SCOTT, Robert Falcon
Esploratore inglese, nato il 6 giugno 1868 a Devonport (Plymouth). Entrò ancor giovinetto nella marina da guerra, e già nel 1887, segnalato per i suoi meriti, è destinato al servizio delle siluranti; nel 1889 egli dirige appunto tale servizio nel Canale della Manica, quando, organizzandosi una spedizione britannica all'Antartide, gliene viene affidato il comando. Lo S. salpa nell'agosto 1901 con la nave Discovery appositamente preparata, e nel dicembre entra a S. della Nuova Zelanda nelle acque antartiche. La stagione abbastanza favorevole gli permette di seguire con la nave da O. ad E. tutto l'orlo settentrionale della grande platea di ghiaccio che ricopre il Mare di Ross, così che al termine orientale della gelida barriera può vedere profilarsi una terra ignota, ch'egli battezza col nome di Edoardo VII; nel febbraio 1902, tornato ad O., pone il quartiere d'inverno sulla costa meridionale della già nota isola di Ross, e attende l'estate durante la quale gli è dato, con una fortunata corsa di 59 giorni in slitta per 1600 km., portarsi a S. fino alla latitudine non mai raggiunta di 82° 17′ (29 dicembre 1902): compagni nel memorando viaggio, che solo la mancanza di viveri troncò, E. A. Wilson e E. H. Shackleton destinato ad acquistare poi tanto nome fra gli esploratori polari. Dopo un secondo sverno, un altro tentativo in slitta condotto da Scott e Shackleton alla ricerca del Polo magnetico australe raggiunse fra aspre tempeste il 12 ottobre 1903 la latitudine 78° S. e la long. 146° 30′ E., assai prossime a quelle cercate. Dopo che queste avanzate in slitta ebbero permesso allo S., primo fra gli esploratori antartici, di riconoscere di là dalle alte ed aspre catene marginali della Terra Vittoria il possente altipiano agghiacciato che forma il vastissimo continente antartico, la Discovery, liberata dai ghiacci che la tenevano prigione, poté ricondurre la spedizione, che aveva perduto soltanto uno dei suoi uomini, a salvamento nella Nuova Zelanda il 29 marzo 1904.
Rimasto in patria per qualche anno, lo S. ebbe il comando d'una nave da guerra e adempì altri importanti compiti per l'ammiragliato britannico, finché nel 1910 la fama altissima da lui guadagnata nella spedizione precedente lo designò al comando d'una nuova spedizione polare, alla quale egli volle assegnato un compito altamente scientifico. Riunito infatti a bordo del Terra Nova uno scelto corpo di scienziati, salpò da Cardiff il 15 giugno, dalla Nuova Zelanda nel novembre, avendo con sé 58 uomini, 19 cavallini di Manciuria e 135 cani da slitta; dopo aver toccato sull'orlo della barriera di Ross il quartiere del norvegese Amundsen che, mosso alla conquista del Polo Australe, era fermo alla cosiddetta Baia della Balena, decise alla sua volta lo sverno al C. Evans dell'isola Ross, poco discosto dai quartieri di otto anni innanzi, e trascorse la cattiva stagione preparando, come il rivale Amundsen, la grande spedizione al Polo. Partita il 4 novembre 1911 dal C. Evans la comitiva destinata alla laboriosa conquista arriva con tempo pessimo e bufere di neve quasi continue il 4 dicembre a piè del ghiacciaio Beardmore ove, lasciata la platea di Ross, incomincia la salita dell'altipiano. Quivi è immobilizzata per quattro giorni da una tempesta di neve spaventosa, dopo di che un improvviso rialzo della temperatura converte i cumuli di neve in un immenso pantano. Il seguente cammino tra irti ghiacciai e asperrime montagne porta fin sull'erto altipiano; ma la fatica dell'ardua ascensione, morti i cavallini, esausti i cani, quasi continue le gelide bufere e i nebbioni, aggrava gli eroici viandanti: "non credo, scrive lo S. nel suo semplice diario, che altri esseri umani abbiano sofferto quanto noi in quest'ultimo mese". Tuttavia, sorretti da un coraggio indomabile, alleggerita la comitiva riducendola a cinque uomini soli, riescono, tirando essi stessi le loro slitte, a coprire una media di 12 miglia al giorno e a raggiungere, a 3000 m. d'altitudine, il 16 gennaio 1912 la lat. di 89° 42′, scorgendo all'orizzonte sventolare la bandiera indicante l'arrivo al Polo della spedizione norvegese, che, più fortunata, aveva già raggiunto la meta un mese innanzi (14 dicembre).
Dal Polo raggiunto incomincia ora per i cinque Inglesi il tragico viaggio di ritorno: le bufere imperversanti quasi senza tregua, la neve molle inceppante il cammino sul ghiacciaio avevano reso il viaggio di andata più lento del previsto e quindi diminuito, non ostante la più oculata prudenza, le riserve dei viveri. Si aggiunse nel ritorno un abbassamento di temperatura fino a −47° sulla platea di Ross, in modo che gl'infelici esausti e privi ormai di cibo e di combustibile non poterono resistere all'immane fatica. Caduto prima il luogotenente Evans, impossibilitato a superare le terribili difficoltà del ghiacciaio, quindi il capitano Oates che, completamente esausto, uscì dalla tenda (16 marzo) a errare nella notte per non dare il lamentevole spettacolo della sua fine ai compagni, rimangono sotto la tenda affranti dalla fatica il zoologo Wilson, il tenente Bowers e l'eroico capo della spedizione. Nell'ultima settimana di marzo la tormenta chiude la fragile dimora sui morenti; il 29 lo S. scrive le ultime parole del suo diario: "La morte non può essere lontana. Per l'amor di Dio, abbiate cura delle nostre famiglie". Ed erano a 17 km. appena da un deposito di viveri e di combustibile lasciato per loro soccorso! Soltanto otto mesi più tardi una spedizione mossa dal quartiere d'inverno alla loro ricerca poté trovare le nobili salme avvolte dalla tenda e dal gelo. Il diario dello S., così commovente ed eloquente, nella sua sobrietà e concisione, i documenti di saluto vergati dal morente con debole mano, ma con ammirabile serenità e sublimità di sentimenti, giacevano presso le salme, documenti straordinarî ad attestare l'altezza d'animo dell'eroe. Nella tenda si trovava anche una ricca scelta di campioni mineralogici che, nonostante l'aggravamento di peso delle slitte, quegli eroi avevano voluto trarre con sé fino all'ultimo.
Bibl.: Opere fondamentali i due volumi illustranti il viaggio della Discovery e i due che nella traduzione italiana (pessima traduzione purtroppo) portano il titolo L'ultima spedizione del capitano Scott, Milano 1914. Si aggiungono numerosi volumi di contributi scientifici.