Mitchum, Robert (propr. Charles Duran)
Attore cinematografico statunitense, nato a Bridgeport (Connecticut) il 6 agosto 1917 e morto a Santa Barbara (California) il 1° luglio 1997. La sua carriera coprì più di mezzo secolo: la prima apparizione risale al 1943, in Hoppy serves a writ di George Archainbaud, e nel 1995 M. venne diretto da Jim Jarmusch in Dead man, ultimo suo film significativo. Nel frattempo, l'attore attraversò la storia del cinema recitando in oltre cento film, con un fare disinvolto che gli permise di adattarsi alle crisi e ai mutamenti del sistema hollywoodiano, prestando il suo volto morbido e sensuale a diverse generazioni di registi, tra i quali Raoul Walsh, Jacques Tourneur, Josef von Sternberg, Nicholas Ray, Otto Preminger, John Huston, Vincente Minnelli, Howard Hawks, David Lean, Sydney Pollack, Elia Kazan, Andrej Michalkov Končalovskij. La sua interpretazione in The story of G.I. Joe (1945; I forzati della gloria) di William A. Wellman gli valse nel 1946 una nomination all'Oscar.
Di origini irlandesi, all'età di un anno e mezzo M. rimase orfano di padre. Quando aveva quattordici anni fuggì dalla scuola e iniziò a girovagare per gli Stati Uniti esercitando vari mestieri (minatore, pugile, camionista). Venne arrestato per vagabondaggio e condannato ai lavori forzati, ma evase dal carcere fuggendo a Hollywood, dove iniziò a lavorare in teatri e night club. La gioventù burrascosa contribuì a forgiare il mito di una persona rozza e brutale, che M. sfruttò con ironia, nascondendo volentieri una solidissima cultura autodidatta e un'insolita raffinatezza intellettuale. Spacciandosi per cavallerizzo, debuttò nel cinema dove interpretò comparse e ruoli secondari in una ventina di film minori. La sua prima parte importante, in un b-movie diretto da William Castle, When strangers marry (1944; Notte d'angoscia), gli procurò un contratto con la RKO di Howard Hughes. L'attore stesso riassunse il decennio di intensa attività che lo vide protagonista di una trentina di pellicole e lo fece assurgere allo status di divo: "Non ho fatto altro che girare lo stesso film un centinaio di volte. Non leggevo neppure i copioni: sapevo che, anche se erano scritti da Baudelaire o Balzac, quando arrivavo a pagina 20, inevitabilmente c'era un gruppo di gorilla che mi saltava addosso e iniziava a picchiarmi" (in Belton 1980, p. 137). In effetti, il M. di quel periodo si distingue per un'ambigua passività, che a tratti rasenta il masochismo. Hughes ne valorizzò l'andatura dinoccolata e un po' pesante, lo sguardo languido, per non dire insonnolito (causato dall'abuso di droga e alcol, da una ferita di pugilato che gli aveva indebolito la vista e da un'insonnia cronica), il torace ampio e spesso nudo, la strana indifferenza persino nelle situazioni più drammatiche. La sua recitazione indolente e distaccata lo predispose a ruoli enigmatici e contraddittori, dove convivono forza e vigliaccheria, impulsività animale e calma sovrana, dirittura morale e tensione anarchica, lealtà e individualismo. M. stesso dichiarò: "È stato detto che la mia recitazione era talmente sotto le righe che sarei potuto benissimo restarmene a casa" (in Server 2001, p. 54). In tal senso, rispetto ai divi precedenti e contemporanei, M. è una personalità del tutto singolare, e la sua 'invisibilità' gli permise di incarnare qualsiasi personaggio: "Credo che quando i produttori si trovano con un ruolo difficile da attribuire, dicono: 'Vai da M., quello fa di tutto'. Potrei recitare un gay polacco, una donna, un nano, qualsiasi cosa" (p. 51). Nel 1947, M. fu protagonista di due capolavori, Pursued (1947; Notte senza fine) di Walsh e Out of the past (1947; Le catene della colpa) di Tourneur, che lo lanciarono definitivamente come attore ideale e tormentato del dopoguerra, adatto al western ibrido (River of no return, 1954, La magnifica preda, di Preminger) o crepuscolare (The lusty men, 1952, Il temerario, di Ray; El Dorado, 1967, di Hawks), e soprattutto al disperato pessimismo del noir. È in film come Out of the past e Angel face (1953; Seduzione mortale) di Preminger che l'attore offre il meglio di sé: i suoi sono personaggi privi di volontà, succubi di donne fatali manipolatrici e psicopatiche, cui la debolezza virile di M., mista a una sorta di pigrizia morale, non sa mai resistere. Nel 1948 venne arrestato per possesso di marijuana, ma Hughes riuscì a farlo liberare dopo cinquanta giorni di carcere. La stampa seguì avidamente l'evento, dall'arresto alla scarcerazione, ma inaspettatamente l'attore trasse un immenso beneficio pubblicitario dai suoi trascorsi giudiziari. La simpatia del pubblico non fece che crescere nei confronti del personaggio M., che riprese subito a lavorare. Hughes tentò di lanciare l'accoppiata con Jane Russell, giocando sull'esotismo e sulla carica erotica dei due attori. His kind of woman (1951; Il suo tipo di donna) di John Farrow e Macao (1952; L'avventuriero di Macao) di Sternberg divennero presto oggetto di culto kitsch per l'assoluta inverosimiglianza dei soggetti, i bruschi cambiamenti di tono e i dialoghi sovraccarichi di allusioni sessuali tra M. e la Russell. The night of the hunter (1955; La morte corre sul fiume) di Charles Laughton offrì all'attore uno dei suoi ruoli più celebri: quello del predicatore folle, omicida di vedove e bambini, con un occhio alla Bibbia e l'altro al coltello, e sulle cui falangi di ciascuna mano sono tatuate le lettere delle parole hate e love. Un 'cattivo' che l'interpretazione grottesca e ferina di M., al contempo spaventoso ed esilarante, trasforma in lupo fiabesco. Cape Fear (1962; Il promontorio della paura) di J. Lee Thompson, dove M. è di nuovo uno psicopatico (un ex carcerato deciso a perseguitare l'avvocato che non ha impedito la sua condanna), confermò le sorprendenti qualità istrioniche di un attore capace di interpretare personaggi diabolici e tuttavia umani. La sua filmografia fu sempre più eclettica: M. passò dal melodramma (Home from the hill, 1960, A casa dopo l'uragano, di Minnelli) alla commedia (The grass is greener, 1960, L'erba del vicino è sempre più verde, di Stanley Donen) e al film in costume (Ryan's daughter, 1970, La figlia di Ryan, di Lean). Gli anni Settanta lo videro trasformarsi in vera e propria icona, ed è in chiave nostalgica che interpretò un Philip Marlowe esausto, conscio del mutare dei tempi e sempre più restio a impugnare la pistola, in Farewell, my lovely (1975; Marlowe il poliziotto privato) di Dick Richards e The big sleep (1978; Marlowe indaga) di Michael Winner.
J. Belton, Robert Mitchum, New York 1976 (trad. it. Milano 1980); L. Server, Robert Mitchum: 'Baby, I don't care', New York 2001.