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rimordere

di Alessandro Niccoli - Enciclopedia Dantesca (1970)
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rimordere

Alessandro Niccoli

Riferito alla coscienza, ne esprime il tormento provocato dal ricordo consapevole del male commesso, e poiché l'anima si edifica dall'interno su sé stessa proprio mediante la memoria della colpa e il pentimento, r. è verbo peculiare, anzi esclusivo, della poesia del Purgatorio: XXXIII 93 Non mi ricorda / ch'i' stranïasse me già mai da voi, / né honne coscïenza che rimorda. Di qua, l'uso del participio passato in funzione di predicato con il valore di " tormentato dalla coscienza ": III 7 El mi parea da sé stesso rimorso.

Con valore più attenuato, indica il senso di disagio che si prova allorquando ci si rende conto di aver compiuto un atto inopportuno o poco deferente; ad Adriano V, che gli aveva chiesto per quale motivo si fosse inginocchiato vicino a lui, D. risponde: Per vostra dignitate / mia coscïenza dritto mi rimorse (XIX 132), cioè per reverenza alla vostra dignità di pontefice, la mia coscienza rimorse me che stavo dritto vicino a voi.

Vocabolario
rimòrdere
rimordere rimòrdere v. tr. [lat. remordēre, comp. di re- e mordēre «mordere»] (coniug. come mordere). – 1. Mordere di nuovo: un’ape ingegnosa ... Alle guance di Fillide volando ... Le morse e le rimorse avidamente (T. Tasso). Anche, mordere...
rimordiménto
rimordimento rimordiménto s. m. [der. di rimordere], letter. – Rimorso: r. di coscienza; senza freno alcuno di r. o di vergogna (Boccaccio); specificando il motivo del rimorso: il r. che di tanto in tanto la infestava d’essersi fatta giustizia...
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