MELICI, Rilievi
I rilievi m. sono costituiti da una serie di piccoli rilievi in terracotta di cui sono noti più di cento esemplari. La loro produzione va circa dal 480 al 440-30 a. C. Poiché Melos (Milo) è sicuramente il luogo di ritrovamento di almeno 16 esemplari, è stata adottata per questa serie di rilievi fin dal 1870 la denominazione derivante dal luogo principale di ritrovamento. La maggioranza dei pezzi ritrovati a Milo e anche quella di altri rilievi proviene principalmente da tombe. Soltanto una tavoletta è stata ritrovata nel santuario di Demetra e Kore a Coo (cfr. Jacobsthal, op. cit., n. 100).
Si tratta di sottili tavolette d'argilla che possono raggiungere lo spessore di 1 cm, l'altezza di 10-20 cm e sono altrettanto o ancora più larghi. I rilievi sono stampati per mezzo di forme, probabilmente erano riproduzioni di modelli d'argilla. Lo sfondo delle figure dei pezzi più antichi è a volte scomparso cosicché le figure fanno l'effetto di silhouettes isolate. Dai fori praticati sulle tavolette prima della cottura si può dedurre che venivano inchiodate su cassette di legno a mo' di rivestimento. Ciò è confermato anche dalla vasta estensione dei luoghi di ritrovamento dei rilievi che si diffusero così largamente non già per il loro valore, per altro ben scarso, ma come parti ornamentali di cassette di legno. Sono stati trovati rilievi m. nel santuario di Demetra e Kore in Coo, nelle tombe di Thera, Rodi, Camiro, Creta, Citno, Egina, Eleusi, Atlanti, Corinto. Nella Magna Grecia: a Locri e Camarina. Però rilievi che presentano soltanto uno o due fori e che per di più sono allineati orizzontalmente potrebbero anche essere stati appesi su costruzioni tombali.
Quasi senza precedenti, questa serie appare nel periodo in cui lo stile tardo-arcaico si tramuta in stile severo e scompare nell'epoca fra il 430 e il 420, cosa che senz'altro può essere considerata come conseguenza della guerra del Peloponneso: completo annientamento della popolazione dorica di Milo intorno al 416 a. C. (cfr. Tucid., v, 84, 3 e 116). I rilievi sono modeste opere di artigianato, i più affini sono i rilievi di terracotta di Locri (cfr. pp. 674 ss.).
Importante è l'influenza dell'arte ionica e della grande pittura, innanzitutto di quella di Polignoto. Dopo la metà del V sec. si fa più forte l'influenza attica, come quasi dovunque nell'arte greca di quest'epoca.
Numerosi sono i temi rappresentati su questi rilievi (cfr. numerazione secondo Jacobsthal, op. cit.).
a) Quali esseri demoniaci compaiono: la sfinge che afferra un giovanetto (nn. 7-9, 55-58, 85); donna alata con bambino (nn. 10-13); sirena (nn. 52-54) e Hippalektryon (n. 51, animale fantastico mezzo cavallo e mezzo gallo).
b) Fra le rappresentazioni di divinità compaiono: Afrodite sull'uccello (n. 49); Afrodite con Eros sul carro dei grifoni (n. 46 e 84); Artemide con il capriolo (nn. 16-18); Dioniso ebbro a dorso di mulo con i sileni che lo sostengono (n. 86); un dio ctonio di difficile denominazione, che rapisce una fanciulla (n. 100); Eos che rapisce Cefalo (n. 75); fu considerata moderna da Jacobsthal (op. cit., 96 s, fig. 21, tav. 75 a) Atena che prende in consegna Erittonio bambino da Cecrope, dalle gambe di serpente, al cospetto della testa di Gea che sorge dal suolo. Secondo lo Züchner però (Jahrbuch, 65-66, 1950-51, 199 ss.) questo pezzo di Berlino è antico (cfr. Brommer, Attische Könige, in Charites, Festschift für E. Langlotz, 154, nota 6).
c) I seguenti temi sono presi dalla mitologia: Teseo sul tritone (n. 3); Teseo e la scrofa cromnia (n. 99); la morte di Atteone tramutato in cervo da Artemide e ucciso dai suoi cani alla presenza della dea stessa (un. 24-26, 60, 97-98); Bellerofonte a cavallo di Pegaso che uccide la Chimera (nn. 19-20, 82-83); Perseo e Medusa (nn. 6162); Elle sul dorso dell'ariete (nn. 5, 31, 69-70); Frisso sull'ariete (nn. 34, 101-102); la morte di una Niobide (n. 81); la caccia al cinghiale calidonio con Meleagro, Atalanta e Ankaios (nn. 27, 59, 103); Peleo che lotta con Atalanta (n. 80); Peleo che soggioga Teti (nn. 14-15).
Dal ciclo troiano derivano: innumerevoli scene di lotta fra un greco ed un troiano (nn. 22-23); nereidi vestite a cavallo di delfini, con le armi per Achille (nn. 21, 47-48); Aiace che strappa rudemente Cassandra dal Palladio (nn. 65-67); il rilievo recentemente pubblicato, ad Ontario, che rappresenta Priamo che prega Achille di restituirgli la salma di Ettore, non era ancor noto allo Jacobsthal: cfr. Graham, in Am. Journ. Arch., lxii, 1958, pp. 313-319, tavv. 82-83.
I temi tratti dall'Odissea sono i seguenti: Scilla con i suoi cani (nn. 71-74); il ritorno di Ulisse che si presenta a Penelope travestito da mendicante (nn. 87-93); la scena nella quale la nutrice Euriclea lava i piedi ad Ulisse alla presenza di Telemaco e Penelope (nn. 95-96).
Dall'Orestea: sono rappresentati Elettra, Oreste e Pilade sulla tomba di Agamennone (nn. 1-2, 94, 104); e l'offerta funebre delle Coefore (n. 105).
d) Quali scene di culto si hanno: donne al sacrificio del toro (nn. 32-33); danzatrici con il kalathiskos (n. 64); danzatrici presso l'ara (nn. 28-30); donna sacrificante (?) (n. 6).
e) Come quadri di vita giornaliera si possono riconoscere: un uomo barbuto in piedi che ascolta una suonatrice di lyra seduta (nn. 76-77); un giovanetto ed una danzatrice stanno a guardare una suonatrice di flauto seduta (nn. 78-79); danzatrice (nn. 35-45); un fanciullo a cavallo (n. 63); teste di cavallo (n. 50); un guerriero in atto di partire al quale lo schiavo regge le armi (n. 106).
Mai nell'arte greca del V sec. a. C., ad eccezione della pittura attica vascolare, ci è stato tramandato un ciclo figurativo così esteso tratto dalla mitologia e dalla vita quotidiana. Facendo il paragone con le rappresentazioni dei vasi attici contemporanei, si nota che gli dèi olimpici sono scarsamente rappresentati. D'altra parte l'Afrodite di vero e proprio aspetto pindarico che figura con Eros sul carro dei grifoni, nelle figurazioni dei vasi attici non ha uguali. Raffigurazioni delle gesta di Eracle mancano completamente fino ad oggi; l'eroe attico Teseo invece compare ben due volte, il che già denota un precoce predominio dell'influenza attica. Fra le scene di vita quotidiana non vi è alcuna scena di banchetto ne di palestra. Notevole e ancora di gusto arcaico è la preferenza per gli esseri fantastici d'effetto decorativo come il tritone, il drago marino, Scilla, la Sfinge, le sirene e altre figure alate.
Poiché le stesse scene sono state rappresentate più volte nei tre cicli rappresentativi distinti fra i rilievi m. si può osservare molto bene la trasformazione del rigido stile tardo-arcaico in quello preclassico prima, ed infine in quello maturo della prima classicità. Alla prima, rigida, quasi inesperta rappresentazione della morte di Atteone, segue una più matura di un periodo di mezzo e una ricca della fine del primo periodo classico. La stessa trasformazione si nota nelle rappresentazioni dell'Orestea e della caccia al cinghiale calidonio. Così le tavolette più tarde (Jacobstahl, n. 203-5) ci costringono a fissare la datazione essenzialmente dopo il 440 a. C. poiché sono già precedute dall'acmè dell'arte partenonica. Sembra esatto perciò, contro l'opinione dello Jacobsthal che pone la fine di questo tipo di rilievi già intorno al 440 a. C., di proporre per quelli più tardi la datazione al decennio 430-420 a. C.
Come risulta dalla statistica delle scoperte, i rilievi m. sono confezionati per l'esportazione di articoli speciali e non già per esigenze locali di culto come le tavolette d'argilla di Locri e quelle dell'acropoli di Atene.
La localizzazione della serie di Milo risulta non soltanto dalla statistica delle scoperte, ma anche dalla sua affinità stilistica con monete meliche, come ha dimostrato lo Jacobsthal.
I rilievi m. sono opere di semplice artigianato che ha fatto suoi i grandi motivi dell'arte ionica ed attica. È inequivocabile l'influenza della grande pittura ed innanzitutto dell'arte di Polignoto sulla modesta attività artistica insulare; dopo la metà del secolo lo spirito attico informa l'espressivo stile ionico morbidamente plastico. Effettivamente l'isola era dominata spiritualmente dalla cultura attica già molto prima della conquista di Atene (416 a. C.). I grandi rilievi tardi dell'Orestea (Jacobsthal, n. 104-105) sono da considerare come effetti dello spirito della tragedia attica.
Bibl.: P. Jacobsthal, Die melischen Reliefs, Berlino 1931; P. Jacobsthal, in Journ. Hell. Studies, LIX, 1939, p. 65 ss., tavv. VII-VIII; J. D. Beazley, in Am. Journ. Arch., XLV, 1941, p. 342; Chr. Karouzos, in Journ. Hell. Stud., LXXI, 1951, p. 104 ss. con nota 37 (Supplementi); J. W. Graham, in Am. Journ. Arch., LXII, 1958, p. 313 ss.; tavv. 82-83; B. Shefton, in Bull. Corr. Hell., LXXXII, 1958, p. 27 ss., tavv. 1-4.