DELLA ROCCA, Rinuccio
Figlio spurio di Giudice e quindi nipote del "conte di Corsica" Paolo Della Rocca, nacque verso la metà del XV secolo. Egli apparteneva alla dinastia che dominava la signoria omonima (nella parte meridionale dell'isola) di Corsica che con quella di Leca e quelle meno potenti di Ornano e di Bozzi dava vita al "dominio dei signori cinarchesi", terra feudale per eccellenza, corrispondente alla regione geopolitica nota come Oltremonti o "Banda di Fuori". Nella sua giovinezza, durante l'effimero periodo di dominio milanese nell'isola (1464-1478), si alleò con il potente signore Gian Paolo di Leca e, con questo e qualche altro dei Cinarchesi, esercitò un vero e proprio potere di fatto sulla Banda di Fuori e anche più a settentrione, dal momento che l'autorità del governo degli Sforza era limitata alla Banda di Dentro e anche qui incontrava grosse difficoltà.
Nel 1483, dopo che il Banco di S. Giorgio ebbe ripreso in mano gli affari dell'isola, il D. si coalizzò in gran segreto con i signori di Ornano, Istria e Bozzi contro Gian Paolo di Leca e denunciò ai protettori del Banco le false manovre di ravvicinamento che il grande feudatario aveva intrapreso nei confronti del potere genovese. Lo stesso D., in segno di sottomissione, consegnò al Banco di S. Giorgio due sue fortezze e mandò in ostaggio a Bonifacio la moglie e i figli (1487). Si proponeva di privare il potente rivale'della simpatia dei Genovesi che egli cercava di guadagnarsi con l'appoggio dei Fregoso. Nei fatti, per non alienarsi quel capitale di potenza effettiva e di influenza politica nella Banda di Fuori e nell'isola intera che era rappresentato da Gian Paolo di Leca, i protettori di S. Giorgio evitarono prudentemente di mostrare un avvicinamento troppo pronunciato al D., e arrivarono persino a rifiutarne gli ostaggi e diverse altre profferte. Così facendo però contribuirono, almeno in parte, a porre le basi perché si riformasse la coalizione dei due grandi feudatari, del resto già tanto vicini per aspirazioni, Modelli politici e tipo di vita. Sul finire del 1486 i Genovesi ebbero la conferma di questa coalizione di fatto con la notizia di una pericolosa alleanza matrimoniale tra le due famiglie, dal momento che il figlio del D. avrebbe dovuto sposare una figlia legittima di Gian Paolo di Leca. Tuttavia, per mostrare ai Genovesi i limiti di questa coalizione, il D. fece loro nuove proposte di sottomissione e mandò nuovamente in ostaggio, i questa volta a San Fiorenzo, la moglie e i figli. Nel 1487 Gian Paolo di Leca, che un'assemblea popolare aveva investito del titolo di conte di Corsica, attaccò insieme il D., fortemente sospetto di collusione con i Genovesi, ele fortezze di Genova nell'isola.
L'ultimo decennio del secolo vide successivamente la disfatta militare e l'esilio di Gian Paolo di Leca e la sua sostituzione con il D. a capo della feudalità isolana, e questo con tutte le irregolarità e i cambiamenti di campo individuali e collettivi che comportava la vita politica corsa del tempo. Nel 1492, quando seguiva con sufficiente continuità una linea politica di alleanza obiettiva o almeno di neutralità nei confronti di S. Giorgio, il D., giunto al culmine del potere, fondò il convento francescano di S. Lucia di Tallano, ad imitazione di Gian Paolo di Leca, che nel 1486aveva fondato il convento di Vico.
Inizialmente intrattenne buoni rapporti con i Genovesi (nel 1494 ad esempio i protettori del Banco di S.Giorgio ricevettero con grandi onori la sua sposa, Serena, in visita a Genova), ma cominciò a guastarsi con loro abbastanza presto, per via della sua concezione tutta feudale della proprietà che gli faceva vedere di mal occhio ogni ingerenza esterna. Nel 1499concesse ospitalità a Gian Paolo di Leca con la conseguenza di irritare i Genovesi che lo constrinsero a consegnare il figlio Bernardino in ostaggio e quindi nel 1501 il castello di Roccatagliata (Zonza) e una cauzione di 500scudi. Questo affronto lo indusse alla rivolta, per la quale cercò l'appoggio dei partigiani di Gian Paolo di Leca.
Però i veri dissapori con il Banco di S.Giorgio cominciarono nel 1502,quando i rapporti vennero inquinati da un aumento dei sospetti reciproci e da una tensione sempre maggiore. Il D. prese l'iniziativa e, con un'armata che inizialmente era di 200cavalieri e di 500fanti, uscì dalla Banda di Fuori diretto verso settentrione, sollevando così il mondo allora naturalmente agitato dei "caporali" e delle popolazioni rurali.
I protettori di S. Giorgio gli opposero Niccolò Doria con 800 fantaccini e 100 cavalieri; sbarcato ad Aiaccio, quest'ultimo attaccò direttamente il feudo della Rocca e prese il castello di Roccapina. Per privare il D. dell'appoggio delle popolazioni contadine, fece tornare dall'esilio i figli del feudatario Carlo Della Rocca, precedentemente spogliati dal cugino D., e dai sostenitori di Gian Paolo di Leca. Associati dal Doria all'armata genovese, le guadagnarono la simpatia o almeno la neutralità di numerosi contadini che disertarono così la causa del D. ancora bloccato nella Rocca. In questo modo, dopo essersi ritirato da Scontro e Roccatagliata, ritenute posizioni imprendibili (1503), Niccolò Doria poté conquistare senza troppe difficoltà il castello di Baracini, roccaforte e residenza principale del Della Rocca. Vincitore sul piano militare, sottopose gli abitanti del Taravo, dominio diretto del D., come pure quelli del Niolo (Leca), a una politica violentemente repressiva di "guasto" generalizzato.
Il D. aveva preceduto a Genova Niccolò Doria per negoziare la propria sottomissione direttamente con i protettori senza doversi arrendere sul campo. Dovette consegnare come ostaggi i due figli più giovani. Nel 1504,lasciata Genova, passò in Sardegna, dove però non riuscì a guadagnarsi la collaborazione dell'esiliato Gian Paolo di Leca, e raggiunse di nuovo la Corsica con diciotto membri del suo clan di parenti e di clienti. Qui riprese la lotta con Niccolò Doria.
Appoggiato, in questa seconda rivolta, da Giudice, figlio di Carlo Della Rocca, e dai più importanti tra i signori d'Istria, Ornano e Bozzi, il D. minacciò Ajaccio. Niccolò Doria ricorse ai mezzi estremi: fece assassinare Giudice Della Rocca, il principale alleato del D., e anche uno dei figli di quest'ultimo tenuto in ostaggio. Vista la determinazione dei Genovesi, il D. preferì andarsene in esilio in Sardegna con gli altri figli Bernardino e Giudicello.
Approfittando delle discordie interne che dilaniavano la Repubblica negli anni iniziali del Cinquecento, il D. sollevò una terza rivolta nel 1507.I protettori gli opposero allora Andrea Doria; quest'ultimo aprì la campagna con successo nella signoria della Rocca, dove fece un gran numero di prigionieri che poi mandò ad Ajaccio. Rifacendosi ad una strategia ormai tradizionale nella Corsica genovese, devastò sistematicamente villaggi e colture all'interno della signoria del D. allo scopo di affamare le popolazioni e allontanarle dal feudatario. Stabilitosi nella piana di Baraci (golfo di Valinco), era prossimo ad ingaggiare battaglia e a giustiziare il secondo Iglio del D. quando quest'ultimo, grazie al cognato Federico Cattaneo, nobile genovese, ricevette un sa vacondotto da Luigi XII - il re di Francia che era diventato signore di Genova - e s'imbarcò per questa città ottenendo di essere ricevuto dal governatore francese.
Piuttosto che restare a Genova, il D. preferì, nel 1510,fare un nuovo tentativo nell'isola per ricuperare la sua signoria. Ma fu vittima della vendetta di Francesco Della Rocca che lo fece assassinare. Nell'aprile del 1511 ilsuo cadavere fu trovato in una grotta; portato ad Ajaccio dai Genovesi, venne sotterrato ignominiosamente fuori delle mura cittadine. Con lui finiva il ramo della famiglia discendente da Giudice di Cinarca, che aspirava al predominio su tutti i feudatari dell'isola.
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