GHINI, Rinaldo
Non si conoscono anno e luogo di nascita di questo orafo, figlio di Giovanni di Simone, attivo a Firenze e Roma nel XV secolo. Seguì il mestiere del padre - del quale, tuttavia, non si hanno opere né notizie - e intorno al 1420, insieme con il fratello Simone, entrò nella corporazione degli orefici di Firenze (Müntz, 1883, p. 414); sempre con il fratello, si trasferì in seguito a Roma (dove Simone è documentato dal 1427). Qui divenne l'orafo prediletto di papa Eugenio IV: raffinato umanista e con un gusto tipicamente veneziano per il lusso e il colore, tra il 1435 e il 1442 il pontefice affidò al G. dapprima il restauro e poi la fattura delle rose d'oro e degli stocchi donati, rispettivamente, durante la quaresima e il Natale.
L'uso di donare una "rosa aurea" a istituzioni o personaggi particolarmente benemeriti per la S. Sede si fa risalire a s. Gregorio Magno. Inviata in dono a basiliche, a santuari insigni, a sovrani e regine cattoliche, a città o repubbliche, la rosa d'oro era inizialmente costituita da un unico fiore, tinto in colore naturale, nella cui corolla fu in seguito posta una gemma per renderla più preziosa. Lo stocco, invece, era una spada dalla lama dorata e l'elsa d'argento o d'oro, spesso incrostata di pietre preziose e corredata da una cintura e da un elmo, detto berrettone, che il pontefice donava a principi e guerrieri illustri durante una solenne cerimonia la notte di Natale.
Nel 1435 il G. restaurò le rose d'oro donate da Eugenio IV nel 1431 e nel 1432. Poi eseguì la rosa del 1436, quella del 1437 (pesante 14 once e 9 monete e del valore di 113 fiorini, destinata a S. Maria del Fiore), quella donata a Ferrara nel 1438 e poi le rose del 1440 e del 1442. Nel 1441 gli era stato inoltre affidato l'incarico di realizzare un piedistallo d'argento dorato per la rosa donata al battistero di Firenze da Ranuccio Farnese (il quale l'aveva avuta dal papa) e un altro piedistallo di rame e d'argento dorato destinato a portare un ramo di corallo. A riprova del favore goduto presso Eugenio IV, il G. fuse e cesellò gli stocchi del 1436, del 1438 e del 1440, realizzando anche una campanella e dei sigilli per la Camera apostolica, oltre ad altri lavori per il pontefice (Müntz, 1878).
Successivamente al 1442 il G. raggiunse il fratello Simone a Firenze; i due divisero in parti eguali sia la casa, sia i proventi della bottega posta "sul canto di Chalimala", come si ricava dalle dichiarazioni catastali rese da Simone negli anni 1457 e 1469.
Il G. morì prima del 1480, anno in cui il fratello dichiarò di abitare da solo poiché Rinaldo era defunto (Müntz, 1884).
Simone, anch'egli figlio di Giovanni di Simone, nacque a Firenze nel 1406-07, come si deduce dalla dichiarazione catastale del 1427 in cui affermava di avere vent'anni. È generalmente chiamato col nome di "Simone I", per distinguerlo dall'omonimo e coetaneo orefice ("Simone II"), figlio di Giovanni di Giovanni, anch'egli presente nei documenti rinvenuti nel Catasto di Firenze e, come Simone, attivo a Roma al servizio della Camera apostolica (ibid.). Data la totale assenza di opere certe attribuibili al fratello del G., l'interesse nei suoi confronti deriva dalla citazione di Vasari che a un Simone fiorentino, preteso fratello di Donato Bardi (detto Donatello) e collaboratore di A. Averlino (il Filarete), attribuì l'esecuzione della tomba di Martino V in S. Giovanni in Laterano e la porta di S. Pietro, più molte altre sculture in varie città d'Italia: il "Simone" vasariano è stato erroneamente identificato dal Milanesi (p. 458) con Simone, che, figura minore dell'oreficeria toscana, è noto unicamente come collaboratore del G., né si ha menzione di una sua qualche opera scultorea.
Nel 1427 Simone risiedeva già a Roma, dove però non è rimasta alcuna traccia di suoi lavori, né di mandati di pagamento a suo nome. Tornato a Firenze, divise con il fratello (che lo raggiunse nel 1442) sia la bottega, sia l'abitazione, prima nel quartiere di S. Spirito e poi in quello di S. Giovanni. I due erano proprietari di alcuni appezzamenti di terreno coltivato nel contado di Firenze e Prato e di una schiava cui era affidato il governo della casa: nel Catasto del 1457 risulta essere una circassa di ventidue anni, Caterina, comprata per 42 fiorini da Andrea di Berto linaiolo, mentre una decina d'anni più tardi, nel Catasto del 1469, al suo posto compare una schiava russa di nome Giuliana di circa trent'anni, del valore di circa 50 fiorini.
Sposato in epoca imprecisata con Apollonia, figlia di Bernardo di Valore, ebbe tre figli: Francesca, Giovanni e Mattea. Con la morte del fratello il lavoro in bottega diminuì per Simone, come si legge nel Catasto del 1480, a dimostrazione della minore fama da lui raggiunta nell'arte dell'oreficeria (Müntz, 1884, pp. 291-299). Non si ha notizia dell'anno della morte, forse avvenuta nel 1491 circa (Thieme - Becker).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, pp. 419, 458-461; E.M. Müntz, Les arts à la cour des papes pendant le XVe et le XVIe siècle, I-III, Paris 1878-82, ad indicem; Id., L'orfrèverie romaine de la Renaissance, in Gazette des beaux-arts, XXV (1883), pp. 414 s.; Id., Les arts à la cour des papes. Nouvelles recherches sur les pontificats de Martin V, d'Eugène IV…, in Mélanges d'archéologie et d'histoire, V (1884), pp. 290-302; C. Bulgari, Argentieri gemmari e orafi d'Italia, I, Roma 1958, p. 517; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 551.