RIMESSIONE del debito (lat. acceptilatio, pactum de non petendo, contrarius consensus; fr. remise de dette; sp. remision del debito; ted. Erlass; ingl. release of the deot)
Diritto romano. - Consiste nella rinunzia che il creditore fa del suo diritto. Questa rinunzia può avvenire per atto di ultima volontà (legato) oppure per atto fra vivi. In tale ultimo caso, perché la rinuncia sia valida, occorre l'accettazione da parte del debitore. Infatti i mezzi riconosciuti dal diritto romano idonei allo scopo, e cioè l'accettilazione, il pactum de non petendo, il contrarius consensus presuppongono tutti un accordo fra il creditore e il debitore. Il legato, con cui si rimette il debito, non lo estingue direttamente, perché esso non è causa dì estinzione delle obbligazioni, ma dà al debitore legatario o la possibilità di respingere con un'exceptio doli l'erede che eventualmente facesse valere il credito del defunto, oppure il diritto di ottenere dall'erede l'accettilazione del debito.
A differenza dell'aceptilatio (per la quale, v. accettivazione) il pactrum de non petendo è un semplice accordo non formale fra il creditore che abbandona il suo credito e il debitore. Può servire per qualunque credito. Questo patto, che richiede capacità di agire nelle parti, non abbisognando di speciali forme, può essere espresso o tacito, avvenire fra assenti e intermediarî. Ma un patto concluso dal procurator dava al principale solo l'exceptio doli. Ammette l'apposizione di un termine o di una condizione e può riguardare tutto o soltanto una parte del credito. La remissione può avvenire a scopo di liberalità verso il debitore, ma ciò non è necessario. Il pactum de non petendo, come causa di estinzione delle obbligazioni, libera ipso iure il debitore solo trattandosi di obbligazioni da furto o da ingiurie. All'infuori di questi casi, il ius civile non riconosce effetto al patto. Spetta al diritto onorario l'estensione dell'efficacia liberatoria del patto stesso a ogni causa di obbligazione e l'efficacia sua consiste in ciò che al debitore è concessa un'exceptio pacti contro il creditore, il quale, contravvenendo al patto di rimessione, esperimenti contro di lui l'azione del credito. Perciò, quando si tratti di stricta iudita, occorre l'inserzione dell'exceptio nella formula relativa. Nel diritto giustinianeo si distingue fra patto in personam e patto in rem; il primo giova soltanto alla persona cui si è promesso di non chiedere; il secondo giova, in generale, a tutti coloro la liberazione dei quali riesce di vantaggio al paciscente. Nel dubbio, il patto si presume in rem. Secondo il diritto classico, questa distinzione fra patto concepito in personam e in rem non esisteva e l'exceptio pacti spettava solo al paciscente e al suo fideiussore che avesse diritto di regresso. Poteva spettare ad altri solo per effetto di speciale menzione. Questa causa di estinzione non lascia sussistere un'obbligazione naturale. Esso non ha efficacia liberatoria quando risulti che il creditore ha voluto rinunciare a far valere il suo credito temporaneamente (pactum de non pettendo ad tempus), ossia ha voluto accordare soltanto una proroga.
Contrarius consensus oppure mutuus dissensus è il patto col quale le parti di un contratto consensuale convengono che questo debba essere sciolto. In ciò è implicita la rinuncia ai diritti di credito che derivano dal contratto medesimo. Esso estingue le obbligazioni delle parti ipso iure e con le obbligazioni di queste vengono meno le garenzie personali e le reali. Tuttavia nel diritto classico il mutuo dissenso aveva efficacia estintiva solo trattandosi di compravendita e dippiù in questa l'obbligazione nata dalla stipulatio duplae si estingueva exceptionis ope e non ipso iure. La norma del diritto giustinianeo che esso vale per tutti i contratti consensuali non ha senso poiché per sciogliere un contratto di mandato, di società e di locazione basta la rinunzia unilaterale. Come semplice patto, non presenta requisiti di forma, occorre però che le parti abbiano l'intenzione di sciogliere appieno il rapporto giuridico costituito col contratto; volendo estinguere soltanto qualcuna delle obbligazioni nate da questo è d'uopo ricorrere al pactum de non petendo oppure a una novazione, seguita da accettilazione. Occorre, inoltre, che la res sia integra, cioè che il rapporto sussista con tutte le obbligazioni che ne derivano, quindi che nessuna di esse sia già stata estinta, ad es., per esecuzione. Secondo il diritto classico, dato che una parte avesse già eseguito la sua prestazione, era necessario che l'altra parte restituisse la prestazione già ricevuta; sussistendo però la sua obbligazione, bisognava novare questa e poi accettilarla. Nel diritto giustinianeo basta che la parte, cui si è fatta la prestazione renda quanto ha ricevuto e poi consenta con l'altra parte a sciogliere il contratto. Il che giuridicamente è illogico, dato che quella restituzione non vale a risuscitare l'obbligazione già estinta e quindi a ricostituire nella sua integrità il rapporto contrattuale. Tuttavia, se nel diritto giustinianeo il contrarius consensus può essere efficace anche quando la res non è più integra, vi hanno delle differenze tra questo e il caso inverso. Nel primo, infatti, la cosa viene restituita alla parte che l'ha consegnata, gravata di tutti i pesi che nel frattempo sono venuti a costituirsi su di essa.
Diritto moderno (cod. civ., articoli 1279-1284). - L'atto di rinunzia al proprio credito si può pure nel diritto moderno concretare in un atto mortis causa (legatun liberationis) che abbia i necessarî requisiti, oppure in un atto inter vivos. In questo caso potrà esplicare il suo effetto anche senza l'accettazione del debitore, però soltanto dopo di questa diverrà irrevocabile. La rimessione, che può essere determinata da motivi diversi dalla donazione, è valida anche se la volontà si manifesta tacitamente, ossia con attì dai quali si desume sicuramente la sua esistenza.
Un caso di tacita rimessione del debito si ha con la restituzione volontaria del titolo originale del credito sotto forma privata (dell'originale dell'atto pubblico non si può disporre) da parte del creditore al debitore. Al contrario, la restituzione del pegno non costituisce una tacita rimessione (art. 1280), in quanto da quella restituzione si rileva soltanto la volontà di rinunciare alla garenzia costituita dal pegno. Poiché, secondo la sua causa, la rimessione può essere un negozio a titolo gratuito o a titolo oneroso, la capacità e le norme sostanziali dell'atto varieranno con la sua causa; perciò se si fa rimessione per donare al debitore, occorreranno gli stessi requisiti di capacità che sono richiesti per le donazioni e del pari si applicheranno le norme sostanziali di queste: solo non si richiederanno i requisiti formali essendo per principio generale riconosciuta efficacia alle rinunce in qualsiasi modo risulti manifestata la volontà del rinunziante. La rimessione può essere totale o parziale, secondo che estingua il debito o in tutto o in parte e può giovare a tutti o soltanto ad alcuni fra più obbligati. Così la rimessione accordata al debitore principale libera i fideiussori, mentre quella accordata al fideiussore non libera il debitore principale, perché questa si interpretá come semplice rinunzia alla garenzia personale della fideiussione. Se viene accordata a uno di più fideiussori senza il consenso degli altri, profitta a costoro solo per la parte dì quello che fu liberato (art. 1283) e, in ogni caso, ciò che il creditore abbia ricevuto da uno dei fideiussori per liberarlo, si deve imputare al debito, e detrarre da questo, nei riguardi sia del debitore principale, sia degli altri fideiussori (art. 1284.).
Bibl.: A. Bechmann, Der Kauf, II, i, Erlangen 1884, pp. 469, 484; S. Perozzi, Contratto consensuale classico, in Studî Schupfer, I (1893), p. 125 segg.; id., istituzioni di diritto romano, II, 2ª ed., Roma 1928, pp. 370, i e 405; B. Windscheid-Kipp, Lehrbuch des Pandektenrechts, 9ª ed., Francoforte s. Meno 1906, par. 357; II, p. 523 segg.; G. Segrè, Sull'efficacia del pactum de non petendo, in Rivista di diritto commerciale, XII (1914), i, p. 1062; A. Sraffa, Mutuo dissenso e rimessione del debito, in Rivista di diritto commerciale, II (1916), p. 426 segg.; H. Siber, Contrarius consensus, in Zeitschrift der Savigny Stiftung (Röm. Abteil.), XLII (1921), pp. 68-102; G. Rotondi, Scritti giuridici, Milano 1922, II, p. 307 segg.; A. Cerciello, I contratti liberatori, Napoli 1922; id., La rimessione del debito nel diritto civile positivo, Roma 1923; H. Stoll, Die formlose Vereinbarung der Aufhunbung eines Vertragsverhältnisses im römischen Rechts, in Zeitschrift der Savigny Stiftung (Röm. Abteil.), XLIV (1924), p. i segg.; G. von Beseler, Miscellanea, in Zeitschrift, cit., XLV (1925), pp. 191, 193; P.F. Girard, Manuel élémentaire de droit romain, 8ª ed., Parigi 1929, pp. 759 e 761; R. De Ruggiero, Istituzioni di diritto civile, III, 6ª ed., Messina s. a., p. 228.