BURTON, Robert
Scrittore inglese, nato a Lindley (Leicestershire) l'8 febbraio 1576-7, morto a Oxford il 25 gennaio 1639-40. Di antica e distinta famiglia del contado, studiò a Oxford, e visse colà (a Christ Church, dove era stato ammesso nel 1599) per il resto della sua calma e studiosa vita: ebbe anche benefizî ecclesiastici. Scrisse nel 1606 una commedia latina, Philosophaster (conservataci in manoscritto, pubblicato dal Roxburghe Club nel 1862), satira dell'impostura, e versi d'occasione, ma la sua fama è raccomandata al trattato The Anatomy of Melancholy.. by Democritus Iunior (pubblicato per la prima volta a Oxford nel 1621, e spesso ripubblicato: la terza edizione, 1628, è ornata del famoso frontispizio emblematico). Il trattato fu scritto, come l'autore dichiara nella notevolissima prefazione, nell'intento di curare la propria disposizione alla melanconia analizzandola, al modo seguito da Democrito quando da Ippocrate fu trovato a meditare sulle cause e la cura della melanconia. Non solo nel soggetto dello studio il Burton cercò d'imitare il gran filosofo antico, ma anche nel tono e nell'eccentricità, sicché ai posteri la sua figura, cui davano rilievo soprattutto il famoso volume e alcuni curiosi aneddoti, passò per quella d'un eccentrico per eccellenza. Per quanto il libro appaia in veste di trattato di medicina (allora per melanconia s'intendeva una malattia non troppo dissimile dalla pazzia vera e propria), il temperamento letterario e umoristico dell'autore spazia su tutti gli aspetti della vita umana: l'opera è macchinosa, babelica, tipicamente secentesca nell'erudizione multiforme e nelle complicate divisioni e suddivisioni scolastiche, ma non bisogna dimenticare che la mente dotta e bizzarra del Burton, vero helluo librorum, non era così eccezionale in tempi poco distanti da quelli del Rabelais e del Montaigne, in cui l'uso e l'abuso di centoni era corrente, né tanto peregrino parrà l'argomento a chi pensi quanto lo studio delle follie umane fosse popolare presso gli umanisti (Sebastiano Brandt, Erasmo).
Il B. è talora soltanto un Montaigne caricaturale, malato d'elefantiasi; ma le sue citazioni sono bene spesso ravvivate da interesse umano o da originalità d'applicazione che le trasformano colorandole dell'idiosincrasia dello scrittore, e, del resto, lo stile, a volte scintillante di splendori secenteschi, a volte abbassato a un tono intimo di conversazione, contribuisce a dare unità artistica alla gran mole di elucubrazioni libresche. Il libro, cessata la voga che ebbe nel Seicento, continuò ad attrarre sommi letterati, quali il Johnson e lo Sterne (che lo plagiò spesso in Tristram Shandy), finché, verso la fine del Settecento, trovò lettori entusiastici nei romantici, Coleridge, Southey, e soprattutto Charles Lamb, su cui esercitò un influsso per il quale il B. trova posto tra i precursori dell'essay moderno. Il Keats trasse ispirazione dal Burton per Lamia e per l'Ode on Melancholy.
Ediz.: The Anatomy of Melancholy, ed. by A.R. Shilleto, 3 voll., Londra 1923; edizione illustrata da McKnight Kauffer, 2 voll., Londra 1926.