SAUGET, Roberto
de. – Nacque il 3 aprile 1786 a Monteleone Calabro (oggi Vibo Valentia) da Ludovico e da Maria Rosaria Dillon.
La famiglia apparteneva alla nobiltà minore del Regno di Napoli e proveniva non si sa se dalla Francia oppure dalla Vallonia. Il padre, un ingegnere militare trasferito in Calabria dopo il terremoto che aveva colpito quelle terre, morì nel 1795.
Roberto de Sauget fu ammesso il 5 luglio 1796 all’Accademia militare. Conservò sempre una pronunciata venerazione per il comandante (e di fatto rifondatore) dell’Accademia, Giuseppe Parisi, come doveva testimoniare il busto, che gli dedicò, a quasi mezzo secolo di distanza dal suo ingresso alla Nunziatella, a nome degli «alunni della Reale Accademia Militare [...] nella ricreante villetta di Nocera, città» (D’Ayala, 1843, p. 210), dove allora Sauget aveva un comando.
Mentre Parisi accettò di collaborare con i francesi, Sauget rimase invece fedele, in quei decenni quanto mai travagliati, ai Borbone. Il 9 luglio 1800 divenne aspirante nell’artiglieria e il 29 giugno 1801 alfiere graduato. Il 27 giugno 1805 entrò quale alunno nel Genio militare. Fu poi addetto allo stato maggiore e partecipò nel 1806 al fallimentare tentativo di difendere la Calabria dall’invasione francese. Riparato in Sicilia, il 1° febbraio 1808 fu promosso tenente e aggregato allo stato maggiore generale. Nel 1809 prese parte all’effimera conquista borbonica delle isole di Ischia e di Procida. Il 28 ottobre 1812 fu promosso capitano nel 4° reggimento estero di fanteria e il 22 aprile dell’anno successivo divenne maggiore. Nel 1814 si distinse nella campagna d’Italia condotta dagli inglesi e dai borbonici, che portò in aprile alla conquista di Genova: fu premiato con la croce di cavaliere dell’Ordine di S. Ferdinando e del Merito.
Una volta chiuso il ciclo delle guerre napoleoniche, Sauget fu remunerato con altre promozioni (il 14 marzo 1818 divenne tenente colonnello nello stato maggiore) e decorazioni (cavaliere dell’Ordine militare di S. Giorgio della Riunione nel 1818).
In quegli anni sposò Teresa Diaz, con la quale ebbe due figli, Guglielmo – che avrebbe raggiunto i vertici dell’esercito italiano (tenente generale nel 1877) e sarebbe stato nominato senatore – e Ludovico, nati rispettivamente nel 1820 e nel 1824.
Quando, nel luglio del 1820, la Sicilia insorse contro il governo borbonico, Sauget fu scelto quale capo di stato maggiore di Florestano Pepe, il generale inviato a riconquistare l’isola. Nell’arco di poche settimane «le armi Napoletane ottennero vittoria», commentò trent’anni più tardi Mauro Musci, ma «Pepe ebbe a gloriarsi, ne’ suoi bollettini di guerra, delle bravure, della sagacia e dello studio strategico, appalesato e nell’assedio e nella presa di [Palermo], dal suo capo di stato maggiore» (Musci, 1850, p. 216). Sauget non si limitò a distinguersi in ambito militare, ma nel gennaio del 1821 pubblicò a Napoli presso la tipografia del ministero della Guerra le Idee sulla Sicilia, un succinto pamphlet assai apprezzato da Pietro Colletta e che testimoniava, da un lato, l’adesione di Sauget al regime costituzionale e, dall’altro, la condivisione con Colletta di una linea politica decisamente favorevole alle richieste dei siciliani.
Anche se, diversamente dallo stesso Colletta, Sauget non fu epurato quando fu ripristinato il regime assoluto di Ferdinando I, tuttavia la sua carriera segnò il passo per alcuni anni. Le sue competenze in materia di tattica indussero comunque ad affidargli il posto di «ufficiale di dettagli presso l’ispezione e comando generale de’ corpi di fanteria di linea», un incarico che abbandonò nel 1826 (ibid., p. 240), quando fu promosso colonnello e inviato a comandare il reggimento Real Napoli. L’anno successivo gli fu affidata la direzione dell’Ufficio topografico militare, che conservò fino al 1830, distinguendosi «per la difesa della specificità del ruolo degli ufficiali topografi» (Valerio, 1993, p. 400).
Nel 1827 Sauget aveva pubblicato a Napoli presso la Reale tipografia della guerra, dietro lo schermo di «un uffiziale superiore dell’esercito», quello che sarebbe stato il suo scritto a stampa più diffuso, le Osservazioni al Dizionario militare italiano del signor Giuseppe Grassi. Nell’Introduzione Sauget spiegava di aver voluto «sostituire delle definizioni tratte da’ migliori autori militari, a quelle che, o poco chiare, o talvolta alquanto inesatte, sono registrate» nel dizionario (le revisioni riguardarono ben 243 voci), «far conoscere per taluni oggetti i nomi d’uso, che qui tra noi se li danno» (Grassi aveva privilegiato l’esercito piemontese), e convincere i «puristi», tra i quali lo stesso Grassi, che «taluni vocaboli», anche se provenivano «da straniere fonti», «non [era] possibile cambiarli con altri prettamente italiani», dal momento che «esprime[vano] cose del tutto nuove» (Del Negro, 2014, pp. 16 s.). Le Osservazioni concorsero ad avvalorare la sua fama – rilanciata in occasione della sua commemorazione in Senato – di essere «l’uomo forse più addottrinato ed esperto negli ordini militari italiani» (Discussioni del Senato, 1872, p. 126).
Nel 1831 fu promosso brigadiere ed ebbe il comando del corpo d’istruzione di Nocera, che conservò anche quando, il 7 settembre 1840, divenne maresciallo di campo. Nel 1837 era stato inviato in Sicilia con la sua brigata per aiutare la popolazione colpita da un’epidemia di colera e per fronteggiare i moti scoppiati in varie località dell’isola. Fu ricompensato con la nomina a cavaliere commendatore dell’Ordine militare di S. Giorgio della Riunione. Fu giudicato, insieme a Nicola Luigi De Majo, uno dei «primi maestri di evoluzioni al campo» dell’esercito napoletano «dal 1830 al 1848» (D’Ayala, 1856, pp. 54 s.).
Quando, il 12 gennaio 1848, scoppiò la rivoluzione a Palermo, Sauget «comandò la spedizione contro i Siciliani» (D’Ayala, 1854, p. 405, in sede di commento delle Osservazioni alla storia militare della rivoluzione avvenuta in Palermo nel gennaio 1848, Salerno 1848, l’opera che Sauget scrisse a ridosso di quegli avvenimenti e che pubblicò anonima). La spedizione militare fu un evidente insuccesso, di cui la principale responsabilità fu fatta ricadere su di lui da una tradizione storiografica alimentata dai reazionari, che non potevano dimenticare la successiva adesione di Sauget al regno di Vittorio Emanuele II.
Da Giacinto De Sivo (1868, pp. 109-119: «una segreta propaganda avea sempre designato costui fra’ migliori; non fe’ mai nulla di grande, ma si dicea che farebbe»; «era venuto, non a vincere, a farsi vincere»; «servì egregiamente alla rivoluzione») a Harold Acton (1961, p. 162: «the Marshal was a defeatist from the start»), Sauget è stato messo in croce, probabilmente assai al di là dei suoi demeriti, come sembra indicare la documentazione raccolta nelle Memorie istoriche per servire alla storia della rivoluzione siciliana del 1848-1849 attribuite a Carlo Filangeri, Italia (Palermo o Pisa) 1853, nelle quali pure si condannava «l’esitazione» di Sauget (p. 21).
In ogni caso, il governo costituzionale installato a Napoli nel febbraio del 1848 gli affidò il comando superiore delle guardie nazionali, che conservò fino alla svolta reazionaria operata da Ferdinando II in maggio. Tra il 1849 e il 1860 ricoprì incarichi di terz’ordine (presidente dell’Orfanotrofio militare, della commissione di vestiario e di quella dell’esame delle opere militari).
Dopo la morte di Ferdinando II, Sauget fu promosso, il 13 giugno 1859, tenente generale e nominato ispettore delle truppe sedentarie. Nel giugno del 1860, quando Francesco II concesse la costituzione, gli fu offerto il ministero della Guerra, ma rifiutò l’incarico, così come non aderì al tentativo di Cavour di far insorgere l’esercito napoletano con un pronunciamento a favore del Piemonte prima che Garibaldi entrasse a Napoli. Sotto il governo di Garibaldi divenne comandante della guardia nazionale nelle Province napoletane.
Nel dicembre del 1860 fu nominato presidente della commissione mista piemontese-napoletana incaricata di selezionare gli ex ufficiali dell’esercito borbonico. Entrato nell’esercito italiano, fu congedato l’11 agosto 1862 con il grado di generale d’armata. Quel giorno stesso prestò giuramento in Senato, del quale era stato chiamato a far parte nel gennaio dell’anno precedente. Nel 1861 fu anche decorato con il gran cordone dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro e sette anni più tardi divenne, «unico de’ Napoletani» (Cantù, 1872, p. 658), cavaliere dell’Ordine della Ss. Annunziata. Nel 1869 fu padrino al battesimo del futuro Vittorio Emanuele III, un indice ulteriore della sua preminenza tra i generali ex napoletani.
Morì a Napoli il 21 febbraio 1872.
Fonti e Bibl.: M. D’Ayala, Le vite dei più celebri capitani e soldati napoletani dalla giornata di Bitonto fino ai dì nostri, Napoli 1843, passim; M. Musci, Storia civile e militare del regno delle Due Sicilie sotto il governo di Ferdinando II dal 1830 al 1849, I, Napoli 1850, passim; M. D’Ayala, Bibliografia militare italiana antica e moderna, Torino 1854, passim; Id., Vita del re di Napoli [Ferdinando II], Torino 1856, passim; P. Colletta, Opere inedite o rare, II, Napoli 1861, p. 311.
G. De Sivo, Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861, I, Trieste 1868, passim; C. Cantù, Della indipendenza italiana. Cronistoria, I, Torino 1872; Discussioni del Senato, sessione del 1871-72, I, Roma 1872, ad ind.; R. De Cesare, La fine di un Regno. Napoli e Sicilia, II, Città di Castello 1900, p. 250 s., 327; G. Ferrarelli, Memorie militari del Mezzogiorno d’Italia, Bari 1911, p. 55; H. Acton, The last Bourbons of Naples (1825-1861), London 1961; V. Valerio, R. de S., in Id., Società uomini e istituzioni cartografiche nel Mezzogiorno d’Italia, Firenze 1993, pp. 398-400; P. Del Negro, La guerra e la lingua italiana nello specchio dei dizionari militari del Settecento e del primo Ottocento, in L’Italia e il ‘militare’. Guerre, nazione, rappresentazioni dal Rinascimento alla Repubblica, a cura di P. Bianchi - N. Labanca, Roma 2014, pp. 1-29; Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale, I senatori d’Italia, I, Senatori del Regno di Sardegna, sub voce, http://notes9.senato.it/web/ senregno.nsf/ D_l?OpenPage.