RINCARNAZIONE
S'intende per rincarnazione la nuova nascita dell'anima entro un altro corpo. La credenza nella rincarnazione si riscontra presso i primitivi, presso gli antichi Indiani in Oriente, presso gli orfici (e presso i filosofi che ne hanno subito l'influenza: Pitagora, Empedocle, Platone) in Occidente, e nella teosofia moderna.
Presso i primitivi la rincarnazione è credenza comune e dipende dalla loro convinzione circa l'assoluta mobilità dell'anima. L'anima di un morto può passare dentro piante, specialmente quelle che crescono presso la sua tomba, o dentro animali, sia perché il morto sia stato divorato da una fiera (p. es., in India, dalla tigre), sia a motivo dell'affinità che i primitivi riscontrano tra la condizione del defunto e le qualità di un dato animale.
Così l'anima di un capo trasmigrerà, in Africa, nel corpo di un leone o di un leopardo, quella di uno stregone in una iena. I serpenti, i vermi, gli uccelli divoratori di cadaveri sono gli animali in cui di preferenza l'anima si rincarna. Quanto a rincarnazione in uomini, la più creduta, anche nel folklore, è quella degli antenati nel corpo dei figli, consacrata dall'imposizione del nome che riproduce quello del padre o dell'avo.
Queste idee non reppresentano ancora la dottrina della rincarnazione, perché le rinascite non vi sono determinate da un motivo etico né s'inquadrano in una visione filosofico-religiosa dell'universo, ma ne costituiscono il substrato:
Per la rincarnazione in Oriente e in Occidente v. metempsicosi.
Nella teosofia (v.) moderna (e in quella corrente dello spiritismo che si può chiamare kardechiana: v. kardec; spiritismo) la dottrina della rincarnazione discende sostanzialmente da quella indiana, soprattutto buddhistica, ed è stata sistemata per l'appunto nella risurrezione teosofica di dottrine indiane promossa da Elena Blavatsky (v.). All'India brahmanica infatti, e specialmente a quella buddhistica, appartengono quelli che sono i due postulati fondamentali della teosofia moderna: la legge del karma e la rincarnazione.
La legge del harma (harman, v.; cfr. buddhismo, VIII, p. 37), detta dagli attuali teosofi anche legge della causalità morale, è la sequela o catena delle azioni umane che moralmente costituiscono il merito o la colpa. È il carattere individuale che provoca queste azioni; ma d'altra parte il carattere stesso è una conseguenza del karma, cioè dei pensieri, parole e azioni che un uomo ha fatto nelle precedenti esistenze: la forma dell'essere di ogni individuo insomma è una conseguenza della sua azione: "la mia azione - dice l'Anguttara-Nikàya - è il mio possesso, la mia azione è la mia eredità, la mia azione è il grembo materno che mi partorì, la mia azione è la gente a cui sono imparentato, la mia azione è il mio rifugio".
Il karma non viene dal di fuori, come la grazia di Dio per il cristiano, ma risiede ed opera unicamente nella coscienza e di là determina la natura e le condizioni della nostra esistenza. E poiché l'esistenza umana è legata a quella di tutto l'universo, il karma finisce per essere l'ordinamento morale del mondo, quello che gli stoici chiamarono la Ragione o la Legge e il popolo chiama destino. Il karma pertanto è nel buddhismo e nella teosofia moderna la giustificazione dottrinale della rincarnazione.
La rincarnazione, come si è detto, è il secondo cardine della teosofia. La sua concezione nella teosofia moderna differisce da quella buddhistica in questo, che mentre per il buddhismo le successive esistenze determinate dal karma possono verificarsi anche in corpi animali, la teosofia sostiene che la rincarnazione, in questo o in altri mondi del sistema cosmico, può avvenire soltanto in condizioni di esistenza progressive che rappresentino una continua ascensione.
All'obiezione circa l'oblio delle vite anteriori, i teosofi rispondono che questa è una necessità perché se mancasse questa soluzione di continuità, l'uomo nascerebbe già adulto spiritualmente e non potrebbe ricominciare la sua nuova esperienza della vita: la morte serve appunto da separazione tra le varie esistenze, senza però annullare le attitudini acquisite e i meriti o i demeriti che riannodano il passato all'avvenire e determinano il ritmo delle nuove vite.
Bibl.: Per i primitivi: A. Bertholet, Seelenwanderung, Halle 1904; T. K. Segerstedt, Själavandringslärans Ursprung, in le Monde oriental, IV (1910); B. P. van der Voo, L'origine de la croyance à la métempsycose, in Revue des idées, VIII (1911), pp. 233-271. Per l'Oriente indiano e l'Occidente greco, v. metempsicosi; per la teosofia, v. oltre la bibl. alle voci besant; teosofia, G. Trespioli, Dopo morti si rinasce?, Milano 1936; articoli Zur Frage der Reinkarnation; Zur Reinkarnationstheorie, e altri, di varî autori, in Zeitschrift für Metaphsychische Forschung, V (1934), e VI (1935).