CAMINO, Rizzardo (Novello) da
Figlio di Guecellone (VII) e di Mabilia di San Bonifacio, Rizzardo, terzo di questo nome, nacque sul finire del sec. XIII. Già prima che suo padre venisse deposto dalla carica di capitano generale ed espulso da Treviso (14-15 dic. 1312), tra i Caminesi e Cangrande Della Scala si era giunti ad un accordo, che doveva essere suggellato dal matrimonio del giovane Rizzardo con Verde, figlia di Alboino Della Scala e nipote di Cangrande. Il matrimonio, che segnò in modo decisivo il destino del C., fu celebrato però soltanto il Natale dell'anno 1316.
Nell'estate del 1320 il C. avviò una politica propria dichiaratamente autonoma dal padre, concludendo un compromesso col Comune di Treviso e col vicario imperiale, il conte Enrico II di Gorizia. Guecellone, insieme con lo Scaligero nemico da anni della città, avrebbe dovuto rinunciare a tutti i suoi possedimenti e diritti in favore del figlio: in cambio il Comune e il conte di Gorizia avrebbero confermato e garantito i possedimenti dei Caminesi. In tale contesto va probabilmente inquadrata anche la notizia di un temporaneo ripudio di Verde. Non sembra comunque che l'accordo sia mai stato applicato.
La perdita di Feltre e Belluno, delle quali gli Scaligeri si erano impossessati nel 1321, indebolì ulteriormente la posizione dei Caminesi, ancor più intaccata nel 1324, dopo la morte di Guecellone, dalla occupazione di Serravalle ad opera di sostenitori di Cangrande. Solo dopo la morte improvvisa dello Scaligero, nel 1329, il C. rientrò in possesso di questo centro della signoria dei Camino "di sopra". Egli esercitava diritti di signoria anche nel Cadore, dove il fratellastro Bernardino aveva la carica di podestà. Disponeva inoltre, come "comes Cenetensis", di proprietà nel comitato di Ceneda e di feudi, che tuttavia gli venivano contestati dal vescovo di Ceneda, Francesco Ramponi.
Nonostante le non sempre felici esperienze sue e del padre con gli Scaligeri, il C. rimase un sostenitore dei signori di Verona ed appoggiò i loro sforzi espansionistici, coronati dal successo, nei confronti delle città della Marca Trevigiana, particolarmente Padova.
Nel Friuli il C. tentò, proprio come il suo omonimo zio, una politica risoluta e indipendente cercando di inserirsi nel presumibile vuoto di potere insorto quando, con la morte di Pagano della Torre (dicembre 1332), si era aperta una lunga vacanza della sede patriarcale di Aquileia e la dinastia dei conti di Gorizia era priva, dopo la morte di Enrico II, di autorevoli rappresentanti maschili. Nel novembre del 1333 egli assediò e conquistò l'importante città di Sacile. Un compromesso di pace con la contessa Beatrice di Gorizia, vedova di Enrico II, ed i rappresentanti della Chiesa di Aquileia, che era stato proposto, non giunse all'accordo. Nell'estate dell'anno successivo il C. rinnovò i propri attacchi alle piazzeforti del Friuli occidentale. Nei confronti del patriarca Bertrando di San Genesio, da poco nominato, il C. si mostrò dapprima conciliante. Nel gennaio 1335 chiese la conferma degli estesi feudi di cui la famiglia dei Camino era stata da tempo investita dalla Chiesa di Aquileia, tra cui il Cadore e i castelli di Cordignano, Reginzolo e Cavolano. Per questi prestò al patriarca il giuramento feudale. Il patriarca prese tempo in considerazione degli ingenti danni che il Caminese aveva provocato durante la vacanza della sede alla Chiesa di Aquileia. Nel frattempo le lotte tornarono a divampare di nuovo con violenza maggiore particolarmente intorno a Sacile, ma si conclusero in modo assai sfavorevole per il C., che si rivolse invano per aiuti a Verona, ai parenti Scaligeri. Nel luglio 1335 il patriarca elevò formale accusa contro il C. davanti al Parlamento di Udine. Poiché egli non si presentò a giustificarsi entro il termine prescritto, gli furono revocati tutti i feudi.
Nel settembre dell'anno 1335 il C. morì a Serravalle.
Era l'ultimo esponente maschio della famiglia dei Camino "di sopra". Sua moglie Verde, che gli fece costruire un mausoleo a S. Giustina di Serravalle, ricevette l'eredità per conto delle figlie Caterina, Beatrice e Rizzarda, ma gli eredi maschi del ramo dei Camino "di sotto", Gherardo e Rizzardo, accamparono i loro diritti. Questa controversia diede origine ad una lunga contesa.
Bibl.: P. M. Federici, Notizie storico-genealogiche della famiglia de' signori da Camino, Venezia 1788, pp. 51 ss.; D. Barbon, IlComune di Treviso dal 1312al 1329, Treviso 1901, pp. 90 ss.; G. B. Picotti, ICaminesi e la loro signoria in Treviso dal 1283al 1312, Livorno 1905, p. 332; G. Biscaro, Ifalsi documenti del vescovo di Ceneda, Francesco Ramponi, in Bull. dell'Ist. stor. ital. per il M. E. e archivio muratoriano, XLIII (1925), pp. 93-178; F. Tamis, Ilcapitaniato di Agordo dalle origini al dominio veneto. La signoria degli Avoscano, in Arch. stor. di Belluno, Feltre e Cadore, XXIV (1953), pp. 109 ss.; P. Paschini, Storia del Friuli, II, Udine 1954, pp. 74 ss.; L. Gava, La signoria dei da Camino in Belluno, in Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore, XXVII (1956), pp. 55-76; G. Fabbiani, Alcuni documenti riguardanti Sappada di Cadore, ibid., XXXIII (1962), pp. 49-66; G. Richebuono, Ampezzo di Cadore dal 1156al 1335, Belluno 1962, pp. 36 ss.