Surtees, Robert L.
Direttore della fotografia statunitense, nato a Covington (Kentucky) il 9 agosto 1906 e morto a Carmel (California) il 5 gennaio 1985. Artigiano di antico stampo, dotato sempre di notevole gusto e alieno dai toni vistosi e dai facili trucchi, per quasi quattro decenni fu uno dei più importanti operatori statunitensi. Candidato per ben sedici volte all'Oscar, S. vinse il premio per la migliore fotografia nel 1951 con King Solomon's mines (1950; Le miniere di re Salomone) di Compton Bennett, nel 1953 con The bad and the beautiful (1952; Il bruto e la bella) di Vincent Minnelli e nel 1960 con Ben Hur (1959) di William Wyler.
Dopo aver conseguito il diploma di scuola secondaria a Cincinnati, S. si trasferì in California e iniziò la sua carriera nel mondo del cinema in qualità di assistente di direttori della fotografia quali Joseph Ruttenberg, Gregg Toland, Hal Mohr, lavorando prima presso la sede della Universal Pictures a Hollywood e poi presso la filiale tedesca della stessa casa di produzione a Berlino; dal 1930, quando rientrò negli Stati Uniti, lavorò per la Warner Bros., la Pathé-Natan e la Metro Goldwyn Mayer. Rimasto assistente per tutti gli anni Trenta, nel 1942 firmò la sua prima opera da solo, Strange holiday di Arch Oboler, uscito soltanto nel 1945.
Nei primi vent'anni della sua carriera di capo operatore rimase legato quasi esclusivamente alla MGM. S. si distinse in tutti i generi popolari, dimostrandosi altrettanto a suo agio nel fotografare western, musical e grandi successi commerciali, come Quo vadis (1951; Quo vadis?) di Mervyn LeRoy, Raintree county (1957; L'albero della vita) di Edward Dmytryk e Ben Hur, per i quali s'impadronì con facilità della tecnica adatta allo schermo panoramico. Brillante e raffinato nella rievocazione storica fu a suo agio sia con il bianco e nero, che risultò sempre schietto, sia nel colore, che scelse di rendere particolarmente ricco. Per gli uomini impiegava un'illuminazione volta ad accentuarne i tratti; per le donne preferiva una luce più morbida, pur se spesso non diffusa. Benché seguace dello stile classico, 'invisibile', coltivato dagli studios più importanti, negli anni Sessanta e Settanta S. seppe entrare in perfetta sintonia con giovani rappresentanti della New Hollywood quali Mike Nichols, Peter Bogdanovich, Bob Fosse (Sweet Charity, 1969, Sweet Charity ‒ Una ragazza che voleva essere amata), Arthur Penn (The chase, 1966, La caccia) e Mark Rydell (The cowboys, 1972, I cowboys). Negli ultimi dieci anni della sua carriera restò estremamente attivo e poté vantare splendidi risultati, dalla nitidezza delle immagini di The graduate (1967; Il laureato) di Nichols, all'estrema profondità di campo e all'angoscioso bianco e nero di The last picture show (1971; L'ultimo spettacolo) di Bogdanovich, considerato dalla critica il risultato di un equilibrio perfettamente calcolato tra impeccabile realismo e coinvolgimento sentimentale, al sapore nostalgico di The sting (1973; La stangata) di George Roy Hill. Ancora nel 1978, il suo ultimo anno di attività, S. lavorò a due film molto diversi per stile, Same time, next year (Lo stesso giorno, il prossimo anno) e Bloodbrothers (Una strada chiamata domani), entrambi diretti da Robert Mulligan. Suo figlio Bruce (n. 1937) ne ha ripreso l'attività, collaborando soprattutto con Clint Eastwood in alcune delle sue opere più significative degli anni Settanta e Ottanta, da Play misty for me (1971; Brivido nella notte) a Pale rider (1985; Il cavaliere pallido).
H.A. Lightman, Cinematography with a split personality, in "American cinematographer", February 1968.