FULIN (Folin), Rinaldo
(Folin), Nato a Venezia il 30 apr. 1824 da Andrea, merciaio e lavoratore di frange, e da Osvalda Carlon, studiò nel ginnasio di S. Provolo e in quello di S. Caterina. Seguì gli studi teologici al seminario patriarcale, dove, premiato come "studente promettente", gli venne offerta una cattedra che rifiutò. Fu ordinato sacerdote nel 1847 e aggregato alla parrocchia di S. Cassiano. Non risulta che avesse assunto incarichi pubblici nella rivoluzione del 1848-49, ma nell'aprile 1848 aveva pubblicato a Venezia una scelta di brani del Primato morale e civile degli italiani di V. Gioberti; il Cicogna attribuisce attendibilmente a lui e all'avvocato cattolico liberale A. De Giorgi il pamphlet anonimo Del potere politico (Venezia 1849).
In questo scritto si affermava che le rivoluzioni liberali sono opera della Provvidenza e che la libertà politica significa anche libertà della Chiesa, la cui indipendenza è minacciata dai governi assolutisti. Rivolgendosi soprattutto al clero, citando Suarez e s. Tommaso, il F. sosteneva che la società ha il diritto di rovesciare i governi ingiusti e tirannici, come quelli stranieri, che il potere regio non è di diritto divino e che il miglior governo è quello eletto da tutto il popolo.
Per le sue idee liberali e antiaustriache (poco condivise dagli altri preti della diocesi) nel 1850 e nel 1852 la luogotenenza lo privò dell'abilitazione all'istruzione privata. Nel 1852 fu accusato dalla polizia imperiale di frequentare la casa di M. Lucchesi Indri, "sospetta in linea politica", e di possedere opere di Gioberti, G. Leopardi e G.B. Niccolini. In seguito a queste accuse il patriarca lo trasferì dalla parrocchia di S. Cassiano a quella di S. Stefano.
Quando nel 1867, dopo l'annessione del Veneto al Regno d'Italia, il F. pronunciò un discorso in occasione della tumulazione dei martiri di Belfiore, il patriarca, che già gli aveva rimproverato un contegno "poco devoto nell'esercizio del sacro ministero", diramò una circolare intimando a tutti i parroci di non avvalersi più della sua predicazione.
Il F. non chiese mai la revoca del provvedimento e si dedicò all'insegnamento e alla ricerca storica. Dal 1858 al 1867 aveva insegnato storia al ginnasio di S. Caterina, prima come supplente, poi come titolare. Dopo il 1867 fu professore al liceo "Marco Polo" e dal 1868 ebbe anche la cattedra di storia del commercio (e poi di storia politica e diplomatica) alla Scuola superiore di commercio di Ca' Foscari. A partire dal 1863 pubblicò numerosissimi saggi frutto soprattutto di ricerche all'Archivio di Stato di Venezia. Diventò un noto conferenziere e promosse attività editoriali: nel 1865 partì, diretta da lui per la tipografia Antonelli, una importante "Collezione di opere storiche" in venti volumi (l'ultimo uscì nel 1876), che comprese la prima edizione italiana della Storia del regno di Filippo II di W.H. Prescott (1866, 2 volumi tradotti dal F. e da R. Saggiotti) e della Storia della città di Roma nel Medioevo (I-VIII, 1872-76) di F. Gregorovius, che del F. si considerò amico. Nel 1883 fece pubblicare presso la tipografia Visentini i Mémoires di C. Goldoni nel testo integrale in francese, come prima opera (in edizione di soli 150 esemplari) di una "Biblioteca degli scrittori veneziani del secolo XVIII", che non ebbe continuazione, diretta a far conoscere la storia di Venezia nel Settecento, attraverso il racconto di testimoni. Collaborò alla rivista Revue des questions historiques di Parigi scrivendo rassegne sugli studi storici in Italia. Nel marzo 1871 fondò con A. Bartoli la rivista Archivio veneto, costruita esplicitamente sul modello dell'Archivio storico italiano di G.P. Vieusseux; dagli inizi del 1873 egli la diresse da solo (nel 1875 se ne diffondevano 300 copie). Dopo la morte del F. divenne organo della Deputazione di storia patria delle Venezie che lo stesso F. aveva contribuito a fondare nel 1874.
Il F. fu socio, archivista e bibliotecario dell'Ateneo veneto, membro dell'Istituto veneto di scienze lettere e arti e del consiglio direttivo del Museo civico e della raccolta Correr di Venezia e socio di molte altre accademie italiane. Nell'agosto 1884 si ritirò nel monastero dei carmelitani scalzi di Venezia, dove morì il 24 novembre successivo per una nefrite acuta.
La sua memoria fu subito contesa tra chi sosteneva che negli ultimi anni si fosse pentito degli "ardori giovanili" (il giornale clericale La Difesa) e chi diceva che fosse rimasto liberale fino all'ultimo (il quotidiano della Sinistra L'Adriatico).
Per un elenco completo delle opere del F. si rimanda alla Commemorazione del Biadego e alla Bibliografia di Ca' Foscari. È però necessario ricordare qui i suoi studi sugli inquisitori della Repubblica veneta sfociati in diversi saggi: basandosi su fondi archivistici di cui l'Austria aveva limitato la consultazione (secondo B. Cecchetti, per le frequenti manomissioni), egli dimostrò che esistevano due tipi di inquisitori (quelli di Stato e quelli dei Dieci: Di un'antica istituzione mal nota (inquisitori dei Dieci e inquisitori di Stato), Venezia 1875) e tentò di definire il funzionamento di questi organi di polizia, in parte riabilitandoli dall'accusa che fossero dispotici e oscuri (Studi nell'archivio degli inquisitori di Stato, ibid. 1868). Inoltre il F. promosse la pubblicazione integrale dei Diarii di Marin Sanuto (58 tomi, ibid. 1879-1903, dei quali curò il III, il VII e l'XI); pubblicò Venezia e D. Manin: ricordi (ibid. 1875), I codici veneti della Divina commedia (ibid. 1865), un Breve sommario di storia veneta (ibid. 1863).
Il lavoro del F. va valutato nel contesto dell'ambiente dell'archivio dei Frari, che ospitava l'erudizione locale e gli storici stranieri a Venezia; e soprattutto va affiancato a quello di altri studiosi veneziani di storia patria, come S. Romanin e N. Barozzi, che in quell'archivio consultarono documenti inediti della Serenissima, regestandoli, trascrivendoli e pubblicandoli, pensando che dalle "glorie passate" si sarebbero potuti trarre utili insegnamenti. Il F. descrisse quell'archivio come le "incognite terre" non ancora esplorate dagli Europei, e rilevava che la produzione storiografica sulla Serenissima era vastissima ma diceva spesso cose non vere (secondo lui anche per screditare la Repubblica). Questo imponeva dei doveri agli eruditi locali: cercare, vagliare, emendare, illustrare e pubblicare i documenti d'archivio, preparando così il lavoro degli storici. Egli stesso si paragonava "al manovale che va alla cava, e ne taglia e ne trasporta le pietre che serviranno all'artefice venturo" (Manzato). Però non dovevano essere pubblicati documenti senza ordine, ma intere serie di atti, o il loro regesto (così si fece con i Diarii di Sanuto).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Gabinetto di Prefettura 1872-76, b. 52, rubrica 20 5/1 (prospetto dei giornali della provincia, aprile 1871); A. Marconi, Parole dette innanzi al feretro dell'ab. prof. cav. R. F. nel cimitero di Venezia il giorno 26 nov. 1884…, Venezia [1884]; Appendice all'atto verbale 30 nov. 1884. Condoglianze per la morte dei membri effettivi prof. C. Combi e ab. prof. R. F., in Atti dell'Istituto veneto di scienze lettere ed arti, s. 6, III (1884-85), pp. 12-17; G. Moro, Elogio funebre dell'abate R. cav. F.…, Venezia 1885; R. Manzato, Commem. dell'ab. prof. cav. R. F. letta alla R. Scuola super. di commercio…, Venezia 1885; G. Biadego, Commem. di R. F.…, Lucca 1885; B. Morsolin, R. F., in Ateneo veneto, s. 9, I (1885), pp. 177-200; G. Moro, Nel solenne scoprimento del ricordo marmoreo consecrato alla mem. di R. F. nella chiesa di S. Cassiano V.M., Venezia 1885; B. Cecchetti, R. F., in Archivio veneto, n.s., XVI (1886), t. XXXII, 1, pp. V-LIV; Bibliogr. di Ca' Foscari cioè saggio della produzione intellettuale di quanti furono studenti o professori…, Venezia 1911, pp. XXIV-XXX; B. Bertoli, Le origini del movimento cattolico a Venezia, Brescia 1965, pp. 90-93, 115-117.