RISERVA
In economia, le r. più note sono quelle costituite dalle imprese per far fronte alle alterne vicende dell'attività economica e provengono dagli utili non distribuiti (r. legali o ordinarie e straordinarie, palesi ed occulte) o dal capitale (sovrapprezzo delle azioni al momento dell'emissione). Oltre alle r. delle imprese, vanno ricordate particolarmente le r. valutarie (v. riserva aurea; App. II, 11, p. 720), accantonate presso la Banca Centrale, o presso apposito ente ad essa collegato, per garantire la circolazione bancaria e facilitare gli scambî commerciali; e le r. di liquidità (v. riserva bancaria; XXIX, p. 422) detenute dalle aziende di credito, per coprire gli sfasamenti tra entrate e uscite di cassa e assicurare il regolare svolgimento dell'attività bancaria, e dalle imprese e dai privati, per far fronte ai loro movimenti finanziarî.
Le r. valutarie nel passato erano prevalentemente costituite da oro (in parte monetato) e si mantenevano in un prefissato rapporto con la circolazione bancaria, la quale era perciò influenzata dall'andamento della bilancia dei pagamenti, con conseguenti riflessi sul livello dei cambî e dei prezzi interni. In seguito alle difficoltà valutarie e all'esperienza degli ultimi decennî, la circolazione bancaria è stata svincolata in molti paesi dalla r. valutaria. La legge italiana prevede una copertura della circolazione bancaria, pari al 40%, in oro o in valute facilmente convertibili in oro; tale obbligo è stato sospeso a tempo indeterminato nel 1935. La parità aurea della lira fu fissata nel 1936 in 46,77 milligrammi, ma per effetto della svalutazione tale parità divenne inoperante. Sebbene le r. valutarie abbiano raggiunto un cospicuo importo, sia stata dichiarata, nel dicembre 1958, la conversione esterna della lira a favore dei non residenti e sia stata fissata, nel gennaio 1960, la nuova parità della lira, permane ancora la sospensione dell'obbligo della riserva aurea. Con decreto legge 28 gennaio 1960, n. 14, è stata autorizzata la rivalutazione dell'oro posseduto dalla Banca d'Italia in ragione di 703.297,396 lire per ogni chilogrammo di oro fino; tale prezzo è stato determinato sulla base del prezzo dell'oro negli S.U.A. (35 dollari per oncia) e del corso ufficiale del dollaro fissato dall'Ufficio italiano dei cambî (625 lire). Attraverso il prezzo dell'oro si è ricavata indirettamente la nuova parità aurea della lira in 1,42 milligrammi di oro fino, uguale a circa 3 centesimi della parità del 1936. In seguito alla rivalutazione, l'oro posseduto dalla Banca d'Italia, attualmente valutato sulla base della parità stabilita nel 1936, in ragione di 21.381,227 lire per chilogrammo, è stato iscritto in bilancio per 171,7 miliardi, e poiché oltre ai 5,2 miliardi di oro vi era una partita di 103,8 miliardi, rappresgntante la differenza tra il prezzo di acquisto dell'oro e il prezzo al quale era contabilizzato, ne è risultato un saldo di rivalutazione di 62,7 miliardi che, come praticato in precedenti occasioni, è stato attribuito al Tesoro dello Stato e destinato all'estinzione di parte del suo debito verso la Banca d'Italia. Se, oltre all'oro rivalutato e alle divise possedute dalla Banca d'Italia, si considerano anche quelle detenute dall'Ufficio italiano dei cambî, le disponibilità sull'estero, alla fine del 1959, ammontavano a 1.982 miliardi di lire, pari all'88,6% della circolazione bancaria (2.237 miliardi).
Le r. bancarie o di liquidità hanno un significato più o meno esteso a seconda degli elementi che si considerano. Si ha tendenza, però, a limitare l'esame a quelle attività immediatamente disponibili o che possono facilmente diventarlo senza perdite sensibili. Tenendo presente il grado di esigibilità del passivo e di disponibilità dell'attivo, le banche fanno in modo di soddisfare gli impegni verso la clientela sia per le somme da essa ricevute in deposito sia per le promesse di concessione di credito. La costituzione delle riserve di liquidità incontra dei limiti nell'onere che deriva dal tenere inoperosi dei fondi e nella scarsa redditività dei fondi con brevi vincoli. In una banca si verificano in continuazione versamenti per deposito o per estinzione di debiti e prelevamenti per utilizzo di crediti o per ritiro di deposito; per coprire gli eventuali sfasamenti tra le entrate e le uscite, si dispone di un fondo di cassa, che all'occorrenza può essere integrato con i fondi tenuti presso altre istituzioni creditizie, con assunzioni di debito e col realizzo di effetti e di titoli. Tutti questi fondi costituiscono le riserve primarie e secondarie delle singole banche. Nel sistema bancario italiano si considerano normalmente soltanto le r. primarie rappresentate dal danaro in cassa, dai fondi disponibili presso l'Istituto di emissione e il Tesoro, dai buoni del tesoro a breve scadenza e dal margine disponibile sui conti di anticipazione presso l'Istituto di emissione (aperture di credito). Le r. primarie possono essere utilizzate in ogni momento dalle banche senza o con lievissimo onere, e il loro rapporto con i depositi è comunemente assunto come indice del grado di liquidità del sistema bancario e fornisce utile indicazione per la politica del credito. Minore rilievo si dà alle r. secondarie di liquidità, composte dal portafoglio effetti, in quanto non ammesso di diritto al risconto presso l'Istituto di emissione, e dai titoli di Stato e degli istituti speciali di credito, in considerazione della ristrettezza del mercato finanziario e delle perdite che possono derivare dal realizzo. Tra le r. secondarie è compresa anche la r. bancaria obbligatoria (v. credito, in questa App.), per il fatto che le banche possono utilizzarla soltanto in caso di diminuzione dei depositi e nella proporzione in cui la riserva stessa è stata costituita (40% dell'incremento o 25% della consistenza dei depositi).
Le r. di liquidità del settore privato hanno andamento analogo a quello delle r. bancarie, poiché sono tenute prevalentemente presso le aziende di credito. I biglietti, le monete e le disponibilità in conto corrente, che costituiscono mezzi di pagamento, fanno parte delle r. primarie, mentre i depositi a risparmio e i buoni del tesoro ordinarî compongono le r. secondarie. In analogia a quanto fatto per le aziende di credito, si dovrebbero considerare tra le r. primarie anche i fidi bancarî non utilizzati, in quanto essi rappresentano disponibilità del settore privato, ma non si fa perché non se ne conosce l'ammontare.