RISERVA BANCARIA
. È costituita dall'ammontare in metallo, moneta e altri titoli facilmente realizzabili, che le banche private, gl'istituti di credito e le banche centrali conservano per far fronte a richieste improvvise di trasformazione in denaro delle obbligazioni bancarie. Tra le riserve esistenti al tempo delle prime rudimentali funzioni bancarie e quelle richieste dalle funzioni specializzate del sistema bancario odierno, corre una lunga serie di sviluppi, sia per quanto riguarda l'ammontare relativo delle riserve, sia per la sicurezza, la liquidità e le misure legali con cui furono circondate le riserve stesse, per cui le varie loro funzioni si precisarono sempre più nel tempo e si generalizzarono in corrispondenza alla crescente complessità dei servizi bancarî.
Nei primi tempi delle banche, quando si facevano depositi di denaro al solo scopo della custodia e del servizio di tesoreria, la riserva era tutto l'ammontare del deposito, e aveva, dal punto di vista della sicurezza, la caratteristica di essere certa, in quanto il banco doveva conservare religiosamente le monete ricevute in deposito, senza investirlo in prestiti allo stato o a privati, e doveva pur controllarne lo stato di erosione, essendo suo obbligo quello di restituire il deposito a pieno contenuto metallico.
Date queste caratteristiche, la riserva non poteva essere una vera e propria riserva, ma solo un deposito intangibile, tanto più che la banca riceveva un compenso per tenere la riserva stessa. La legislazione dell'epoca diede forza di legge a questi varî obblighi della banca, stabilendo scrupolosamente le misure per la conservazione della "riserva" e ponendo il divieto assoluto di prestiti a chicchessia (in pratica il divieto veniva però clandestinamente eluso e fu questa una delle cause dell'evoluzione nella funzione delle riserve).
Quando in seguito il deposito a scopo di tesoreria crebbe d'importanza, e diventò sempre più chiaro che solo una parte dei depositi poteva essere ritirata giornalmente, il banco considerò come suo diritto d'investire a scadenza la differenza, avendo cura di tenere una riserva per fronteggiare le richieste a vista. In questo stadio di sviluppo, la sicurezza dei depositi fu perciò meno grande di quella del primo periodo, sebbene la legge determinasse il tipo degl'investimenti e l'ammontare relativo delle riserve, e istituisse organi per la loro verifica periodica.
La funzione delle riserve si differenzia sempre più in un terzo stadio, con l'affacciarsi dei depositi a risparmio: in questa fase, esiste una riserva per il deposito a custodia, una per il deposito monetario, una per quello a risparmio. La prima è eguale al deposito; la seconda è parte di esso; la terza è minore della precedente, perché deve soltanto far fronte a ritiri prefissati. Questa terza riserva non solo rappresenta una minor quota dei depositi rispetto alla precedente, ma tende a diventare, in parte, anche una riserva a dimensioni temporali, venendo essa investita in titoli, obbligazioni a breve termine (portafoglio), prestiti alla giornata in borsa e depositi presso altre banche, realizzabili rapidamente. Dal punto di vista della sicurezza, questa terza riserva è perciò meno sicura, per i depositanti, delle precedenti, in quanto le operazioni attive legate al futuro sono incerte, quantunque la legge abbia cercato di proteggere i depositanti con disposizioni sempre più minute sugl'investimenti, le riserve, le scadenze di queste.
Un quarto momento logico (storicamente è commisto con la seconda fase) dello sviluppo della funzione delle riserve è rappresentato dalla creazione della circolazione di assegni, con cui i clienti della banca ottengono nuovi mezzi di pagamento, i quali circolano in parte tra la clientela della banca stessa e in parte tra estranei. La riserva necessaria qui non viene più calcolata in relazione ai crediti bancarî concessi, ma solo in rapporto a quella parte che non si compensa tra la clientela bancaria e viene richiesta in numerario prima della scadenza del credito cambiario convertito in bancario o di quello di apertura in generale. Un secondo aspetto di questo stadio è dato poi dal tipo di investimenti in crediti circolabili, come i crediti verso lo stato e quelli che di solito sono accettati nei pagamenti. In questo caso, perciò, la riserwa può essere relativamente meno elevata delle riserve osservate nei precedenti stadî, e può, teoricamente, anche essere eguale a zero, se tutta la circolazione si svolge tra la clientela della banca, o tra banche che si compensano i crediti reciproci alla stanza di compensazione. In Europa prima della guerra mondiale, la legge, invece di fissare il tipo e l'ammontare delle riserve, li lasciava alla pratica pru-. dente delle banche, tranne che per alcuni obblighi d'investimento in titoli pubblici, per la maggior sicurezza presentata dallo stato; mentre in America, e in alcuni paesi d'Europa dopo la guerra (compresa l'Italia) è prevalsa la tendenza di fissare il tipo e l'ammontare relativo delle riserve.
Questo quarto momento logico è strettamente legato a quello venuto in seguito, in cui si verifica un marcato mutamento nel compito della riserva per il fatto che la banca acquista il diritto di pagare i depositanti con ordini di deposito proprî, non subordinati a rapporti di fiducia personale come gli assegni, e indipendentemente dalle operazioni d'investimento compiute dalle banche, per cui, cioè, la riserva deve corrispondere soltanto all'ammontare dei biglietti che saranno ritirati dalla circolazione.
La teoria della riserva deve perciò tener conto di questi varî momenti ora delineati. In generale, si possono distinguere due tipi di riserva: quella conservata dalla banca privata, che riceve: 1. depositi a custodia, 2. depositi monetarî, 3. depositi di capitali, 4. depositi di credito comprese le creazioni di credito allo scoperto; e quella della banca centrale. Già si è detto che la riserva del deposito a custodia non è una vera riserva e perciò la teoria è limitata ai punti 2, 3 e 4.
Quanto al punto 2, la dimensione delle riserve dipende da varî flussi di natura ciclica, secolare e stagionale insieme, e cioè: a) dalla quantità dei depositi monetarî; b) dall'ammontare dei pagamenti che la banca compie tra i proprî clienti, in quanto non sono i giro-conti ma le differenze passive alla stanza di compensazione che intaccano la riserva (anche se esse costituiscano un deposito monetario per altre banche); c) dal rischio matematico relativo ai flussi a) e b), per cui la banca di solito non utilizza tutta la parte disponibile del primo flusso (ciò che influisce sul livello generale dei prezzi), in modo da far fronte ai mutamenti improvvisi nella psicologia dei depositanti, alle ondate di pessimismo e ai runs. Il punto 3. richiede una riserva (dipendente anch'essa da flussi di varia natura dinamica) in relazione ai depositi di capitali nel loro complesso d), e alla misura e) con cui la banca trasforma tali depositi in prestiti che verranno utilizzati in mezzi di pagamento del tipo b) esaminato; infine, f), in relazione alla differente lunghezza dei prestiti rispetto alla scadenza dei depositi di cȧpitali.
Ciò vale anche per il punto 4, giacché il deposito di capitali non è che un deposito di credito sui beni circolanti nell'interno dell'economia nazionale, e perciò la riserva è data dalla misura con cui la banca trasforma il credito cambiario e il credito di apertura senza collaterali in credito bancario, cioè in depositi monetarî, parte dei quali viene incassata prima della liquidazione dei crediti concessi dalla banca.
In pratica, e nelle principali legislazioni, queste differenti riserve sono trattate come una sola (anche perché di regola esistono tra i varî depositi, presi singolarmente, e tra questi e il loro totale delle marcatissime correlazioni), che viene stabilita complessivamente mediante certi rapporti rispetto ai depositi e alla loro durata, suggeriti dall'empirismo, o differenzialmente, distinguendo la riserva numerario (rispetto al totale dei depositi) dalla riserva a dimensioni temporali che costituisce la riserva del domani. Un tempo, la prima riserva era circa un terzo dei depositi, ma il generalizzarsi dell'uso degli assegni e l'aumentare dei giro-conti nella stessa banca consente ora di tenere riserve numerarie sempre più piccole, come si vede dalla percentuale delle riserve rispetto ai depositi che era appena (secondo W. R. Burgess) nel 1925-26 del 9,5%, per le banche members nordamericane; dell'11,5%, per le 10 banche della Clearing londinese; dell'11,5% per 4 società di credito francesi; dell'8% per le banche federali svizzere; dell'11,5% per le Chartered banche del Canada. La tendenza odierna è anche di accentrare parte delle riserve nella banca centrale, invece di tenerle tutte presso le singole banche, allo scopo di evitare che le punte stagionali o cicliche eccezionali cadano sulla riserva di una sola banca; ciò che, oltre a dare elasticità alle riserve e permettere di ridurne l'ammontare complessivo (distribuendo più economicamente il rischio), presenta il vantaggio di un più sicuro controllo sulla loro reale consistenza. Per questo negli Stati Uniti le riserve poterono essere ridotte dal 15-25%, come prescriveva la legge sulle riserve (decentrate) del 1887, al 12-18% nel 1914 e al 7-13% nel 1917.
Come fu sopra detto, i movimenti delle riserve provengono da flussi di varia natura dinamica, i quali, con le loro variazioni, rispecchiano le nuove condizioni del mercato monetario. Se, ad es., si verifica un'improvvisa domanda di fondi per finanziare un certo prodotto in una certa città, ciò ridurrà le riserve in quella città, e probabilmente anche altrove; onde le riserve sono le prime linee di difesa del sistema monetario e creditizio. Ma come il movimento delle riserve riflette quello del mercato, così questo riflette quello, in quanto ogni movimento duraturo delle riserve importa rapidi spostamenti nel mercato monetario, nella borsa, nel mercato finanziario, delle cambiali e delle accettazioni, e nel credito offerto dalle banche centrali, attraverso un complesso movimento del portafoglio e dei prestiti per cui vengono acquistati titoli, e in genere vengono fatte operazioni attive, se le riserve sono eccessive rispetto alle percentuali legali o consuetudinarie, giacché la banca ha interesse a impiegare quanto più possibile i proprî fondi; e vengono venduti titoli e sono richiamati fondi dal mercato nel caso contrario. Queste influenze portano movimenti anche nei saggi di sconto, nei corsi e in genere nei saggi monetarî, i quali di regola sono inversi a quelli delle riserve, dipendendo, quanto all'ampiezza, dal grado di flessibilità dei saggi del denaro (una certa riduzione delle riserve determina così, per es., un movimento nei saggi del 1/2% e anche più se la flessibilità è altissima). Queste correlazioni negative tra eccedenza e deficit delle riserve e i saggi monetarî, e i prestiti alla banca centrale, sono di regola meno alte ove l'organismo bancario sia molto centralizzato, giacché il ricorso frequente alla banca centrale porta a saggi mercato relativamente più stabili rispetto alle fluttuazioni giornaliere nella domanda e nell'offerta di fondi e di credito.
La teoria precedente delle riserve delle banche private si integra con quella delle riserve della banca centrale. Non sempre è corretto però il dire semplicemente che la riserva della banca centrale deve essere uguale all'ammontare dei biglietti in circolazione che potranno essere presentati per la conversione, giacché la posizione della banca centrale è simile a quella della banca privata, che crea la circolazione degli assegni, e come questa distingue il deposito a custodia dai depositi di capitale e da quelli di credito per fissare le singole riserve, così la riserva di quella deve essere uguale al deposito a custodia (quando la banca compra oro contro biglietti) e a una parte dei depositi cambiarî e fiduciarî, che vengono liquidati dopo cicli produttivi più o meno lunghi e sicuri. Si può dire, perciò, che la riserva della banca centrale deve essere uguale a tutti i depositi esistenti nell'economia nazionale, che potranno essere ritirati prima in biglietti e poi in valuta metallica. Perciò, se la cambiale scontata viene a pagamento nel momento in cui il biglietto è presentato per il cambio, non ci vuole alcuna riserva anche se l'ammontare del portafoglio e della circolazione siano grandissimi; ma se c'è abuso di credito, le cambiali non verranno pagate nel tempo fissato, cioè i biglietti non avranno più adeguata contropartita nei beni; onde il livello dei prezzi e i cambî saliranno, e perciò i biglietti usciranno dalla circolazione e le riserve saranno intaccate (e questo indipendentemente dalla fiducia che il pubblico abbia nella banca). La riserva non deve quindi coprire semplicemente la circolazione dei biglietti o parte di essa (può anche darsi che essa debba essere superiore), ma deve essere regolata in base a quelle cause per cui si chiede moneta, e in genere per cui i biglietti non sono più usati per comperare beni e servizî nazionali. Perciò la difesa delle riserve significa, in ultima analisi, mantenere o eventualmente ridare economicità alla circolazione.
Se dunque il compito della banca centrale, quanto alla difesa della riserva, sta nell'adattare il volume del credito al volume degli affari, in modo che le domande legittime del primo siano sempre soddisfatte e il volume del secondo non vada oltre il bisogno legittimo, essa non può largheggiare in sconti per guadagnare interessi. Parimenti deve vigilare che le banche private non allarghino troppo le operazioni di credito. Perciò la difesa della riserva per la riserva non ha altro significato fuor di quello mercantilistico, mentre è la difesa della circolazione che va attuata, ciò che oggi si fa in modo diverso dalla politica esistente nel sec. XIX sotto l'influenza dell'Atto di Peel del 1844, quando le banche centrali basavano il credito sul movimento delle riserve. Questa politica è stata poco alla volta cambiata sotto la pressione degli avvenimenti, e ha dato luogo, analogamente alla difesa delle riserve delle banche private, a tre operazioni distinte. La prima delle quali è la tradizionale manovra del saggio dello sconto, che viene elevato quando la circolazione, vista attraverso i suoi indici (riserve, credito complessivo, prezzi interni superiori ai prezzi internazionali) mostra di non essere economica; e viceversa nel caso contrario. La seconda operazione sta nell'acquistare o nel vendere titoli, cambiali, oro, aumentando o diminuendo in tal modo la circolazione e le riserve delle banche private. La terza operazione è la discriminazione contro le banche private, che richiedono troppo spesso prestiti alla banca centrale, mostrando con ciò di non essere in grado di adattare il credito ai bisogni del mercato.
Le leggi stabiliscono in vario m0do la composizione e l'ammontare delle riserve o prescrivendo un limite massimo alla circolazione fiduciaria e lasciando alla prudenza della banca la determinazione della percentuale della riserva rispetto alla circolazione eccedente: oppure regolando la percentuale rispetto a tutta la circolazione, distinguendo la parte da conservarsi in metallo e quella in valuta e titoli esteri (in cui di solito si investono anche le riserve supplementari destinate a far fronte alle bilance internazionali sfavorevoli); oppure anche fissando un limite sotto il quale le riserve non possono scendere senza il consenso del Tesoro. La pratica degli ultimi anni mostra però, accanto a una marcata tendenza all'aumento delle riserve, nel loro complesso, pure anche una marcata tendenza al loro accentramento in pochi paesi.
Bibl.: H. D. Macleod, Theory and Practice of Banking, Londra 1879; L. v. Mises, Theorie des Geldes und der Umlaufsmittel, Monaco 1924; W. R. Burgess, The Reserve Banks and the Money Market, New York 1927; W. R. Burgess, The Reserve Banks and the Money Market, New York 1927; Société des Nations, Banques commerciales 1913-29, Ginevra 1931. R. G. Hawtrey, The Art of Central Banking, Londra 1932; J. Kitchin, The World's Gold Reserves, nel Supplement a The Economist, gennaio 1933; A. De Viti de Marco, La funzione della banca, 2ª ed., Torino 1934; G. Nicotra, Considerazioni e constatazioni sulla liquidità bancaria, in Rivista bancaria, gennaio 1935.