RISERVA AUREA
. Negli anni successivi al 1937 la riserva aurea della Banca d'Italia continuò a decrescere per le necessità della bilancia dei pagamenti, deficitaria soprattutto per il servizio dei debiti contratti all'estero tra il 1925 e il 1928 a condizioni divenute più onerose dopo che l'abbandono della parità aurea da parte della sterlina e la svalutazione del dollaro ebbero resa assai più ardua la vita economica dei paesi del continente europeo.
La guerra non incise molto sulle riserve, che tra il 10 giugno 1940 e il 10 settembre 1943 oscillarono tra un massimo di 2672 milioni di lire e un minimo di 2271, ridotto poi nel dicembre 1943 a 2237 milioni in seguito all'accreditamento, a favore della Banca dei regolamenti internazionali, di 15.794 kg. di oro (che rimasero tuttavia materialmente presso la Banca d'Italia fino all'aprile 1944) a definitiva regolazione di impegni assunti nel 1930 e 1931 in relazione ad operazioni finanziarie.
Le riserve - trasportate nel frattempo prima presso la sede di Milano della Banca d'Italia e poi a Fortezza, in un locale della filiale di Bolzano - subirono invece gravi decurtazioni nel 1944 quando, in febbraio e in ottobre, notevoli quantitativi d'oro monetario presero forzatamente la via della Germania (71.098 kg., di cui 69.321 della Banca d'Italia e 1777 dell'Istituto nazionale per i cambî con l'estero). Il 21 aprile furono trasferiti inoltre 10.784 kg. d'oro alla Banca nazionale svizzera a rimborso di un'operazione finanziaria consentita all'Italia da banche elvetiche e in complesso quindi, alla fine del dicembre 1944, le riserve auree dell'Istituto di emissione si erano ridotte a soli 463 milioni di lire.
Tornate a Roma sotto scorta alleata, nel maggio 1945, rimasero poi pressoché immutate intorno a 500 milioni fino a tutto il settembre 1948 e aumentarono quindi in seguito ad acquisti d'oro e alla consegna effettuata dalla Commissione tripartita di Bruxelles di parte dell'oro a suo tempo trasportato in Germania.
Sulle riserve auree della Banca d'Italia converse in modo particolare l'attenzione del pubblico quando, nell'estate del 1944, il governatore della Banca V. Azzolini fu accusato di aver consegnato nel settembre 1943 tutta la riserva ai Tedeschi. Il processo fu celebrato davanti all'Alta Corte di giustizia in un clima di violente passioni e il governatore fu condannato, il 14 ottobre 1944, a 30 anni di reclusione. La sentenza fu però annullata senza rinvio il 14 febbraio 1948 dalla Suprema Corte di cassazione a sezioni unite, la quale accertò che l'Azzolini "non effettuò la consegna di oro ai Tedeschi e che essa ebbe luogo esclusivamente per il fatto della cosiddetta repubblica sociale italiana" e che "tutto l'atteggiamento del governatore Azzolini rivela non già una volontà di favorire le mire di depredazione dei Tedeschi, ma la volontà opposta, quella di resistere, ponendo in essere quegli accorgimenti che il tempo e le circostanze consentivano" Già nel giudizio davanti al tribunale militare di Roma contro M. Bernhuber, direttore della Reichsbank, esperto presso l'ambasciata germanica, era stato accertato infatti che i militari tedeschi avevano chiesto il 20 settembre 1943 l'immediata consegna dell'oro per trasportarlo in volo a Berlino e che l'Azzolini era riuscito a guadagnar tempo e quindi, con l'aiuto del Bernhuber, ad ottenere che l'oro fosse invece trasportato a Milano e rimanesse così in possesso della Banca d'Italia. L'Azzolini riuscì inoltre ad inviare in Svizzera l'oro occorrente per saldare in pieno i debiti bancarî verso la Banca dei regolamenti internazionali e la Banca nazionale svizzera, salvando la reputazione di perfetta correttezza della quale aveva sempre goduto la Banca d'Italia.