RINUCCIO d'Arezzo
RINUCCIO d’Arezzo. – Nato a Castiglion Fiorentino (Arezzo), presumibilmente attorno al 1390-95, Rinuccio (numerose le varianti latine del nome, oltre ai soprannomi Rimicius, Thessalus, Atychus), si recò molto giovane («implumis» come ricordò nel proemio al Critone) in Oriente, mosso dal desiderio di apprendere la lingua greca.
Forse già negli anni 1415-16 ebbe occasione di frequentare Cristoforo Buondelmonti a Creta e compose la Penia, se questi nella Descriptio insulae Cretae (1417-21) nomina la «fabula Penia dicta» dell’amico Rinuccio: traduzione in latino dell’agone del Pluto di Aristofane (ca. vv. 403-626, incentrati sulla Povertà), ma incastonata nella cornice autobiografica di un viaggio.
Tacendo l’autore antico, racconta di un tragitto verso Réthimno, compiuto in compagnia del medico Pietro Tommasi, e della sosta in una locanda vetusta (descritta con echi ovidiani), dove alcuni contadini avrebbero introdotto ed esposto in greco la semplice e divertente fabella.
Sempre al soggiorno tra Costantinopoli e Creta risalgono traduzioni ricollegabili alla formazione del suo maestro cretese Giovanni Simeonachis: da Luciano (Dialoghi dei Morti, X), dedicata a Buonaccorso da Candia (anni 1421-23), e da Platone (Critone), dedicata all’imperatore Manuele Paleologo, poi a Gabriele Condulmer; in realtà, il dialogo platonico risulta ritradotto a partire dalla prima versione di Leonardo Bruni (Berti-Carosini, 1983, cap. III; Berti, 1983).
Rientrato da Costantinopoli in Italia nel 1423 insieme a Giovanni Aurispa, venne a contatto con intellettuali come Francesco Barbaro e sostò a Bologna, da dove ripartì nell’estate del 1424 al seguito del cardinale Condulmer (dedicatario del Quid principem deceat di Plutarco), futuro papa Eugenio IV; sulla via per Roma, mentre si trovava a Firenze, fu più volte interpellato da Ambrogio Traversari (di cui poi divenne amico) nel vano tentativo di ottenere un fantomatico codice di Archimede, De instrumentis bellicis et aquaticis.
Il carteggio inerente ai due incontri in S. Maria degli Angeli restituisce alcuni tratti della personalità di Rinuccio: un po’ troppo ricercato nell’aspetto, volubile, confuso e aggressivo nei discorsi; maldicente lo definisce l’epigramma di Pier Candido Decembrio In Rinucium avarum et maledicum.
Intorno al 1425 iniziò a insegnare la lingua greca a Poggio Bracciolini, al quale dedicò le traduzioni di Demostene (Decreti degli Ateniesi dal De Corona) e di alcune epistole (Diogene, Ippocrate, Euripide); altro illustre allievo fu Lorenzo Valla, oltre a Condulmer. Nel 1440, quando stava per diventare cancelliere di Perugia, rinunciò senza specificare i motivi; parimenti, qualche mese più avanti, rifiutò l’onorevole incarico di una cattedra di eloquenza sempre a Perugia. Fu invece nominato da Eugenio IV scriptor e custos cancellariae apostolicae.
Negli anni 1440-43 tradusse il Caronte (adattamento da una precedente versione anonima, che gli procurò una certa notorietà, cfr. Luciano di Samosata, Caronte..., a cura di E. Berti, 2006), la Vitarum philosophorum auctio di Luciano, l’Eutifrone di Platone, lo pseudoplatonico Assioco, gli Aurea Verba attribuiti a Pitagora e alcune epistole.
Opera originale sono le Monodiae super obitum Mermeri, scritte per la morte del suo carissimo allievo Lorenzo, che durante il concilio di Ferrara era stato definito dai greci ‘Mermero’, ‘brillante’; i due componimenti in prosa, corredati di dediche, contengono interessanti riecheggiamenti dal corpus teocriteo: notevole, nella seconda, la ripresa in parafrasi dello Ps. Mosco III (Pillolla, 1996).
Tra il 1443 e il 1446 tradusse le tre Olintiache di Demostene e l’Oratio ad Philippi Epistolam.
Nel 1446 si trasferì in Campania e vi rimase sino alla morte di Eugenio IV. Mise mano alla Vita di Esopo, dietro suggerimento di Antonio della Cerda, che lo orientò anche sulla traduzione delle favole; questi testi uscirono nel 1448 quando costui fu eletto cardinale.
Le mansioni di Rinuccio in Curia continuarono sotto i successivi pontefici (Niccolò V e Callisto III), per i quali fu segretario; nonostante problemi di salute, tradusse lo pseudoaristotelico De Mundo, le 15 epistole di Ippocrate e le cosiddette lettere di Bruto (1449-50). Intanto conduceva l’attività parallela di uno scriptorium, per la trascrizione di opere, come dimostra il ms. Madrid, Biblioteca nacional, Lat. 10061, recante la dicitura in domo domini Rinucii oratoris clarissimi (Lockwood, 1938; Hankins, 2003).
Da alcune lettere di Poggio Bracciolini a Rinuccio si ricava qualche notizia sugli ultimi anni: la salute malferma, le difficoltà dei tempi, le relazioni con amici e colleghi. Alla sua morte, presumibilmente avvenuta nei primi mesi del 1457, fu scelto come segretario in sua vece Bartolomeo Regas; al medesimo anno risale l’acquisto di un manoscritto dalle mani degli eredi.
Al di là di una valutazione ancora difficile del suo operato, volto, tra incertezze e disinvolture (rielaborazioni mature?), a migliorare gli originali greci ammantandoli di stile latino, la sua figura si staglia significativa sull’orizzonte dell’Umanesimo per l’accostamento pionieristico ad Aristofane e al corpus teocriteo, affrontati con piglio autoriale e personale applicazione all’esperienza di vita.
Fonti e Bibl.: Per le opere si vedano almeno, con relativa bibliografia: D.P. Lockwood, De Rinucio Aretino Graecarum Litterarum interprete, in Harvard Studies in classical philology, XXIV (1913), pp. 51-109 (con indicazione dei manoscritti); W.L. Lorimer - L. Minio Paluello, De Mundo. Translationes Bartholomaei et Nicholai, Bruges-Paris 1965, pp. 52-69; P. Hemerych, Les traductions latins du Charon de Lucien au quinzième siècle, in Mélanges de l’École française de Rome, Moyen Âge-Temps modernes, LXXXIV (1972), pp. 129-200 (in partic. pp. 151-164, 169-200); E. Berti - A. Carosini, Il ‘Critone’ latino di Leonardo Bruni e di Rinuccio Aretino, Firenze 1983, pp. 39-90, 111-148; Rinucius Aretinus, Fabulae Aesopicae, a cura di M.P. Pillolla, Genova 1993; M.P. Pillolla, Il corpus teocriteo nel Quattrocento: le Monodiae super obitum Mermeri di Rinuccio d’Arezzo, in Maia, XLVIII (1996), pp. 189-214; Rinuccio Aretino, Penia, a cura di L. Radif, prefazione di A. Stäuble, Firenze 2011.
R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci nei secoli XIV e XV, Firenze 1905, pp. 49, 66, 69; F. Ravagli, Rinuccio da Castiglionfiorentino, in Miscellanea F. Ravagli, I (Modena) 1911; ibid., 4, pp. 34-46; ibid., 5-6, pp. 65-75; R. Sabbadini, R. d’A. in Enciclopedia italiana, XXIX, Roma 1936, p. 375; D.P. Lockwood, In domo Rinucii, in Classical and Mediaeval studies in honor of Edward Kennard Rand, a cura di L.W. Jones, New York 1938, pp. 177-191; S.G. Mercati, Di Giovanni Simeonachis protopapa di Candia, in Miscellanea Giovanni Mercati, III, Città del Vaticano 1946, pp. 312-341; A. Belli, Le versioni umanistiche dell’Assioco pseudoplatonico, in La Parola del Passato, IX (1954), pp. 442-467; E. Berti, Ancora sulla versione del Critone di Rinuccio Aretino, in Studi Classici Orientali, XXXIII (1983), pp. 119-131 (in partic. p. 121); J. Hankins, Plato in the Italian Renaissance, I, Leiden-London 1990, pp. 85-89; Id., A Zibaldone of Rinuccio Aretino, in Id., Humanism and Platonism in the Italian Renaissance, I, Roma 2003, pp. 99-121; Luciano di Samosata, Caronte, Timone. Le prime traduzioni, a cura di E. Berti, Firenze 2006, pp. XXXVIII s.; D. Tangri, Demosthenes in the Renaissance. A case study on the origins and development of scholarship on Athenian oratory, in Viator, XXXVII (2006), pp. 545-582; P. Botley, Greek epistolography in fifteenth century Italy, in Greek into Latin from antiquity until the nineteenth century, a cura di J. Glucker - Ch.St.F. Burnett, London-Torino 2012, pp. 187-205; L. Radif, Aristofane mascherato: un secolo (1415-1504) di fortuna e di ‘sfortuna’, in Ancient comedy and reception. Essays in honor of Jeffrey Henderson, a cura di S.D. Olson, Berlin-Boston 2014, pp. 397-409 (in partic. pp. 399-406).