CORSO (Macone), Rinaldo
Nacque il 15 febbr. 1525, come testimonia egli stesso nel nuovo proemio alla Dichiaratione fatta sopra la Seconda Parte delle Rime della Divina Vittoria Colonna, probabilmente a Verona, da Ercole Macone e Margherita Merli da Correggio.È documentato sempre con il nome di Corso (o Corsi).
Trascorse l'adolescenza nella città natale della madre, dove la famiglia ritornò alla morte di Ercole, avvenuta durante l'assedio di Cremona il 15 ag. 1526, e dove già alla metà del sec. XV Rinaldo, padre di Ercole, si era forse trasferito dalla Corsica. Dopo un primo apprendistato sotto la guida di Bartolomeo Zanotti, il C. fu a Bologna per perfezionarsi in giurisprudenza alla scuola di Andrea Alciato e Mariano Soccino junior, e dove si laureò nel 1546. Nello stesso anno la Curia romana lo nominò milite e cavaliere lauretano, carica che lo mise in grado di abilitare al notariato in materia canonica. Nel 1542 dovette aver già compiuto la Dichiaratione sopra la Prima Parte delle Rime di Vittoria Colonna: ma non si ha notizia della pubblicazione della prima parte dell'opera. Certamente l'anno dopo, 1543, a Bologna, presso G. B. Faelli, uscì la Dichiaratione sopra la Seconda Parte delle Rime della divina Vittoria Colonna, dedicata a Veronica Gambara in data 15 febbr. 1542 e contenente due sonetti dello stesso Corso.
Nel 1558 Girolamo Ruscelli curò l'edizione presso G. B. e M. Sessa, di Tutte le rime della illustris. et eccellentiss. signora Vittoria Colonna Marchesana di Pescara, con la esposizione del signor Rinaldo Corso (in Venetia), e la dedica ad Isabella Gonzaga conferma l'ipotesi che la prima parte dell'opera non sia mai stata edita singolarmente. Il commento del C. non si distacca dal tono medio dei commenti al canzoniere petrarchesco, né per la struttura né per certa piattezza espositiva.
Nella seconda metà del 1546 il C. ritornò a Correggio, essendo in precarie condizioni di salute: nonostante l'infermità lo affliggesse per oltre due anni, in questo periodo partecipò assiduamente alla attività della accademia fondata da Veronica Gambara e attese alla stesura dei Fondamenti del parlar thoscano, editi a Venezia nel 1549 presso Comin da Trino. Questi furono anche gli anni che videro il nascere del tormentato rapporto del giovane con Lucrezia Lombardi, nipote di Giambattista Lombardi, professore di medicina e filosofia alle università di Bologna e Ferrara e mecenate di Antonio Allegri, ed ella stessa ricordata dal Lando fra le donne più illustri d'Italia. Le difficoltà tra cui nacque l'amore dovettero presto diradarsi, come si desume dalla conclusione dei Fondamenti: e presumibilmente nel 1549 il C. e la Lombardi dovevano essere già marito e moglie, se in quell'anno il C. cambiò a favore della consorte il testamento redatto nel 1543.
I Fondamenti, divulgati anche sotto il titolo sbrigativo di Grammatica, conobbero grande fortuna, attestata da cinque ristampe nel corso del secolo, grazie all'agilità espositiva e ad una rigorosa e puntuale coerenza: il "certo suo nuovo modo" che il Sansovino apprezzò. Pur rifacendosi largamente al Bembo e al Fortunio e alla stessa grammatica latina, il C., in una scrupolosa ricerca della regolarità, attribuisce alle categorie grammaticali una funzione logica e un valore espressivo, giungendo per questa via ad alcune osservazioni originali nella storia della nostra grammatica, come quelle sulle figure che si discostano appunto dallo stile comune, dalla regolarità tipica, ma il cui uso è concesso per "gratia et ornamento della scrittura". Inoltre il C. è uno dei pochi, insieme con il Dolce e con il Ruscelli, a soffermarsi sulla analisi logica della proposizione e del periodo.
Dopo la morte di Veronica Gambara, il C. fondò una nuova accademia, detta dei Filogariti; nel 1554 si recò a Venezia per chiedere al Senato il privilegio di apporre lo stemma della Repubblica sul monumento funebre, la cui iscrizione lapidaria è dello stesso C., eretto in onore del padre Ercole Macone, caduto combattendo appunto nelle file dell'esercito veneziano. Sempre nel 1554, durante il carnevale, furono recitati in Correggio Gli Honori della casa di Correggio, che vennero pubblicati però ad Ancona (presso A. de Grandi) soltanto nel 1566, operetta in ottave e intermezzi permusica curati dallo stesso C., in cui sono celebrate le azioni dei conti di Correggio. Nell'edizione a stampa si leggono una lettera a Mandricardo della Croce, in cui il C. esprime parere contrario all'elezione di Correggio a sede vescovile, e due capitoli in lode delle donne correggesi.
In quegli stessi anni, il C. fu eletto giudice e priore del Collegio dei notai, istituito nel 1554 da Girolamo da Correggio, e scrisse un trattato, andato poi perduto, sull'irrigazione del territorio, Del modo di livellare le acque di Correggio e per irrigare le terre del Principato; egli emanò inoltre l'Ordine sopra l'Ufficio dell'Edilità di Correggio, manoscritto conservato nella Biblioteca Estense di Modena riguardante il catasto e le fognature: lo stesso manoscritto contiene l'Istoria del glorioso Martire di Gesù Cristo s. Quirino vescovo di Lubiana.
Del 1555 è il trattato Delle private Rappacificazioni (Correggio) dedicato al Senato veneziano, l'opera principale, con i Fondamenti, del C., e la più originale, mancando una legislazione nella materia di cui tratta. In essa vengono distinti i concordati pubblici e quelli privati, extragiudiziali; si esaminano le cause e le occasioni di contrasto, soprattutto l'ingiuria e lavendetta, e naturalmente i mezzi della "rappacificazione", che deve risultare "giusta, favorevole, buona e cristiana". La fortuna del trattato, che fu più volte riedito, convinse il C. a tradurlo in latino e a dedicarlo al papa Pio IV (De Privata Reconciliatione liber qui pridem Ethruscus, nunc vero in lucem Latinus exit, Romae 1563). Sempre nel 1555 uscì a Venezia presso S. Bordogna la seconda edizione del Dialogo del ballo, già compiuto però il 17 genn. 1554 e della cui prima edizione non si ha notizia.
Il dialogo, che si svolge tra Frigia e Cirneo, riconosce al ballo dignità d'artee gli assegna una funzione utilmente dilettevole perché casto, scevro dalla licenza della commedia o della giostra. Pur essendo l'opera meno pedantesca del C., il dialogo resta tuttavia lontanissimo dalla maliziosa vivacità e dalla acuta agilità della trattatistica coeva.
Durante le tormentate vicende della lega sacra, Girolamo da Correggio restò fedele all'Impero, ma i cugini, Camillo e Fabrizio, passarono dalla parte di papa Paolo IV: il C., sospettato di essere l'artefice del voltafaccia, si vide costretto nel febbraio del 1557 a protestarsi pubblicamente estraneo alla vicenda. Nel 1557 il C. attraversò un periodo assai delicato della sua vita: appena rimessosi da una grave ricaduta della sua malattia, fu abbandonato dalla moglie, che si trasferì a Parma e che venne diseredata.
Nominato da Ferrante d'Avalos visitatore dei suoi Stati, il C. fu a Napoli, Vasto e Benevento. Nel marzo-aprile 1557 Girolamo da Correggio si sottrasse alla lega e rovesciò l'alleanza: i beni del C. posti fuori le mura di Correggio furono devastati dalle truppe del papa. Ma l'anno seguente il C. ritornò nuovamente in patria, come attesta un atto da lui rogato il 2 maggio 1558, e svolse le funzioni di giudice supremo delle cause civili; nel 1559 si riconciliò con Lucrezia, che più tardi reintegrò nel testamento. Nel 1560 fu pubblicata a Bologna la tragedia Panthia, probabilmente portata a termine nel 1551, "dopo due anni dal di lui collocamento con Madonna Lucrezia Lombardi", dedicata ad Isabella Gonzaga, marchesa di Pescara.
L'intreccio, tratto da Senofonte, si svolge nelle forme codificate dalla trattatistica cinquecentesca, ma il tono discorsivo prevale e scarso rilievo hanno personaggi e azioni: dell'impianto tragico non resta che l'ossequio formale alla precettistica aristotelica, anche se il C. si preoccupa di dare indicazioni per la scena e i costumi.
Nel 1562 il C. fu chiamato a Roma, al servizio di Girolamo da Correggio, divenuto cardinale, mentre la moglie lo abbandonò definitivamente per andare a vivere a Reggio Emilia con Giambattista Cartari, che nel 1565 nominò erede di tutte le sue sostanze. Durante la permanenza a Roma, che si protrasse per alcuni anni, il C. ebbe da relazioni extraconiugali due figli, Ercole, che legittimò nel 1580, e Plautilla; e forse amò Giulia della Molara Ruffini, una delle donne romane cui dedicò delle rime raccolte da Muzio Marifredi (Bologna 1575). Al seguito del cardinale il C. si recò ad Ancona, città di cui Girolamo aveva ricevuto il comando: e ad Ancona uscì la traduzione delle Pastorali di Virgilio, dedicata, con lettera datata il 24 dic. 1564, ad Ersilia Cortese del Monte e contenente un'ottava in onore di Annibal Caro. Sempre ad Ancona presso A. de Grandi, e sempre nel corso del 1566, apparve la Vita di Giberto terzo di Correggio detto il Difensore, colla vita di Veronica Gambara, apologia della casata dei Correggio la prima biografia, mentre la seconda si evidenzia per maggior fedeltà e precisione storica, narrando in parte avvenimenti vissuti dallo stesso Corso.
Nel 1567 Lucrezia Lombardi venne assassinata nella villa dei Galli a Fabbrico: la notizia sorprese il C. ad Ancona ed egli e il Cartari furono sospettati di essere i mandanti dell'omicidio; ma non furono raccolte prove sufficienti a sostenere l'accusa. L'anno dopo, 1568, uscirono a Venezia le Indagationum Iuris libri tres, che raccolgono i più disparati argomenti di diritto civile, penale e canonico, in un disegno complessivo che manca però di organicità.
Nel 1545 il C. firmò la lettera di dedica a suor Barbara da Correggio, figlia di Niccolò, preposta all'edizione veneziana della Prefatione del cardinal Federico Fregoso nella Pistola di san Paolo a' Romani, autentico "concentrato di teologia luterana" secondo la Seidel Menchi. Probabile imprudenza giovanile, questa del C., conferma comunque il fatto che la piccola corte correggese non era estranea al dissenso religioso: la stessa Veronica Gambara in alcune rime aveva trattato temi della dottrina in termini riformati, e il C. e suor Barbara intrattenevano stretti rapporti con il propagandista eterodosso Ortensio Lando, che d'altronde li ricorda entrambi nel suo Commentario. Inoltre, tramite il fratello Anton Giacomo, il C. entrò in relazione con i circoli eterodossi veneziani, ai quali - o a quelli modenesi come sostiene la Seidel Menchi - va rapportata l'iniziativa della traduzione, sotto il nome di Fregoso, della versione latina di Iustus Ionas della Vorrede di Martin Lutero all'Epistola di s. Paolo.
Qualunque fosse la sua opinione in proposito all'epoca, dopo il 1567 il C. prese la decisione di abbracciare lo stato ecclesiastico, che gli aprì una rapida e brillante carriera segnata da importanti incarichi. Inquisitore apostolico, consultore dell'Inquisizione, esaminatore e giudice sinodale, referendario della Segnatura della corte romana: cariche, queste, che lo portarono a Policastro, Malta e Cipro e finalmente nel 1579 a Strongoli, in Calabria, come vescovo. Nel 1570 uscì l'edizione annotata dal C. dell'opera del giureconsulto Oldrado da Ponte, Consilia etquaestiones, Venetiis 1570; della produzione religiosa del C. restano a stampa alcuni componimenti in terza rima inseriti dal Possevino nel suo Soldato cristiano, Mantova 1583.
Invece, oltre ad alcuni versi in onore di Girolamo Vannino (cod. Urb. lat. 751), siconserva manoscritta una predica del C., databile anteriormente alla nomina vescovile secondo la Barocchi, che pubblica la copia della Bibl. univers. di Bologna (ms. 595, Miscell. I n. 2) segnalata nel 1939 dal Graziani; il testimone della Bibl. Vaticana - compreso nel cod. Urb. lat. 859 - reca il titolo completo di Discorso a pittori, sopra l'honestà delle imagini. Lo scritto si pone in linea con l'offensiva controriformistica che vede puristi raffaelleschi e teologi concordi nel sottoporre il "nudo" alla "convenienza" moralistica, e che troverà coerente formulazione nel Discorso intorno alle imagini sacre e profane del card. Paleotti (1582). La Barocchi sottolinea il carattere oratorio dell'argomentare nella predica del C., che punta sulla persuasività delle acutezze metaforiche ("le vestimenta sono in guisa di traslazioni e metafore") più che sulla dimostrazione di principi riassumibili peraltro nei concetti di "nudo" come trappola del demonio e di "vestimento" - dato all'uomo "a conforto e sostentazione" contro quel pericolo - come opera di Dio. Ne consegue una rigida e minuziosa normatività iconografica che ben illustra la "riduzione al minimo, e insieme all'assurdo" di una pur "complessa e grandiosa poetica divozionale".
La data della sua morte resta incerta: l'ultimo documento databile risale al 1580. Si tratta del testamento con cui il C. legittimò il figlio Ercole, nominandolo quindi suo erede, e lasciò una dote all'altra figlia. Per alcuni il 1580 è anche la data della sua morte, di cui si avrebbe notizia in un documento del notaio romano Curzio Saccoccio de' Sarti del 6 febbr. 1581; per altri è il 1582, sulla base di un canone annuo che risulta pagato ancora dal C. il 28 dic. 1581. Il C. è sepolto nella sagrestia della cattedrale di Strongoli.
Fonti e Bibl.: F. Sansovino, Le osservaz. della lingua volgare de' diversi huomini illustri, Venezia 1562, p. 325; O. Lando, Commentario de le più notabili et mostruose cose d'Italia, Venezia 1569, passim; T. G.Farsetti, Catal. di commedie ital., Venezia 1776, ad Indicem; G. Tiraboschi, Bibl. modenese, Modena 1781, 11, pp. 151 ss.; IV, pp. 96 ss.; Q. Bigi, Sulla vita e sulle opere del card. Girolamo da Correggio, politico filosofo del XV sec., Milano 1864, passim; Id., Di G. B. Lombardi da Correggio, Strenna correggese, ibid. 1868, passim; Id., Sulla vita e sulle opere di R. C. e di Pietro Bigi da Correggio, Modena 1880; V. Magnanini, Saggio di poesie e testamenti di R. C., Correggio 1880; G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., Milano 1883, IV, pp. 305 ss.; F. Foffano, Un letterato ital. del sec. XVI, in Il Propugnatore, V (1892), pp. 158 ss.; C. Trabalza, Storia della grammatica ital., Milano 1908, pp. 125 ss.; H. Yvia-Croce, Anthologie des ecrivains corses, I,Ajaccio 1929, pp. 85-104; A. Graziani, Bartolommeo Cesi, in La Critica d'arte, IV (1939), p. 67, n. 19; R. Finzi, Un correggese del Rinascimento..., Modena 1959; Id., Correggio nella storia e nei suoi figli, Reggio Emilia 1968, ad Indices; P.Barocchi, Un "Discorso sopra l'onestà delle immagini" di R. C., in Scritti di st. dell'arte in onore di M. Salmi, Roma 1963, III, pp. 173-191; S. Seidel Menchi, Le traduzioni italiane di Lutero nella prima metà del Cinquecento, in Rinascimento, s. 11, XVII (1977), pp. 31-99; F. M. Giochi-A. Mordenti, Annali della tipografia in Ancona, Roma 1980, pp. 54 ss.; G. von Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1923, p. 305; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I-II, ad Indices.