Riff-Raff
(GB 1991, Riff-Raff ‒ Meglio perderli che trovarli, colore, 94m); regia: Ken Loach; produzione: Sally Hibbin per Parallax/Channel Four; sceneggiatura: Bill Jesse; fotografia: Barry Ackroyd; montaggio: Jonathan Morris; scenografia: Martin Johnson; costumi: Wendy Knowles; musica: Stewart Copeland.
Grossi topi camminano su alcuni moduli dell'assistenza pubblica, in mezzo a rifiuti e macerie della periferia londinese. Stevie, un giovane scozzese appena uscito di galera, si sveglia sul marciapiede dove ha dormito e va a chiedere lavoro in un cantiere edile. Gli operai sono pagati a giornata, non hanno assicurazione né garanzie di continuità, sono licenziabili in qualsiasi momento a discrezione del capocantiere, le norme sulle condizioni igieniche e sulla sicurezza sono completamente disattese. Stevie (che in realtà si chiama Patrick, come apprenderemo in seguito, ma lavora sotto falso nome per non perdere il sussidio di disoccupazione) viene subito assimilato nel gruppo dei compagni di lavoro: manovali che hanno perso il posto, ex carcerati come lui, immigrati di colore, tutti provenienti da paesi e regioni diverse. Il più anziano, Larry, tenta invano di imporre alcune elementari regole sindacali; un giovane nero, Desmonde, sogna di vedere finalmente l'Africa. I compagni indicano a Stevie un appartamento sfitto, che lui subito occupa. Un giorno Stevie conosce Susan, una ragazza che vorrebbe fare la cantante, piena di insicurezze. Si innamorano e decidono di vivere insieme. Quando Stevie viene avvisato della morte improvvisa della madre e decide di andare a Glasgow per il funerale, Susan lo prega di non lasciarla sola; ma Stevie parte e Susan accetta l'offerta di eroina degli spacciatori del quartiere. Dopo che il funerale della mamma si è concluso quasi comicamente, Stevie torna e sorprende Susan mentre si buca. La ragazza gli giura di farlo solo di tanto in tanto, ma Stevie la lascia e rifiuta ogni tentativo di riconciliazione. Al cantiere, Larry viene licenziato a causa dei suoi proclami sindacali e Desmonde muore cadendo dalle impalcature senza protezioni. La sera, insieme a un compagno, Stevie incendia l'edificio in costruzione. Poi si allontana sorridendo.
Realizzato nel 1991, con un costo produttivo contenuto garantito dalla rete televisiva Channel Four (che da metà degli anni Ottanta aveva contribuito alla cosiddetta British Renaissance con un'intelligente politica di produzione cinematografica), Riff-Raff è il film che segna il rilancio di Ken Loach nel panorama degli autori europei. Esordiente nel 1967 e molto apprezzato all'inizio degli anni Settanta, Loach si era in seguito dedicato soprattutto alla docu-fiction televisiva e, in campo cinematografico, era considerato uno dei tanti autori bruciati dalla progressiva decadenza del cinema inglese. I suoi lungometraggi degli anni Ottanta (Looks and Smiles ‒ Uno sguardo, un sorriso, 1981; Fatherland, 1986; e Hidden Agenda ‒ L'agenda nascosta, 1990) non avevano convinto, apparendo un po' didascalici e talvolta appesantiti da un intreccio thriller estraneo alle corde dell'autore. Riff-Raff, film 'piccolo', proletario, confuso (nella versione originale) negli accenti e nei dialetti, letteralmente 'bruciante' nei confronti dell'amministrazione e della politica thatcheriana, lasciò perplessa l'industria britannica, che non prevedeva nemmeno la sua distribuzione in sala prima dell'emissione televisiva (in patria ne furono poi messe in circolazione tre copie). Ma, selezionato dalla Quinzaine des realisateurs di Cannes, venne immediatamente venduto in molti paesi europei e, a Berlino, vinse il Felix (premio per il miglior film europeo). Si apriva così la stagione d'oro di Loach: per dieci anni, quasi un film all'anno, premi nei maggiori festival internazionali, distribuzione in tutti i paesi europei, e la fama crescente di 'ultimo arrabbiato', uno dei pochi autori contemporanei che sappia far parlare in maniera credibile i proletari, che sappia rappresentarli con vigore onesto e con l'inarrestabile miscuglio di dolore e ironia tipico della vita vera.
Riff-Raff è la sintesi delle migliori caratteristiche del cinema di Loach: l'indignazione robusta con cui nel passato costruiva i suoi lavori televisivi e il dolore sordo e impotente, 'sociologico', che anima le storie di Kes (1969) e di Ladybird Ladybird (1994), l'essenzialità spoglia del suo stile di ripresa e la straordinaria capacità di lavorare sulla fisionomia e sulla gestualità degli attori, che sono 'presi dalla strada' più raramente di quanto si creda, ma che spesso hanno attraversato nella vita esperienze non dissimili da quelle rappresentate sullo schermo (Robert Carlyle, giovane muratore cottimista in Riff-Raff, prima di diventare attore aveva fatto l'imbianchino e il decoratore). Nato da un'idea di Bill Jesse, uno scrittore scozzese che per mantenersi a Londra lavorava in un cantiere edile, e girato in 16 mm (una scelta dettata dall'esigenza di mantenere bassi i costi, ma che produsse un'insolita libertà narrativa, non distante da quella che aveva caratterizzato le esperienze televisive più inventive di Loach), Riff-Raff ebbe, nel 1991, un vigoroso impatto realistico: le scene nel cantiere sono girate senza compiacimenti, costruite sulla fisicità e l'espressività istintiva degli interpreti, attente a sorprendere gli improvvisi mutamenti di registro, dall'immediatezza documentaristica al dramma all'irruzione della commedia. L'agile passaggio al riso, la capacità di stemperare una situazione tragica in un'improvvisa, involontaria comicità, è la caratteristica più sorprendente del film (e tornerà soprattutto nel successivo Raining Stones ‒ Piovono pietre, 1993): la scena in cui il corpulento Larry viene sorpreso nudo nella doccia di uno degli appartamenti del palazzo da un gruppo di donne arabe velate in visita, e quella in cui le ceneri della mamma di Stevie, disperse al vento da mani inesperte, finiscono addosso ai parenti convenuti al funerale, hanno un tempismo e un effetto catartico dirompenti. Non cancellano però lo squallore palpabile del mondo nel quale i personaggi sono costretti a vivere, il senso di ingiustizia e di blocco sociale che trapela dalle loro esistenze. Ridotti in miseria dalla politica economica thatcheriana, questi 'straccioni' (riff-raff vuole dire, più o meno, 'gentaglia', 'robaccia') lottano comunque per conservare la loro dignità umana, i loro sogni, il loro diritto di arrabbiarsi. C'è chi per troppa insicurezza e per fragilità finisce per rinunciare, come Susan; c'è chi ci lascia le penne, in senso letterale, come Desmonde, o metaforico, come l'indomito Larry, che immaginiamo passare di cantiere in cantiere, sempre pronto a farsi buttar fuori con le sue richieste di un trattamento migliore; e c'è chi, invece, decide di non fargliela passar liscia, come Stevie, idealista ma non ideologo, che al cantiere dà fuoco, in uno dei gesti più anacronistici del cinema degli anni Novanta. Stevie si ribella e se ne va sorridendo, senza autocompatimento né compiacimenti, come nel cinema non accade quasi più.
Interpreti e personaggi: Robert Carlyle (Stevie), Emer McCourt (Susan), Ricky Tomlinson (Larry), Jimmy Coleman (Shem), George Moss (Mo), David Finch (Kevin), Richard Belgrave (Kojo), Ade Sapara (Fiaman), Derek Young (Desmonde), Bill Moores (Smurph), Luke Kelly (Ken Jones), Garrie J. Lammin (Mick), Willie Ross (Gus Siddon), Dean Perry (Wilf).
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