Solow, Robert Merton
Economista statunitense (n. New York 1924). Si formò sotto la guida di W. Leontief (➔) alla Harvard University, collaborando allo sviluppo del primo modello input-output (➔); approfondì poi lo studio della statistica, applicando i processi markoviani alle relazioni tra occupazione e saggi di salario. È stato professore di economia presso prestigiosi atenei, quali Oxford, Cambridge, Harvard e New York. Nel 1987 venne insignito del premio Nobel per l’economia per gli apporti alla teoria della crescita (➔) economica.
Nel 1956 pubblicò il suo primo saggio, A contribution to the theory of economic growth («Quarterly Journal of Economics», 1956, 70, 1), destinato a rimanere il riferimento fondamentale in letteratura e a rappresentare uno studio seminale nell’ambito della teoria neoclassica della crescita (➔ neoclassica, economia).
L’analisi condotta permise a S. di enucleare il contributo apportato dal lavoro e dal capitale all’incremento del livello di attività del sistema. L’eventuale differenziale ancora da spiegare doveva essere imputato, a giudizio di S., al progresso tecnico (➔), da lui supposto esogeno (di qui la locuzione ‘residuo di Solow’). Nell’applicare il suo modello, S. calcolò che circa un quinto dell’incremento del PIL statunitense doveva essere ascritto proprio a quest’ultima componente.
S. approfondì anche temi relativi all’economia del lavoro, soprattutto alla teoria dei salari di efficienza (Another possibile source of wage stickiness, «Journal of Macroeconomics», 1979, 1, 1). La sua ipotesi di fondo concerne la diretta proporzionalità tra l’impegno del lavoratore rappresentativo e il livello del suo salario reale (➔ reale), che viene fissato dagli imprenditori valutando, da una parte, l’incremento del costo per addetto, dall’altra l’aumento di produttività determinato da una maggiorazione salariale. Tuttavia, non esiste alcun motivo per cui il salario deciso dalle imprese assicuri il market clearing o equilibrio. Se, alla retribuzione corrente, coloro che sono disposti a offrire lavoro eccedono la domanda, si determina uno scenario di disoccupazione involontaria. Le imprese, infatti, pur avendo facoltà di contrarre la paga e incrementare il numero degli addetti, non sono incentivate a farlo per evitare un calo di produttività tale che, nonostante la riduzione salariale, si determini una diminuzione del profitto. Simile scenario consente a S. di dar conto della rigidità del salario reale.