GHERARDINI (Gherardino, Ghirardini), Rinaldo
Nacque nel 1657 forse a Modena, ove maturò la decisione di intraprendere la carriera di cantante.
Una petizione rivolta al duca di Modena, Francesco II d'Este, datata 1670, ci informa infatti che "Rinaldo Gherardini d'anni 13 in 14 … arrivato a segno di essere sicurissimo nel canto al pari degli altri, temendo nella mutazione della voce, che presentemente ha di soprano, di dare in altra cattiva, per la non buona influenza del pianeta dominante il paese, e che produce d'ordinario tenori pessimi, con nessuna abilità, né disposizione, ha proposto e risolto di farsi, con buona grazia di Vostra Altezza castrare, per havere a tirare inanzi in tale professione a fine di servire molto meglio con essa et al Signore Dio, et alla Altezza Vostra … pensa altresì di camminare per la strada ecclesiastica, con farsi prete, tanto più havendo egli due fratelli ammogliati. Ma perché la povertà di suo padre non gli permette di venire all'esecuzione sudetta pretendendo il Norsino, che ha da fare l'operazione, e che assicura della vita l'oratore, 4 doble per sua fatica: ricorre perciò alla somma generosità di Vostra Altezza (non alla pietosa umanità di lei, che per qualche ragione doverebbe essergli contraria et impedirlo)" (Rosselli).
Si ignora con chi il G. abbia compiuto la sua formazione musicale, ma non è improbabile che, entrato ancora fanciullo al servizio degli Estensi, abbia ricevuto una rigorosa educazione nel duomo e nella cappella di corte.
L'attività musicale della corte estense, in cui avevano operato musicisti di grande prestigio come M. Rossi, Sigismondo d'India e G.M. Bononcini "capo degli istromentisti", favorì l'ottimo livello dell'istruzione affidata alla cappella del duomo, ove operarono, tra gli altri, T.A. Vitali, M. Uccellini e C. Erculei. Non è dunque improbabile che il G. si sia formato in questo ambiente, ricevendo utili ammaestramenti dal celebre castrato G.F. Grossi, detto Siface, attivo a Modena nel 1679, che forse lo avviò alla carriera teatrale.
Il G. esordì infatti nel 1679 a Parma interpretando il ruolo di Eurillo nell'Ottone in Italia di F.M. Bazzani al teatro del Collegio de' nobili. Nello stesso anno si trasferì a Bologna, ove fino al 1686 fu soprano in S. Petronio; si ignora se contemporaneamente si sia dedicato all'attività teatrale, ma sappiamo che per i suoi meriti di virtuoso nel 1683 era stato nominato membro dell'Accademia filarmonica. Tornò sicuramente al teatro nel 1687, anno in cui lo ritroviamo al teatro Nuovo Ducale di Piacenza quale Uberto in Zenone il tiranno di B. Sabadini, accanto al celebre contraltista F.A. Pistocchi, attivo alla corte di Parma. Ancora a Piacenza fu Clitarco ne L'Ercole trionfante, sempre di Sabadini. La sua fama andava intanto diffondendosi, e il 1° marzo 1688 fu nominato virtuoso della corte di Parma, città in cui si esibì nel 1689 apparendo in Dionisio siracusano (Gisandro) di G.A. Perti al teatro Ducale, cui fece seguito nel 1690 Il favore degli dei (Armonia) di Sabadini, accanto a Clarice Gigli e al Pistocchi.
Nel 1692 si esibì nel Novissimo teatro di Fabriano, ove apparve nel ruolo di Gesilla ne Il Vespasiano di C. Pallavicino e P. Porfirij. Ancora a Parma, e nello stesso anno, cantò ne Il Massimino di Sabadini; fu poi al teatro di Crema quale Ormondo ne Il Pausania di G. Legrenzi. Trasferitosi a Roma, fu attivo al teatro di Tor di Nona, ove nel 1693 esordì ne Il Seleuco di C.F. Pollarolo, con aggiunte musicali di B. Pasquini, direttore dell'orchestra A. Corelli. Seguì nello stesso anno Il Vespasiano di Pallavicino, accanto al Pistocchi, quindi nel 1694 Tullo Ostilio (Sabina) e Il Xerse (Adelanta), entrambe di G. Bononcini. Richiesto dai maggiori teatri della penisola per la sua fama di virtuoso, nel 1695 fu a Torino, ove al teatro Regio sostenne il ruolo di Tassillo ne L'Alessandro amante eroe di M.A. Ziani. Tornò poi al teatro Ducale di Parma, ove interpretò il ruolo di Sancio ne Il Rodrigo (1695), divenendo anche impresario, come dimostra la sua dedica al lettore de Il Mauritio (1696): "Il cortese aggradimento che hai dimostrato a le recite del Roderigo mi rende sicuro che benignamente ancor saprai compatire questo secondo attestato de la mia servitù" (Sartori, IV, p. 114).
Concluse la sua carriera teatrale nel 1697 al teatro Ducale di Parma con le opere Tullo Ostilio (Silvio), di autori diversi, e Ottaviano in Sicilia (Sesto Pompeo) di F. Ballarotti.
Frattanto aveva conservato il suo incarico di virtuoso alla corte di Parma, ove rimase sino al 15 genn. 1707, mentre dal 1699 al 1706 era stato cantore nella cattedrale.
Gli è attribuita la cantata Dal barbaro Bisanzio, per una voce e basso continuo, conservata presso il Civico Museo bibliografico musicale di Bologna.
Si ignorano il luogo e la data di morte del G., avvenuta comunque dopo il 1707.
Tipico esponente della categoria degli "evirati cantori", il G. fu ammirato per il virtuosismo vocale che manifestò sia nel repertorio teatrale, sia in quello religioso, avendo esercitato la sua attività sia nei più importanti teatri italiani, sia presso la cappella di corte del duca di Parma, al cui servizio rimase sino alla morte.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Archivio per materie, Musici, b. 2; A. Cametti, Il teatro di Tordinona poi di Apollo, II, Roma 1938, pp. 354 s., 357 s.; A. Ademollo, I teatri di Roma nel secolo decimosettimo, Roma 1969, pp. 182 ss.; S. Franchi, Drammaturgia romana, Roma 1988, pp. 655 ss., 669, 672; J. Rosselli, The castrati as a professional group and a social phenomenon, 1550-1850, in Acta musicologica, LX (1988), p. 154; M.-Th. Bouquet - V. Gualerzi - A. Testa, Storia del teatro Regio di Torino, V, Cronologia, a cura di A. Basso, Torino 1988, p. 33; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, IV, p. 223; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, II, p. 313; The New Grove Dict. of opera, II, p. 400.