rifiuti
s. m. pl. – L’art. 183 del d. lgs. del 3 aprile 2006, n. 152 (Testo unico ambientale), modificato dal d. lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, recante «Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008», definisce i r. come tutte quelle sostanze o oggetti, derivanti da attività umana o da cicli naturali che rientrino nell’Allegato A, di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi. I r. sono quindi quelle sostanze o quegli oggetti di cui il detentore o il titolare si devono disfare, si stanno disfacendo, hanno l'obbligo di disfarsi o hanno deciso di disfarsi. In base alla definizione sopra esposta è necessario, anche e soprattutto, che il detentore di una sostanza o di un materiale compreso nell'Allegato A: se ne disfi; abbia deciso di disfarsene; abbia l'obbligo di disfarsene. A seconda del tipo di r. il detentore dovrà assumersi degli obblighi e dei costi per dismetterlo in forma corretta. La nozione di sottoprodotto è stata rinnovata dal combinato della definizione di cui all’art. 183, comma 1, lett. qq), t. u. e dall’articolo cui essa rinvia, il nuovo art. 184-bis testo unico. Più precisamente, il primo definisce sottoprodotto qualsiasi sostanza o oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’art. 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-bis, comma 2. L’art. 184-bis t. u. prevede testualmente che: «È un sottoprodotto e non un r. ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), t. u. qualsiasi sostanza o oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza o oggetto; b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17 comma 3, della l. 23 agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria». L’art. 184-ter t. u. introduce inoltre nella disciplina dei r. il concetto e la procedura di end of waste. Un r. quindi cessa di essere tale quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
Valorizzazione energetica dei rifiuti. – L’effetto della presenza di circuiti di raccolta differenziata che consentono di realizzare una prima selezione a monte delle diverse frazioni merceologiche, si traduce in un incremento del potere calorifico della frazione residuale da raccolta differenziata, che risulta costituita in prevalenza da materiale secco non riciclabile, ovverosia da una miscela di carta, cartone, plastica, tessili e frazione organica residua, all’interno della quale è ancora rilevabile la presenza di quantità ridotte di materiali inerti rispetto alla combustione, come vetro e metalli. La separazione di questi ultimi consente di incrementare il potere calorifico del materiale secco non riciclabile e può essere conseguita mediante l’applicazione di processi di selezione che sfruttano le diverse caratteristiche fisiche delle singole frazioni merceologiche, quali la vagliatura, la ciclonatura, la separazione aeraulica e quella elettromagnetica. Le caratteristiche della frazione secca combustibile possono essere ulteriormente migliorate mediante eventuale regolazione della pezzatura e del contenuto di acqua. Il potere calorifico dei diversi costituenti del rifiuto, presenti nella frazione residuale da raccolta differenziata, si attesta attorno ai seguenti valori: 1-2 MJ/kg per la frazione organica, 12-14 MJ/kg per la carta e il cartone e 29-35 MJ/kg per le plastiche. Sulla base del potere calorifico delle singole frazioni, si può stimare che il potere calorifico medio risulti dell’ordine di 10 MJ/kg. In Europa, il recupero del contenuto di energia dei rifiuti avviene in prevalenza mediante processi di combustione diretta in impianti dedicati dotati di unità di recupero di calore ed energia. Un altro tipo di approccio, di più recente sviluppo, è rappresentato dai processi di gassificazione attraverso i quali, con l’applicazione di processi a elevata temperatura e in condizioni di ossigeno limitante, si ottiene la produzione di gas combustibile. La valorizzazione del contenuto energetico dei rifiuti rappresenta dunque una nuova prospettiva di applicazione dell’incenerimento, come delineato nella revisione in materia della gestione dei rifiuti introdotta con il d. lgs. 10 dicembre 2010, n. 205. Nei moderni impianti di termovalorizzazione, basati su processi convenzionali di combustione diretta e recupero di energia e calore, i rendimenti di recupero termico ed elettrico raggiungono, rispettivamente, valori pari all’80 e al 20-30%. Attualmente, si preferisce operare nella configurazione di cogenerazione per la produzione combinata di calore ed energia, così da garantire una maggiore elasticità di funzionamento, anche in relazione alle esigenze delle utenze. I severi, e sempre più stringenti, limiti alle emissioni in atmosfera hanno prodotto lo sviluppo di una sezione di trattamento dei fumi che negli impianti di moderna concezione risulta particolarmente sofisticata, consentendo di ridurre la concentrazione delle sostanze inquinanti e di effettuarne altresì un monitoraggio continuo. In analogia con i combustibili solidi tradizionali, dalla combustione vengono prodotti i seguenti inquinanti: particolato solido (organico e inorganico), monossido di carbonio, gas acidi (acido cloridrico, anidride solforosa e solforica), monossido e biossido di azoto, metalli e metalloidi, nonché microinquinanti organici (policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani e idrocarburi policiclici aromatici). I sistemi per la riduzione della concentrazione di inquinanti nei fumi consistono nelle misure cosiddette primarie e secondarie. Le prime comprendono gli interventi progettuali e gestionali di controllo e regolazione delle condizioni di combustione (quali il tempo di residenza dei fumi e la temperatura di combustione), particolarmente efficaci per garantire il completamento delle reazioni di combustione e dunque limitare la presenza di monossido di carbonio e particolato incombusto, oltre che per contrastare la formazione di policlorodibenzodiossine e policlorodibenzofurani. Le seconde comprendono i sistemi di rimozione dei contaminanti a valle della loro generazione e sono articolate nelle unità di depolverazione e di rimozione dei gas acidi, di abbattimento degli ossidi di azoto, di adsorbimento di metalli pesanti e metalloidi, diossine e furani. La combustione diretta della frazione combustibile dei rifiuti dà luogo alla produzione di residui solidi quali le scorie estratte dal fondo della camera di combustione, che rappresentano circa il 35% dei rifiuti in ingresso e risultano costituite da materiale di dimensioni grossolane di solito classificabili come rifiuti non pericolosi. In Europa, le scorie prodotte dalla termovalorizzazione possono essere riutilizzate in applicazioni tipiche dell’ingegneria civile, per es. in sostituzione degli aggregati naturali impiegati nei sottofondi stradali. Le ceneri volanti rappresentano la frazione fina incombusta e gli ossidi di metalli e metalloidi in uscita dalla sezione di combustione assieme ai fumi, mentre le ceneri da trattamento dei fumi risultano costituite dai sali prodotti dall'eliminazione dei gas acidi. Entrambe sono trattenute di norma mediante elettrofiltri; le ceneri da trattamento dei fumi vengono in particolare rimosse mediante filtri in tessuto caratterizzati da elevate prestazioni, collocati a valle delle unità di rimozione dei gas acidi e adsorbimento. Le ceneri costituiscono circa il 2% in peso del rifiuto alimentato a combustione; esse sono classificate come rifiuti pericolosi e di frequente vengono smaltite previa applicazione di trattamenti che ne riducono il potenziale inquinante.