RIZZOLI, Giovanni Pietro (Pietro Rizzo, Pietro Riccio, Pietro Ricci), detto Giampietrino o Gianpietrino
RIZZOLI, Giovanni Pietro (Pietro Rizzo, Pietro Riccio, Pietro Ricci), detto Giampietrino o Gianpietrino. – L’identificazione di Giovanni Pietro Rizzoli con l’artista leonardesco conosciuto come Giampietrino a partire da inventari di collezioni sei e settecentesche è relativamente recente. Infatti è grazie al ritrovamento di numerosi documenti da parte di Janice Shell e Grazioso Sironi (1993) che tale identificazione è ora generalmente accolta ed è possibile collocare la sua data di nascita tra il 1480 e il 1485.
L’identità fra Giampietrino e il Pietro Rizzo milanese che Giovanni Paolo Lomazzo nel Trattato (1584, 1973, p. 588) inserisce in un eterogeneo elenco di artisti e che nelle relative Tavole è detto allievo di Leonardo da Vinci fu ipotizzata da più studiosi (ad esempio, Passavant, 1838, trad. it. 2015, pp. 102 s.; Richter, 1880; Layard, 1887, I, p. 415; Lermolieff, 1880, trad. it. 1886; 1890, trad. it. 1897; Frizzoni, 1906, p. 243; Hautecoeur, 1924, p. 142). Lomazzo stesso menziona ‘Pietro’ con Giovanni Antonio Boltraffio, Francesco Melzi e Giovanni Giacomo Caprotti, detto Salaino, e il loro maestro Leonardo nelle Rime ad imitazione de i grotteschi (1587, 2006, p. 455; Le Tavole, 1997, p. 60). ‘Pietro Ricci’ è annoverato fra i pittori illustri di Milano da Paolo Morigia (1595, p. 277). Gerolamo Borsieri (1595, 1619, p. 58) si riferisce all’artista come «Gio. Pietro detto Gio. Pietrino», e in uno dei sonetti dedicati alla quadreria della propria villa Il Giardino a Como (Como, Biblioteca comunale, ms. sup. 3.2.46, edito in Vanoli, 2015, p. 231) ne descrive un Ratto di Proserpina. Giampietrino è citato fra i pittori confusi con Leonardo da Carlo Mazenta (1635 circa, 1919, p. 33) – nella collezione Mazenta figuravano una Santa Caterina e una Maddalena dell’artista (Verga, 1918, p. 284) – ed è detto allievo di Leonardo da padre Sebastiano Resta (1707, p. 24). Spetta a Wilhelm Lübke (1878-1879, II, p. 448) l’avvio della ricostruzione del corpus. Considerato pittore piacevole ma manierato da Austen Henry Layard (1887), Giampietrino è apprezzato da Giovanni Morelli (Lermolieff, 1880, trad. it. 1886, p. 425; 1890, trad. it. 1897, pp. 155-159), che per primo ne rileva la fortuna presso gli artisti fiamminghi, e da Gustavo Frizzoni (1890, pp. 358 s.). I leonardeschi, in generale, vengono considerati poco originali nel catalogo di Herbert Frederick Cook (1899) della mostra dell’arte lombarda alla Burlington House di Londra del 1898. È negativo il giudizio su Giampietrino da parte di Bernard Berenson (1907, pp. 108, 113), al quale si devono comunque successive aggiunte al catalogo (1932, trad. it. 1936, pp. 197 s.; 1968, pp. 167-171). Francesco Malaguzzi Valeri (1908, p. 24) e Adolfo Venturi (1915, pp. 1044-1053) ritengono Giampietrino a tratti piacevole, ma monotono. Nuove attribuzioni e una decisa rivalutazione sono effettuate da Wilhelm Suida (1929, trad. it. 2001, pp. 253-255 ). Gian Alberto Dell’Acqua (1946, p. 30) riconosce nel miglior Giampietrino un anticipatore del primo Seicento milanese.
Rizzoli è documentato a Milano a partire dal 24 febbraio 1508, quando assunse Ugo de Fayate per insegnargli il mestiere, ma impegnandosi a versargli un salario (Shell - Sironi, 1993, pp. 121 s., 136-138; Shell, 1995, pp. 74, 231). L’atto fu redatto in presenza del padre Galeazzo quondam Angeli, abitante con lui nella parrocchia di San Tomaso in Terramara, e Giovan Pietro vi è detto ‘maestro’. L’anno seguente acquistò dal monastero di San Pietro in Gessate una proprietà nella parrocchia di San Protaso ad Monacos (Shell - Sironi, 1993, pp. 122, 137 s.). Il 3 maggio 1511 Rizzoli, Giovanni Agostino da Lodi, Marco d’Oggiono, Giovanni Antonio Boltraffio e Giovita da Caravaggio furono nominati procuratori di un consorzio di pittori di cui Bramantino e Bernardo Zenale erano rispettivamente priore e tesoriere (Longoni, 1998, p. 138). Il 13 maggio seguente furono tra i firmatari di una petizione per far parte della società facente capo a Zenale ed essere autonomi dalla scuola di San Luca, di cui era priore Giovan Pietro da Corte (Shell, 1995, p. 212). Per Shell e Sironi (1993) nel 1508 l’artista non sarebbe stato emancipato, per la presenza del padre nel contratto riguardante Ugo de Fayate, presenza forse spiegabile anche solo con la coabitazione. Poiché all’epoca a Milano la maggiore età si raggiungeva a 25 anni e Rizzoli era autonomo e con un ruolo di rilievo nelle vicende dei pittori milanesi del 1511, è possibile collocare, come detto, la sua data di nascita tra il 1480 e il 1485.
L’ipotesi di una formazione nella bottega di Leonardo è stata ripresa da Cristina Geddo (1994, p. 58; 1998; 2006, pp. 256 s.; in Capolavori da scoprire, 2006, p. 205), che identifica l’artista con il ‘Gianpetro’ citato in una nota del Codice Atlantico della Biblioteca Ambrosiana (c. 713r) insieme a Salaino e ad altri quattro nomi non individuabili. Tale nota è datata 1497-1500 da Carlo Pedretti (The Codex Atlanticus of Leonardo da Vinci. A catalogue of its newly restored sheets, 1978-1979, II, p. 84) ed è anticipata al 1490-92 da Pietro C. Marani (1998a, pp. 275 s.; 2008), dubbioso su tale alunnato e propenso a individuare una prima attività a contatto con Marco d’Oggiono, così come Furio Rinaldi (2009, pp. 239 s.), che richiama un Pietro Rizzi documentato a Milano alla fine del Quattrocento (E. Motta, L’università dei pittori milanesi nel 1481, in Archivio storico lombardo, III (1895), 6, p. 413). La formazione leonardesca di Giampietrino è dichiarata dalla comprensione dello sfumato nei disegni, a sanguigna e a matita (Geddo, 1994, p. 67; Bora, 2003, pp. 330 s.; Marani, 2008; Rinaldi, 2013). Benché la replica costante degli stessi motivi, spesso desunti da Leonardo, implichi l’uso di cartoni, di questi sono pervenuti solo la Sacra Famiglia della Morgan Library & Museum di New York (Acc. No. II.1) e la Madonna con il Bambino del Christ Church College di Oxford (inv. 1383). Geddo (1998) riferisce a Giampietrino nella bottega di Leonardo le teste di Apostoli dal Cenacolo di Leonardo a gesso nero e rosso e pastelli colorati del Musée des Beaux-Arts di Strasburgo (per l’attribuzione a Boltraffio e relativa vicenda critica si veda Ballarin, 2010, II, pp. 790-798, e III, pp. 1056 s.).
La cronologia di Giampietrino ha pochi appigli a fronte di un catalogo abbondante e discontinuo e di molte versioni di bottega e copie. Sequenze in parte differenti sono proposte da Geddo (1992; 1994; 1998, 2006), da Tatiana Carpené (1993-94) in un’importante tesi di laurea discussa con Alessandro Ballarin, da Marani (1998a) e da Rinaldi (2009). Al primo decennio del Cinquecento si riconduce il Cristo alla colonna già Baroffio e Colnaghi (Ballarin, in Master paintings, 1991; Carpené 1993-94, pp. 41 s.; Marani, 1998a, p. 282; Rinaldi, 2009, p. 242), vicino a Marco d’Oggiono, ma con ricordi di Bergognone e Bramantino.
Per il primo decennio mancano punti fermi, non essendo tra essi la Madonna con il Bambino del Museo Poldi Pezzoli di Milano. Suida (1929, trad. it. 2001, pp. 253 s.) vi notò l’identica composizione della Madonna firmata Giovan Battista Bel Monte allora nella collezione di Luigi Bernasconi, sulla quale leggeva la data 1509, e ritenne che potessero essere della stessa mano e che Giampietrino potesse essere Bel Monte. La tavola di Bel Monte, approdata a Brera e restaurata, è stata ritenuta da Marani (1993) modello o termine ante quem (1998b) del quadro Poldi Pezzoli, ma è una copia datata 1569, come intuito da Geddo (2006, p. 258) e dimostrato da Federico Cavalieri (2010-2014), che ha pubblicato notizie sul pittore. Neanche la corrispondenza in controparte del solido geometrico sul verso del dipinto Poldi Pezzoli con una tavola dell’edizione del De divina proporzione di Luca Pacioli del 1509 è probante, dato che la figura è presente anche nel Codice Atlantico (come segnala Natale, 1982, p. 89). Giovanni Romano (2002, 2011, p. 193) attribuisce a Rizzoli poco prima del 1510 gli affreschi della cappella di S. Caterina in S. Donato a Sesto Calende, che sono invece del Maestro dei Ss. Cosma e Damiano (il punto in C. Quattrini - E. Rossetti, Ancora il Maestro dei Santi Cosma e Damiano: gli affreschi dell’oratorio di Santa Maria di Casatico, in Nuovi Studi, XIX (2009), 20, pp. 19-32).
Nei primi anni Dieci si collocano dipinti come la Natività e il Cristo deriso dell’Accademia Albertina di Torino, caratterizzati dalla rielaborazione di idee di Leonardo e dalla vicinanza a Marco d’Oggiono (Carpené, 1993-94, pp. 41-43; il rapporto con Marco d’Oggiono a quest’epoca è sottolineato da Geddo, 1994, p. 58, e da Marani, 1998a, p. 299, che pensano a un’associazione fra i due nel primo decennio; da Frangi, in Pittura a Milano, 1998, pp. 244 s., da Rinaldi, 2009, e da Ballarin, 2010, I, p. 647, e III, pp. 1037-1039).
Anche per questa fase non si possiedono riferimenti cronologici, tranne le indicazioni deducibili da opere di altri pittori: la derivazione dell’affresco con iscrizione «FRANCESCHINA DE PISS OPVS FECIT 1513» in Sant’Agostino a Milano dalla composizione della Madonna del latte della Galleria Borghese (segnalata da Geddo, 2006, pp. 259-262) e la ripresa del Compianto di San Giorgio al Palazzo di Luini (1516) in quello della Gemäldegalerie di Berlino (Moro, 1993, p. 94).
Il 7 agosto 1515 nella chiesa milanese dei Ss. Cosma e Damiano, dipendente dal monastero geronimita di S. Gerolamo al Castellazzo a Bollate, Rizzoli, abitante nella parrocchia di S. Protaso ad Monacos, fu testimone a un accordo fra Ulnerio Gavatsio e Giusto Schizzi, priore dei Ss. Pietro e Paolo di Ospedaletto Lodigiano, altra fondazione dell’Ordine, sul pagamento di diritti sull’uso di acque (Shell - Sironi, 1993, pp. 124, 139). Il 31 luglio 1517 Giovanni Pietro fu testimone presso i Ss. Cosma e Damiano a un accordo sul versamento di parte della pensione di Nicolò da Lampugnano, ex abate commendatario di S. Carpoforo a Como, da parte di fra Angelico da Marliano, sindaco e procuratore del monastero del Castellazzo (Shell - Sironi, 1993, pp. 126-128, 139 s.). Il 16 ottobre 1517 l’artista, ancora presente il padre, prese per due anni un apprendista, Giovan Francesco Boccadoli (Shell - Sironi, 1993, pp. 122, 139 s.).
Le tavole di polittico della chiesa dei Ss. Pietro e Paolo a Ospedaletto Lodigiano, raffiguranti S. Pietro, la Madonna con il Bambino e l’agnello e S. Paolo sono datate in base ai contatti di Rizzoli con i gerolamiti nel 1515 e nel 1517 (Shell - Sironi, 1993, p. 126; Geddo, 2006, p. 257; Frangi, in Pittura a Milano, 1998, p. 244; Marani, 1998a, pp. 280, 283; Ballarin, 2010, I, p. 645; Rinaldi, 2009, p. 256). Per l’elaborata costruzione prospettica, David Alan Brown (1988, p. 25), Carpené (1993-94, pp. 58-63) e Giovanni Agosti (in Restituzioni, 2008) pensano invece a una collocazione nei primi anni Venti. Il gruppo della Madonna con il Bambino e l’agnello deriva dalla S. Anna di Leonardo al Louvre. Shell e Sironi (1993, p. 126) ipotizzano che fosse di Giampietrino la copia ad affresco del Cenacolo vinciano del monastero del Castellazzo, altrimenti riferita ad Andrea Solario, trasferita a S. Maria delle Grazie a Milano e distrutta nel 1943 dai bombardamenti. Dalla fotografia l’attribuzione a Rizzoli non sembra confermabile.
Il primo punto fermo del catalogo del Giampietrino è la Madonna con il Bambino e i ss. Gerolamo e Giovanni Battista di San Marino a Pavia (altra chiesa geronimita), datata sulla cornice 21 dicembre 1521 e commissionata per adempiere alle volontà di Giovanni Simone Fornari, morto nel 1505, dal figlio Autonico e dalla moglie Ludovica Colletta (Geddo, 1995). L’ancona, riconosciuta a Giampietrino da Lübke (1878-1879, II, pp. 447 s.), dipende dalla pala dei Genovesi del De Young Memorial Museum di San Francisco, opera di Cesare da Sesto già in San Giorgio a Messina (Frizzoni, 1901, pp. 231 s.), e per le figure della Vergine e di s. Gerolamo dall’Adorazione dei Magi dello stesso Cesare del Museo nazionale di Capodimonte (Malaguzzi Valeri, 1908, p. 24). Due disegni preparatori a sanguigna si trovano al Louvre (Département des Art graphiques, inv. 6357) e al Fitzwilliam Museum di Cambridge (Acc. No. 3040; Lermolieff, 1890, trad. it. 1897, p. 159).
Tornato stabilmente a Milano nel 1519 Cesare da Sesto, Rizzoli aprì una fase di confronto con i modelli raffaelleschi e centroitaliani che influenzò a sua volta Marco d’Oggiono (Ballarin, 2010, I, p. 647). Rielaborano motivi di Raffaello la Maddalena Kress del Portland Museum of art, tratta dallo stesso personaggio nell’Estasi di s. Cecilia per S. Giovanni in Monte a Bologna, o la Madonna della mela, in diverse versioni (Milano, Pinacoteca di Brera, Castello Sforzesco e collezione privata; San Pietroburgo, Ermitage, già a Napoli, collezione Acton), che richiama la Madonna della seggiola della Galleria Palatina di Firenze (Rinaldi, 2009, pp. 259 s.). Al tempo stesso fa pensare a opere coeve di Lorenzo Lotto l’intreccio di gesti e sguardi fra i personaggi presente in alcuni dipinti come le due versioni della Madonna con il Bambino e i ss. Gerolamo e Michele dello Szépmüvészeti Múzeum di Budapest e già presso Christie’s (Old masters & British paintings, Londra, 5 luglio 2011, lotto 61; Carpené 1993-94, pp. 52 s.; Geddo, in Il Cinquecento lombardo, 2000, pp. 176-178, scheda III.54; Quattrini, 2010-2014, p. 70).
Rizzoli risulta fra i proprietari di immobili in registri fiscali compilati fra il 1524 e il 1529 (Geddo, 1994, p. 57; Sacchi, 2005, I, p. 137). Le derivazioni dalle incisioni delle Divinità di Gian Giacomo Caraglio da Rosso Fiorentino fissano dopo il 1526 la Diana cacciatrice del Metropolitan Museum di New York, la Giunone del Castello del Buon Consiglio di Trento e la Minerva di collezione privata, che compongono una serie con una Venere di raccolta privata, che riprende invece il modello leonardiano della Leda in piedi (Moro, 1993, pp. 90-94).
Le tavole sono considerate parti di un gruppo, tranne da Marani (1998a, p. 280) e Rinaldi (2009, p. 261 n. 52) che scorporano Venere e Giunone anticipandole al 1515 circa. Carpené (1993-94, p. 83) pensa per queste ultime a un intervento di bottega, data la più alta qualità di Diana e Minerva. Giampietrino si specializzò in sensuali Maddalene, divinità ed eroine della storia sacra e antica, come la Sofonisba e la Didone della collezione Borromeo all’Isola Bella o la Lucrezia Kress del Chazen Museum of Art di Madison (Geddo, in Capolavori da scoprire, 2006, pp. 200-207, scheda 22). In questa produzione si notano anche influssi fiamminghi, ad esempio nello sfondo di fuochi notturni della Didone Borromeo. Altro esempio è la Leda con i figli degli Staatliche Museen di Kassel, rara derivazione dagli studi di Leonardo per una Leda inginocchiata dell’inizio del secolo. L’opera, il cui sfondo è stato riferito a un fiammingo o a Bernazzano, di recente è stata posta fra il 1505 e il 1510 (Marani, 1998a, p. 279; Rinaldi, 2009, pp. 244 s.), negli anni Dieci (Geddo, 1994, pp. 58 s.), all’inizio degli anni Venti (Frangi, in Pittura a Milano, 1998, p. 244 s.) o alla fine (Carpené, 1993-94, p. 66). La ripresa di idee di Leonardo è vista come diretto riflesso del maestro durante il secondo soggiorno milanese (1508-13) o collegata ai suoi materiali grafici e forse dipinti riportati dalla Francia da Melzi e Salaino dopo la sua morte nel 1519. A partire dai secondi anni Dieci numerose tavole con Cristo deriso o Portacroce palesano tangenze stilistiche e iconografiche con Andrea Solario e Bernardino Luini.
Nel 1527 e nel 1528 l’orafo Francesco Galli pagò Rizzoli per una Madonna e per la pala, perduta, per la propria cappella in S. Maria alla Porta a Milano. Morto Galli nel 1532, il Luogo Pio di S. Corona, suo erede universale, versò gli ultimi compensi nel 1533 e nel 1534. Il lascito comprendeva anche una grande copia su tela del Cenacolo che i confratelli tentarono invano di vendere a Venezia, e che è identificabile con quella di Giampietrino della Royal Academy di Londra in deposito al Magdalen College di Oxford, collocabile per le tangenze con Marco d’Oggiono intorno al 1515 (Quattrini 2010-2014; Ballarin, 2010, III, pp. 1043 s.). Nel 1533 la Fabbrica del duomo commissionò a Rizzoli, Gaudenzio Ferrari e Cristoforo Bossi i cartoni per arazzi con Storie della Vergine, tessuti da Antonio Maria Bozolo e perduti, i cui pagamenti si conclusero nel 1537 (un cartone di prova fu chiesto all’inizio anche a Nicolò Appiani: Annali, 1877-1885, III, pp. 253 s., per la commissione dei cartoni degli arazzi, pp. 265 s., per la riunione per la porta; Sacchi, 2005, I, p. 138). Sempre nel 1533 Rizzoli partecipò alle riunioni della Fabbrica per la realizzazione della porta del Duomo verso Compedo (Annali, 1877-1885, III, pp. 265 s.). Il 3 febbraio 1537, in casa di Rizzoli, Gerolamo Richermi, agente della confraternita di S. Maria di Savona, incaricò Andrea da Corbetta di intagliare un tabernacolo, che Rizzoli avrebbe poi dovuto stimare, ma lo scultore morì il 2 giugno 1537 e il contratto fu rescisso il 12 aprile 1539, teste lo stesso Giovanni Pietro (Shell - Sironi, 1993, pp. 141 s.; Shell, 1995, p. 264).
A un’attività per la Liguria Marani (1989, pp. 48-55) riferisce una grande Natività su tela di collezione genovese, già alla Ss. Annunziata di Savona, ma la cui provenienza ab antiquo non è documentata. Geddo (1997, pp. 214-216) avvicina a questa una tela con l’Entrata in Gerusalemme di raccolta privata, alla quale si collegano due frammenti di ubicazione sconosciuta (Zanelli, 1999, pp. 45-48). Per Geddo (1997, pp. 214-216) il polittico del Museo Bagatti Valsecchi di Milano sarebbe stato fatto intorno al 1535 per S. Marta a Genova, per la presenza dei patroni Giovanni Battista e Giorgio e di s. Marta. Riserve sono espresse da Agosti (in Restituzioni, 2008, pp. 344-352 scheda 45, con corretto rimontaggio del polittico). Cadono nel quarto decennio alcune ancone che, pur nel ricorso a idee leonardesche, per monumentalità e classicismo sono in rapporto con Cesare da Sesto e con il Luini della maturità: in possibile sequenza il polittico di S. Magno a Legnano, le Adorazioni del Bambino della Pinacoteca Ambrosiana di Milano e del Museo Cantonale d’arte di Lugano, la Madonna di Loreto con i ss. Giovanni Battista e Caterina d’Alessandria di S. Ambrogio a Ponte Capriasca (Geddo, 1992, pp. 75-77; 1994, pp. 62 s.; 1997 pp. 214-216; in Il Cinquecento lombardo, 2000, pp. 176-178, scheda III.54; Carpené, 1993-94, pp. 85-92; Marani, 1998a, pp. 291-297; Agosti, in Restituzioni, 2008, pp. 344-352, scheda 45; Brambilla, 2010, pp. 222 s., scheda 53; Calderari - Damiani Cabrini, 2010, p. 168; un disegno per la santa Caterina della pala di Ponte Capriasca è pubblicato da Rinaldi, 2013, pp. 235-238).
È del 26 luglio 1549 un atto inerente alla dote della figlia Angelica (Shell, 1988, p. 15). Rizzoli morì fra il 13 novembre e il 25 dicembre 1553, come si ricava da documenti che menzionano il figlio Gerolamo (Geddo, 2006, pp. 258 s.).
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