RIDOLFI, Cosimo, marchese
Uomo politico e filantropo, nato a Firenze il 28 novembre 1794, morto ivi il 5 marzo 1865. Rimasto orfano del padre Luigi nel 1800, studiò alla scuola di San Giovannino (1808-1811) e contemporaneamente frequentò (1810-1812) i corsi di fisica, chimica e botanica del museo di fisica e storia naturale in Firenze, per il grande trasporto che nutriva per gli studî botanici: appena quindicenne, scrisse un manuale botanico, inedito, e già dal 1813 egli istituì in casa sua un laboratorio di chimica, in cui eseguì importanti esperimenti. Ascritto fino dal 1813 all'accademia dei Georgofili, ebbe parte, dopo la Restaurazione, alla riforma dei suoi statuti e vi lesse nel 1818 un'importante dissertazione sui vantaggi della scuola lancasteriana e sul mutuo insegnamento. Questi sistemi volle praticare egli stesso in casa, e vi inaugurò una scuola frequentata da cinquanta fanciulli, che servì di esempio per altre consimili in Toscana. Fondò anche una Società delle scuole di reciproco insegnamento, la diresse fino al 1834, fino quando cioè ebbe aperto in Meleto il suo istituto agrario. Nel 1820 viaggiò all'estero e in Italia e strinse rapporti con personaggi notevoli del suo tempo, tra i quali anche Carlo Alberto. Nel 1825, il R. fu chiamato all'ufficio di direttore della zecca, e nel 1828 a quello della Pia Casa di lavoro; ma si dimise da entrambi nel 1830, per dissensi col governo granducale, mentre nel frattempo (1827) era eletto gonfaloniere di Capraia. Pure nel 1827, coadiuvato da R. Lambruschini, a lui già legato d'amicizia, e dal Vieusseux, fondò il Giornale agrario toscano, col proposito di contribuire all'istruzione del popolo delle campagne e di migliorare le condizioni di esercizio dell'agricoltura.
Nel 1828, per sua ispirazione, fu fondata a Firenze una Cassa di risparmio che in breve crebbe prosperosa. Tornato nel 1830 alla vita privata, attese alla formazione di quell'istituto teorico-pratico di agricoltura che nel 1834 fu inaugurato nella sua fattoria di Meleto, per cui il nome del R. va giustamente celebrato fra quelli dei più benemeriti filantropi d'Europa.
Nel giugno del 1840, il R. fu eletto gonfaloniere di Empoli e poco dopo ebbe l'offerta della cattedra di agraria all'università di Pisa, che occupò fino al 1845 quando, il 13 febbraio, fu scelto per aio degli arciduchi. Sennonché, morto (25 ottobre 1845) Neri Corsini e succedutogli un ministero che si poté giudicare propenso a favorire le mene austriache, la fiducia del granduca verso il R. parve essere scossa al punto che, persuaso da una lettera del Metternich, ebbe un giorno (28 aprile 1846) a rimproverargli d'essere amico del Capponi, sospetto per il suo articolo sui moti di Rimini, e di prendere da lui consigli in fatto di educazione e d'istruzione dell'arciduca. Rimproveri che il R. ribatté freddamente e risolutamente; anzi, il 25 maggio presentò al granduca una dichiarazione in cui espose le sue idee intorno a riforme che riteneva si potessero introdurre nel governo granducale. Il 21 marzo 1847, a nome di varî amici con a capo Gino Capponi, poté chiedere al granduca di pubblicare un giornale, promuovendo in tal modo la legge di riforma della censura (6 maggio 1847). Istituita la consulta di stato con il motu-proprio del 21 maggio, il R., che pure la definì un "aborto", ne fece tuttavia parte. Il 27 settembre succedette al Cempini al Ministero dell'interno, e il 2 giugno 1848 assunse la presidenza del consiglio dei ministri. Per suo merito, fu abolita la presidenza di Buon Governo, riordinata la guardia civica, anticipato l'acquisto di Lucca al granducato (5 ottobre 1847), sedato il tumulto di Livorno (gennaio 1848); ma si trovò a governare un paese in momenti difficili per la partecipazione della Toscana alla guerra in Lombardia e per il cozzo delle passioni politiche. Dimessosi il 30 luglio 1848, il 19 agosto successivo fu eletto alla presidenza del consiglio dei deputati, e pochi giorni dopo dal ministero Capponi inviato in Francia e in Inghilterra per averne la mediazione negli affari d'Italia. Tornò a Firenze (21 novembre) quando già il partito democratico era andato al potere col Guerrazzi; e, fatto segno a violente manifestazioni da parte dei cosiddetti esaltati insieme col Capponi e il Ricasoli, si ritirò a Meleto: ma il 10 gennaio 1849 era di nuovo a Firenze per partecipare alla discussione per la costituente. Di fronte alle effervescenze popolari, il 9 febbraio si ritirò a La Spezia, poiché il governo democratico lo accusava di aver consigliato Leopoldo II a uscire dalla Toscana. Comunque, il R. tenne carteggio col granduca, rifugiato a Gaeta. Caduto il ministero del Guerrazzi (12 aprile 1848), il R. tornò in Toscana, alternando il suo soggiorno nei suoi possedimenti di Bibbiani e di Meleto. Durante la restaurazione visse privatamente, addolorato per l'intervento austriaco, tutto dedito a miglioramenti agricoli, interrotti da viaggi in Svizzera (1854), in Francia (1856), in Piemonte (1858). Liberata la Toscana dalla dominazione lorenese (27 aprile 1859), il R., che pochi giorni prima aveva scritto a Leopoldo II consigliandolo ad abdicare in favore del figlio, l'11 maggio fece parte del governo della Toscana come ministro dell'Istruzione, con l'interim degli Affari esteri; e unita definitivamente la Toscana al Piemonte, il 23 marzo 1860 fu nominato senatore.
Bibl.: B. Baroni, Cenno sulla vita del march. C. R., Lucca 1865; J. Cabianca, Commemorazione del marchese C. R., Venezia 1865; A. Galanti, Commemorazione funebre del march. C. R., Milano 1865; R. Lambruschini, Elogio del presidente march. C. R., letto alla R. Accademia dei Georgofili, Firenze 1866 (poi in Elogi e biografie, ivi 1872); C. Taruffi, Del march. C. R. e del suo istituto agrario di Meleto, ivi 1877; L. Ridolfi, C. R. e gli istituti del suo tempo, ivi 1901; A. Zanelli, C. R. da una corrispondenza inedita con N. Puccini, in Riv. stor. d. Risorg., 1907.