Riti a cognizione piena. Azione di classe a tutela del consumatore
La lunga gestazione della tutela collettiva risarcitoria si è conclusa con l’introduzione dell’azione di classe in favore di consumatori ed utenti (art. 140 bis c. cons.). Dal 1° gennaio 2010, a fronte di illeciti produttivi di danno nei confronti di una pluralità di individui, è consentito esercitare un’azione speciale, contraddistinta dalla possibilità di cumulare all’interno di un unico processo i diritti individuali omogenei dei consumatori, che esprimono la loro adesione alla classe, ma non acquistano la qualità di parte. Nella consapevolezza che il buon funzionamento del processo di classe avrebbe richiesto l’adozione di una tecnica legislativa ben più raffinata di quella risultante dal testo dell’art. 140 bis c. cons., la rassegna delle prime pronunce di merito intervenute costituisce l’occasione per analizzare alcune delle principali questioni interpretative poste dalla disciplina positiva.
L’ultimo stadio dell’evoluzione delle tecniche di tutela giurisdizionale collettiva nell’ordinamento italiano è costituito dall’azione di classe, introdotta dall’art. 49 l. 23.7.2009, n. 99, rubricato Modifica all’art. 140 bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 2061. Non si è trattato di una vera e propria novità, dato che l’attuale art. 140 bis c. cons. ha sostituito la precedente versione della disposizione, mai divenuta efficace, introdotta dalla legge cd. finanziaria per il 20082. La gamma di strumenti di tutela collettiva dei consumatori, che già comprendeva le azioni inibitorie collettive di clausole abusive e di atti e comportamenti lesivi (artt. 37 e 140 c. cons.), si è dunque ampliata con l’introduzione della azione risarcitoria e restitutoria di classe. Le azioni inibitorie collettive regolano le forme della tutela preventiva e sono finalizzate ad impedire il compimento, la continuazione o la reiterazione di una condotta, consentendo la soddisfazione unitaria e congiunta dell’interesse collettivo alla cessazione dell’illecito; esse prescindono dalla eventuale offensività (rectius, dannosità) del comportamento oggetto del comando inibitorio del giudice3 e il loro esercizio è riservato ad associazioni iscritte in un apposito elenco ministeriale. L’azione di classe, invece, è uno strumento processuale di tutela risarcitoria e restitutoria collettiva, proponibile da qualunque individuo, purché qualificabile come «consumatore» e titolare di un diritto soggettivo omogeneo rispetto a quello degli altri consumatori potenziali componenti della classe; si tratta di uno strumento di tutela cd. successivo, che presuppone l’illecito dannoso e che è finalizzato a soddisfare i diritti dei singoli mediante la reintegrazione dei loro patrimoni.
1.1 I principali contenuti dell’intervento normativo
L’art. 140 bis c. cons. contiene le regole per l’esercizio dell’azione con cui è consentito cumulare all’interno di un medesimo processo «i diritti individuali omogenei» di tutti i soggetti danneggiati da una medesima condotta o da condotte plurime identiche, senza che costoro diventino parti processuali; la legittimazione ad agire spetta ai titolari dei diritti stessi, ed in particolare al consumatore che assume su di sé l’onere di proporre l’azione di classe; è prevista espressamente la possibilità di conferire la rappresentanza processuale volontaria ad associazioni e comitati; i consumatori titolari di diritti omogenei possono aderire all’azione, rimanendo vincolati alla decisione e al giudicato; il provvedimento finale può essere una condanna al pagamento o alla restituzione di somme. L’art. 140 bis c. cons. disciplina un vero e proprio rito speciale, a struttura bifasica, che si svolge davanti al collegio: la causa viene introdotta con le forme del rito ordinario di cognizione, ma è soggetta ad un filtro di inammissibilità della domanda; qualora questa sia ritenuta ammissibile, il processo continua, in modo deformalizzato, sino alla sentenza finale.
La nuova disciplina dell’art. 140 bis c. cons. ha suscitato non pochi interrogativi tra gli studiosi4. La chiara ispirazione al modello statunitense delle Federal Class Actions ha prodotto una copia sbiadita dello strumento processuale di tutela collettiva adottato oltreoceano, contraddistinta da poche luci e molte ombre. Nella pratica applicazione, oltre ai profili relativi alla legittimazione ad agire e alla rappresentanza volontaria, è emersa la questione dell’oggetto del processo, giacché non è chiaro se il legislatore abbia voluto limitare il ricorso alla azione di classe soltanto per esperire rimedi risarcitori e restitutori, ovvero abbia voluto consentire il cumulo di altre azioni; strettamente connessa è la problematica inerente l’estensione soggettiva della controversia, anche alla luce dell’espresso divieto di intervento volontario ex art. 105 c.p.c., disposto dalla norma. Il giudizio di ammissibilità rappresenta un nodo centrale dell’intera disciplina, con riguardo alla sua struttura, ai suoi presupposti e alla sua compatibilità costituzionale. Parimenti controversa è parsa la nozione di identità dei diritti azionabili con le forme dell’azione di classe, anche in virtù della poco chiara nomenclatura usata dal legislatore. Oltre ai problemi già emersi dalle prime pronunce di merito, di cui il presente contributo si propone di fornire una rapida rassegna, si profilano all’orizzonte altre importanti questioni. Non è chiaro quale grado di stabilità debba riconoscersi al provvedimento che decide sull’ammissibilità della azione; perplessità suscita il meccanismo di estensione soggettiva della controversia: chi aderisce non acquista la qualità di parte né i relativi poteri, ma si vincola al risultato del processo e rischia di vedere pregiudicato il proprio diritto di difesa; inoltre, sull’attore incombe un indefinito dovere di curare adeguatamente gli interessi della classe, sottoposto a verifica da parte dei giudici. Particolarmente gravi sono le lacune che riguardano la mancanza di una adeguata disciplina della conciliazione collettiva e delle spese giudiziali, nonché dei modi e delle forme delle impugnazioni.
L’azione di classe è entrata in vigore il 1° gennaio 2010. A fronte di una notevole attività di promozione effettuata prevalentemente sui propri siti internet, nonché a mezzo stampa5, dalle principali associazioni di consumatori operanti a livello nazionale, in poco più di un anno e mezzo non sono state avviate azioni in numero apprezzabile e gli esiti sono stati per lo più sfavorevoli ai proponenti.
A) La prima azione ex art. 140 bis c. cons. è stata proposta, davanti al Tribunale di Torino, contro un istituto bancario; l’attore, rappresentato da una associazione di consumatori, chiedeva l’adozione di rimedi in forma specifica e la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti; asseriva, altresì, la plurioffensività della condotta. Il collegio dichiarava, con ordinanza, inammissibile l’azione, ravvisando la carenza di interesse ad agire dell’attore6; proposto reclamo, la Corte d’appello, oltre a precisare che con l’azione di classe sono esperibili soltanto azioni di condanna al risarcimento e/o alle restituzioni, e mai azioni di accertamento mero (qual è quella di nullità di clausole contrattuali), riformava la decisione nel senso della manifesta infondatezza della domanda7.
B) Una seconda azione di classe è stata proposta, davanti al Tribunale di Napoli, da un consumatore rappresentato da una associazione, nei confronti di un tour operator, per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dei gravi disagi sofferti da un gruppo di consumatori acquirenti di un «pacchetto tutto compreso»; il tour operator, con l’atto di costituzione in giudizio, chiamava in causa la compagnia di assicurazione e la società proprietaria della struttura alberghiera, e il Tribunale di Napoli, con decreto, differiva la data della prima udienza, concedendo termine all’impresa convenuta per effettuare la chiamata in causa dei terzi e implicitamente ammettendo l’estensione soggettiva ed oggettiva della controversia di classe8.
C) Una terza azione di classe è stata proposta, davanti al Tribunale di Milano, contro un distributore di prodotti farmaceutici, per sentirne dichiarare la responsabilità da prodotto difettoso, in relazione alla commercializzazione di un test anti-influenzale, e per far accertare l’adozione di una pratica commerciale scorretta; l’attore domandava, in conseguenza, le restituzioni delle somme pagate a titolo di prezzo d’acquisto e il risarcimento del danno in favore di quanti avessero utilizzato il presidio medico; il Tribunale di Milano dichiarava inammissibile la domanda proposta con riferimento alla responsabilità da prodotto difettoso, essendo questa stata rivolta nei confronti del distributore, e non invece nei confronti del produttore; la domanda fondata sulla scorrettezza della pratica commerciale e sull’inganno perpetrato in danno dei consumatori era, invece, dichiarata ammissibile9.
D) Due azioni di classe sono state proposte, dinanzi al Tribunale di Roma, da una associazione, in rappresentanza di un consumatore, nei confronti di un istituto di credito, per far dichiarare l’illegittimità di «commissioni di scoperto di conto» nonché di altre clausole praticate su un prodotto bancario ampiamente diffuso tra i cd. correntisti, la cui adozione integrava altresì un comportamento anticoncorrenziale e una pratica commerciale scorretta; l’attore chiedeva l’espunzione dal contratto delle clausole, la restituzione delle somme indebitamente trattenute e il risarcimento del danno patrimoniale subito; il collegio, dopo aver ritenuto configurabile l’omogeneità dei diritti dei singoli consumatori potenzialmente danneggiati dalla condotta della banca, dichiarava, con riferimento ad entrambe le azioni proposte, inammissibile la domanda perché, non essendo l’azione di classe esercitabile con riferimento a fatti avvenuti prima del 16.8.2009, riguardava un illecito cd. istantaneo, consistente nella modifica unilaterale di clausole di un contratto bancario, avvenuta prima di tale data10.
E) Anche la sesta azione di classe è stata proposta nei confronti di un istituto di credito in relazione a presunte illiceità commesse nell’ambito di rapporti di conto corrente; il Tribunale di Torino ravvisava il difetto di legittimazione della associazione che aveva agito, oltre che in rappresentanza di alcuni consumatori, anche in proprio; dichiarava il difetto di rappresentanza della stessa, in quanto il mandato conferito dai consumatori non attribuiva all’ente il potere di disporre dei diritti controversi; statuiva l’inammissibilità dell’azione, perché proposta da individui dalle precarie condizioni economiche, incapaci di gestire un processo dai costi particolarmente elevati e dunque inadeguati a curare gli interessi della classe11.
F) Una settima azione di classe è stata proposta nei confronti di una società produttrice e distributrice di sigarette, da parte di una associazione di consumatori, in proprio e in qualità di mandataria di alcuni consumatori di prodotti da fumo, per la condanna al pagamento del risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla dipendenza da nicotina di tutti gli acquirenti dei prodotti, nonché dal timore di contrarre patologie correlate al loro consumo, e per la restituzione delle somme pagate per l’acquisto dei prodotti; il Tribunale di Roma dichiarava il difetto di legittimazione dell’associazione; qualificava ammissibile l’azione proposta rispetto a comportamenti che, pur avendo avuto inizio prima del 16.8.2009, integravano tuttavia un illecito permanente; negava, però, l’ammissibilità della domanda, ravvisando la mancanza del requisito della identità tra il diritto azionato dall’attore e quelli dei potenziali consumatori danneggiati; nel merito, la domanda era dichiarata inammissibile, perché non era ravvisabile alcun illecito nella condotta della società convenuta12.
3.1 L’ambito soggettivo di applicazione, la legittimazione ad agire e la questione della irretroattività della disciplina
Tra i presupposti per l’esercizio dell’azione di classe figurano la qualità di consumatore del proponente e la circostanza che la condotta illecita sia stata posta in essere successivamente all’entrata in vigore della l. n. 99/2009 (15.8.2009). Attore può dunque essere soltanto una «persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta» (art. 3 c. cons.); nella prima azione di classe proposta è sorto il problema concernente la destinazione cd. «mista» dei «beni» o «servizi», riscontrabile allorché questi siano utilizzati sia per esigenze di natura personale che di natura professionale ed idonea ad incidere sulla qualità di consumatore dell’acquirente. L’accertamento della qualità di consumatore, all’interno del processo di classe, è stato fondato sulla verifica della destinazione d’uso del conto corrente bancario, nonostante questa sia risultata in parte riferibile all’attività professionale svolta dall’attore13; la qualifica di consumatore spetta in ogni caso al singolo individuo, se le operazioni riconducibili alla attività professionale si manifestano marginali rispetto a quelle che non lo sono14. La limitazione dell’accesso alla nuova forma di tutela collettiva risarcitoria soltanto al consumatore è pacifica e dipende dalla collocazione dell’azione di classe all’interno del codice del consumo, nonché dall’incipit del co. 1 dell’art. 140 bis, che si riferisce ai diritti individuali omogenei «dei consumatori e degli utenti», e da analoghi riferimenti alla qualificazione soggettiva dei legittimati ad agire (e ad aderire), contenuti anche ai co. 2, 3, 1215. Anche la questione dell’individuazione dei soggetti legittimati ad agire si è posta nella pratica applicazione. Ognuna delle azioni sinora esercitate ha visto il consumatore proponente conferire mandato ad una associazione di consumatori, affidandole, dunque, la rappresentanza nel processo, in conformità con la possibilità riconosciuta dall’art. 140 bis, co. 1, c.p.c. Tale circostanza ha determinato una confusione interpretativa nei casi in cui l’ente associativo ha agito non solo in nome e per conto del rappresentato, ma anche iure proprio16. I giudici di merito hanno ritenuto che la natura di strumento di tutela risarcitoria e restitutoria dei diritti individuali omogenei dei consumatori, propria della azione di classe, escluda la legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori, che non possono nemmeno qualificarsi come sostitute processuali del proponente; esse possono agire, in proprio, soltanto con le forme delle azioni inibitorie collettive di cui agli artt. 37 e 140 c. cons., qualora siano iscritte nell’elenco di cui all’art. 137 c. cons. Con riguardo al conferimento della rappresentanza processuale volontaria all’associazione, da parte del singolo consumatore, la giurisprudenza ha ribadito il principio consolidato secondo cui il potere di rappresentanza processuale non può essere disgiunto dalla rappresentanza sostanziale, che si concretizza nella possibilità di disporre del diritto controverso; ove la procura rilasciata dal consumatore non lo preveda, l’azione di classe è inammissibile per difetto di legitimatio ad processum dell’ente collettivo. Sotto altro e diverso profilo, la giurisprudenza17 ha preso atto della scelta del legislatore di limitare la fisiologica retroattività della disciplina processuale contenuta nell’art. 140 bis c. cons. ai soli illeciti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della l. n. 99/2009 (15.8.2009)18; sicché la sola chance di perseguire con le forme della azione di classe comportamenti lesivi commessi anteriormente a tale data ricorre allorché tali condotte siano proseguite anche successivamente, configurando illeciti di tipo cd. permanente19.
3.2 Il tipo di tutela azionabile e l’estensione soggettiva della controversia
Un nodo interpretativo centrale si è posto con riferimento alle ipotesi in cui con l’azione di classe siano stati domandati, oltre al risarcimento del danno, anche la pronuncia di nullità di clausole contrattuali e la loro espunzione dai contratti dei consumatori aderenti. La questione del tipo di tutela azionabile deriva dall’espressione usata dall’art. 140 bis c. cons., secondo cui il consumatore «può agire per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni». L’oggetto dell’azione di classe sembrerebbe dunque poter variare e limitarsi anche al semplice accertamento della responsabilità del convenuto20. Non sembra che tale interpretazione abbia sinora trovato riscontri in giurisprudenza, che, invece, ha confermato l’opinione, maggiormente diffusa in dottrina, secondo la quale l’oggetto del processo di classe può essere soltanto il diritto al risarcimento del danno e/o alle restituzioni conseguenti ad un illecito21. Ne consegue peraltro che, in tutti i casi in cui l’illecito lamentato non sia (o non sia ancora) produttivo di un danno, lo strumento di tutela è costituito dalle azioni inibitorie collettive ex artt. 37 e 140 c. cons., dato che l’azione risarcitoria e restitutoria ex art. 140 bis risulterebbe inefficace. La questione dell’estensione soggettiva della controversia di classe parrebbe essere stata affrontata in modi diversi dai giudici di merito. Il Tribunale di Napoli, come visto, ha ammesso la chiamata in causa del terzo da parte del convenuto, concedendo il differimento della prima udienza; il Tribunale di Milano, invece, nel dichiarare inammissibile l’azione di classe proposta nei confronti del solo distributore di un prodotto difettoso, ha di fatto precluso all’attore ogni possibilità di chiamare in giudizio il produttore22. L’ammissibilità della partecipazione di terzi al processo si intreccia con la questione della delimitazione dell’oggetto del processo di classe, considerando che: a) l’art. 140 bis c. cons. parrebbe disciplinare una azione cd. tipica di condanna (risarcitoria e restitutoria), con conseguente preclusione di ogni altra forma di tutela; b) il co. 10 espressamente vieta l’intervento volontario di terzi ex art. 105 c.p.c. Sul piano sistematico, parrebbe ragionevole ammettere la chiamata in giudizio dei terzi garanti ovvero dei terzi che siano, in via alternativa o solidale, effettivi responsabili dell’illecito; non dovrebbe esservi spazio per l’intervento in causa dei consumatori class members, relegati alla posizione di semplici aderenti23. La causa del consumatore proponente verso il convenuto e quella di quest’ultimo verso il terzo chiamato avrebbero oggetti diversi, senza alcun pericolo di duplicazione delle attività che ritardino o rendano più gravoso il processo; inoltre, il compimento di un accertamento unitario eviterebbe il pericolo di giudicati disomogenei e, soprattutto, tutelerebbe gli interessi del convenuto originario che aspiri ad essere garantito dal terzo ed essere da questi, in tutto o in parte, esonerato dalla responsabilità. Tuttavia, non pare agevole prescindere dal dato positivo, che impone di considerare l’art. 105 c.p.c. inapplicabile, con conseguente esclusione di ogni tipo di intervento volontario nel processo, incluso quello cd. adesivo dipendente, quale sarebbe quello di titolari di situazioni giuridiche dipendenti, cioè di creditori, di aventi causa dell’attore e di creditori, di aventi causa (o dell’assicuratore) del convenuto, i quali non possono intervenire volontariamente per sostenere le ragioni del proprio debitore, del proprio dante causa o del proprio assicurato; sarebbe dunque irragionevole ammettere che tali categorie di soggetti possano entrare nel processo se chiamati in causa ex artt. 106 e 107 c.p.c.24.
3.3 La struttura del giudizio di ammissibilità e la sua compatibilità costituzionale
Il cd. filtro di inammissibilità è un passaggio obbligato del processo di classe, nel quale i giudici sono chiamati a valutare la manifesta infondatezza della domanda, l’identità dei diritti dei consumatori, l’eventuale sussistenza di un conflitto di interessi e la capacità del proponente di curare adeguatamente gli interessi della classe. Le prime applicazioni dell’art. 140 bis hanno confermato l’impressione secondo cui la fase preliminare di verifica della non manifesta infondatezza della domanda riguarda la prospettazione in diritto, posta a fondamento della pretesa e non la veridicità dei fatti costitutivi, a meno che questa non sia di per sé ragionevolmente esclusa dalle prove allegate agli atti introduttivi del giudizio25. Particolarmente significativa è la pronuncia del Tribunale di Torino26 con cui, per la prima volta, è stata affrontata la questione della capacità dell’attore di «curare adeguatamente gli interessi della classe», il cui riconoscimento è stato subordinato alla solidità della sua condizione patrimoniale, necessaria per sostenere le spese di pubblicità all’ordinanza che dichiari ammissibile la domanda. La circostanza che gravi sulla parte meno forte economicamente il costo necessario a garantire la partecipazione dei membri della classe al processo costituisce un problema di efficienza della azione di classe non certo ignoto all’esperienza di ordinamenti giuridici stranieri27; con specifico riguardo alla disciplina dell’art. 140 bis, è doveroso chiedersi quale consumatore, per definizione persona fisica e ontologicamente soggetto debole del mercato, potrà essere un adeguato rappresentante della moltitudine di potenziali aderenti (sottraendo così la propria domanda alla pronuncia di inammissibilità), se il criterio per valutare tale adeguatezza sarà collegato alla solidità del suo patrimonio. Quanto alla compatibilità costituzionale del giudizio di ammissibilità, l’analogia con il meccanismo non dissimile previsto dalla l. 13.4.1988, n. 117, in tema di responsabilità civile dei magistrati, nei confronti del quale è stato escluso, a più riprese, il dubbio di legittimità costituzionale sulla base della comparazione tra i valori in gioco28, appare condivisibile29; infatti, nell’azione di classe, la predisposizione di un meccanismo di filtro all’esercizio della tutela giurisdizionale è giustificata dal bilanciamento tra l’esigenza del convenuto di liberarsi in tempi rapidi da azioni di classe pretestuose o palesemente infondate e quella dei consumatori di essere tutelati rispetto alla possibilità di aderire ad azioni destinate ad un probabile insuccesso.
3.4 La nozione di identità dei diritti individuali dei consumatori
Con riguardo all’oggetto della tutela, il dato testuale dell’art. 140 bis c. cons. appare contraddittorio: il legislatore si riferisce indifferentemente ai «diritti individuali omogenei» e alla «identità» dei diritti dei consumatori. Nel dubbio tra omogeneità e identità, quest’ultima è stata riferita non ai diritti tout court, ma agli elementi che compongono la pretesa azionata in giudizio, ed in particolare agli elementi oggettivi, con la precisazione che l’identità non può certo riferirsi alla misura del petitum30. Quanto alla valutazione di ammissibilità, che sembrerebbe imporre una perfetta coincidenza tra le situazioni soggettive del proponente e quelle degli aderenti, sembra ragionevole ritenere che essa si risolva nell’accertare la assoluta prevalenza delle questioni comuni (de facto e de iure) poste a fondamento dei diritti aventi origine da un medesimo fatto costitutivo o da fatti costitutivi identici31.
1 Sull’introduzione, nel nostro ordinamento, della tutela collettiva risarcitoria per i consumatori e sull’evoluzione del quadro normativo sino alla attuale formulazione dell’art. 140 bis c. cons., si rinvia a Punzi, L’«azione di classe» a tutela dei consumatori e degli utenti, in Riv. dir. proc., 2010, 25; v., anche, De Santis, Profili dell’azione di classe a tutela di consumatori e utenti, in Giusto proc. civ., 2010, 1066 ss.
2 Sull’azione collettiva risarcitoria, cfr., esemplificativamente, Caponi-Palmieri-Dalfino-Consolo- De Santis, Azione collettiva risarcitoria (art. 140 bis cod. consumo), in Foro it., 2008, V, 180 ss.; Lener-Rescigno (a cura di), Class, Action!(?), in Analisi giuridica dell’economia, 2008, 1 ss.; Carratta, L’azione collettiva risarcitoria e restitutoria: presupposti ed effetti, in Riv. dir. proc., 2008, 727 ss.; Costantino, La tutela collettiva risarcitoria. Note a prima lettura dell’art. 140 bis cod. consumo, in Foro it., 2008, V, 20; Dalfino, Questioni di diritto e giudicato, II ed., Torino, 2008, 276 ss.; Ruffini, Legittimazione ad agire, adesione ed intervento nella nuova normativa sulle azioni collettive risarcitorie e restitutorie di cui all’art. 140 bis del codice del consumo, in Riv. dir. proc., 2008, 707 ss.
3 Cfr., da ultimo, Trib. Milano, 6.10.2009 e Id., 21.12.2009, in Giur. it., 2010, 1671 ss., con nota di Giussani, Tutela individuale e tutela collettiva del consumatore nelle pratiche commerciali scorrette tra diritto sostanziale e processo.
4 Da ultimo, per ampi riferimenti, cfr. Donzelli, L’azione di classe a tutela dei consumatori, Napoli, 2011.
5 Cfr. «Il Fatto quotidiano», 3.5.2011, ultima pagina, in riferimento alla iniziativa che Altroconsumo dichiara di voler intraprendere nei confronti della Rai - Radiotelevisione italiana s.p.a., con riguardo alla presunta interruzione del servizio pubblico di informazione in occasione delle consultazioni elettorali amministrative del marzo 2010; sul punto, v. TAR Lazio, sez. III ter, 12.3.2010, n. 1176, Id., 26.3.2010, n. 1404, Id., 12.3.2010, n. 1180, in Giur. it., 2011, 390, con nota di De Santis.
6 Cfr. Trib. Torino, 4.6.2010, in Foro it., 2010, I, 2523.
7 V. App. Torino, 27.10.2010, in Foro it., 2010, I, 3530.
8 Cfr. Trib. Napoli, 31.5.2010, in Corr. giur., 2010, 985, con commento di Costantino e Consolo, Prime pronunce e qualche punto fermo sull’azione risarcitoria di classe, nonché in www.judicium.it, con commento di Menchini
9 Cfr. Trib. Milano, 20.12.2010, in Foro it., 2011, I, 617.
10 Cfr. Trib. Roma, 25.3.2011, in Foro it., 2011, I, 1889.
11 Cfr. Trib. Torino, 28.4.2011, in Foro it., 2011, I, 1888.
12 Trib. Roma, 11.4.2011, in corso di pubblicazione in Foro it.
13 Trib. Torino, 4.6.2010, cit.
14 Cfr. Cass., 8.6.2007, n. 13377, in Giust. civ., 2008, I, 996; Cass., 23.2.2007, n. 4208, in Foro it., 2007, I, 2439.
15 Tale limitazione, pur discutibile sul piano dell’opportunità, appare difficilmente censurabile sotto il profilo della legittimità costituzionale, anche alla luce di quanto affermato da C. cost., 22.11.2002, n. 469 (in Foro it., 2003, I, 332).
16 Cfr. Trib. Torino, 28.4.2011, cit.; Trib. Roma, 11.4.2011, cit.
17 Cfr. Trib. Roma, 25.3.2011, cit., con riferimento ad un presunto illecito qualificato istantaneo (adozione di clausole contrattuali); Trib. Roma, 11.4.2011, cit., con riguardo, invece, ad una condotta asseritamente illecita ritenuta di tipo permanente.
18 Scelta oggetto di ampie critiche in dottrina: cfr., per tutti, Caponi, Il nuovo volto della class action, in Foro it., 2009, V, 384, secondo cui «si tratta di una irragionevole eccezione rispetto alla regola che, se si introducono nuove norme processuali, consente la deduzione in giudizio di diritti sorti in un momento anteriore rispetto a quello in cui si agisce secondo le nuove norme. Tale limitazione è pertanto incostituzionale per violazione dell’art. 3 Cost.».
19 Cass., S.U., 3.3.2010, n. 5023, in Foro it., 2010, I, 2788, nella cui motivazione si richiama il principio espresso da Cass., 20.12.2000, n. 16009, in Rep. Foro it., 2000, voce Responsabilità civile, n. 183, secondo cui «l’istantaneità o la permanenza del fatto illecito extracontrattuale deve essere accertata con riferimento non già al danno, bensì al rapporto eziologico tra questo ed il comportamento contra ius dell’agente, qualificato dal dolo o dalla colpa; mentre nel fatto illecito istantaneo tale comportamento è mero elemento genetico dell’evento dannoso e si esaurisce con il verificarsi di esso, pur se l’esistenza di questo si protragga poi autonomamente (fatto illecito istantaneo ad effetti permanenti), nel fatto illecito permanente il comportamento contra ius oltre a produrre l’evento dannoso, lo alimenta continuamente per tutto il tempo in cui questo perdura, avendosi così coesistenza dell’uno e dell’altro».
20 In tal senso, v. Caponi, Il nuovo volto della class action, cit., 383 s.; Bove, Profili processuali dell’azione di classe, in Giusto proc. civ., 2010, 1015.
21 Cfr. App. Torino, 27.10.2010, cit.; in dottrina, v. Costantino, La tutela collettiva risarcitoria 2009: la tela di Penelope, in Foro it., 2009, V, 388 ss.; si consenta di rinviare anche a De Santis, L’azione di classe a tutela dei consumatori, in Chinè-Miccolis (a cura di), La nuova «class action» e la tutela collettiva dei consumatori, Roma, 2010, 157 ss.
22 Considerando che il sistema di norme in tema di responsabilità da prodotto difettoso, contenuto negli art. 114 ss. c. cons. (spec. art. 116), nonché l’interpretazione della giurisprudenza (Cass., 1.6.2010, n. 13432, in Rep. Foro it., 2010, voce Responsabilità civile, n. 244; v., anche, Cass., 20.6.2009, n. 11710, in Foro it., 2009, I, 2662) impongono al distributore un onere di indicazione del produttore responsabile ed effettivo obbligato e ammettono la possibilità che questo sia chiamato dalle parti, ovvero convenuto per ordine del giudice, la scelta del Tribunale di Milano non pare giustificabile se non alla luce della ritenuta inammissibilità della estensione soggettiva della controversia.
23 È questa l’opinione di Menchini, I primi provvedimenti relativi all’azione di classe dell’art. 140- bis cod. consumo, in www.judicium.it.
24 In tal senso, v. Costantino e Consolo, Prime pronunce e qualche punto fermo, cit., 985 ss.
25 Cfr. Trib. Roma, 7.4.2011, cit.
26 Cfr. Trib. Torino, 28.4.2011, cit.
27 Cfr. il celebre caso Eisen v. Carslisle & Jaqueline, 417 U.S. 156, 1974, ricordato da Costantino, Contributo allo studio del litisconsorzio necessario, Napoli, 1979, 14; Vigoriti, Interessi collettivi e processo: la legittimazione ad agire, Padova, 1979, 291 ss.; Cappelletti, Formazioni sociali e interessi di gruppo davanti alla giustizia civile, in Riv. dir. proc., 1975, 396 s.; v., anche, Giussani, Studi sulle «class actions», Padova, 1996, 80 ss.; cfr., anche, con riguardo ai profili di analisi economica del diritto, Bone, The Economics of Civil Procedure, New York, 2003, 250 ss.; con riguardo alla Verbandsklage (azione collettiva proposta dalle associazioni), v. Trocker, Interessi collettivi e diffusi, in Enc. giur., 1990; Cappelletti-Garth, The Protection of Diffuse, Fragmented and Collective Interests in Civil Litigation, in Habscheid (a cura di), Effektiver Rechtsschutz und verfassungsmäßige Ordnung, Würzburg, 1983, 158 ss.
28 Cfr., ex multis, Cass., 20.10.2006, n. 22540, in Rep. Foro it., 2006, voce Astensione e ricusazione, n. 53.
29 Cfr. App. Torino, 27.10.2010, cit.
30 Cfr. Trib. Roma, 25.3.2011, cit.
31 Cfr. Trib. Roma, 7.4.2011, cit.; è significativo notare come la motivazione dell’ordinanza evochi il requisito della commonality di cui alla Federal Rule of Civil Procedure 23 (a)(2), che regola le class actions federali nell’ordinamento statunitense..