 5-40; Id., Les fondations monastiques de Robert Guiscard, duc de Pouille et de Calabre, in Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und Bibliotheken, XXXIX (1959) pp. 1-116; Id., Inventaire des familles normandes et franques emigrées en Italie méridionale et en Sicile (XIe - XIIe siècles), in Roberto il Guiscardo e il suo tempo. Atti delle prime Giornate normanno-sveve, Bari 1975, pp. 336 s.; H. Houben, Il monachesimo cluniacense e i monasteri normanni dell’Italia meridionale, in Benedictina, XXXIX (1992), pp. 341-361, poi in Id., Mezzogiorno normanno-svevo. Monasteri e castelli, ebrei e musulmani, Napoli 1996, pp. 7-22; J. Decaëns, Le patrimoine des Grentemesnil en Normandie, en Italie et en Angleterre aux XIe et XIIe siècles, in Les Normands en Méditerranée dans le sillage des Tancrède, a cura di P. Bouet - F. Neveux, Caen 1994, pp. 123-140; H. Houben, Die Abtei Venosa und das Mönchtum im normannisch-staufischen Süditalien, Tübingen 1995, pp. 37-47; F. Panarelli, Le istituzioni ecclesiastiche legate alla conquista. I monasteri, in I caratteri originari della conquista normanna. Diversità e identità nel Mezzogiorno (1030-1130). Atti delle sedicesime giornate normanno-sveve, Bari 2006, pp. 349-369.