BAZLEN, Roberto
Nacque a Trieste il 10 giugno 1902 da Eugenio e Clotilde Levi Minzi. Il padre, tedesco, originario di Stoccarda e di religione luterana, morì l'anno seguente la sua nascita, e il B., Bobi per gli amici, fu cresciuto dalla madre e dalla famiglia materna, appartenente alla media borghesia ebraica triestina. A Trieste, fino a che la città non passò all'Italia, fu allievo del Real Gymnasium. tedesco, il che, oltre a dargli la perfetta padronanza della lingua tedesca, gli consentì una formazione aperta alla grande cultura mitteleuropea, ignota ed estranea all'educazione scolastica italiana.
Frequentò a Trieste, senza laurearsi, la facoltà di economia e commercio e si impiegò quindi per breve tempo in una ditta di esportazioni. Nell'inverno 1923-1924 si trasferì a Genova avendo trovato un impiego presso l'Atlantic Refining Co. per interessamento di un conirnerciante di origine greca, Alessandro Psyllàs, e qui conobbe Eugenio Montale; ma l'anno successivo ritornò a Trieste e di quel clima, crogiolo di civiltà, il B. avrebbe sempre ricordato alcune virtù: "anche se Trieste non ha dato grandi valori creativi, è stata un'ottima cassa armonica, è stata una città di una sismograficità non comune: per capirlo, bisogna aver visto le biblioteche sulle bancarelle dei librai del ghetto, al principio dell'altro dopoguerra, quando l'Austria s'era sfasciata, e i tedeschi partivano o vendevano i libri di gente morta durante la guerra. Tutta una grande cultura non ufficiale, libri veramente importanti e sconosciutissimi, ricercati e raccolti con amore, da gente che leggeva quel libro perché aveva bisogno di quel libro … Ancora adesso, se sento di libri definitivamente introvabili e che sono stati rivalutati in questi ultimi venti o trent'anni, e che non ritroverò mai più, ricordo che mi passavano per le mani, sulle bancarelle del ghetto, una trentina d'anni fa, polverosi e pronti a essere dispersi, a una lira l'uno, a due lire l'uno" (Note senza testo, pp. 147 s.). A Trieste, finché ci visse, il B., che manifestò fin da giovanissimo particolare sensibilità e interesse per la letteratura, frequentò l'ambiente intellettuale cittadino, conosciuto e ben accolto da uomini quali Silvio Benco, Umberto Saba, Italo Svevo e il più giovane Giani Stuparich.
Nel 1934 si trasferì a Milano e per qualche mese fu impiegato presso l'ufficio pubblicità Olivetti. Nel 1939 passò a Roma, avendo ormai dilapidato deliberatamente il proprio patrimonio familiare. Per vivere in quei tempi duri, si trovò un piccolo impiego che durò un paio d'anni, presso un importatore di pellicce per cui curava la corrispondenza estera. Abitava al n. 7 di via Margutta in una stanza ammobiliata, dove sarebbe vissuto per ventisei anni: un divano, che gli serviva da letto, un piccolo tavolo, scaffalature piene di libri e pochi altri oggetti.
Secondo la descrizione di Stuparich, si era inventato fin da ragazzo una forma di vita che non avrebbe mai abbandonato: passare ogni giorno, un certo numero di ore a leggere, disteso su un letto con qualche cuscino. Così, l'unica attività pratica che potesse svolgere, nella sua estrema coerenza di non lavorare per cose che gli fossero estranee, fu quella di "consigliere editoriale": mettere cioè a disposizione di un editore le sue letture, le sue scoperte, così come faceva, nelle conversazioni e nelle lettere, con gli amici Montale, Giacomo Debenedetti, Sergio Solmi.
La sua attività di consulente editoriale prese una forma più articolata e precisa a partire dagli ultimi anni della guerra: Adriano Olivetti gli affidò il compito di preparare con lui il programma di una casa editrice, le Nuove edizioni Ivrea, che fosse in grado di affermarsi dopo la caduta dei fascismo, sicché il B. si trasferì addirittura ad Ivrea. L'ambizioso progetto poi non andò in porto e, nell'agosto 1943, il B. rientrò a Roma, mentre i titoli da lui proposti solo in minima misura rifluirono nel programma delle Edizioni di Comunità e dell'editore Cederna.
Negli anni immediatamente successivi alla guerra, il B. continuò a consigliare libri a varie case editrici. Una carica così forte, qual era questa sua volontà di esprimersi attraverso i libri, metteva certamente in difficoltà gli editori ai quali si avvicinava: Bompiani (che aveva allora una sede romana molto attiva), Astrolabio (con cui egli tentò la prima pubblicazione in Italia di Freud e di Jung), Bocca, Guanda, Boringhieri e, soprattutto, Einaudi, di cui il B. fu consulente dal 1951 all'estate 1962.
L'editore con cui il B. cominciava volta a volta a collaborare, era sulle prime affascinato dalla sua personalità incandescente, dal suo modo di essere, e gli lasciava sperare un rapporto intenso, fecondo; ma poi, spesso, si raffreddava e i libri suggeriti dal B. restavano nell'ombra; si trattava quasi sempre di libri che, per essere trascurati dal mondo culturale italiano qual era prima e dopo la seconda guerra mondiale, non promettevano buoni risultati commerciali. Il B. fu un grande mediatore di idee e di sensibilità, attraverso una rete fittissima di amici, e i libri che consigliava agli editori erano forse dei messaggi senza un destinatario preciso, ma con i quali voleva trasmettere la gioia delle sue letture. delle sue scoperte o anche l'indignazione dei suoi rifiuti. "Bon vivant, amante del buon vino, curioso di tutto - ha scritto Montale (1965) - capace di percorrere venti chilometri a piedi per scoprire una nuova osteria, fu soprattutto un impareggiabile suggeritore e suscitatore di sempre nuove inquietudini intellettuali e morali".
Sono molti coloro che ebbero il B. come infaticabile mentore e fra questi alcuni nomi che compongono la storia letteraria italiana. "Eminenza grigia" della letteratura del Novecento, hanno detto di lui; e poi "regista invisibile", "protagonista nell'ombra", "suggeritore eccentrico", "mistico dell'anonimato" e altre simili formule che denunciano la difficoltà di definire una presenza inquieta e inquietante, un elemento per alcuni di disturbo inevitabile e per altri estremamente rallegrante, profondamente influente. Il B. ebbe il merito, oltre che di stilare splendidi, quanto a lungo congelati, cataloghi editoriali, di additare a celebri letterati del momento i libri giusti o il nome di scrittori passati inosservati. Certe immagini femminili trapassarono dalle conversazioni fra il B. e Montale alle poesie delle Occasioni.
Promotore della conoscenza in Italia della psicoanalisi - in particolare, come si è già accennato, suggerendo fra i primi la pubblicazione dei testi di Freud: L'interpretazione dei sogni (1949), e Jung: Psicologia e alchimia (1949), Psicologia e educazione (1952) e della cultura orientale cui era, in prima persona, particolarmente interessato, scopritore di grandi autori italiani e stranieri (Svevo, Musil, Altenberg, Brock, Gombrowicz, Groddeck, Döblin, Heinrich Mann, A. Zweig, Dos Passos, e altri), come nota Montale (1965), il B. consigliava "i libri che egli amava", i quali "non erano i grandi libri, ma quelli che egli poteva rifare e integrare nel suo pensiero: i libri d'eccezione, clandestini o quasi. Ma faceva eccezione per un grande: il suo Strindberg".
Merito precipuo del B. resta comunque l'aver compreso, già nel periodo fra le due guerre, come, insieme con Parigi, e forse a maggior titolo, fra Ottocento e Novecento, Vienna e anche Berlino dovessero essere considerate centri produttori della vita intellettuale europea, tenendo conto anche dei polacchi, dei praghesi, della cultura ebraica mitteleuropea che su queste due città gravitavano. La specifica attenzione del B. per quest'area culturale si evidenziò nel lavoro di consulente editoriale che egli svolse nel secondo dopoguerra, riflettendosi conseguentemente sulla cultura italiana.
Nel 1962, essendo ormai chiara l'impossibilità di ritagliarsi un suo programma all'interno di altre case editrici, il B. fondò, a Milano, con Luciano Foà, la casa editrice Adelphi di cui impostò.il catalogo secondo i suoi molteplici e specifici interessi. In questi anni il B. aveva sempre intervallato il soggiorno romano con frequenti viaggi, trascorrendo in particolare lunghi periodi a Londra. Dopo il 1964, quando fu sfrattato da via Margutta, non ebbe più una residenza fissa.
Morì improvvisamente a Milano, in un albergo, il 27 luglio 1965.
Tratti dalle lettere e dalle carte da lui lasciate sono apparsi postumi a Milano, presso Adelphi, tre libri: Lettere editoriali, a cura di Roberto Calasso e Luciano Foà, con una nota introduttiva di S. Solmi (1968): una scelta dei suoi giudizi folgoranti su libri di letterature diverse, contenuti nelle sue lettere a Einaudi, Adelphi e all'amico Solmi; Note senza testo, a cura di R. Calasso (1970): una scelta di pensieri e appunti vari, con una appendice di scritti "d'occasione" (alcuni dedicati a Svevo, Freud, Trieste); Il capitano di lungo corso, a cura di R. Calasso (1973): la parte che ci è rimasta di un romanzo incompiuto scritto in tedesco tra il 1944 e il 1965. Ora i tre volumi sono raccolti in unico libro, Scritti, con l'aggiunta delle preziose Lettere a Montale, Milano 1964.
Migliaia di lettere, un certo numero di poesie di ogni epoca (quasi tutte in tedesco), qualche frammento narrativo, pensieri acuminati, un diario discontinuo e una serie di affascinanti disegni carichi di un indefinibile humour, sono le tracce che ci sono rimaste di questo singolaré personaggio. Il B., uomo mercuriale per. eccellenza, ha avuto in sorte di attraversare una cultura a lui in qualche modo estranea e di lasciarvi però, pur senza volerlo troppo, un segno indelebile "L'esperienza "Bobi" - ha scritto Solmi - fa troppo parte della nostra storia per districarla semplicemente nella secchezza di un ritratto o trascenderla nell'equivocità di una "leggenda". Se dovessi riassumerne, per mio conto, l'insegnamento vitale (di lui, che peraltro non teneva affatto ad essere un "maestro"), direi che esso sia in massima parte consistito nella continua rimozione e rimessa in causa di quelli che, di volta in volta, potevano apparirci come i nostri punti d'arrivo: in un invito a mantenere, sempre, la massima apertura del compasso: magari anche a rischio di oltrepassarne l'estremo circolo" (Lettereeditoriali, p. 9).
Fonti e Bibl.: Oltre ai necrologi: E. Montale, Ricordo di R. B., in Corriere della sera, 6 ag. 1965; A. Gruber Beneo, Requiem per R. B., in Umana, XIV (1965), n. 6-10, pp. 5-9, siveda: G. Stuparich, Trieste nei miei ricordi, Milano 1948, ad Indicem; Profili: R. B. nel ricordo di due amici (I. Weiss, G. Voghera), in Umana, XV (1966), n. 5-6, pp. 6-11; F. Onofri, Contributo alla conoscenza di Bobi, ibid., n. 7-9, pp. 31-33; M. David, La psicanalisi nella cultura italiana, Torino 1966, ad Indicem; S. Solmi, Nota, in Lettere editoriali, Milano 1968, pp. 5-9; E. Montale, Variazioni, in Corriere della sera, 9 marzo 1969; R. Calasso, Da un punto vuoto, in Note senza testo, Milano 1970, pp. 7-14; E. Siciliano, Quando Ulisse fa naufragio, in Il Mondo, 14 febbr. 1974, p. 20; M. Cesarini Sforza, Ricordo di Bobi, in Il Messaggero, 27 marzo 1974; M. Moreno, Mangia a occhi chiusi cioccolatini al liquore, in Rinascita, 15 giugno 1979, pp. 26-27; G. Voghera, Gli anni della psicanalisi, [Bologna] 1980, pp. 19-20, 22, 30; M. Malabotta, R. B., in Pietre, VI (1980), n. 9-10, pp. 61-65; A. Pellegrini, Ricordo di R. B., in L'Osservatore politico e letterario, XXVI (1980), pp. 58-59; I. Calvino, Il Gran Suggeritore. La psiche e la pancia, in La Repubblica, 10 giugno 1983; O. Cecchi, Il ritorno di R. B., in l'Unità, 10 giugno 1983; G. Zampa, Lo sconosciuto disse: Sono Bobi, in Il Giornale, 13 sett. 1985.