BASUNVILLA (Basinvilla, Bassavilla), Roberto
Figlio di Roberto I Basunvilla, conte di Conversano, e di Giuditta, sorella del re Ruggero II, nacque presumibilmente intorno all'anno 1125, visto che nell'ottobre dei 1135 sottoscriveva, sia pure qualificandosi "infans", ad una donazione effettuata da suo padre in favore della SS.ma Trinità di Cava dei Tirreni.
Morto Roberto I avanti il 1142, il figlio gli successe nel governo di Conversano e delle località comprese nella contea, fra le quali erano Molfetta e Terlizzi, e continuò nella politica patema di protezione delle grandi proprietà monastiche, site nel suoi territori e dipendenti dai monasteri diCava dei Tirreni e, della Trinità di Venosa; fra il 1146 ed il marzo del 1154 si contano ben cinque sue concessioni fatte a questi due potenti istituti religiosi.
Alla morte di Ruggero II (26 febbr. 1154), il nome del suo giovane nipote, già a capo di una delle più importanti contee del Regno, acquistò improvvisamente valore di simbolo per gli oppositori del nuovo monarca, Guglielmo I. Indubbiamente Ruggero aveva nutrito particolare benevolenza verso questo suo nipote, figlio ed erede di quel Roberto di Basunvilla ch'era stato suo fedele sostenitore; anche se non sembra vero che Ruggero, morendo, abbia designato come suo successore, in sostituzione del figlio Guglielmo, il nipote Roberto, pare indubbio che egli lo abbia raccomandato in modo particolare al figlio.
Certo è, comunque, che, subito dopo essere stato assunto al trono, dopo il marzo del 1154, Guglielmo, "volens consanguineis suis bona facere" (cfr. Lamma, p. 162 nota), investì il cugino Roberto di Basunvilla dell'altra, grande e ricca contea molisana di Loretello, che si estendeva dal Molise centrale sino, a comprendere alcuni centri della Capitanata e che costituiva, in mano al conte di Conversano, una seconda, importantissima posizione strategica.
Il calcolo di Guglielmo, che intendeva in questo modo legare a sé il pericoloso cugino, si rivelò errato. Intorno al giovane e ambizioso conte si erano venuti naturalmente raccogliendo tutti gli avversari del nuovo re, tutti i baroni irrequieti e scontenti, tutti gli sconfitti o gli eredi degli sconfitti della grande rivolta di venti anni prima, che in lui, prediletto nipote di Ruggero e potente feudatario di sangue reale, vedevano l'unico personaggio degno di ess ere contrapposto a Guglielmo. Sul fuoco, inoltre, soffiavano le potenze straniere desiderose di riacquistare l'antica preminenza o di riaffermare i loro interessi nel Regno: Bisanzio, il papa, l'imperatore d'Occidente; anche in Oriente, a Roma, in Germania il nome del B. appariva così legato alla possibilità di rovesciare Guglielmo o, comunque, di smembrarne il regno.L'intesa fra i due cugini durò ben poco; già turbata da un intervento del re in difesa dei diritti del monastero di Casauria nell'Abruzzo conculcati dal B., fu definitivamente compromessa quando Guglielmo, avuto sentore della congiurache andava stringendosi intorno al conte, nella Pasqua del 1155 affidò la suprema amministrazione della Puglia al cancelliere Aschettino, cui in aprile, stando tutti i baroni a Capua, ordinò di catturare il Basunvilla. Ma questi sfuggì all'agguato e, con i suoi fidi, raggiunse il Molise, invitando alla rivolta molti altri feudatari. Dalle sue terre egli avviò immediatamente trattative con Federico Barbarossa, allora nell'Italia settentrionale, offrendogli il dominio sul "Regnum"; ma l'imperatore, impossibilitato ad intervenire militarmente, fu costretto a respingere la proposta. Gli inviati del B. si, incontrarono allora con Alessandro di Gravina, uno degli ambasciatori che Manuele Comneno aveva inviati in Italia per stringere un'alleanza antinormanna con il Barbarossa, e che si avviavano a ritornare a Bisanzio senza aver nulla concluso. Risultato di questi prìmi contatti indiretti fu un pronto orientamento filobizantino del B., il quale invitò ad un abboccamento Michele Paleologo, allora capo delle forze bizantine inviate in Italia. L'incontro, dapprima fissato a Pescara, avvenne a Vieste, cittadina garganica che aveva innalzato le insegne dell'imperatore orientale, ove furono stabilite le prime modalità di una azione militare comune. Questa, si sviluppò rapidamente nei mesi seguenti sia in Abruzzo e Molise, ove il B. contava sull'aiuto anche di un fratello Guglielmo, sia soprattutto in Puglia, ove, nello stesso 1155, furono conquistate Bari e poi anche Trani e Giovinazzo, e fu sconfitto ad Andria l'esercito normanno guidato da Aschettino. Nell'autunno, però, affiorarono i primi screzi fra il B., che voleva essere trattáto come alleato, e i Bizantini, che invece lo consideravano un mercenario al loro servizio, e lo sospettavano di intese con i Normanni. All'inizio del 1156 l'arrivo di nuovi contingenti bizantini e la ripresa delle operazioni acuirono il contrasto frà il Paleologo e il B., che si vide rifiutare un prestito di 10.000 aurei e abbandonò il campo greco. Quando però, subito dopo, al Paleologo, caduto in battaglia, successe Giovanni Dukas, si giunse prontamente ad una completa riconciliazione, e il B. vide riconosciuti i suoi diritti. Ma nella primavera dello stesso anno la lunga serie di vittorie collezionata dai Bizantini fu troncata dall'entrata in azione di Guglielmo, che sorprese con la flotta e con l'esercito, nel maggio, le truppe del B. e di Dukas impegnate nell'assedio della cittadella di Brindisi. Il B., giudicando la situazione disperata, disertò allora il campo e corse a rifugiarsi in Abruzzo, mentre i Greci subivano una decisiva disfatta.
Ma il combattivo conte non depose per questo le armi. Nel 1157, forse giovandosi di appoggi fornitigli e dai Bizantini, ancora in Ancona, e dal Barbarossa, col quale pare avesse ripreso i contatti, egli scese di nuovo in campagna insieme con alcuni fedeli, fra i quali era il vescovo di Chieti, devastando la zona intorno a Penne e costringendo alla fuga l'abate di S. Bartolomeo di Carpineto (del luglio 1157 è un suo privilegio in favore di Alanno vescovo di Chieti). Ma nella primavera del 1158 un esercito regio, al comando di Stefano, fratello di Maione, e di un Simone catapano di Puglia e Terra di Lavoro, sconfisse le truppe di Roberto e ne catturò gli alleati. Il B. riuscì però a porsi ancora una volta in salvo e, insieme con Andrea di Rupecanina, che aveva condotto in Campania un'altrettanto decisa guerriglia, si rifugiò presso Federico Barbarossa, in Lombardia, militando fra le sue truppe durante l'assedio di Crema.
Per poco il B. rimase sotto la protezione imperiale, poiché già nel 1161, alla notizia dell'uccisione di Maione, rientrò nel Regno invitando i baroni alla rivolta e raccogliendo intorno a sé molti seguaci, con i quali riuscì a conquistare l'intera Puglia, sino a Taranto. Ma la pronta reazione di Guglielmo lo ricacciò ancora una volta verso il nord; dopo essersi accanitamente difeso in Abruzzo, il B. dovette abbandonare le sue terre e cercare scampo in Germania presso Federico.
Benevolmente accolto, rimase in Germania parecchi anni, finché nell'ottobre 1166 ridiscese in Italia insieme col Barbarossa, seguendolo molto probabilmente in tutte le fasi di quella spedizione che vide l'assedio di Ancona e l'incoronazione romana, e che terminò soltanto nel marzo del 1168. Invano, durante questo periodo, specialmente dopo la presa di Roma, il B. e Andrea di Rupecanina tentarono di penetrare nel Regno; l'imperatore ritornò al nord senza attaccare Guglielmo II, succeduto al padre nel 1166, e gli esuli normanni dovettero ancora una volta rinunciare ai loro progetti. Convinto della impossibilità di contare sull'appoggio imperiale, il B., oramai quasi cinquantenne, offrì nel 1169 la sua sottomissione al nuovo re Guglielmo II. Ottenuta la piena reintegrazione nei suoi diritti e la restituzione dei beni e delle due contee, il B., che si fregiava anche del titolo di conte palatino, rientrò in quell'anno stesso o nel seguente nei suoi domini, che amministrò tranquillamente sino alla morte, riprendendo l'antica politica di amicizia e protezione dei grandi monasteri benedettini (S. Maria di Tremiti, S. Leonardo di Siponto, SS.ma Trinità di Cava dei Tirreni), fondando o dotando chiese, fra cui la cattedrale di Bovino, e svolgendo, per conto del re, funzioni di maestro giustiziere.
Morì il 15 sett. 1182.
Bibl.: F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, II, Paris 1907, pp. 35, 182, 616, 631; A. De Francesco, Origini e sviluppo del feudalesimo nel Molise, in Arch. stor. per le prov. napol., XXXV (1910), pp. 285-293; G. Bolognini, Storia di Conversano, Bari 1935, pp. 69-72; P. Lamma, Comneni e Staufer, I, Roma 1955, passim; A. Petrucci, Note di diplomatica normanna. I. I documenti di Roberto di "Basunvilla", in Bullett. d. Ist. stor. ital. per il M. E. e Archivio Muratoriano, LXXI (1959), pp. 113-140 (con ulter. bibl.).