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Riti sommari. Modifiche del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo

di Antonio Scarpa - Il Libro dell'anno del Diritto 2016
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Riti sommari. Modifiche del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo

Antonio Scarpa

Riti sommari
Modifiche del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo

L’art. 1 della l. 29.12.2011, n. 218, al fine di porre termine alle conseguenze applicative determinate in argomento da Cass., S.U., 9.9.2010, n. 19246, è intervenuto sul secondo comma dell’art. 645 c.p.c., per il quale il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito, sopprimendo dal finale di tale comma le parole «ma i termini di comparizione sono ridotti a metà». L’art. 2 della stessa legge n. 218/2011 ha poi introdotto, per i giudizi già pendenti, una norma transitoria di interpretazione autentica dell’art. 165, co. 1, c.p.c., correlando il dimezzamento del termine di costituzione dell’opponente soltanto alla scelta dallo stesso operata di assegnare all’opposto un termine di comparizione inferiore a quello legale.

La ricognizione

Nessuno avrà certamente dimenticato come Cass., S.U., 9.9.2010, n. 19246, per ravvisate esigenze di coerenza sistematica, oltre che pratiche, avesse affermato che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, stante il generico disposto dell’allora vigente art. 645, co. 2, c.p.c., i termini di costituzione dell’opponente e dell’opposto dovessero intendersi ridotti alla metà non solo in caso di volontaria assegnazione dal primo al secondo di un termine per comparire inferiore a quello legale, ma in ogni caso, quale effetto processuale automatico conseguente al solo fatto che l’opposizione risultasse proposta. Ciò aveva determinato un radicale ribaltamento del precedente diffuso orientamento secondo cui, essendo rimessa alla facoltà dell’opponente la riduzione alla metà dei termini di comparizione, prevista dall’art. 645, co. 2, c.p.c., nella sola eventualità in cui questi se ne fosse concretamente avvalso, dovevano risultare corrispondentemente ridotti alla metà pure i termini di costituzione, la cui inosservanza, peraltro, ai sensi dell’art. 647 c.p.c., comporta la non lieve complicazione dell’esecutività del decreto ingiuntivo. Sono ben noti altresì i rilievi critici della dottrina e i contrasti applicativi nella giurisprudenza di merito che seguirono alla ricordata pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte: «su di essa si è scritto e detto tutto e più di tutto»1.

Nell’auspicio di eliminare ogni strascico di Cass. n. 19246/2010, la l. 29.12.2011, n. 218, è, così, dapprima intervenuta (art. 1) sull’art. 645 c.p.c., il cui secondo comma, per la disciplina del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, rinvia alle norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito, sopprimendo dal finale di tale comma le parole «ma i termini di comparizione sono ridotti a metà». Quanto ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della l. n. 218/2011 (ovvero, al 20 gennaio 2012), la stessa (art. 2) introduce una norma di interpretazione autentica dell’art. 165, co. 1, c.p.c., condizionando la riduzione del termine di costituzione dell’opponente all’effettiva assegnazione all’opposto di un termine per comparire inferiore a quello legale.

La focalizzazione

La giurisprudenza ha fatto subito applicazione della norma di interpretazione autentica dell’art. 165, co. 1, c.p.c., dettata dall’art. 2 l. n. 218/2011, ripristinando così la regola di giudizio disattesa da Cass. n. 19246/2010: soltanto allorché l’opponente si sia avvalso della facoltà di indicare un termine di comparizione inferiore a quello ordinario, il termine per la sua costituzione si intende, quindi, automaticamente ridotto a cinque giorni dalla notificazione dell’atto di citazione in opposizione2. È stata anche ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della citata disposizione transitoria, alla luce della piena ammissibilità nella materia civile di leggi retroattive non solo interpretative, ma anche innovative, purché adeguatamente giustificate sul piano della ragionevolezza, come nel caso in cui l’interpretazione della disciplina richiamata rappresenti una delle possibili letture del dato normativo e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti. In tal senso, l’art. 2 l. n. 218/2011, col dettare una regola di immediata operatività per i procedimenti in corso, correlando la dimidiazione dei termini di costituzione alla scelta acceleratoria dell’opponente, non è sembrata dar luogo ad alcuna intrusione indebita del legislatore nel contenzioso pendente, né realizzare alcun attentato ai diritti al giusto processo3. La soluzione è conforme ai principi più volte ribaditi dalla Corte costituzionale con riferimento alle leggi di interpretazione autentica, stante il limite penalistico del divieto di retroattività ex art. 25 Cost. Proprio per questo, la funzione di “interpretazione autentica” rivestita da un intervento legislativo, volto a definire e chiarire la portata precettiva della norma preesistente, fissata in un contenuto plausibilmente già espresso dalla stessa, può accompagnarsi ad una funzione “innovativa” munita di efficacia retroattiva anche con riguardo a situazioni pregresse, salvo il controllo di ragionevolezza, di cui all’art. 3, co. 1, Cost.4

I profili problematici

Il profilo di maggiore problematicità che suscita la l. n. 218/2011, è legato all’individuazione dei procedimenti cui torna applicabile il riformato art. 645 c.p.c., in virtù del quale nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo operano gli ordinari termini di comparizione; nonché all’individuazione dei «procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore» della stessa legge, per i quali debba, invece, rilevare la norma interpretativa dell’art. 165, co. 1, c.p.c., nel senso di dare significato, ai fini della tempestività della costituzione dell’opponente, alla scelta acceleratoria da lui esplicitata con l’assegnazione del termine abbreviato a comparire. C’è infatti il rischio di pervenire ad un’interpretazione contraddittoria tra i due articoli della l. n. 218/2011, ritenendo dapprima l’art. 1 della stessa (e quindi la previsione del termine minimo di novanta giorni) riferibile, in difetto di un’apposita previsione transitoria, secondo il generale principio tempus regit actum5, alle citazioni in opposizione a decreto ingiuntivo comunque notificate dopo il 20 gennaio 2012; e pervenendo, invece, ad una delimitazione dell’ambito di incidenza dell’art. 2 di tale legge (ove è, per contro, presente un espresso rinvio ai «procedimenti pendenti») con riguardo alla speciale litispendenza del rito monitorio segnata dalla data di deposito del ricorso per decreto ingiuntivo, in base al criterio di cui all’ultimo comma dell’art. 39 c.p.c., come modificato dalla l. 18.6.2009, n. 69, ovvero dalla data della notificazione del medesimo decreto, ai sensi dell’art. 643, co. 3, c.p.c.6 La conclusione che non potrebbe accettarsi sarebbe, in pratica, quella di considerare operanti per uno stesso giudizio di opposizione le distinte ed inconciliabili modifiche apportate dai due soli articoli della l. n. 218/2011, recando una di esse, e non l’altra, un’esplicita disciplina transitoria orientata in senso contrario al criterio tempus regit actum. Sembra, quindi, più rassicurante l’interpretazione che invoca il ricorso alla modifica abrogativa dell’ultima frase dell’art. 645 c.p.c. per tutte le opposizioni avviate a notifica dopo l’entrata in vigore della leggina di dicembre 2011, e coerentemente utilizza l’interpretazione autentica dell’art. 165 c.p.c. per le sole opposizioni anteriormente notificate, con esse identificando i «procedimenti pendenti» soggetti alla dettata regola intertemporale7.

Note

1 Proto Pisani, A., Un nuovo principio generale del processo, in Foro it., 2011, I, 117.

2 Si veda Cass., 16.2.2012, n. 2242.

3 Cass., 17.5.2012, n. 7792.

4 C. cost., 7.7.2006, n. 274; C. cost., 25.11.2003, n. 341; C. cost., 23.7.2002, n. 374.

5 In forza del quale, in assenza di norme che diversamente dispongano, lo ius superveniens trova applicazione immediata in materia processuale, ove si riferisca a singoli atti da compiere, isolatamente considerati, e non già ad un intero nuovo rito: Cass., 7.10.2010, n. 20811, in Giust. civ. Mass., 2010, 1301.

6 In argomento, si veda Cass. ord. 26.4.2012, n. 6511.

7 Così Tedoldi, A., La modifica dell’art. 645, 2° comma, c.p.c.: i termini dell’opposizione a decreto ingiuntivo non si dimezzano più, in Riv. dir. proc., 2012, 377; ma difformemente Finocchiaro, G., Normativa ad hoc per i procedimenti pendenti, in Guida dir., 2012, fasc. 4, 104, per il quale per «procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge» dovrebbero intendersi tutti i procedimenti monitori i cui ricorsi introduttivi ex art. 638 c.p.c. siano stati depositati in cancelleria prima del 20 gennaio 2012.

Vedi anche
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Indice
  • 1 Riti sommariModifiche del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo
  • 2 La ricognizione
  • 3 La focalizzazione
  • 4 I profili problematici
  • 5 Note
Categorie
  • DIRITTO PROCESSUALE in Diritto
Vocabolario
ingiuntivo
ingiuntivo agg. e s. m. [der. di ingiungere]. – Che si riferisce a un ordine, che comporta o esprime un ordine: modi i.; con tono i.; una frase ingiuntiva. In partic., nel linguaggio giur., decreto i., quello con cui il giudice nei procedimenti...
mini-decreto
mini-decreto (mini decreto), s. m. Provvedimento esecutivo il cui contenuto è limitato a poche disposizioni, di importanza minore. ◆ Un’ordinanza molto articolata – «un mini decreto in 24 articoli» – che [Guido] Bertolaso ha consegnato...
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