RISORSE
L'uomo, per vivere, ha sempre avuto bisogno di ricorrere alle r. offerte dal pianeta − territorio, acqua, aria, cibo, materie prime (vegetali, animali, minerali) − per ottenere i più svariati materiali, l'energia, un ambiente nel quale vivere. Le r. sono servite e servono all'uomo per soddisfare una serie di diverse esigenze, dalla disponibilità di spazio per le sue attività economiche e sociali, al mangiare, vestirsi, abitare, produrre manufatti, trasportare, alla salute, ma anche ai suoi fini di soddisfacimento culturale e ricreativo.
Lo sviluppo della società umana è indissolubilmente legato alla disponibilità di r. specifiche. Per questo motivo, storicamente, le r. hanno rappresentato l'aspetto forse più vincolante della specie umana, nel senso che la loro abbondanza ha condizionato non solo le possibilità di sviluppo economico e culturale, ma anzitutto il numero stesso di individui in grado di vivere sul pianeta. Lo sviluppo della società umana e quello della quantità e qualità delle r. disponibili sono andati quindi avanti di pari passo, tanto che una storia delle r. finisce per rappresentare un modo di descrivere e comprendere la storia dell'umanità. In tale processo si è via via profondamente modificato il concetto stesso di r. e di come utilizzarle, la natura dei problemi da affrontare, il centro degli interessi. Così, mentre per l'uomo primitivo interesse primario era la tutela e difesa del territorio come area vitale per la sua sussistenza, analogamente a quanto fa qualsiasi altra specie animale, oggi esso sta diventando l'ambiente, inteso come insieme fisico e culturale ove l'uomo deve vivere al meglio, e tale da offrire non soltanto r. fisiche, ma benessere nel senso del complesso degli elementi (naturali, estetici, spirituali) che lo pongano in sintonia con il modo di pensare e di concepire da parte della società. Il rapporto uomo-r. ha presentato diversi stadi, da quello della raccolta, a quello della coltivazione nato con lo sviluppo dell'agricoltura e culminato nel processo d'industrializzazione, fino a giungere allo stadio attuale che si avvale della tecnologia scientifica, della scienza dei sistemi e della complessità.
Dalla sua comparsa fino a qualche migliaio di anni fa, l'uomo ha utilizzato le sole r. che la natura gli metteva direttamente a disposizione con la raccolta dei frutti, la caccia, l'uso del legno, delle ossa, delle pietre, dell'acqua e, più tardi, dei metalli allo stato nascente. L'uomo della raccolta viveva sostanzialmente in equilibrio ecologico con i vegetali e gli animali presenti nel territorio: un predatore costretto a subire l'incostanza delle condizioni naturali. La natura appariva pertanto raramente amica, spesso invece ostile, pericolosa, sconosciuta, capricciosa. In tali condizioni l'uomo non poteva che essere nomade per andare là dove trovava r., tanto più se facili e migliori. Nei periodi di grande scarsità di cibo era costretto a vere e proprie migrazioni. Si trattava quindi di uno stretto rapporto di dipendenza dell'uomo dal territorio nel quale viveva, che doveva pertanto presidiare e difendere in quanto rappresentava la sua r. per eccellenza.
La scoperta dell'agricoltura, avvenuta circa diecimila anni fa (e avvenuta in parallelo a quella dell'allevamento), ha totalmente sconvolto le condizioni precedenti di vita. L'agricoltura, infatti, ha consentito all'uomo di coltivare e ricavare le ''sue'' r. invece di raccogliere soltanto quelle che gli venivano offerte spontaneamente dalla natura. Ciò ha portato a una moltiplicazione delle r., anche se non è diminuita la dipendenza dalle variazioni della natura, e a uno stretto legame uomo-terra che comportava sedentarietà, e dunque insediamenti stabili come i villaggi o in seguito le città. L'uomo stabilmente insediato ha cominciato a costruire e conservare arnesi, strumenti, beni materiali. Si sono così stimolate le tecniche di costruzione, la manifattura degli oggetti in ceramica, lo sfruttamento dei metalli. Con l'evoluzione delle tecniche, si sono inventate le macchine, si è fatto ricorso alle fonti di energia. Il culmine di questo processo è stato la rivoluzione industriale, nata in Inghilterra alla fine del 18° secolo, che ha consentito, nei paesi industrializzati, di dare a tutti i cittadini un gran numero di beni e servizi i più diversi.
La società fondata sulla coltivazione ha visto l'uomo svincolarsi dalla necessità dell'equilibrio ecologico. Egli ha modificato l'ambiente e piegato la natura ai suoi bisogni, ha scelto le specie vegetali e animali che più gli erano utili, ha aumentato le rese con la lavorazione della terra, l'irrigazione, la concimazione, la rotazione delle colture, la difesa dai parassiti. In tal modo ha distrutto i primitivi equilibri naturali e instaurato sistemi disequilibrati che devono essere continuamente protetti, con il ricorso a r. materiali, energia, macchine. L'uomo, inoltre, ha sfruttato i minerali, concentrato gli elementi che gli erano utili, ne ha fatto oggetti, ha costruito città, strade, canali, fabbriche, trasportato merci. I suoi interventi hanno modificato profondamente l'ambiente (come in vaste aree dell'Europa e dell'Asia sud-orientale), alterando in modo drammatico non soltanto le condizioni di vita, ma anche il paesaggio.
La moltiplicazione delle r. può essere messa in evidenza esaminando alcuni indicatori specifici, come il rendimento nella produzione del grano, espressa come rapporto tra grano prodotto e seminato, che è passato da 3-4 dell'epoca di Roma imperiale a 30-40 di oggi, tanto che, mentre un tempo occorrevano da 1 a 2 ha coltivati per dare il cibo a una persona, oggi occorre coltivare meno di un decimo di tale superficie. Un altro esempio è offerto dal ferro: per produrne un quintale occorrevano, in epoca rinascimentale, quasi 10.000 ore di lavoro, mentre oggi ne occorrono al massimo poche decine. Il ferro, quindi, solo pochi secoli fa era ancora un prodotto di lusso. Il grano, bene assai più dipendente dai cicli naturali che non il ferro, ha oggi un costo equivalente a quello del ferro, mentre in epoca rinascimentale occorrevano alcune centinaia di ore di lavoro per comprarne un quintale. In ambedue i casi i costi espressi in ore/lavoro stanno ancora calando a ritmi sostenuti.
Un ulteriore esempio è offerto dal rendimento energetico delle macchine, che, appena dell'1% nella macchina di Newcomen nel 1700, era salito al 2÷3% in quella inventata da J. Watt, consentendo di moltiplicare per 8 la produttività del lavoro manuale, e che nelle macchine termiche di oggi arriva anche al 50%, un valore ben superiore al 10÷20% che è il rendimento dei muscoli di uomini e animali, ossia delle macchine naturali. Infine, il rendimento energetico nella produzione di luce è passato da valori dell'1‰ del 1700, all'1% della lampada a incandescenza di Th.A. Edison alla fine del 19° secolo, fino al 50% circa di quelle più efficienti di oggi.
Le conseguenze di questi processi moltiplicatori delle r. sono state rivoluzionarie. La popolazione mondiale è passata dai circa 5 milioni di 10.000 anni fa, ai 100 milioni dell'età romana, ai 4÷500 milioni dell'inizio della rivoluzione industriale, fino agli oltre 5 miliardi di oggi. Altrettanto impressionante è stato l'aumento della vita media, almeno nei paesi più avanzati, passata dai 20 anni all'epoca della fondazione di Roma, ai 35 del Rinascimento, agli oltre 70 di oggi. Un altro indicatore demografico, legato soprattutto all'uso di r. materiali ed energetiche, è il livello di urbanizzazione che, se si considerano città i centri con oltre 5000 abitanti, è rimasto in Europa inferiore al 20% fino al 1840 per arrivare poi vertiginosamente a quasi l'80% di oggi.
Non vanno inoltre dimenticate altre conseguenze fondamentali della moltiplicazione delle r., come l'aumento dell'istruzione e la drastica riduzione dell'analfabetismo passato, nei paesi industriali, dall'oltre 90% della fine del 18° secolo ai valori minimi di oggi; o l'esplosione dell'inventività umana, coincisa con l'adozione della macchina e la conseguente rivoluzione industriale che ha consentito di liberare un numero crescente di uomini dalla necessità di privilegiare la ripetitività dei processi artigianali, memorizzati per imitazione a scapito delle innovazioni, e dalla schiavitù di allocare energia nell'espletare lavori fisici pesanti: inventività umana e disponibilità di energia pro capite sono andate avanti di pari passo. Infine, la moltiplicazione delle r., e di quelle energetiche in particolare, ha portato dapprima a forme di organizzazione sociale e di lavoro che rendevano inutile il ricorso alla schiavitù e poi allo sviluppo delle forme moderne di democrazia, con la difesa e la valorizzazione dell'individuo e del suo spazio privato.
L'impiego di sempre nuove r. alimentari, materiali ed energetiche e l'aumento di produttività nel loro ottenimento e nel loro impiego sono coincisi con lo sviluppo delle conoscenze, in particolare della scienza e della tecnologia. Di fatto, l'uomo per lo sfruttamento delle r. ha dovuto sviluppare un insieme imponente di tecnologie, e mentre in tempi remoti si è trattato soprattutto di tecnologie che facilitavano l'impiego delle r. le cui possibilità già trasparivano nel modo stesso in cui si presentavano in natura, successivamente si è sempre più trattato di tecnologie che, in aggiunta alle r. di pronto impiego, consentissero di trasformare la materia in modo profondo, in modo tale da convertirla in r. utilizzabili. Le varie r., quindi, piante, materiali, energia, erano già contenute nel pianeta, ma occorreva ''inventarle'', ossia trovare le tecnologie adatte per il loro sfruttamento.
Le tecnologie agricole si sono sviluppate con l'irrigazione, la rotazione delle colture, la selezione delle specie, la concimazione, ecc., fino a diventare tra le più sofisticate a disposizione dell'uomo, ma sono ben lungi dall'essere stabilizzate e anzi offrono ancora enormi prospettive soprattutto in relazione agli sviluppi attesi per le biotecnologie. Anche lo sfruttamento dei vari materiali ha richiesto lo sviluppo di tecnologie complesse e sofisticate, da quelle primitive per la lavorazione della pietra o del legno, a quelle per sfruttare le argille e le ceramiche (formatura e cottura), le fibre di lana, di lino, di cotone, i metalli (si pensi alla coltivazione delle miniere, alla riduzione del minerale a metallo, alla fusione, alligazione, tempera, forgiatura, laminazione, imbutitura, inchiodatura, saldatura, sinterizzazione, trattamenti superficiali), il vetro, fino a quelle chimiche per ottenere fertilizzanti, pesticidi, coloranti, farmaci, materie plastiche e tutta una serie di altri prodotti di sintesi che entrano negli usi più diversi, industriali e civili.
Lo stesso vale per l'energia, a partire dalla conquista del fuoco, una delle maggiori avventure dell'uomo. Altre tecnologie energetiche hanno riguardato nel corso del tempo l'addomesticamento degli animali da lavoro; l'invenzione dell'aratro, della slitta, del carro; l'uso della ruota nel trasporto, nella manifattura, nelle cadute d'acqua; i mantici per le fucine; i mulini a vento; il pompaggio dell'acqua nelle gallerie delle miniere di carbone; le tecniche di trivellazione; i forni e le caldaie, la macchina a vapore e il motore a scoppio; gli oleodotti e i gasdotti; le perforazioni in mare aperto fino al nucleare.
L'uso delle r., cresciuto in modo esponenziale fino quasi ai nostri giorni, ha portato a un impatto eccezionale sul territorio con modifiche dell'ambiente. L'uomo ha modificato e costruito il territorio, ha violato la natura, ha rapinato r., ma siccome su tale territorio doveva e deve pur vivere, è stato indotto a difendere l'ambiente anche dallo stesso degrado naturale. Per questa ragione, per es., in montagna ha eretto muri a secco e scavato canali di scolo, ha rinforzato le zone franose, ha costruito argini, ha ricreato boschi d'alto fusto liberandoli dal sottobosco che li avrebbe soffocati. La terra è diventata più produttiva e più vivibile, tanto che in diecimila anni la popolazione del pianeta è cresciuta di mille volte e ogni uomo vive oggi in condizioni assai più agiate e sicure e, nei paesi più ricchi, addirittura opulente. Si è avuto in tal senso un mutamento nella concezione arcaica della natura che, da ostile, è diventata amica e da difendere.
La difesa della natura è così diventata un nuovo e non previsto bisogno, cui si è reso necessario dedicare parte delle r. disponibili. Infatti l'uso crescente pro capite delle r. e l'aumento della popolazione implicano uno sfruttamento eccessivo di grandi estensioni di territorio, con conseguenti fenomeni come l'inaridimento, l'erosione, la cementificazione di aree, il disboscamento, ecc., e implicano anche la produzione di una quantità impressionante di rifiuti e inquinanti i più diversi, agricoli e urbani, civili e industriali, solidi, liquidi e gassosi, che contaminano e degradano le acque superficiali e sotterranee, il suolo, l'aria. Tutto ciò richiede interventi volti a contrastare effetti negativi sempre più preoccupanti per intensità ed estensione e che travalicano l'ambito territoriale in cui sono provocati (è il caso delle piogge acide che provocano la distruzione dei boschi), diventando addirittura di portata planetaria, come nel caso del cosiddetto ''effetto serra'' dovuto soprattutto all'accumulo di biossido di carbonio nell'atmosfera per l'uso dei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas), con il rischio di un aumento della temperatura terrestre, e conseguente fusione dei ghiacciai, crescita del livello dei mari, modifiche drammatiche del clima (v. anche ambiente; inquinamento; ozono, in questa Appendice).
La possibilità di una catastrofe ecologica da inquinamento fu messa in evidenza in un famoso rapporto Limiti dello sviluppo elaborato dal Massachusetts Institute of Technology per il Club di Roma (1972), che ha pure posto l'accento sulle conseguenze negative dell'esaurimento delle risorse. La possibilità di un tale esaurimento contrasta con l'antica concezione della natura come fonte inesauribile di r., mentre il pianeta è una specie di scrigno che contiene quantità limitate di r., alcune in particolare non rinnovabili, come i minerali e i combustibili fossili. Uno sfruttamento troppo intenso di tali r. porterebbe perciò all'esaurimento in tempi brevi di quelle di cui il pianeta è meno dotato. Anche le r. rinnovabili, per effetto dei cicli naturali (vegetali e animali) sono limitate dalla superficie disponibile e dalle condizioni d'insolazione, dato che sono dovute all'utilizzazione, da parte della natura vivente, dell'energia solare. Eppure, nonostante la sua suggestività, e malgrado certe apparenze, tale concezione appare sostanzialmente errata, come mostra già la breve analisi che è stata sopra sviluppata sull'invenzione e la coltivazione delle r., e ancor più, come sarà detto avanti, in relazione ai nuovi sviluppi tecnologici.
Piuttosto che lo sfruttamento delle r. è invece l'inquinamento il pericolo assai più consistente, non perché sia inevitabile, ma perché l'umanità ha per troppo tempo considerate inesauribili e a costo zero, cioè completamente gratuite, determinate r. come l'ambiente stesso, l'acqua, l'aria, che tali non sono, mentre per le restanti ha sempre dovuto pagare un prezzo, se non altro in termini di fatica fisica, di lavoro, di macchine, di tecnologie.
Mentre un tempo l'attenzione dell'uomo era puntata su singole r., alcune delle quali hanno assunto via via grande rilevanza strategica (per es. l'ossidiana, che qualche millennio a.C. ha dato avvio a importanti commerci nell'area del Mediterraneo, e poi la porpora, il rame, il ferro, l'argento, l'oro, l'indaco, la gomma, il cromo, il tungsteno), sempre più il problema delle r. è diventato ampio e complesso, non solo perché si accresceva il contenuto tecnologico e di ricerca per il loro sfruttamento, ma anche perché si trovavano nuovi sostituti per r. antiche, e soprattutto perché quelli delle r., dello sviluppo economico e culturale, e dell'ambiente, apparivano all'evidenza sempre più come problemi interconnessi.
Oggi la questione dello sviluppo socio-economico di tutto il mondo, e in particolare la riduzione del disequilibrio tra paesi del Nord e del Sud, e la salvaguardia dell'ambiente, rappresentano un'unica complessa problematica a carattere globale che ha come suo centro la questione delle r., del cibo, delle materie prime minerali, dell'energia. Per questo occorre comprendere bene in che modo le r. possano oggi venire intese e utilizzate, e che cosa significhi e rappresenti lo stadio attuale della civiltà dell'uomo.
Lo sviluppo tecnologico ed economico sta portando a una vera e propria ''dematerializzazione'', ossia alla riduzione dell'intensità di materiali del prodotto lordo. Le cause sono molteplici: si possono ricordare le nuove macchine e i nuovi processi di lavorazione che consentono di ridurre fortemente gli scarti, il fatto che i materiali, sia i nuovi che quelli tradizionali, hanno oggi prestazioni molto più elevate, ciò che, con una progettazione meno empirica del passato, e con l'ausilio di CAD (Computer Aided Design) e CAM (Computer Aided Manufacturing), ossia di metodi computerizzati di progettazione e di manifattura, permette di ridurre assai la quantità di materiali necessaria per ottenere un manufatto. La creazione di nuovi materiali più leggeri (leghe, plastiche da ingegneria, ceramici, compositi) e la miniaturizzazione in tutti i casi in cui le grandi dimensioni non sono oggettivamente richieste, portano anch'essi un grosso contributo. Informatica e tecnologie flessibili di lavorazione robotizzata stanno ribaltando l'approccio del sistema produttivo nei confronti del mercato; mentre tradizionalmente l'approccio al mercato era quello di produrre, mettere a magazzino e cercare di vendere, oggi sempre più si tende a progettare e a produrre in qualità e quantità soltanto ciò che richiede il mercato. Questo modo di produrre just in time, assieme al ricorso alle tecnologie delle telecomunicazioni, sta portando all'ottimizzazione dei magazzini, fino alla loro eventuale scomparsa e all'eliminazione dell'invenduto. La telematica, inoltre, permette di ottimizzare i trasporti, facendo sempre più muovere i vettori a carico completo sia in andata che in ritorno, e consentendo quindi un risparmio in vettori, carburanti e vie di comunicazione.
La dematerializzazione sta peraltro investendo anche il mondo dell'agricoltura e dell'industria alimentare. Ciò avviene per le tecniche di coltivazione: si pensi all'irrigazione a goccia; alla lotta biologica ai parassiti che riduce e, al limite, può eliminare il ricorso ai pesticidi chimici; alle prospettive di fissazione diretta dell'azoto in specie vegetali geneticamente modificate in modo che le loro radici vivano simbioticamente con batteri azotofissatori, così da eliminare l'uso di fertilizzanti azotati per la cui produzione occorrono enormi quantità di energia. Lo stesso avviene per i prodotti (si pensi ai dolcificanti centinaia di volte più efficienti dello zucchero, oppure ai prodotti conservati con tecniche che ne mantengono intatte le proprietà nutritive), e così pure per i nuovi stili di alimentazione e nutrizione di uomini e animali (una più attenta alimentazione, un migliore stato generalizzato di salute).
Se storicamente si è avuta una marcata correlazione diretta tra aumento del prodotto lordo e consumo di materie prime e di energia, oggi questo non vale più, almeno nelle società avanzate, come indicano per es. i dati di produzione e consumo di acciaio nel 1974 e nel 1988 in alcune aree geopolitiche (tab. 1). Negli anni successivi i consumi di acciaio sono variati in più e in meno in modo vistoso e si sono ridotti particolarmente nei paesi dell'Europa centro-orientale e in Russia a causa della crisi del sistema produttivo. La quantità di materie prime necessaria per unità di produzione industriale, è oggi circa un terzo di quella dell'inizio del Novecento ed è destinata a ridursi assai più consistentemente in futuro. Inoltre, nei paesi industrializzati dell'Occidente, negli anni successivi alla crisi petrolifera del 1973, si è avuto un aumento consistente del PIL con modesti incrementi dei consumi energetici (tab. 2).
Ma il processo di dematerializzazione risulta ancora più profondo e coinvolgente di quanto detto finora, ove si pensi alla vera e propria rivoluzione tecnologica e sociale scatenata da un insieme di eventi interdipendenti, come la crisi della società dei consumi di massa nata con la rivoluzione industriale, società caratterizzata dall'enfasi posta su obiettivi quantitativi con la necessità di input sempre più alti di capitale, energia e materie prime per produrre sempre di più. Una società che appare via via sostituita da una società nuova che privilegia gli aspetti della conoscenza e del software a scapito dello hardware e della materialità, e mira alla scientifizzazione delle tecnologie.
Tali eventi hanno originato un vero e proprio salto di paradigma nella struttura socio-economica dei paesi industrializzati. Il nuovo paradigma che sta emergendo è caratterizzato da un'attenzione sulla qualità, la diversificazione, la rispondenza funzionale di prodotti, processi e servizi; da piccole ed efficienti unità produttive che sfruttano le nuove tecnologie e decentrano la produzione; dall'adozione di prodotti e processi che richiedono assai meno materie prime ed energia per unità di prodotto; dall'enfasi su attività più ''immateriali'', come il software e i servizi; da una forte attenzione per l'ambiente locale e globale. Sotto il profilo dell'impatto ambientale, siccome gli sviluppi ricordati portano a consumare meno materiali ed energia, a produrre meno rifiuti e a occupare meno spazio, ma richiedono più intelligenza, conoscenza e tecnologia, questo significa un migliore controllo e un minore impatto ambientale, e rappresenta quindi anche un deciso passo verso la realizzazione di nuove ecotecnologie.
La scientifizzazione della tecnologia comporta l'inglobamento nel corpo stesso della tecnologia di profonde conoscenze scientifiche e quindi il divenire essa stessa una forma di scienza, anche se di natura non monodisciplinare ma tipicamente transdisciplinare, che tenga conto cioè di un vasto ventaglio di aspetti tecnico-scientifici, ambientali, umani. Tutto ciò ha conseguenze rivoluzionarie sulle risorse. Infatti, l'invenzione delle r., così com'è avvenuta in passato, ha comportato lo sviluppo di tecnologie che, come si è visto, hanno rappresentato un modo intuitivo di sfruttare quanto la natura è già in grado di offrire. Ma le nuove r. che l'uomo sta sviluppando oggi richiedono un approccio completamente differente perché la loro caratteristica è di non presentarsi come tali in natura.
Le biotecnologie (v. in questa Appendice) stanno aprendo un'agricoltura e un allevamento totalmente nuovi, con l'invenzione di specie più produttive; resistenti ai climi aridi o all'acqua salmastra; che danno frutti che non degenerano e marciscono; che ottimizzano l'alimentazione essendo ricche in sostanze utili e pregiate e povere, o esenti da sostanze di scarso utilizzo o dannose, con effetti positivi sulla mangimistica o per gli usi energetici e industriali; o con nuovi metodi di fertilizzazione quali la fissazione diretta dell'azoto atmosferico; con la lotta biologica ai parassiti e con la creazione di ecosistemi autocontrollati che limitano il bisogno di interventi esterni (fertilizzanti e pesticidi chimici, acqua, energia).
La scienza dei materiali sta da parte sua rivoluzionando l'industria dei metalli, delle plastiche, dei ceramici, tutti materiali le cui proprietà possono essere enormemente migliorate (v. ceramica; compositi, materiali; leghe; materiali, scienza dei, in questa Appendice). Ma soprattutto crea nuovi materiali inimmaginabili senza le conoscenze a scala atomica che correlano proprietà a struttura. I ceramici, notoriamente fragili, possono essere resi più plastici e tali da sostituire i metalli. Oggi già circolano le prime automobili sperimentali con motore ceramico con notevoli vantaggi, dato che si può semplificare la vettura (abolendo per es. il radiatore) e aumentare il rendimento energetico. Dato che i ceramici sono composti del silicio, dei quali abbonda la crosta terrestre, questo si traduce in un aumento straordinario delle r. materiali. S'inventano anche nuove fibre − di vetro, di carbonio, aramidiche (il kevlar), di boro e altri metalli, ceramiche − e con esse si rinforzano i materiali strutturali, facendo compositi leggeri ed eccezionalmente resistenti. Gli aerei, i container, le auto, le carrozze ferroviarie, le barche, gli attrezzi sportivi, sempre più sono fatti di compositi.
Altri nuovi materiali sono quelli per l'elettronica, tra i quali i semiconduttori (v. in questa Appendice) e primo fra tutti il silicio. La loro realizzazione ha richiesto la conoscenza del comportamento degli elettroni e delle impurità nella materia, lo sviluppo delle tecnologie della iperpurificazione e della crescita dei grandi cristalli perfetti e la creazione delle tecniche della microelettronica. L'informatica è figlia diretta di questi sviluppi.
Un nuovo settore, nato proprio in questi anni, è quello dei superconduttori a temperature superiori a quella dell'azoto liquido, che apre sviluppi straordinari ai computer ad alta velocità, alla generazione, stoccaggio, conversione, trasporto e utilizzo dell'energia, al trasporto ferroviario con treni superveloci a levitazione magnetica, all'automobile elettrica. Tutto questo con risparmio di r. convenzionali in termini di materiali ed energia.
Oggi sempre più l'approccio alla realizzazione di un materiale avviene a scala atomico-molecolare, cosicché, per es., una volta che si sia specificata una proprietà desiderata, come l'emissione della luce di una data lunghezza d'onda, si è in grado di calcolare la composizione atomica di una struttura semiconduttrice multistrato che possiede tale proprietà, e di costruire poi tale struttura, letteralmente atomo per atomo. Questo vale ormai per qualunque proprietà di un materiale o addirittura di una molecola − antiparassitario, farmaco, protettore di corrosione, lubrificante, colorante − che si avvia a essere calcolata, a partire dalle conoscenze di base della quantochimica, con i supercomputer e l'intelligenza artificiale, e a essere realizzata con le tecniche avanzate della scienza dei materiali, della chimica, della biologia, in molecole e strutture materiali.
Allo stesso modo l'uomo è oggi in grado di creare nuove fonti di energia (v. in questa Appendice). Lo sfruttamento dell'energia nucleare ha richiesto la conoscenza approfondita della costituzione della materia e dei nuclei atomici, e lo sviluppo di processi controllati delle reazioni di fissione a catena dei nuclei di uranio. La realizzazione di reattori autofertilizzanti a neutroni veloci consente di moltiplicare di oltre 50 volte la quantità di energia ottenibile dall'uranio. L'energia solare fotovoltaica (v. fotovoltaica, cella, in questa Appendice) si basa sulle stesse conoscenze che hanno portato alla microelettronica: le celle solari a base di film di silicio amorfo e di altri materiali speciali consentiranno probabilmente di ottenere fra qualche decina di anni energia elettrica dal sole in modo economico. La fusione nucleare controllata punta a riprodurre sulla terra le condizioni del sole, ove nuclei leggeri (ottenuti dall'acqua e dal litio) si fondono fra loro alla temperatura di centinaia di milioni di gradi liberando enormi quantità di energia. Si tratta di processi che creano nuove r. energetiche sempre meno materiali. L'energia fotovoltaica non richiede combustibili, ma leggere celle di silicio; la fissione nucleare può dare rendimenti energetici della materia fino a centinaia di migliaia di volte superiori a quelli dell'energia chimica (carbone, petrolio, gas); la fusione nucleare può produrre rendimenti 10 milioni di volte superiori, e l'incontro e annichilazione di materia e antimateria (in un futuro ancora più lontano) 10 miliardi di volte.
La gamma di nuove r. alimentari, materiali ed energetiche che la tecnologia sta via via mettendo in piedi è quindi vastissima. Inoltre l'uomo sta allargando il ''territorio'' ove sfruttare le r. di cui ha bisogno, anche se con estrema cautela per non danneggiare irreversibilmente l'ambiente; e per questo la ricerca si effettua nelle zone polari, in miniere a profondità crescenti, nei mari aperti (non soltanto il petrolio, ma i noduli di manganese e altri metalli) e in futuro anche nello spazio (l'energia del sole da convertire in elettricità, i minerali della luna e degli asteroidi). L'attuale sviluppo dell'acquacoltura (fiumi, laghi, lagune, zone costiere, ma in futuro anche i mari aperti) sta trasformando la raccolta del pesce e di prodotti vegetali da pura rapina in coltivazione. Tenendo conto dell'enorme estensione dei mari, si tratta di una vera e propria rivoluzione con una portata non dissimile da quella agricola di 10.000 anni fa. Si supera in tal modo la concezione del pianeta inteso come uno scrigno contenente una determinata e via via decrescente quantità di risorse.
La r. di gran lunga più importante a disposizione della società si sta dunque rivelando l'uomo stesso, le conoscenze che è capace di sviluppare e accumulare e la sua creatività, che gli consentono di affrontare situazioni e problemi e di trovare soluzioni adeguate in termini di funzionalità, strumenti, mezzi e risorse. Tutto questo fa sì che muti anche il centro dell'interesse strategico per le r., che dal mero possesso diretto di certe r. (il territorio delle colonie, le miniere) si sposta a quello delle tecnologie per il loro ottenimento, tanto più che sempre meno accade che una r. sia ''unica'', perché di essa si sanno trovare numerosi sostituti. Il caso delle fibre ottiche che sostituiscono i cavi di rame nelle telecomunicazioni, con prestazioni enormemente superiori e peso enormemente ridotto, è uno dei numerosi esempi di sostituzione dematerializzante oggi in atto (v. reti di comunicazione: Reti di comunicazione in fibra ottica, in questa Appendice).
La creazione delle r., la dematerializzazione, la crescente qualità dei manufatti e i servizi che li accompagnano, stanno mutando in modo drammatico le ragioni di scambio tra r. e beni, e quindi riducono se non annullano il vantaggio comparato della ''proprietà delle r.'' e della manodopera a basso costo per sfruttarle, che è stato fino a ieri un punto di forza dei paesi in via di sviluppo e può mettere a repentaglio la crescita economica di questi ultimi. Mentre perde rilievo il problema della scarsità delle r. e si riduce l'interesse strategico per esse, cresce in modo stringente l'esigenza di contenere l'inquinamento e il degrado del pianeta, e quindi anche la formazione di rifiuti (v. in questa Appendice). Le r. debbono essere usate in modo più razionale, producendo meno scarti in fase di lavorazione, puntando a processi sempre meno energivori, affrontando il problema dei rifiuti finali in modo da recuperare e riciclare tutto quanto è ancora sfruttabile, e da trasformare in prodotti utili o comunque non nocivi il resto. È una problematica che, oltre a un vastissimo bagaglio di tecnologie specifiche, richiede una visione d'assieme resa possibile dagli sviluppi della scienza dei sistemi e dei fenomeni complessi.
La grande disponibilità di r. potenziali va quindi bilanciata da una valida politica dell'ambiente e da una visione globale dello sviluppo di tutto il pianeta che deve tendere a una situazione assai più equilibrata di quella attuale, caratterizzata da una minoranza (un quarto della popolazione mondiale) ricca e che utilizza una quota preponderante delle r., mentre tutto il resto (destinato ad allargarsi per la spinta demografica che lo distingue) deve accontentarsi di quanto rimane. La tab. 3 mostra i consumi pro capite di energia nel 1988 per i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo. Il Nord può oramai puntare a uno sviluppo qualitativo che non ha bisogno di aumentare r. materiali ed energetiche, ma eventualmente di diminuirle, mentre il Sud ha ancora bisogno di crescere e quindi di utilizzare molte più r. per valorizzare l'agricoltura, per creare infrastrutture e industrie, per migliorare il tenore di vita dei suoi abitanti.