Ristoro d'Arezzo
Autore di un trattato di cosmografia in otto libri, in prosa, in volgare aretino, La composizione del mondo. Il titolo dell'opera, il nome e l'origine dell'autore e la probabile data in cui fu completata (1282) si ricavano dall'explicit; altre scarse notizie biografiche dall'opera stessa. R. fu monaco (parla infatti di un " convento nostro "); era già adulto nel 1239 quando si verificò un' eclissi totale di sole visibile ad Arezzo (I 15); sapeva " disegnare e arteficiare oro ed argento, e disegnare e mettere colori " (II 1), ma ancor più che la pittura lo interessava la " scienza delle stelle la quale è sopra tutte " (III 8).
La prosa di R. non è elaborata e ricca alla maniera del contemporaneo e conterraneo Guittone, non obbedisce ai canoni retorici, ma riflette il suo vario atteggiamento: monotona e un po' arida quando espone sistematicamente il frutto delle sue letture, mossa e vivace quando è espressione della sua ammirazione per l'universo in cui l'animo suo, che è mosso da interessi scientifici e insieme da un fervido sentimento religioso, scorge l'impronta di Dio. R. stesso indica alcune delle sue fonti: Aristotele, Tolomeo, Averroè, Avicenna, Alfragano - da cui trae una specie di sommario delle nozioni di geografia, che espone in un capitolo fuori numerazione (tra 1'l1 e il 12 del libro VI) -, Albumasar, Zahel, noti a lui nelle numerose traduzioni latine dal greco o dall'arabo che a partire dal sec. XI rinnovano le fonti e gli strumenti delle discipline scientifiche del Quadrivio; e poi ancora Isidoro, a cui si ispira un altro capitolo ‛ singolare ', quello sui vasi aretini (tra il 4 e il 5 del libro VIII), Ambrogio.
Non è possibile dire se D. abbia conosciuto l'opera di R.., che non nomina mai. Comuni sono sicuramente le fonti del loro sapere, ciò che giustifica la sostanziale identità della concezione cosmologica nel suo complesso e il presentarsi nell'uno e nell'altro di certi temi ‛ scientifici '; e basti accennare alle macchie della luna, diversamente spiegate (Pd II 49-148; Composizione del mondo III 8) o al dibattuto problema trattato nella Quaestio, di cui R. e D. propongono la stessa soluzione: la quarta habitabilis è una gibbosità a forma di mezzaluna che emerge dalla sfera dell'acqua nell'emisfero boreale per influsso delle stelle, più fitte in questa parte del cielo (Composizione 120, VI 1-2, VIII 12).
Certo colpiscono, come osserva il Marti, talune coincidenze nei particolari, come quando R. dice del pianeta Venere che " va tuttavia quasi col sole, e quando le va dinanzi, e quando dietro " (I 18; cfr. Pd VIII 12) o come quando, aggiungeremo noi, R. solennemente proclama la vocazione dell'uomo alla ricerca e alla conoscenza (Composizione I 1; cfr. If XXVI 119-120).
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