Riforma delle circoscrizioni giudiziarie
La legge di delegazione consentiva la riduzione entro un numero massimo di 57 tribunali sub-provinciali e l’attuazione della riforma è seguita con i dd.lgs. 7.9.2012, nn. 155 e 156, in vigore dal 13 settembre 2012. Con il primo, sono venuti meno i tribunali (e la relativa Procura della Repubblica) di Alba, Ariano Irpino, Avezzano, Bassano del Grappa, Camerino, Casale Monferrato, Chiavari, Crema, Lanciano, Lucera, Melfi, Mistretta, Modica, Mondovì, Montepulciano, Nicosia, Orvieto, Pinerolo, Rossano, Sala Consilina, Saluzzo, Sanremo, Sant'Angelo dei Lombardi, Sulmona, Tolmezzo, Tortona, Vasto, Vigevano e Voghera , nonché (tutte) le sezioni distaccate (anche) degli altri tribunali. Con il secondo, sono venuti meno in via tendenziale gli uffici del giudice di pace non già collocati in sede circondariale (allo stato computati in n. 667).
La legge, in sintesi, consentiva la riduzione entro un numero massimo di 57 tribunali sub-provinciali, essendo 103 i tribunali aventi sede in città capoluoghi e 5 le sedi giudiziarie delle cd. “grandi aree metropolitane”, cioè Roma, Napoli, Milano, Torino e Palermo (i.e. = 165 – 103 – 5).
Come anche la Consulta ha avuto modo di rilevare, «i principali dati da elaborare, per giungere al valore-modello da utilizzare come guida dell’intero lavoro, sono stati scelti tra quelli con caratteristiche di pubblicità ed incontrovertibilità (si è, così, privilegiata la fonte Istat), evitando l’impiego di quelli suscettibili di correzione mediante elementi valutativi (quali la ‘situazione infrastrutturale’ o il ‘tasso d’impatto della criminalità organizzata’). Essenzialmente, dunque, sono stati utilizzati, per un verso, i criteri del ‘numero degli abitanti’ e delle ‘sopravvenienze’ (cosiddetto indice di litigiosità), per altro verso, quello dei ‘carichi di lavoro’ rispetto all’organico disponibile (cosiddetto indice di produttività). Il periodo considerato è stato assunto convenzionalmente in almeno un quinquennio, tale per cui fattori accidentali e idonei ad alterare nel breve periodo la formazione dei dati in un circondario possono reputarsi neutralizzabili. Pertanto, l’intervallo considerato è stabilmente quello degli anni 2006-2010; previa, tuttavia, conferma dell’intangibilità delle singole linee di tendenza anche per l’anno 2011, almeno dove la disponibilità del dato sia risultata già acquisita. L’obiettivo è stato, anzitutto, quello di stimare il valore-standard dell’ufficio intangibile, ovvero dell’ufficio avente sede in un capoluogo di provincia. La selezione dei tribunali sopprimibili è stata effettuata per passi successivi, considerando i parametri: abitanti, sopravvenienze, organico e produttività, rispetto al campione sintetizzato; la funzione di filtro di ogni criterio è poi considerata già tale da immunizzare l’ufficio che resiste in base al criterio precedente da ogni esito eventualmente negativo del trattamento in base a quello successivo. Si è pregiudizialmente esclusa, invece, la considerazione della cosiddetta ‘pendenza’, poiché questa appare fuorviante, anche perché legata a fattori locali e accidentali, storici e finanche talora esauriti nel tempo».
I dati emergenti dai tribunali aventi sede in città capoluogo sono stati, allora, preventivamente depurati di quelli inerenti agli uffici delle “grandi aree metropolitane”. In questo modo, di là del fatto che di essi la stessa legge di delegazione faceva considerazione separata, è stato affrancato il calcolo dei valori medi da fattori perturbativi. Altrimenti, lo standard ne avrebbe risentito data l’enorme diversità, rispetto a tutti quanti gli altri, degli uffici che insistono nelle città più importanti.
L’obiettivo della raccolta è stato, in definitiva, quello di stimare i valori-standard dell’ufficio intangibile ex lege, proiettandoli sopra i corrispondenti valori dei 57 uffici sub-provinciali astrattamente sopprimibili e verificare per ciascuno la collocazione rispetto al modello elaborato.
2.1 La selezione degli “attuali tribunali” non conformi al modello
Gli indicatori presi a riferimento producono un modello di ufficio giudiziario di primo grado sito in capoluogo provinciale caratterizzato da:
popolazione media di 363.769 abitanti (la media nazionale è 345.606);
sopravvenienze totali medie di 18.094 procedimenti (la media nazionale è 18.623);
organico di magistratura pari a 28 unità (la media nazionale è 31);
carico di lavoro annuo pari a 638,4 o 647,1 (considerando, al fine di desumere la “produttività”, il numero di procedimenti sopravvenuti ovvero di quelli definiti, che per la media nazionale sono rispettivamente 600,6-606,9).
La selezione dei tribunali sopprimibili, a questo punto, ha agevolmente potuto procedere per passi successivi, e cioè per voce “abitanti”, “sopravvenienze”, “organico” e “produttività”, rispetto al campione sintetizzato: la funzione di filtro di ogni criterio ha consentito di rendere intangibile ogni ufficio sub-provinciale sol che avesse resistito in base a uno di tali criteri in ragione della necessità di mantenere la quota di riduzione entro una dimensione non eccedente gli scopi dell’operazione.
2.2 I tribunali soppressi
Per il numero di abitanti, i circondari afferenti a città diverse dai capoluoghi sono risultati sopprimibili per 56/57 poiché soltanto un tribunale non provinciale serve una popolazione maggiore di 363.769 (Busto Arsizio).
Per le sopravvenienze totali, i circondari afferenti a città diverse dai capoluoghi sono risultati sopprimibili per i rimanenti 51/56 poiché soltanto cinque tribunali non provinciali superano la media di 18.094 procedimenti (Santa Maria Capua Vetere, Torre Annunziata, Velletri, Nola, Tivoli).
Per l’organico, i circondari afferenti a città diverse dai capoluoghi sono risultati sopprimibili per gli ulteriori 50/51 poiché soltanto un tribunale non provinciale ne ha uno maggiore di 28 unità di magistratura (Palmi).
Per la produttività (che è il primo e unico dato relativo, riferito al rapporto tra il numero di procedimenti definiti e il numero di magistrati in organico), data la media di 638,4 (totale dei definiti / totale dei magistrati) di ciascuno dei tribunali provinciali, è stata fatta la seguente osservazione statistica.
Il dato di produttività rimane comune all’intera classe dei tribunali provinciali che hanno organico compreso tra 21 e 30 magistrati: classe alla quale appartiene la sopra considerata misura media di 28 unità. Si tratta della classe che esprime tendenzialmente il miglior valore di produttività, pari a 662. È questo un valore superiore non soltanto alla media generale, ma anche superiore ai valori (praticamente identici) di ciascuna delle classi di uffici immediatamente precedente (organico 11-20 unità) e immediatamente successiva (organico 31-60 unità), e rimane inferiore soltanto rispetto a quello della ulteriore classe – non statisticamente rappresentativa né perciò significativa quale campione – dei (pochi) tribunali con pianta organica compresa tra 61 e 100 unità di magistrati, che è la soglia numerica passata la quale la produttività segna un vertiginoso crollo (da 681 a 435). Perciò, in coerenza con le premesse costituzionali e attenendosi alla coerente tecnica del minimo mezzo per realizzare l’obiettivo dell’efficiente allocazione delle risorse giudiziarie senza diminuirne oltre misura la naturale frammentazione territoriale, è stata esclusa la necessarietà della permanenza soltanto degli uffici che contassero meno di 20 unità di organico, ma non anche di tutti quelli con organico inferiore a 28.
Conseguentemente, dei 50 uffici sub-provinciali non già scudati dall’applicazione di uno dei valori precedenti – in quanto tali destinati, cioè, a ipotetica soppressione – ne sono stati preservati 5, che contano un organico (sì inferiore a 28, e però almeno) di 20 magistrati, tale da consentire in via di principio lo stesso livello di produttività assicurato dal maggiore organico di riferimento (pari a 28).
In definitiva, sono risultati 45 i tribunali non conformi al modello di ufficio intangibile avuto presente dalla legge delega; di questi, 8 sono però riusciti immodificabili per consentire il mantenimento di almeno tre degli «attuali tribunali», così in ultimo lasciando soltanto 37 uffici giudiziari aventi sede fuori dei capoluoghi provinciali sopra i quali poter operare nel senso della riduzione o ridefinizione dell’assetto territoriale mediante l’impiego di elementi più autenticamente valutativi.
Infatti, come si legge nella relazione allo schema di d.lgs. recante Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, in attuazione dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148, una volta «fissati questi parametri oggettivi di base, imposti dalla prima parte della lettera b) della legge delega, si è proceduto, quindi, al contemperamento dei suddetti criteri generali mediante verifiche relative alla situazione infrastrutturale ed al tasso d’impatto della criminalità organizzata nei singoli territori interessati dall’intervento nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane … Il suddetto temperamento è stato effettuato, nella stesura definitiva del decreto legislativo, tenendo nel massimo conto i suggerimenti provenienti, riguardo in particolare ai due criteri appena evidenziati, dalle Commissioni Giustizia della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Quanto alla situazione infrastrutturale, deve precisarsi che nella stessa devono intendersi ricompresi profili inerenti viabilità, la presenza di adeguati collegamenti stradali e ferroviari, e la logistica, fermo restando che si tratta di elementi rilevanti sempre e comunque unitamente ad altri dati obiettivi e adeguatamente valorizzabili nel quadro dei criteri generali … Con riferimento, in particolare, alla misurazione del tasso di impatto della criminalità organizzata – che non è mai stato utilizzato come unico criterio di valutazione, ma sempre congiuntamente agli altri indici già indicati – in alcuni territori (concentrati in alcuni distretti del sud del Paese), si è scelta la strada dell’acquisizione di relazioni delle competenti D.D.A. dalle quali poter desumere – al di là dei dati statistici – l’effettiva consistenza qualitativa e quantitativa (misurata con riferimento all’ultimo quinquennio) dei dibattimenti celebrati o da celebrare nei tribunali interessati per fatti connessi alla criminalità organizzata, dei giudizi abbreviati originariamente destinati alla celebrazione dibattimentale in tali sedi periferiche e, infine, compatibilmente con il segreto investigativo, di ogni indicazione utile che desse atto della mole dell’impegno della competente D.D.A. nei circondari potenzialmente sopprimibili che in tali territori hanno sede. Il dato della criminalità organizzata, coordinato con gli altri indici in modo funzionale al generale obiettivo di efficienza, è stato particolarmente valorizzato, nella versione definitiva del decreto legislativo, a seguito delle specifiche sollecitazioni delle competenti Commissioni Giustizia dei due rami del Parlamento … Ai valori modello … si è, poi, aggiunto quello dell’estensione del territorio con un procedimento di individuazione del ‘modello ideale’ … riferito alla media dei 103 tribunali provinciali, intangibili per legge, depurati dal dato relativo ai 5 circondari provinciali metropolitani di Roma, Milano, Napoli, Torino e Palermo. L’analisi ha segnalato che a fronte di un’estensione territoriale complessiva di 301.515 km2 la media dell’estensione territoriale di ciascun tribunale come sopra individuata è pari a 2.169 km2. Se si prendono in considerazione i 57 circondari non capoluogo di provincia si constata che solo quattro di essi (Termini Imerese, Lucera, Santa Maria Capua Vetere e Tolmezzo) hanno una superficie territoriale maggiore della media di riferimento, mentre Lucera e Tolmezzo hanno una densità di popolazione molto bassa, nonché valori nettamente al di sotto della media rispetto a tutti gli altri parametri»7.
Di qui, muovendo dai «parametri oggettivi di base» (integrati dall’«estensione territoriale») e attraverso le misurazioni più discrezionali della «situazione infrastrutturale» e del «tasso di impatto della criminalità organizzata», si è giunti alla selezione dei 31 Tribunali da sopprimere, scesi a 30 dopo la «dichiara[zione del-] l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, con l’allegata tabella A, del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 …, limitatamente alla disposta soppressione del Tribunale ordinario di Urbino».
Il tema delle sezioni distaccate di tribunale si presentava favorevole a un coerente sviluppo del metodo di lavoro sopra illustrato, ma non a una sua diretta e integrale applicazione. Le lett. a) ed f) della delega, infatti, non garantivano la permanenza delle sezioni distaccate degli «attuali tribunali» neppure quando intangibili e chiaramente alternativo a quello di «ridurre gli uffici giudiziari» si presentava il programma della «soppressione» delle sezioni distaccate. Né alle sezioni distaccate avrebbe potuto applicarsi il modulo operativo della mera «ridefinizione» territoriale (lett. b) poiché un eventuale «accorpamento ai tribunali limitrofi» – secondo la formula della lett. d) riproduttiva della più generale possibilità di «attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi» – veniva data quale manovra soltanto funzionale alla «riduzione» delle sezioni stesse. Ciò vuol dire che nessuna sezione distaccata avrebbe potuto, in linea di principio, rimanere in vita venendo senz’altro attratta ad altro circondario, se non nell’ambito di una operazione complessivamente riduttiva del numero delle sezioni distaccate dei circondari interessati.
Se, allora, la «riduzione» delle sezioni distaccate poteva avvenire anche nell’ambito dei tribunali lasciati intatti dal delegato, nella ricerca di un criterio selettivo da adottare e che fosse logicamente imputabile alla legge di delegazione stessa, si sarebbe dovuto muovere dal rilievo che il legislatore delegante – nel prevedere la sopprimibilità dei 57 circondari subprovinciali – avesse previsto già quella delle rispettive sezioni distaccate. E non avrebbe potuto impedire neppure quella delle sezioni afferenti ai tribunali intangibili una volta data – rispetto alla «riduzione» – la generale alternativa della «soppressione». In definitiva: non esisteva alcun principio di mantenimento o ultrattività di sezioni, come invece per (la sede centrale de)i tribunali provinciali.
Dunque, per rimanere coerenti con il percorso argomentativo anteriore ma anche considerando la indisponibilità di alcuni dati veramente attendibili – a cominciare da quello relativo all’organico – della singola sezione distaccata, avrebbe potuto ipotizzarsi, per i tribunali non appartenenti alle grandi aree metropolitane (per cui l’esigenza peculiare di «razionalizzare» sembra tale da superare e assorbire anche la vicenda delle sezioni distaccate), la soppressione di tutte le sezioni classificabili in posizione inferiore a uno standard per “abitanti” e “sopravvenienze” costituito dal valore massimo di quelle dei 57 tribunali sopprimibili (ex lege) ovvero dal valore medio di quelle dei 108 tribunali intangibili (ex lege). Tuttavia, l’enorme forbice dei risultati ai quali avrebbero condotto tali criteri, equipollenti sul piano logico, ha persuaso dell’opportunità di verificare anche un diverso percorso: per esempio, quello di combinare i dati per “abitanti” e “sopravvenienze”, preservando almeno le sezioni distaccate collocabili al di sopra di tutt’e due i valori-soglia, per abitanti (85.490,6) e per sopravvenienze (2269), cioè n. 60/220.
Sennonché, è stata seguita l’opzione massimalista promossa soprattutto dal C.S.M. con il parere reso sullo schema di decreto legislativo in data 26 luglio 2012, stanti – secondo il lessico della relazione, cit. – «le criticità che, istituzionalmente, presenta il modulo organizzativo ‘sezione distaccata del tribunale ordinario’ e che ne impongono la soppressione».
Nella sola provincia di Napoli le sezioni distaccate sono state accorpate al Tribunale di Giugliano, ridenominato come Tribunale di Napoli Nord. «Devesi, infatti, rilevare come il distretto di Napoli sia caratterizzato da una concentrazione di popolazione per kmq davvero impressionante, nonché da una vasta area metropolitana particolarmente congestionata e interamente di competenza del tribunale di Napoli, secondo soltanto al tribunale di Roma per popolazione ma sostanzialmente equivalente a quest’ultimo per indici di sopravvenienza e carichi di lavoro per magistrato (rispettivamente 198.136 e 569,4 per Napoli e 221.304 e 583,9 per Roma). Le statistiche dimostrano come – verosimilmente anche a causa dell’eccessiva dimensione del tribunale – la produttività è particolarmente bassa (569,4) collocando l’ufficio giudiziario al 97° posto su 165 nella classifica della produttività. Nel passato, un tentativo di razionalizzare il territorio attraverso l’opportuna creazione di un secondo tribunale sub-provinciale, quello di Giugliano in Campania, è rimasto lettera morta a causa dell’impossibilità di individuare una sede per la nuova struttura. Rianalizzando la questione sembra più opportuno un intervento di maggiore radicalità in grado di decongestionare a fondo il tribunale di Napoli attraverso l’accorpamento dei territori attualmente di competenza delle sezioni distaccate di Afragola, Aversa, Casoria, Frattamaggiore e Marano di Napoli al tribunale di Giugliano in Campania, da rinominarsi in tribunale di ‘Napoli Nord’, con un bacino di utenza di 680.618 abitanti con corrispondente riduzione del bacino di utenza del tribunale provinciale di Napoli. In particolare, nel parere della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati si è suggerito di ricomprendere in tale tribunale anche il territorio della sezione distaccata di Aversa (come inizialmente non previsto), che attualmente fa parte del circondario di Santa Maria Capua Vetere. Quest’ultima indicazione è apparsa di particolare pregio e meritevole di accoglimento nella considerazione che essa vale ad allentare la pressione giudiziaria sul tribunale di Santa Maria Capua Vetere, caratterizzato da carichi di lavoro e sopravvenienze davvero imponenti».
Peraltro, in ragione del fatto che – per i limiti della delega – non riusciva legittimo creare ex novo altri uffici, neppure del giudice di pace, non è stato istituito l’ufficio del giudice di pace di Napoli Nord, con conseguente mantenimento presso il Tribunale di Napoli della competenza funzionale sugli appelli avverso le decisioni pronunciate dal Giudice di pace di Napoli, che però finisce per insistere su comuni assegnati anche al circondario del Tribunale di Napoli Nord.
3.1 La razionalizzazione degli uffici cd. metropolitani
Tolta la illustrata redistribuzione interna al circondario di Napoli, le grande aree metropolitane non sono state interessate da misure dirette e peculiari, nei loro riguardi essendo state adottate, nella rimanente disciplina attuativa della riforma, mere tecniche assicurative (anche) del fine additivo di «razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane» contemplato dalla delega.
In particolare, sono stati stabilmente evitati accorpamenti di tribunali sub-provinciali a uffici di grandi aree metropolitane ed è stata favorito, preferibilmente, l’accorpamento di territori di sezioni distaccate ricadenti in grandi aree metropolitane ai tribunali limitrofi.
Del resto, la esigenza di decongestionare i tribunali metropolitani era stata già considerata in attuazione della legge delega 16.7.1997, n. 254 (art. 1, co. 1, lett. l), avendo previsto l’istituzione dei tribunali e delle relative procure della repubblica di Legnano, Tivoli e Marano. Lì era stato programmato un intervento, poi rimasto incompiuto, che avrebbe dovuto determinare la sostituzione delle preesistenti sezioni distaccate con nuovi tribunali i cui circondari sarebbero stati integrati per accorpamento di territori limitrofi e originariamente estranei. Ma il suddetto intervento, poi concretamente attuato soltanto attraverso l’istituzione dell’ufficio di Tivoli, non è risultato efficace avendo procurato appena un modesto alleggerimento del carico di lavoro del tribunale capitolino. Tuttavia, ne è derivata una discontinuità sul piano organizzativo ben più rilevante, permettendo il superamento dell’unicità del modulo operativo per quelle realtà così eterogenee, quali l’area metropolitana e i territori della provincia di Roma.
3.2 L’inattuazione della delega relativa all’ufficio del p.m.
Oltre le scelte che soltanto indirettamente hanno attinte le aree metropolitane, anche altro punto di delegazione ha sofferto – stavolta più nettamente – la scelta di un’omissione attuativa. Nell’ambito dei principi e criteri direttivi ai quali avrebbe dovuto attenersi il Governo nell’esercizio della delega era infatti prevista, all’art. 1, co. 2, lett. c), la ridefinizione degli assetti territoriali degli uffici requirenti non distrettuali da realizzarsi mediante accorpamento di più uffici di procura anche indipendentemente dall’eventuale accorpamento dei rispettivi tribunali. Si stabiliva, poi, che, in tali ipotesi, l’ufficio accorpante esercitasse funzioni requirenti presso più tribunali, quello presso il quale l’ufficio stesso è istituito nonché quelli relativi agli altri tribunali non provinciali presso i quali fosse stato soppresso il solo ufficio requirente. Inedita rispetto al passato, tale riforma – oltre l’indubbia originalità – avrebbe determinato la rottura della simmetria fra l’ufficio giudicante e quello requirente, ferma la competenza distrettuale delle Direzioni distrettuali antimafia.
Certo, l’attuazione in parte qua della delega avrebbe contribuito a superare i problemi che attualmente affliggono gli uffici di procura di più ridotte dimensioni, dove è impedito lo sviluppo di specializzazioni professionali non soltanto dei magistrati inquirenti, ma anche del personale di polizia giudiziaria. L’eventuale accorpamento avrebbe probabilmente favorito le esigenze di coordinamento le cui crisi nascono dall’esistenza di più uffici del p.m. chiamati a esercitare funzioni in ristretti e prossimi ambiti territoriali. Sennonché, il legislatore ha già nettamente prescelto un’opzione volta ad accentrare in sede distrettuale l’esercizio delle funzioni requirenti, sia pure limitatamente ad alcuni reati, e questi, nel tempo, sono andati aumentando, sicché, per alcune fasi dei procedimenti, appare già infranta quella simmetria fra ufficio giudicante e corrispondente ufficio requirente; infatti, in fase dibattimentale, è il p.m. distrettuale a sostenere l’accusa dinanzi al giudice territorialmente competente, salva la possibilità di delega da parte del procuratore generale presso la corte d’appello in favore di un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente. Pertanto, un’autonoma ridefinizione dell’assetto territoriale degli uffici requirenti non sarebbe apparsa in linea con la tendenza legislativa altrimenti volta ad accentrare nella sede distrettuale l’esercizio delle funzioni requirenti in relazione ai reati di più difficile accertamento. Si sarebbe insomma imposto un radicale intervento del legislatore sull’organizzazione dell’ufficio del p.m., dovendosi ipotizzare, analogamente a quanto avviene in altri ordinamenti, un unico ufficio distrettuale, che, sulla base di attribuzioni interne, eserciti le funzioni dinanzi a tutti i giudici, di primo e di secondo grado. Per giunta, la persistenza di altri uffici requirenti con competenza distrettuale, quali la procura della Repubblica presso il tribunale per minorenni e la procura generale presso la corte d’appello, avrebbe di per sé imposto misure di coordinamento normativo probabilmente inibite al delegato.
L’omesso avvalimento dell’autorizzazione legislativa è sembrato oltremodo giustificabile dall’osservazione per cui era stato lo stesso legislatore ad aver ridotto notevolmente la portata innovativa del possibile accorpamento di uffici requirenti prescindendo dall’omologo intervento sulle corrispondenti sedi giudicanti. Difatti, come per gli uffici giudicanti, anche per le inerenti sedi di procura risultava comunque interdetta la soppressione per quelle dei capoluoghi di provincia. Quindi, l’accorpamento dei soli uffici requirenti sarebbe stato ammissibile unicamente per gli uffici sub-provinciali: situazioni troppo limitate, però, per imporre un’opzione diversa da quella infine seguita, riassumibile nella linea-guida per cui, ai fini dell’eventuale mantenimento del singolo tribunale sub-provinciale, sono state appositamente valutate le peculiari esigenze del relativo ufficio del p.m.
3.3 Le disposizioni accessorie e la clausola cd. di invarianza
Entrambi i decreti legislativi che attuano la riforma della geografia giudiziaria contengono norme che sono destinate a governare le vicende del passaggio8, vuoi dei processi già in corso presso uffici non più attivi (in totale n. 947, pari al 47,27% di quelli esistenti) vuoi dei rapporti di servizio dei magistrati e del personale amministrativo (sono interessati circa 7.300 dipendenti amministrativi e 2.700 magistrati, inclusi gli onorari, giudicanti e requirenti); ed entrambi contengono pure la cd. clausola di invarianza per cui «non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica» e «all'attuazione si provvede nell'ambito delle risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente». Qui è il vero punto di differenza con l’esperienza francese da cui la riforma anche in Italia è seguita. Ma in Francia sono state adottate misure complementari quali, per esempio, il versamento di indennità speciali a favore dei funzionari dislocati, la previsione di assegni di mobilità per tutto il personale (all’esito della riforma risulterà una riduzione di circa 400 postes de fonctionnaires), la dotazione di video-terminali per collegamenti a distanza. E tali misure assicurative sono state garantite dall’assenza di ogni clausola di invarianza – utile sin qui soltanto alla reiezione di una delle questioni di legittimità costituzionale9 – e senza privilegio per il personale di magistratura, essendo il costo sociale dell’operazione maggiormente destinato a gravare su quello amministrativo, e comunque non soltanto sugli agenti pubblici della giurisdizione. Così, risultano stanziati: 21,5 M€ per «l’accompagnement social des personnels judiciaires: plan individualisé et prime de restructuration pour les 1800 agents concernés par des fermetures (400 magistrats et 1.400 fonctionnaires)»; 20 M€ per «l’aide à la réinstallation des avocats et à l’adaptation de l’exercice de leur profession»; 375 M€ per il piano quinquennale di «investissement immobilier: 450 opérations immobilières permettant de regrouper les juridictions».
1 In Francia era stato assunto l’obiettivo di pervenire alla situazione di una Cour d’appel per ciascuna Région administrative (attualmente n. 27, comprese quelle d’Oltremare), e di un Tribunal de grande instance per ciascun Département (attualmente n. 101, compresi quelli d’ Oltremare), ma l’obiettivo è rimasto tendenziale, tant’è che il Tribunale di Nanterre è, per esempio, situato nella Regione amministrativa di Parigi e nel Distretto della Corte d’appello di Versailles, non diversamente da quanto in Italia continuerà ad accadere per il Tribunale di Lagonegro, che – incorporato il circondario di Sala Consilina – ha adesso una circoscrizione a cavallo tra Basilicata e Campania; o per il Tribunale di Pordenone, che – incorporata la sezione distaccata di Portogruaro – finisce per avere circoscrizione a cavallo tra Friuli Venezia Giulia e Veneto.
La Carte judiciaire era rimasta intatta sino al 1958: cinquant’anni dopo, Ministro Rachida Dati, ne è stata promossa la riforma, realizzata con due decreti del 15 febbraio 2008: col primo decreto, dal 1° gennaio 2011 sono stati soppressi n. 178 Tribunali di istanza (TI) e n. 17 Tribunali di grande istanza (TGI); con il secondo decreto, dal 1° gennaio 2009 sono stati soppressi n. 55 Tribunali di commercio (TC). In totale risultano soppressi n. 21/181 TGI ; n. 178/476 TI; n. 55/185 TC; n. 62/271 Consigli di Prud’hommes (CPH).
La revisione della Carta giudiziaria ha, però, determinato anche la creazione di nuovi uffici, ciò che non può dirsi da noi (nemmeno per il pur nuovo Tribunale di Napoli nord: v. infra, § 7.).
Il procedimento si è compiuto nel volgere di quattro anni, anche in ragione di interventi del Consiglio di Stato (sollecitato da comunità locali e associazioni avendo la riforma ha seguito un iter attuativo fatto di sole fonti amministrative), e la sua ultimazione, per il vero, avverrà entro il 1° luglio 2014 coll’accorpamento di n. 3 TGI. Eppure, in un rapporto presentato già il 12 luglio 2012 dai senatori Nicole Borvo Cohen-Seat e Yves Détraigne, si è sottolineato, pur dopo l’opinione circa l’inevitabilità di misure di razionalizzazione, che l’impatto della riforma è stato immediatamente negativo in termini di durata dei procedimenti.
La revisione della geografia giudiziaria, esattamente come in Italia, ha toccato solamente gli uffici di primo grado, mentre la Corte d’appello ne è rimasta immune, a dispetto del pressoché unanime convincimento che di alcune delle corti francesi (36 con quelle d’Oltremare) più non si giustifichi il mantenimento.
2 Con ordinanza 21.1.2013, il Tribunale ordinario di Urbino, incluso nell’elenco dei n. 31 uffici sopprimendi, ha denunciato che il Legislatore delegato sarebbe incorso in un eccesso di delega in quanto la città di Urbino, come la città di Pesaro, è comune capoluogo della provincia di Pesaro e Urbino, istituita con r.d. 22.12.1860, n. 4495, riguardante la nuova circoscrizione territoriale delle Marche, come si rileva anche dallo statuto provinciale approvato con delibera del consiglio provinciale 31.7.1991, n. 172, e, quindi, non poteva essere soppresso in ragione di quanto previsto dal criterio direttivo posto a garanzia della «permanenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia». Con sentenza 24.7.2013, n. 237 la questione è stata giudicata fondata avendo ritenuto la Corte che il contrasto tra criterio di delegazione e decreto delegato «non può essere superato in via interpretativa, come erroneamente prospettato nella scheda tecnica allegata alla relazione allo schema del decreto legislativo n. 155 del 2012, atteso il chiaro tenore inderogabile della delega». Pertanto, l’unica provincia di Pesaro e Urbino, potendo contare due capoluoghi, ha diritto a conservare entrambi i tribunali.
3 Schema di d.lgs. – Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – Uffici dei giudici di pace – Relazione, in www.giustizia.it.
4 Con sentenza 23.7.2013, n. 234 sono state dichiarate inammissibili le ulteriori questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, co. 1, lett. a), 3, co. 1, con le relative tabelle, d.lgs. 7.9.2012, n. 155, promosse dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in riferimento agli artt. 5, 72, co. 4, 76 e 77 Cost.
5 Cfr. Verde, G., Diritto processuale civile, I, Bologna, 2012, 16.
6 In virtù del criterio di conservazione di almeno tre circondari per distretto, per il vero, potevano assumere caratteristica di infungibilità ex ante – al più – il Tribunale sub-provinciale di Larino, essendo il distretto di Campobasso composto di soli tre circondari, e quello sub-provinciale di Rovereto, essendo il distretto di Trento composto di due soli circondari. Sennonché, il criterio della minima pluralità circondariale prescindeva con solare evidenza dall’individuazione degli uffici salvaguardabili né poteva costituire direttiva da attuare bensì mero limite all’attuazione di altro criterio primario, ancor più considerando che la geografia giudiziaria contempla finanche ipotesi di distretto anche con un unico circondario, qual è Bolzano.
7 In www.giustizia.it.
8 In particolare, per frequenza di applicazioni si segnala l’art. 8 d.lgs. 7.9.2012, n. 155, che consente il mantenimento, per non più di cinque anni, degli «immobili», sedi degli uffici soppressi, a servizio dell’ufficio giudiziario accorpante, il che non può comunque comportare, neanche indirettamente, la sopravvivenza dell’ufficio giudiziario soppresso. Peraltro, diversamente da quanto previsto dall’art. 3 del d.lgs. 7.9.2012, n. 156, che riconosce anche alle amministrazioni locali consorziate la possibilità di chiedere il mantenimento dell'ufficio del giudice di pace, la richiesta per l’utilizzo degli immobili ai sensi dell’art. 8 cit. va soggetta all’applicazione dell’art. 2 l. 24.2.1941, n. 392 secondo cui «Le spese ... sono a carico esclusivo dei comuni nei quali hanno sede gli uffici giudiziari, senza alcun concorso nelle stesse da parte degli altri comuni componenti la circoscrizione giudiziaria».
9 Nella sentenza n. 237 del 2013, cit., la Corte costituzionale scrive che «non è ravvisabile la dedotta violazione dell’art. 81 Cost., ad opera sia della disposizione di delega, sia dei decreti legislativi … Orbene, l’art. 1, comma 2, lettera q), della legge n. 148 del 2011, espressamente ha previsto che dall’attuazione delle relative disposizioni non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. In attuazione di tale previsione, l’art. 10 del d.lgs. n. 155 del 2012 dispone che “dal presente provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. All’attuazione si provvede nell’ambito delle risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”. Analoga disposizione è contenuta nell’art. 6 del d.lgs. n. 156 del 2012. Nella relazione allo schema del d.lgs. n. 155 del 2012, come si è detto, è espressamente indicato il risparmio di spesa realizzato con la revisione in atto. Nella relazione allo schema del d.lgs. n. 156 del 2012 si rileva che “la modifica consentirà … risparmi di spesa evidenti in relazione alla riduzione del numero degli uffici ed alla maggiore efficienza degli stessi”. Dunque, da una parte, la presenza della clausola di invarianza, dall’altra la credibilità dei prospettati risparmi di spesa, coerenti con la ratio delle delega legislativa, escludono la violazione dell’art. 81 Cost.».